Donne e Islam

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Testo

LE DONNE E L’ISLAM
La condizione femminile per l’Islam. In fondo questo argomento non è che un insieme di paradossi.
Perché?
Per l’Islam la donna non è altro che una bambola in mano all’uomo, nei paesi musulmani la donna ha meno diritti dell’uomo. Se c’è un’eredità da spartire, le spettano quote minori, la sua testimonianza nei processi vale di meno. Non può decidere di divorziare. Non può viaggiare, guidare, fumare o andare al ristorante sola. Inoltre secondo i fondamentalisti le ragazzine non potrebbero neanche studiare, pena: LA MORTE.
Per uscire di casa deve indossare l’ "hijab", il velo corto che lascia intravedere il loro sguardo, o, in alcuni Paesi, il "burka", il velo totale, ed il "maghmaeh", l’ampio vestito che non permette di vedere le "curve" del corpo. Tutto questo perché appartengono al proprio uomo ed a nessun altro e solo da lui possono essere guardate in volto o desiderate fisicamente.
In alcuni Paesi ci sono delle eccezioni a queste regole, in quei Paesi che si stanno pian piano "occidentalizzando", in altri addirittura vengono esasperate. Un esempio di esagerazione è l’Afghanistan, dove erano al potere i Talebani, dei fondamentalisti, e dove alle donne è vietato persino di parlare alla radio, insegnare o fare le infermiere.
Tempo fa c’è stata una missione di Emma Bonino allo scopo di permettere alle donne di entrare a far parte di questa categoria. In questa occasione lei, commissario dell’Unione europea, ha rischiato la vita a causa degli attentati preparati per lei dai Talebani. "Vivono con la faccia sempre coperta. Se si ammalano nessun ospedale le cura. Non possono fare rumore quando camminano. Non sono cose di secoli fa. Sono cose che ho visto io, con questi miei occhi."-racconta.
Comunque io prima ho parlato di paradossi, dove?
Basti pensare che probabilmente l’Islam non sarebbe esistito se non fosse stato per una donna: Kadija Bint Khuwailid, la moglie di Maometto. Fu infatti lei a rassicurare il profeta quando nel 610, avendo avuto più volte le apparizioni dell’Arcangelo Gabriele, egli credette di essere impazzito. Senza contare che fu lei la prima discepola di questa religione.
Lo stesso Maometto predicava che l’istruzione era un diritto di tutti (donne comprese) e fu lui a vietare ai musulmani di seppellire le neonate vive, usanza molto diffusa nel VI secolo, quando un padre che non voleva figlie femmine poteva decidere di ucciderle in questo barbaro modo. Inoltre egli invitava ad aiutare orfane e vedove di guerra. Allora, non sono forse questi paradossi?
Sono contraddizioni che ci dovrebbero far riflettere.
Ancora. Mesaumer Ebketar è la vicepresidente del parlamento iraniano e per viaggiare nei paesi esteri deve chiedere il permesso al marito. Sempre in Iran, su 280 donne frequentanti l’università, 113 sono state punite per non aver indossato il velo. Avvenimenti questi che ci fanno sorridere e "piangere" nello stesso momento.
Ma perché tutto questo? Come possono sopravvivere tutte queste contraddizioni?
Bisogna considerare che anche se da una parte ci può sembrare che Maometto fosse un "quasi-femminista" dall’altra ci sono degli elementi che ci fanno mettere in dubbio questo fatto. Ad esempio nel corano emergono passi che spingono a considerare inferiore la donna se male interpretati. Quello più noto è: "Dite alle credenti di abbassare lo sguardo ed essere modeste". Questo passo potrebbe far capire che la donna si debba sottomettere all’uomo, mentre magari potrebbe stare ad evidenziare semplicemente la sottomissione delle donne alla religione islamica.
Inoltre a queste frasi coraniche si aggiungono gli "hadith", ovvero dei detti del Profeta che i suoi seguaci hanno tramandato nel tempo.
Uno di essi recita: "Mai conoscerà prosperità il popolo che affida i suoi interessi ad una donna"- ed un altro, forse quello che colpisce di più- "Se il cane l’asino e la donna passano davanti al fedele, ne interrompono la preghiera".
In quest’ultimo addirittura il cane l’asino e la donna sono posti sullo stesso piano, tutti e tre elementi di disturbo e fastidio per l’uomo .
A tutto ciò, ancora, si sommano le "contaminazioni" delle altre culture conseguenti alla diffusione dell’Islam in regioni con tradizioni tribali fortemente radicate.
Ad esempio è molto noto il taglio del clitoride, l’organo sessuale femminile che permette alle donne di sentire il desiderio, effettuato affinché queste non provino piacere e così restino fedeli all’uomo a cui "appartengono"; questo uso, seppure così crudele, è applicato su almeno 50-60 milioni di donne musulmane. Per adesso questa pratica è vietata legalmente solo in Egitto (dal 1997), dove il Consiglio di Stato ha dimostrato che non è incluso nelle leggi coraniche.
Naturalmente non c’è traccia di questa usanza negli insegnamenti Maomettani, ma è stata "importata" quando l’Islam si è sviluppato in Africa, nella zona magrebina, dove era uso comune.
Molti potranno dire: "Ma è colpa delle donne che non hanno saputo ribellarsi". Ma ora c’è da chiedersi: "Come avrebbero potuto?". Eppure in molte l’hanno fatto.
L’inizio di questa lotta è simbolicamente rappresentato da un avvenimento molto noto: negli anni venti Hoda Sarawi, una ragazza egiziana si strappò il velo dal viso in pubblico, lo gettò a terra calpestandolo ed esclamò: "La nostra liberazione inizia così".
E proprio come lei hanno fatto molte altre donne; si sono liberate da quel velo che le imprigionava, vittime di un fanatismo che con la religione non ha nulla a che vedere.
Quel velo che ricoprendole le svestiva dell’orgoglio, che le rendeva fantasmi, inconsistenti nella realtà. Senza diritti né libertà. "Perché indossare la burka non significa solo rendersi invisibili, ma soprattutto sentirsi invisibili, senza identità"- commenta la Bonino.
Ed ancora oggi tante donne si alzano per dire NO a quel detto che dice: "Sei figlia di tuo padre finché non diventi la sorella di tuo fratello e poi la moglie di tuo marito".
Proprio per questo modo di considerare la donna, le donne "occidentali" sono un po’ spaventate da tutto ciò che riguarda la religione islamica; così quando qui, in occidente, un uomo musulmano sposa una donna, ad esempio, europea (gli uomini possono farlo, le donne non possono sposare non-musulmani) sorgono dei problemi, che purtroppo molte volte riguardano i figli. Quando, infatti, una coppia "mista" decide di separarsi, 9 volte su 10 i bambini sono affidati alla madre e 9 volte su 10 la madre deve fare i conti con un ex-marito che rivendica il possesso dei figli ed è pronto anche a rapirli. A volte è perfino la famiglia del marito che interviene ricercando la donna e convincendola a tornare a casa per evitare che si risposi ed i figli abbiano un altro padre.
Cosa che non succede nei matrimoni tra musulmani. Infatti quelle rare volte che avviene un divorzio (sempre deciso dal marito) i bambini vengono affidati alla madre, ma sono sotto la tutela del padre. Mi spiego meglio: la madre li deve crescere,nutrire e vestire, il padre (e lui soltanto) decide se farli studiare o meno, farli viaggiare o no, perché per ogni cosa ci vuole la sua firma.
Inoltre in Algeria è anche permessa agli uomini la poligamia (Codice della famiglia, art. 8): un uomo può avere fino a quattro mogli. Anche se questa non è molto praticata (chi può mantenere 4 mogli così facilmente?) rappresenta un problema perché a volte gli uomini ne approfittano facendo credere a delle giovani ragazze che sono intenzionati a sposarle per poi abbandonarle dopo averne abusato. In questo modo alcune ragazze vengono lasciate incinta per le strade e sono costrette a chiedere l’elemosina o a prostituirsi. A volte trovano rifugio in famiglie disponibili ad aiutarle, ma le famiglie sono poche e le ragazze madri tante.
Eppure, nonostante ci sia un "Codice della Famiglia", cioè un insieme di leggi che definiscono i ruoli di ogni individuo all’interno della famiglia, anche qui le donne hanno saputo ribellarsi, come ad esempio l’olimpionica Hassiba Boulmerka, campionessa mondiale nel 1995, condannata dal FIS (Fronte Islamico di Salvezza) perché corre a gambe nude (cosa del tutto comune per noi), o Khalida Messaudi, condannata, sempre dal FIS, per essersi opposta al Codice.
Ma non pensate che la situazione sia così tragica dappertutto, né che tutte le donne si ribellino a quel velo, simbolo della loro sottomissione, imposto dalla loro religione. Molte fedeli musulmane si sentono quasi protette, serene, sotto l’ala della loro religione.
Paola Moretti, 47 anni, da 24 si è convertita alla fede islamica e dice: "La mia religione mi ha dato grande pace: come musulmana mi sento protetta. Da Dio, da mio marito, dalla comunità...Ma questo non fa di me una persona poco indipendente, anzi".
La signora Moretti è anche sposata con un islamico , anche se bisogna comunque dire che lei fa parte del Centro islamico di Milano e quindi vive in Italia, non in Algeria o in Afghanistan dove la religione per le donne del popolo è una condanna.
Ancora un’altra testimonianza la possiamo ritrovare nelle parole di Farida Ahmed, 37 anni, musulmana dalla nascita venuta in Italia e non più tornata nel suo paese: "Il mio abbigliamento islamico è un modo per affermare la mia identità".
Ma questi sono comunque due casi particolari, casi in cui la religione non comanda sulla vita di una donna nella maniera così cruda come può essere per un’algerina o un’afghana.
Molto spesso in questi Paesi le donne non si ribellano perché si sentono al sicuro tra le braccia della loro religione in quanto sicure che i fondamentalisti non gli faranno nulla se "ubbidiscono", o sono così ingenue (perché non hanno potuto studiare) da non conoscere nemmeno l’idea di donna libera ed indipendente. E le così dette "Grandi potenze” solo ultimamente stanno rispondendo al loro appello, in quanto prima sembravano cieche di fronte alla situazione drammatica in cui erano imprigionate queste donne.

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