Alienazione, Pirandello, Marx

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Testo

Il termine “alienazione” nella filosofia moderna.
Dal significato originario di vendita o cessione di un bene è passata ad indicare nella filosofia recente uno stato spirituale di estraniazione, di smarrimento. Il concetto di alienazione deve la sua prima elaborazione filosofica approfondita a Hegel, in cui il termine acquisì una connotazione neutrale e il significato di “oggettivazione”. Hegel definì fase di alienazione la fase della conoscenza, (o del divenire dello spirito) che nella dialettica fichtiana corrispondeva al “non-io”, all’oggetto. Questa fase di oggettivazione-alienazione deve essere superata in una fase successiva (sintesi nella dialettica triadica) in cui la coscienza (o Idea, o Spirito) si riappropria di sé riconoscendo il carattere momentaneo e solo apparente dell’altro. Nella “Fenomenologia dello spirito” Hegel diede un significato un po’ differente e fu proprio questo quello più ereditato dalla tradizione filosofica successiva. Egli espresse il concetto nella figura della coscienza infelice : la coscienza che si aliena ponendo le proprie qualità al di fuori di sé e identificandole in un essere sovrano e perfetto dal quale si sente dominata. A partire dalla coscienza infelice il termine perde il suo carattere neutro e assume una concezione negativa. In Feuerbach il termine A. assume un significato negativo. Secondo F. l’alienazione è la radice della religione. Sin dall’antichità l’uomo sentendosi oppresso dalla natura ha proiettato in un essere superiore (auto-alienandosi in esso) le proprie caratteristiche potenziandole, è proprio quest’essere che egli chiama Dio che ora è in grado di dominare la natura. Giunti a questo punto è ora necessario scacciare il “fantasma” che l’uomo stesso si è creato per riscoprire che il solo Dio dell’uomo è l’uomo stesso.
Karl Marx (1818-1883)
• I presupposti del pensiero di Marx
• Romanticismo: Marx attingerà sempre quello sfondo di idealità, di ardore nel combattere
• Hegel: da H. Marx attingerà la metodologia dialettica utilizzata come chiave di lettura della storia.
• Sinistra hegeliana: attinge l’atteggiamento anti-religioso.
• Feuerbach: forte influsso materialistico che spingerà Marx a confrontarsi con problemi economici.
• Socialismo utopistico: Marx ne condivide l’ansia per il rinnovamento ma ne critica la linea non scientifica.
• Economia classica:Marx studia economisti come Smith e Ricardo che sebbene criticati costituiranno la base della sua dottrina economica.
• Positivismo:Ricerca di un’oggettività scientifica. Sostiene la funzione pragmatica del pernsiero che non si deve limitare ad osservare ma deve modificare la realtà.
• Le critiche di Marx :
• Marx contro Hegel
Marx apprezza Hegel nel metodo che muove da determinazioni opposte, sebbene lo rimproveri poiché concettuali e non ricavabili dalla realtà. Marx critica il rovesciamento operato da Hegel: allo stato si subordina la famiglia e la società civile. Marx accuserà Hegel di avere interpretato il mondo a rovescio.
Misticismo Logico: dato che per Hegel essere e dover essere coincidono vengono così razionalmente legittimate istituzioni esistenti. Più in generale Marx afferma che Hegel abbia invertito il soggetto e il predicato, il concreto con l’astratto come quando afferma che non è il popolo a creare la costituzione ma che è quest’ultima a determinare il popolo. Marx afferma che per Hegel la realtà concreta diviene una manifestazione di quella astratta.
• Marx contro la sinistra hegeliana.
La ragione del suo attacco alla s.h. è che secondo lui, questo movimento così rivoluzionario si è limitato a criticare ogni cosa. In sostanza la S.h. lotta contro le idee, non contro il mondo che le produce. La vera liberazione dell’uomo deve essere necessariamente non una filosofia ma un evento storico.
• Marx contro il socialismo utopistico.
Ad essi riconosce di aver accolto l’antagonismo tra classi ma di non aver saputo cogliere le radici storico-economiche del problema e di conseguenza di non aver saputo dare una soluzione al proletario per uscire dalla sua condizione.
• Marx contro Proudon
Per Marx l’errore di P. sta nel fatto di voler eliminare solo gli aspetti negativi del sistema capitalistico. Ciò è causato da una serie di errori che compie: -ha elaborato una falsa scienza economica. – non ha colto che all’origine dei rapporti sociali stessi sta il sistema produttivo stesso. – applica una politica errata essendo contrario allo sciopero e alla lotta di classe.
• Marx contro Feuerbach
Marx sostiene le tesi di F. “la religione è l’illusione che copre la realtà”. La base della critica marxiana è politica. “ Gli esseri umani si alienano nella religione quando i rapporti economici classisti dell’esistenza reale impediscono la loro piena realizzazione umana”. Quindi per Marx il fenomeno religioso è qualcosa di serio e grave specchio di un’umanità sofferente.
• Marx contro gli economisti classici.
Marx ha bisogno di una metodologia scientifica per avvicinare i problemi della società e questa metodologia è fornita dall’analisi economica. Gli economisti classici compiono determinati errori: -considerano le leggi economiche al pari di leggi naturali, ma esse tali non sono, quindi né eterne né immutabili. Si trasformano queste quindi se così intese in una copertura ideologica della società capitalista. -alla base dei rapporti economici non sussistono rapporti tra oggetti ma tra uomini. –considerano la proprietà privata un fatto naturale, ma non è così, questa è il risultato del lavoro espropriato al proletaria.
• La base della dottrina marxiana: l’alienazione del lavoro.
Secondo Marx l’uomo dovrebbe realizzare se stesso umanizzando la natura, ovvero rendendola, grazie al proprio lavoro, rispondente ai propri bisogni e necessità. Quindi il lavoro dovrebbe essere autorealizzazione ed ha anche un significato sociale poiché ricade sulla collettività. Ma il Lavoro è divenuto alienato, l’uomo non lavora per realizzarsi ma per sopravvivere.
• Cosa intende Marx per lavoro alienato.
Dato che l’operaio non dispone dei mezzi di produzione e gli è tutto fornito dal capitalista, allora ne è dipendente ed inoltre il frutto del suo lavoro non gli appartiene; oltre a questo fatto , a causa della divisione del lavoro il prodotto non è frutto della creatività di chi lo produce, il lavoro stesso si disumanizza dato che è considerato merce di scambio, “forza lavoro” che il capitalista compra.
• Le conseguenze del lavoro alienato.
L’operaio non afferma se stesso producendo ma si nega , è come se l’operaio si estraniasse dalla propria essenza (si aliena), si sente al pari di un animale da soma a cui non resta che difendere la sua sussistenza. L’operaio si accorge che l’oggetto prodotto gli è estraneo, ostile; si capovolge il concetto di lavoro, non è l’uomo che col suo lavoro piega la natura ma si finisce col far prevalere gli oggetti sull’uomo. Il parere di Marx è che il lavoro è alienato a causa dalla proprietà privata e del salario. In questa visione Marx vede la storia come collegata al sistema hegeliano, la vede come “il teatro di un’alienazione e di un ritorno a sé dell’uomo”.
• Materialismo storico e nascita delle ideologie.
L’analisi dell’alienazione del lavoro mostra come la situazione economica abbia pesanti influenze antropologiche e sociali. Il Materialismo storico è la tesi secondo la quale la non è la coscienza a determinare la vita ma la vita a determinare la coscienza. Questo significa che le idee, tutta la produzione spirituale è l’eco delle condizioni di vita reali. Si distingue allora una sovrastruttura e una struttura. La base economico produttiva funge da struttura, tutte le altre produzioni dello spirito (religione, ideologie etc) sono la sovrastruttura. Non è quindi più possibile l’analisi di produzioni spirituali al di fuori del contesto storico reale. Nasce il concetto di Totalità insieme di struttura e sovrastruttura. Marx non specifica se il rapporto tra struttura e sovrastruttura sia si di condizionamento o di determinazione, è da notarsi comunque che egli non nega l’importanza dei fenomeni culturali né tanto meno che essi possano avere un ritorno sugli avvenimenti storici, quindi sulla base materiale.
• Materialismo dialettico.
Marx inserisce tra la base materiale e l’ideologia la dialettica hegeliana. Col materialismo storico non aveva spiegato il motivo per cui talvolta le basi economico-materiali talvolta mutino. La risposta è che ogni momento storico contiene in sé alcune contraddizioni che lo portano a mutare, e il successivo mutamento, che Marx ritiene inevitabile, sarà l’avvento del comunismo. Il cuore della filosofia-politica di Marx sta nella continua lotta (dialettica) tra classi sociali.
• La lotta di classe, cuore della storia.
• La lotta di classe.
Nel manifesto del partito Comunista, Marx e Engels affermano che la storia altro non è stato se non Lotta di classe. Il cuore del manifesto non è l’affermazione della lotta di classe, ma è la ricerca degli elementi su cui si basa in modo scientifico. Solo in questo modo diviene interessante un’analisi poiché se basata su basi scientifiche può prevedere lo sviluppo della lotta di classe (al limite…). La lotta di classe è la chiave di ogni sviluppo storico: in ogni sistema produttivo si sviluppano progressivamente nuove forze che si mettono in conflitto con la classe dominante al culmine della lotta ci sarà la rivoluzione che modificherà il vecchio sistema produttivo. Se ne deduce che la storia altro non è se non un “successione rivoluzionaria di modi di produzione”.
• Il ruolo della Borghesia.
Anche la B. è un prodotto di questo fenomeno rivoluzionario a cui Marx addirittura riconosce un ruolo rivoluzionario per vari motivi: - ha ridotto a rapporti di denaro i rapporti umani, non che Marx consideri ciò positivo, ma sicuramente un fattore di futuro sviluppo del proletariato. –la Borghesia è in continuo movimento, in continua innovazione, cambiando continuamente i rapporti sociali e le mentalità. -Il vero merito è stato quello di mettere a nudo la realtà dei rapporti basati sullo sfruttamento. – in ultimo luogo la B. ha dato alla produzione un carattere universale.
• L’emergere del proletariato.
Il proletariato costituisce il prodotto e la condizione di esistenza stessa del capitalismo. Per Marx la lotta avviene per tappe successive. –dapprima qualche proletario contro qualche borghese. –poi segue una fase di subordinazione del proletario. –in fine i proletari prendono coscienza della loro forza e formano una sola classe rivoluzionaria.
• La rivoluzione diviene “scientifica”: il Capitale.
Il capitale consiste nell’analisi scientifica dei processi strutturali propri dell’economia borghese. E’ importante sottolineare come il Capitale non sia un testo solo economico e non potrebbe esserlo come già spiegato per il principio di Totalità.(struttura legata a sovrastruttura).
• Legami tra merce –valore- lavoro.
Si dà, nel sistema capitalista, massima importanza alla produzione delle merci, alle quali si può attribuire un duplice valore: un valore d’uso (che consiste nella capacità della merce di soddisfare un bisogno) ed un valore di scambio( valore della merce in rapporto ad un’altra. Come attribuire tale valore? “il valore di scambio di una merce dipende dalla quantità di lavoro socialmente necessaria per produrla”. Questo non equivale al suo prezzo dato che agiscono altre variabili (domanda, offerta etc).
• La teoria del plusvalore.
Il sistema capitalista non produce per il consumo ma per l’accumulazione di denaro. Secondo la schematizzazione D – M – D’ (con D’>D). una certa somma è spesa per comprare merce (forza lavoro, materie, macchine) si ottiene un prodotto che venduto procura al capitalista una quantità di denaro superiore. Ma da dove deriva il plusvalore?. Il plusvalore non può dipendere dallo scambio, non dal denaro che è solo il mezzo di scambio, allora deve necessariamente dipendere dal processo produttivo. Il valore di scambio della forza-lavoro dell’operaio è dato dal valore dei beni che servono a mantenere integra tale forza-lavoro (ovvero la casa, il cibo etc). Il Plus valore si determina perché la somma pagata dal capitalista è inferiore al valore delle merci prodotte. Il plusvalore è dunque l’effetto del pluslavoro fornito dall’operaio a vantaggio del capitalista.
• Plusvalore, profitto e reinvestimento.
Si può ottenere il plusvalore o aumentando la durata della giornata lavorativa o diminuendo le ore necessarie a produrre la quantità di merce equivalente al valore di scambio della forza-lavoro. È da sottolinearsi che il plusvalore non è il profitto del capitalista poiché egli ha dei costi fissi, tra questi reinveste incrementando il circolo D – M – D’ e annientando i suoi concorrenti capitalisti.
• Dalla rivoluzione alla dittatura del proletariato.
In quale modo si sarebbe dovuta attuare la società comunista non fu chiarito da Marx che con molto realismo sostenne che non c’è un modo univoco per ogni situazione storico-sociale, ma il problema più importante era sull’uso della violenza nella rivoluzione. Gli obiettivi della rivoluzione erano abbattere lo stato borghese e le sue istituzioni; iniziare la fase di dittatura del proletariato.
Su come sarebbe stata la società comunista Marx non si volle pronunciare, limitandosi a descrivere il nuovo mondo come il superamento della proprietà e della dimensione dell’avere. Un mondo a misura d’uomo in cui si terrà debito conto dei bisogni e delle capacità di ciascuno.

I personaggi alienati di Luigi Pirandello
Carlo Salinari è tra i più importanti critici letterari degli anni cinquanta e per ciò che riguarda Pirandello il critico individua nello scrittore siciliano un testimone della crisi ideologica e culturale che ha coinvolto molti intellettuali europei agli inizi del Novecento. Pirandello rappresenta quell’avanguardia che seppe esprimere l’angoscia e l’opposizione dell’uomo moderno, dopo la crisi della società ottocentesca.
Come i poveri ragni
Noi siamo come i poveri ragni, che per vivere han bisogno d'intessersi in un cantuccio la loro tela sottile, noi siamo come le povere lumache che per vivere han bisogno di portare a dosso il loro guscio fragile, o come i poveri molluschi che vogliono tutti la loro conchiglia in fondo al mare. Siamo ragni, lumache e molluschi di una razza più nobile - passi pure - non vorremmo una ragnatela, un guscio, una conchiglia - passi pure - ma un piccolo mondo sì, e per vivere in esso e per vivere di esso. Un ideale, un sentimento, una abitudine, una occupazione - ecco il piccolo mondo, ecco il guscio di questo lumacone o uomo - come lo chiamano. Senza questo è impossibile la vita. Quando tu riesci a non avere più un ideale, perché osservando la vita sembra un'enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l'abitudine, che non trovi, e l'occupazione, che sdegni - quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore - allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido. Io sono così. […] Io scrivo e studio per dimenticare me stesso - per distormi dalla disperazione.
(da una lettera alla sorella Lina, 31 ottobre 1886)
Scrivere per dimenticare l’enorme pupazzata della vita.
Egli si confessa alla sorella per rivelarle il proprio malessere e la propria irrequietezza; sottolinea che il suo tormento discende dalla difficoltà di trovare un senso e un indirizzo alla propria esistenza, e tuttavia in ciò coglie non solo un tratto marcatamente individuale, bensì la qualità che gli pare caratterizzare la vita di tutti gli uomini. All’insensatezza dell’esistenza umana si contrappone la necessità di trovare un ideale, un sentimento, una abitudine, una occupazione, in cui credere e rifugiarsi. Tuttavia i sentimenti, le abitudini e le occupazioni, pur preservando l’uomo dalla disperazione, non sono che una “maschera”, un’illusione con la quale gli uomini cercano di celare a se stessi la tragica verità della loro condizione. Egli scorge e rispecchia i segni del decadimento della civiltà italiana, il tramonto della cultura positivista e di un’ideologia fiduciosa riguardo al progresso. Il pessimismo di Pirandello che inizialmente è alimentato dal contesto regionale e dalla sua personale esperienza, si consolida con la lettura delle opere di filosofi europei: “l’alienazione umana non ha una ragione sociale o una causa politica; è una condizione universale che riguarda ogni individuo, non dipendente da alcuna contingenza storica”.
La “Weltanschauung” e la poetica pirandelliana.
La visione della vita è in Luigi Pirandello fortemente influenzata da filosofi contemporanei quali Bergson, Freud e lo psicologo A.Binet (Les altérationes de la personnalité,1908). Proprio l’opera dell’ultimo di questi contribuirà a formare la concezione soggettivistica e relativistica verso cui si orienta lo scrittore agrigentino:
La presunta unità del nostro io non è altro in fondo che un aggregamento temporaneo scindibile e modificabile dei varii stati di coscienza più o meno chiari [...]. Con gli elementi del nostro io noi possiamo comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto
.
Nel saggio sull’Umorismo elabora una concezione dell’opera umoristica che deve essere il mezzo della riflessione.
Nella concezione dell’opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionatamente; ne scompone l’immagine; da questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io infatti chiamo il “sentimento del contrario”.
Il Pirandello porta un esempio per chiarire la sua visione. Ipotizza la visione di una vecchia signora goffamente imbellettata e parata di abiti giovanili che suscita in lui il riso a causa dell’ “avvertimento del contrario”, infatti quella signora è il contrario di ciò che dovrebbe essere; questo è appunto il comico. Ma se interviene la riflessione che suggerisce che la vecchia signora si veste in quel modo solo per illudersi di nascondere la sua età agli occhi del giovane marito, allora non si può più ridere di lei perché la riflessione ha dato vita al “sentimento del contrario”; questo è ciò che l’autore intende per umoristico. Compito della riflessione umoristica è demistificare ogni illusione. L’uomo ha il privilegio assai triste di “sentirsi vivere” dentro la prigione di una forma che lo aliena dalla vita autentica. La poetica umoristica motiva l’interesse dello scrittore per tutto ciò che improvvisamente rompe l'ordine convenzionale e mette l’uomo a contatto con il flusso vitale. Dai molti testi si evince come il momento epifanico sia un’esperienza traumatica non voluta dai personaggi che, liberati dalla forma in cui la loro misera esistenza si è rifugiata, ne escono sconvolti (cfr. Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda).
La parte e la maschera.
Dal punto di vista di Pirandello la vita sociale è il luogo dell’inautenticità che si copre e si difende con la menzogna. Da qui la convinzione che l’individuo nei rapporti con gli altri o simula recitando una parte o si chiude, per inettitudine, bisogno di sicurezza e di tranquillità, in una forma in cui si consolidano i ruoli imposti dalla società.
Nell’interpretazione di Elio Gioanola del “Fu Mattia Pascal” il protagonista vive proprio il dramma di una falsa esistenza turbata dal momento epifanico senza tuttavia approdare a nulla di certo.
…Un io che abbandoni le condizioni di un vivere convenzionale, nelle sociali e sentimentali ciecamente e pigramente accettate, quelle appunto che formano il sistema della “falsità”(detta anche alienazione), non compie un viaggio verso l’autenticità, ma verso la desolazione del nulla…
…Quali sono le prime reazioni di Mattia balzato giù dal treno, dopo la notizia del proprio suicidio? “Mi voltai a guardare il binario deserto, che si snodava lucido per un tratto nella notte silenziosa, e mi sentii come smarrito nel vuoto […] La violenta impressione ricevuta alla lettura di quella notizia che mi riguardava così da vicino mi si ridestava in quella nera, ignota solitudine, e mi sentivo, allora, per un attimo, nel vuoto, come poc’anzi alla vista del binario deserto; mi sentivo paurosamente sciolto dalla vita, sperduto, in attesa di vivere oltre la morte”…
Nelle opere…
Il tema dell’alienazione dalla vita si manifesta in tutte le opere pirandelliane, dalla narrativa al dramma teatrale in maniera più o meno marcata. Le opere più “filosofiche” del Pirandello si possono considerare il “fu Mattia Pascal”, “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” e “Uno, nessuno e centomila”.
Nel primo si mette in luce come l’abbandono della routine, grazie ad un evento occasionale, apra una nuova vita al protagonista liberandolo dalle vecchie costrizioni e dandogli la convinzione che la nuova vita è solo nelle sue mani. Immediatamente si accorge di come la scoperta “libertà” sia in realtà fittizia e nella sua nuova vita di Adriano Meis subito viene travolto dagli stessi legami che lo opprimevano “da Mattia”. La decisione di un ritorno alla vecchia esistenza lo porta a condurre una vita ormai priva dei precedenti legami e di una vera identità. Il tempo del romanzo si può dividere in quattro momenti speculari: -“la presunta scomparsa di Mattia”, -“la nascita si Adriano Meis”, -“la morte fittizia di Adriano Meis”, -“la rinascita di Mattia”. La costruzione circolare e la struttura simmetrica del testo contribuiscono a sottolineare l’idea base del romanzo, ossia che la condizione dell’esistenza è, di fatto immutabile.
Con i Quaderni di Serafino Gubbio operatore Pirandello ritorna alle tematiche del Fu Mattia Pascal. Il protagonista e narratore del romanzo, Serafino Gubbio, è un operatore cinematografico costretto dal suo lavoro ad adeguare i movimenti della mano alle necessità della ripresa, senza distogliere mai lo sguardo dall'obiettivo della macchina: una vera appendice (quasi un motore) dell'attrezzo, indispensabile e funzionale al suo uso. Una situazione alienante che si riflette sull'uomo, reso incapace di "guardare" perso nelle cose che ormai si limita a "vedere", riprendendole con freddo distacco. Serafino è, dunque, l'emblema della disumanizzazione, che aliena l'individuo identificandolo nel tirannico primato dello strumento. Egli trascrive nei suoi diari l'irreversibile processo di annichilimento della sua personalità. L'operatore vive in una dimensione visiva in cui si cristallizza la sua forma di uomo-macchina, separato e lontano dalla realtà. La macchina è allo stesso tempo strumento di alienazione e difesa dall'esistenza.
Uno, nessuno e centomila:
È il romanzo della scomposizione della personalità. Esso giunge alle conclusioni più estreme, alle conseguenze più lontane. Spero che apparirà in esso, più chiaro di quel che non sia apparso finora, il lato positivo del mio pensiero. Ciò che, infatti, predomina agli occhi di tutti è solo il lato negativo: appaio come un diavolo distruttore, che toglie la terra di sotto ai piedi della gente. E, invece! Non consiglio forse dove i piedi si debban posare quando di sotto ai piedi tiro via la terra? La realtà, io dico, siamo noi che ce la creiamo: ed è indispensabile che sia così. Ma guai a fermarsi in una sola realtà: in essa si finisce per soffocare, per atrofizzarsi, per morire. Bisogna invece variarla, mutarla continuamente, continuamente mutare e variare la nostra illusione.
Il protagonista, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, entra improvvisamente in crisi allorché la moglie gli fa per caso osservare che ha il naso un po' storto. Il fatto banalissimo assume proporzioni e conseguenze impensabili per Moscarda, che non aveva mai dubitato della perfezione del proprio naso ritenendo che anche gli altri lo giudicassero dritto. La scoperta di questa dissociazione fra essere e parere è la “vispa infanzia della follia” di Gengè il quale si accorge che ognuno lo vede a suo modo, conforme all'immagine che di lui si è fatta: e non solo per l'aspetto esteriore ma anche e soprattutto per quello interiore. Ciascuno non è “uno” ma “centomila”, e perciò ”nessuno”. Moscarda si ribella: vuole distruggere tutte le false immagini che gli altri si sono costruite di lui, alla ricerca di un vero io dietro le maschere o le "forme" inautentiche e soffocanti. Comincia cosi a compiere atti gratuiti che lo qualificano come un pazzo. Vitangelo finisce in un ospizio dove vive una vita assolutamente nuova, a contatto con la natura che lo circonda e in cui si immedesima, rifiutando il proprio nome e la propria individualità, di volta in volta albero foglia nuvola vento, addirittura filo d'erba.

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