La posizione della donna, dalla rivoluzione francese ad oggi

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Testo

Tesina
LA POSIZIONE DELLA DONNA
DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE AD OGGI
La donna è stata, e viene tuttora, vista come un’ombra fuori-legge della storia. Nonostante ciò io penso che abbia svolto e stia svolgendo un ruolo fondamentale all’interno di una società ostile e per alcuni versi ancora “maschilista”.
• “Per legge di natura. Appunti sulla codificazione del ruolo femminile tra Rivoluzione francese e fascismo.”
C’è un intreccio costante tra definizione della condizione giuridica delle donne nell’ambito della famiglia e il loro ruolo sociale nella sfera pubblica, specie per quanto riguarda il lavoro, salariato o non salariato. Questo intreccio rappresenta un buon punto di osservazione per verificare come la presunta corrispondenza tra ruolo giuridico delle donne e “dettami della natura” venga di continuo smentita.
Questo stesso intreccio mostra di continuo la vasta “elusione” delle norme (specie da parte dei ceti popolari, ma non solo) senza che il quadro normativo generale venga apparentemente intaccato.
Partirò da come si definisce la “struttura di genere della cittadinanza” nella Rivoluzione francese; mi soffermerò poi sul Codice Civile Napoleonico col quale si chiude tutta la fase caratterizzata dalla spinta rivoluzionaria che, sia pure con contraddizioni ed ambivalenze, aveva posto al centro del diritto il primato dell’individuo, in una società di uomini liberi ed uguali ed aveva visto la famiglia come una società fondata sui principi dettati dalla natura, sulla libertà e sull’uguaglianza tra i suoi componenti.
Con il Codice Civile, entrato in vigore in Francia nel 1804 ed esteso al Regno Italico nel 1806, si definisce e si fissa il modello della famiglia borghese nel quale il principio di autorità nella famiglia corrisponde al principio di autorità nella sfera politica.
Sarà solo con la legge del 17 luglio 1919 che verrà fatto cadere, in teoria, il pilastro sul quale si era fondato per oltre un secolo il principio dell’incapacità giuridica delle donne o la loro “nullità civile e politica”, vale a dire l’istituto dell’autorizzazione maritale.
Un’altra tappa, quella finale, su cui mi soffermerò molto rapidamente se ce ne sarà il tempo, sarà il Codice Civile fascista del 1939-42 e soprattutto prevalere del concetto di “interesse familiare che rompe la visione contrattualistica ed individualistica di stampo liberale” superandone le contraddizioni nell’accentuato autoritarismo e nella netta demarcazione tra famiglia legittima e famiglia naturale.
In sostanza vorrei tentare di dare un’idea generale di come la dinamica tra spinte di modernizzazione (operate soprattutto dalle donne) e resistenze messe in atto in diversi settori della società italiana nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento, trovi espressione e riscontro nella legislazione, sia nel diritto civile che nella legislazione sul lavoro.
Il nodo dell’autorizzazione maritale è assolutamente centrale nel quadro che mi sono proposta di presentarvi, anche perché rappresenta lo scoglio sul quale si infransero per oltre un cinquantennio tutte o quasi le rivendicazioni delle donne tese alla parità sociale tra i sessi e soprattutto la rivendicazione del voto.
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La Rivoluzione francese definisce in modo totalmente nuovo rispetto al passato il rapporto tra individuo e Stato, tra individuo e collettività. La Dichiarazione dei Diritto dell’Uomo e del Cittadino del 1789 e la Costituzione del 1791, fissano la nozione di cittadinanza ed aprono un rapporto fra individuo e stato, realizzato attraverso la mediazione dei suoi rappresentanti.
L’individuo, per essere cittadino, per rappresentare od essere rappresentato, deve però corrispondere ad alcuni requisiti:
1) la capacità di produrre reddito, che si traduce o si esprime nel pagamento di una quota annuale di tasse;
2) la capacità di portare le armi, di difendere cioè il territorio nazionale, che per i Rivoluzionari significa difendere i principi della Rivoluzione contro le “potenze della conservazione” che aggrediscono la Francia;
3) l’autonomia personale, vale a dire non dipendere da altri per la sopravvivenza. Dalla cittadinanza sono perciò esclusi i lavoratori salariati e i servi.
Le donne parteciparono alla Rivoluzione Francese dando il loro contributo a due livelli: quello popolare e di massa delle donne coraggiosamente presenti alle sommosse e alle lotte per il pane e quello intellettuale, rappresentato in genere dalle donne borghesi, che si espresse nella produzione di scritti sulla Rivoluzione, nella creazione di giornali e di circoli femminili impegnati nella lotta per i diritti civili e politici delle donne. Alcune delle donne intellettuali aderirono alle idee di libertà ed uguaglianza che la borghesia opponeva ai privilegi della nobiltà e del clero senza aggiungervi alcuna connotazione “femminista”, si veda, per esempio, la partecipazione di M.me de Staël alla Rivoluzione, che si concretizzò in una serie di scritti sui problemi che gli eventi rivoluzionari man mano ponevano e che era ispirata esclusivamente al suo liberalismo e alla sua formazione illuminista. La Staël fu sicuramente uno dei massimi intelletti europei fra Settecento e Ottocento; interpretò la complessità culturale del suo tempo fornendocene una teorizzazione sistematica: la letteratura, la politica e la filosofia costituivano per lei un continuum ideale che ogni cultura nazionale sviluppò e rielaborò storicamente. Altre intellettuali affrontarono invece tematiche specificamente femminili, tra queste emerse Olympe de Gouges che scrisse la “Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina” (1791). L’intento di questa dichiarazione era di rendere consapevoli le donne dei diritti che venivano loro negati e di chiederne quindi la reintegrazione affinché anche le donne divenissero delle cittadine a tutti gli effetti. La donna nasceva libera e uguale all’uomo e possedeva gli stessi diritti inalienabili: la libertà, la proprietà e il diritto di resistenza all’oppressione, affermava nella dichiarazione. Le donne dovevano partecipare alla formazione della legge sia direttamente che indirettamente attraverso l’elezione di rappresentanti.
ARTICOLO I
La donna nasce libera e resta eguale all’uomo nei diritti. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune.
ARTICOLO II
Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell’Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all’oppressione.
ARTICOLO III
Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell’uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l’autorità che non ne sia espressamente derivata.
ARTICOLO IV
La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l’uomo oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.
ARTICOLO V
Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.
ARTICOLO VI
La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; essa deve essere la stessa per tutti: tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili a ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.
ARTICOLO VII
Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.
ARTICOLO VIII
La legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.
ARTICOLO IX
Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.
ARTICOLO X
Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire al patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla legge.
ARTICOLO XI
La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.
ARTICOLO XII
La garanzia dei diritti della donno e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di quelle alle quali è affidata.
ARTICOLO XIII
Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell’industria.
ARTICOLO XIV
Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di costatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell’imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse a una uguale divisione, non solo nei beni di fortuna, ma anche nell’amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell’imposta.
ARTICOLO XV
La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, a ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.
ARTICOLO XVI
Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.
ARTICOLO XVII
Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l’esiga in modo evidente, e a condizione di una giusta e preliminare indennità.
Nel 1792 Olympe attaccò pubblicamente Robespierre definendolo un tiranno sanguinario. Costantemente oscillante nelle sue opinioni politiche, fu messa a capo di una festa controrivoluzionaria dal partito di La Fayette. Al processo contro il Re si offrì di difenderlo decretando così il proprio destino. Fu accusata di tradimento per aver messo in discussione la Repubblica una e indivisibile. Fu ghigliottinata il 3 novembre 1793 “per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso e per essersi immischiata delle cose della Repubblica” lo stesso giorno di Maria Antonietta e insieme a M.me Roland: una tragica giornata di terrore antifemminile.
***
Durante la rivoluzione industriale il passaggio dal lavoro artigianale (che le donne avevano svolto tradizionalmente in casa e senza essere retribuite) alla produzione di massa fece sì che le donne entrassero in fabbrica come salariate. Ciò rappresentò, pur tra grandi contraddizioni sociali, il primo passo verso la conquista di una maggiore autonomia. Fu nell’ambito della fabbrica che infatti si svilupparono le lotte per ottenere la parità di salario con gli uomini, migliori condizioni di lavoro e riduzioni dell’orario di lavoro, che si saldarono a quelle per il suffragio condotte dalle donne di classe media e alta. Mentre nei paesi di religione cattolica la Chiesa si oppose duramente al femminismo, in quanto riteneva che distruggesse la famiglia patriarcale, nei paesi di religione protestante (come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti) il movimento femminista ebbe maggiori possibilità di svilupparsi. Alla sua guida si posero donne istruite e riformiste, come Lucrezia Coffin Mott, personaggio di primo piano nella lotta contro la schiavitù, Elizabeth Cady Stanton ed Emmeline Pankhurst.
Negli Stati Uniti nel 1848 più di cento persone tennero la Convenzione di Seneca Falls, che chiese la piena parità di diritti tra uomini e donne e l’estensione a queste del suffragio. Le femministe inglesi invece si riunirono per la prima volta nel 1855 per ottenere pari diritti di proprietà. In Gran Bretagna, inoltre, l’opera “Schiavitù delle donne”, del filosofo John Stuart Mill, influenzata probabilmente dalle conversazioni con la moglie Harriet Taylor Mill, richiamò l’attenzione sulla questione femminile e portò alla concessione nel 1870 dei diritti di proprietà alle donne sposate. In seguito furono introdotte le leggi sul divorzio, sul mantenimento e sul sostegno nella cura dei figli, e la legislazione del lavoro introdusse minimi salariali e limiti all’orario di lavoro. Un contributo all’emancipazione della donna ci viene dalle opere di George Eliot.
In Italia il movimento delle donne fece la sua comparsa all’indomani dell’Unità, ossia dopo il 1861, e si sviluppò per opera di Anna Maria Mozzoni, Carlotta Clerici, Linda Malnati, Emilia Mariani e Anna Kuliscioff. Una delle figure che più mi ha affascinato per il suo modus operandi è proprio la socialista russa Kuliscioff.
Arrestata, condannata e poi amnistiata per i tumulti di Milano del 1898, la Kuliscioff proseguì la sua militanza nel Partito socialista, sviluppando le tematiche sulla questione femminile (fu fautrice del diritto delle donne al voto) e sui temi sociali legati al lavoro femminile e minorile. Pur non rivestendo cariche di partito esercitò tuttavia un’influenza significativa sul movimento socialista, con analisi anche di penetrante acutezza, come si evince dal suo Carteggio con Turati.
I primi a introdurre ampi programmi per i diritti delle donne, che inclusero tra l’altro strutture di assistenza per i bambini, furono negli anni Trenta i governi socialisti della Svezia.
Un ruolo determinante nell’affermazione delle lotte femministe ebbe il movimento delle suffragette,
che fiorì dal 1860 al 1930, riunendo donne di diversa classe sociale e di diversa istruzione attorno al comune obiettivo del diritto di voto. La prima a parlare di suffragio femminile fu la scrittrice Mary Wollstonecraft
nel libro “Rivendicazione dei diritti della donna” (1792). I disegni presentati al Parlamento furono scartati in parte perché uomini politici quali William Gladstone e Benjamin Disraeli si sentirono comunque obbligati nei confronti della regina Vittoria, fiera oppositrice del suffragio femminile, e in parte per timore che i voti femminili potessero, in qualche modo, produrre influenze imprevedibili sui risultati elettorali. Il persistente rifiuto al diritto di voto per il Parlamento spinse la suffragetta Emmeline Pankhurst a fondare nel 1903 l’Unione politica e sociale delle donne, che portò a decise forme di protesta. Nel 1907, infatti, la Pankhurst guidò una marcia verso la sede del Parlamento, durante la quale decine di donne si incatenarono lungo Downing Street, dove risiedeva il primo ministro. In seguito, numerose suffragette, colpevoli di atti di vandalismo, furono imprigionate, altre che attuavano uno sciopero della fame furono costrette con la forza a nutrirsi. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, l’Unione abbandonò la campagna militante per sostenere lo sforzo bellico. Nel 1902 venne approvato, per iniziativa del Partito socialista, il progetto di legge di tutela del lavoro delle donne e dei minori: per le donne, la legge stabiliva 12 ore di lavoro giornaliero con due ore di riposo; un mese di congedo dopo il parto e il divieto di lavoro notturno per le sole minorenni. Il Partito socialista prendeva però le distanze dai movimenti femministi che si rivolgevano alle donne senza distinzione di classe e che non mettevano il lavoro al centro delle loro rivendicazioni. Il luogo della donna era la casa, l’unico lavoro per le donne dei ceti medi era quello di maestra; l’istruzione superiore e universitaria era vista con sospetto e avversata: Lidia Poet, prima donna laureata in diritto nel 1881, chiese invano nel 1883 di essere iscritta nell’albo degli avvocati. Nel 1908 si riunì il primo Congresso delle donne italiane. Ma le donne dovettero aspettare il 1919 per ottenere l’emancipazione giuridica attraverso l’ampliamento delle funzioni di tutela, il riconoscimento della capacità commerciale e l’abolizione dell’autorizzazione maritale. Nel 1922, il Parlamento approvò la legge che estendeva alle donne il voto amministrativo. Instaurata la dittatura, il fascismo disperse rapidamente ogni illusione rivoluzionaria. Anche le riviste femminili, dopo il 1925, persero ogni autonomia, lasciandosi progressivamente assorbire nelle strutture del regime che, organizzando le donne nei Fasci femminili, raccolse alcune istanze femministe per strumentalizzarle a scopi di propaganda. La politica fascista assunse verso le donne un duplice atteggiamento: da una parte, condizionata da un’ideologia fortemente misogina, accentuò la ghettizzazione della donna (“le donne a casa”), dall’altra la invitò alla partecipazione. Nella sua ricerca di un consenso unanime alla dittatura, il regime capì quale importanza potesse avere l’appoggio delle donne e si impegnò con successo a conquistarle alla sua causa. Mirò quindi alla creazione di “una donna fascista per l’Italia fascista”, rilanciando le ideologie arcaiche e rurali della madre, della massaia e dell’infermiera, trasformando tuttavia il tradizionale ruolo domestico della donna in alta missione patriottica. A differenza dello stato liberale, il fascismo ebbe una politica per la formazione della donna; che fu rivolta alla professionalizzazione dei suoi ruoli “naturali”: la donna fu istruita nell’economia domestica, nell’educazione dell’infanzia, nell’assistenza sociale, fu educata alla salute e a una sana maternità attraverso l’introduzione dell’educazione fisica e dello sport femminile. Tuttavia la propaganda fascista non si limitò a valorizzare i tradizionali compiti domestici, ma mutò anche l’immagine stessa della donna-madre, presentata come energica e dinamica creatrice di figli-soldati. Il fascismo vuole conservare alla donna la sua “naturale” missione, ma insieme chiamarla a una mobilitazione nazionale entro limiti precisi e rigidamente subordinati alle gerarchie maschili. ne deriva un’immagine di donna diversa dalla femminista, che fu costantemente oggetto di disprezzo, e dalla donna-bambola: è la donna “muliebre”, dotata di “un alto senso di responsabilità verso la religione, la patria, la famiglia, le tradizioni della stirpe, la fedeltà al fascismo”. L’ideologia del regime, mentre lusingava le aspirazioni della donna una maggiore partecipazione sociale, la inchiodava ai ruoli tradizionali e varava misure contrarie al lavoro femminile. Nel 1935 la guerra in Etiopia segnò la svolta verso un nazionalismo sempre più razzista e antifemminista e la liquidazione definitiva della sinistra fascista. Furono così sciolte le maggiori associazioni femminili. Solo con la caduta del fascismo e con la resistenza, a cui dettero un contributo anche le donne, caddero le discriminazioni che avevano da sempre limitato la loro partecipazione alla vita pubblica. La costituzione della Repubblica, entrata in vigore nel 1948, sanciva la piena uguaglianza dei diritti civili e politici anche per le donne. In Italia le donne iniziarono a votare soltanto nel 1946; in Svizzera furono escluse dal voto federale sino al 1971, mentre, ancora oggi, le donne non votano in molti paesi islamici.
Durante gli anni Sessanta i profondi mutamenti politici, economici, sociali e culturali portarono in tutto l’Occidente a una rinascita dei movimenti femminili e alla diffusione di istanze che superavano la fase della rivendicazione della parità tra i sessi per affermare con forza la specificità dell’identità femminile. Essi si ispiravano a opere come “Il secondo sesso” di Simone de Beauvoir e opere di Betty Friedan

e di Kate Millet.
Il movimento femminista mise in discussione le istituzioni sociali e i valori dominanti, fondando le proprie critiche su una vasta produzione teorica raccolta intorno ai women’s studies (studi delle donne), che affrontava la condizione femminile dai vari punti di vista della discriminazione, della famiglia, della sessualità, dell’istruzione, del lavoro etc. Il nuovo femminismo indicava nel sovvertimento della società patriarcale e sessista la strada per affermare l’identità e la libertà della donna e definiva il linguaggio stesso, in quanto “specchio linguistico” del tradizionale predominio maschile, uno strumento attraverso cui si perpetuava la discriminazione. L’obiettivo delle donne non era più quindi l’emancipazione, ma la “liberazione”, rivendicata già a partire dalla denominazione che il movimento prese nella gran parte dei paesi occidentali: “movimento di liberazione della donna”. Inizialmente legato anche ai tradizionali movimenti, partiti e sindacati di “sinistra”, il femminismo si mostrò presto irriducibile a organizzazioni gerarchiche e a strategie che non ponevano al primo posto la differenza, e quindi la contraddizione, ritenuta principale: quella cioè tra l’uomo e la donna. Negli anni Ottanta e Novanta il femminismo ha perso parte della sua radicalità, ma nello stesso tempo ha continuato a produrre una grande messe di studi, soprattutto di storia delle donne, e a sviluppare la propria rete organizzativa con un cospicuo numero di riviste, centri di documentazione, di ricerca e di studi finalizzati a estendere la ricerca sulle questioni legate alla soggettività femminile. Ha poi continuato a rivolgere l’attenzione ai fenomeni che favoriscono la discriminazione. Tra le varie femministe di tutto il Novecento spiccano le figure di Edith Stein, Simone Weil, Hannah Arendt e Virginia Stephen-Woolf.
She was born in London. Woolf was educated at home by her father, and grew up at the family home at Hyde Park Gate. Woolf's youth was shadowed by series of emotional shocks - her half-brother Gerald Duckworth sexually abused her and her mother died when she was in her early teens. Stella Duckworth, her half sister, took her mother's place, but died a scant two years later. Leslie Stephen, her father, suffered a slow death from cancer. When her brother Toby died in 1906, she had a prolonged mental breakdown. Following the death of her father in 1904, Woolf moved with her sister Vanessa and two brothers to the house in Bloomsbury, which would become central to activities of the Bloomsbury group. From 1905 Woolf began to write for the Times Literary Supplement. In 1912 she married the political theorist Leonard Woolf and published her first book, “The voyage out”, in 1915. In 1919 appeared “Night and day”. “Jacob’s room” (1922) was based upon the life and death of her brother Toby. With “To the lighthouse” (1927) and “The waves” (1931) Woolf established herself as one of the leading writers of modernism. In these works Woolf developed innovative literary techniques in order to reveal women's experience and find an alternative to the male-dominated views of reality. In her essay 'Mr. Bennett and Mrs. “Mrs. Dalloway” (1925) formed a giant web of thoughts of several groups of people during the course of a single day. The central figure, Clarissa Dalloway, is a wealthy London hostess. At her party she never meets the shell-shocked veteran Septimus Smith, who commits suicide, but their lives are connected by external events. During the inter-war period Woolf was at the center of literary society both in London and at her home in Rodmell, near Lewes, Sussex. She lived in Richmond from 1915 to 1924, in Bloomsbury from 1924 to 1939, and maintained the house in Romdell from 1919-41. The Bloomsbury group was initially based at the Gordon Square residence of Virginia and her sister Vanessa (Bell). The consolidation of the group's beliefs in unifying aesthetic concerns occurred under the influence of the philosopher G.E. Moore (1873-1958). The group included among others E.M.Forster, Lytton Strachey, Clive Bell, Vanessa Bell, Duncan Grant, and Leonard Woolf. By the early 1930s, the group ceased to exist in its original form. Virginia Woolf's concern with feminist thematics are dominant in “A room of one’s own” (1929), which deals with the obstacles and prejudices that have hindered women writers, and explores in the last chapter the possibility of an androgynous mind. In the book she made her famous statement: "A woman must have money and a room of her own if she is to write fiction." “Three Guineas”(1938) examined the necessity for women to make a claim for their own history and literature. “Orlando” (1928), a fantasy novel, traced the career of the androgynous protagonist from a masculine identity within the Elisabethan court to a feminine identity in 1928. Characteristic for Woolf's essays are dialogic nature of style and continual questioning of opinion - her reader is often directly addressed, in a conversational tone, and her rejection of an authoritative voice links her essays to the tradition of Montagne.
Nel suo libro, significativamente intitolato "Il Secondo Sesso", la Beauvoir analizza attentamente la condizione presente e passata della donna della donna, rileggendo e discutendo molti dei miti e delle "false interpretazioni " sulla figura femminile operate degli uomini. Il VII capitolo (“La vita di società) la scrittrice afferma che “è essenzialmente la donna ad organizzare la vita mondana della coppia. […]. È affascinante per lei esibire la sua casa e se stessa. […]. L’abbigliamento ha un doppio carattere: è destinato a manifestare la dignità sociale della donna ma, nello stesso tempo, concretizzerà il narcisismo femminile. […]. Si veste per mostrarsi; si mostra per farsi essere. […]. L’abbigliamento implica anche inviti e ricevimenti, e d’altronde è questo il suo scopo originale. […]. Ricevere, non è soltanto accogliere gli altri nella propria abitazione; significa trasformare questa in un regno incantato; […]. La padrona di casa espone i suoi tesori: argenteria, biancheria, cristalli; riempie di fiori la casa: […]. La tavola si carica di pietanze raffinate, di vini preziosi. […]; il pranzo si trasforma in una cerimonia misteriosa.” Virginia Woolf rileva questa caratteristica nel seguente passo di “Mrs. Dalloway”:
“And then l began silent and enchanting bustle of subrettine with grembiulini and white cuffiette for the doors that beat, it doesn't use the need but priestesses of a mystery of the great mystification that the landlord of Mayfair they practised dall one and half at two o'clock. To a gesture of the hand the road traffic is arrested and to its place quest fallacious illusion rises: here first the foods given at all, then the table is covered by itself of crystals and silverware, of baskets and of cups of red fruit; the fish I roar it is disguised as a veil of brown cream; in the frying pans the shreded chickens swim, the fire burns vivacious, ceremonious; and with the wine and with the coffee - given at all - cheerful visions are raised in front of the spellbound eyes, eyes that softly meditate, to which life appears harmonious, mysterious […].” (traduzione: “E allora iniziò l’andirivieni silenzioso e incantevole di subrettine con grembiulini e cuffiette bianche per le porte che sbattevano, non serve del bisogno ma sacerdotesse di un mistero della grande mistificazione che le padrone di casa di Mayfair praticavano dall’una e mezza alle due. A un gesto della mano il traffico stradale si arresta e al suo posto sorge quest’illusione fallace: ecco prima gli alimenti donati per niente, poi la tavola si copre da sé di cristalli e di argenteria, di panieri e di coppe di frutta rossa; il pesce rombo è mascherato da un velo di crema bruna; nelle padelle nuotano i polli tagliuzzati, il fuoco arde vivace, cerimonioso; e col vino e col caffè- donati per niente- visioni gioiose si levano davanti agli occhi incantati, occhi che meditano dolcemente, ai quali la vita appare armoniosa, misteriosa […].”).
***
Il rapporto fra le donne e l’impresa scientifica nel Novecento è stato sicuramente più intenso che nei secoli precedenti, anche se è sempre esistito un rapporto tecnico donna/natura. La figura sicuramente più importante della prima fase dell’inserimento delle donne nella comunità scientifica, e una delle più grandi protagoniste della storia della scienza, fu Marie Curie (1867-1906).
Di nascita polacca si trasferì a Parigi dove sposò, nel 1895, il fisico Pierre Curie. Insieme nel 1898 isolarono due nuovi elementi radioattivi: il polonio e il radio, una scoperta che valse ad entrambi, con Henri Becquerel, il Premio Nobel per la Fisica nel 1903. Gli esperimenti sulla diffusione di particelle α da parte della materia condussero Rutherford a ipotizzare l’esistenza del nucleo; intorno al 1903 Rutherford e Soddy mostrarono che l’emissione di raggi α o β comportava la trasformazione di un atomo instabile in una specie atomica diversa. La radioattività è la disintegrazione spontanea di nuclei atomici, con emissione di particelle subatomiche e di onde elettromagnetiche ed è legata al comportamento dei nuclei atomici. Un nucleo è formato da protoni e neutroni. Da ora in poi userò il termine di nuclide. Tutti i nuclidi caratterizzati da valori che li pongono al di fuori della fascia di stabilità sono radioattivi, e per questo sono chiamati radionuclidi. Essi si tramutano spontaneamente in altri più stabili, dando così luogo ai differenti tipi di emissione radioattiva. L’insieme dei fenomeni che permettono a un nucleo di arrivare a una maggiore stabilità viene denominato decadimento radioattivo. I decadimenti che analizzerò sono in tutto cinque:
• il decadimento α, caratteristico dei nuclidi molto pesanti, essi emettono una particella α, cioè un nucleo di elio formato da due protoni e due neutroni. In seguito all’emissione, il nucleone che si origina ha un numero atomico inferiore di due unità rispetto a quello del radionuclide di partenza e un numero di massa più piccolo di quattro unità:
U → Th + α ;
• il decadimento βˉ, caratteristico di nuclidi con un eccesso di neutroni. In tale situazione un neutrone diventa un protone e viene emesso un elettrone (βˉ) accompagnato da un antineutrino elettronico ( ). Il nuclide che si forma è maggiore di una unità mentre il numero di massa rimane invariato:
K → Ca + βˉ + ;
• il decadimento β +, caratteristico di nuclidi con numero di neutroni più basso rispetto a quello necessario per assicurare la stabilità. In questo decadimento viene emesso un positrone ( (), in seguito alla trasformazione di un protone in neutrone, accompagnato da un neutrino elettronico. Il nucleo che si forma è inferiore di una unità:
O → N +β+ + ;
• il decadimento CE (cattura elettronica), ci sono nuclei capaci di “rubare” un elettrone dall’orbitale 1. Il risultato finale è la formazione di un neutrone e la scomparsa di un protone. In seguito alla scomparsa di un elettrone dall’orbitale 1s, un altro elettrone appartenente a un livello a energia più elevata va a occupare il sottolivello rimasto vuoto, liberando la differenza di energia sotto forma di un fotone con frequenza elevata (raggi Χ):
Ga → Zn + Χ ;
• l’emissione Υ, in molti casi i nuclei che hanno appena subito uno dei precedenti decadimenti rimangono eccitati e tornano al loro stato energetico fondamentale per perdita di un fotone. Poiché tra i livelli energetici nucleari vi sono differenze di energia più elevate di quelle esistenti tra i vari livelli energetici elettronici, il fotone liberato è dotato di altissima energia (raggi Υ).
I nuclei atomici partecipano alle reazioni nucleari che sono caratterizzate dal difetto di massa. La massa di un nucleo è sempre minore della somma delle masse delle particelle che lo compongono, la differenza di massa, appunto il difetto di massa, equivale a una quantità di energia calcolabile con l’equazione di Einstein: Δm= ZMh+ NMn- Ar. Il difetto di massa è particolarmente importante nella fissione nucleare e nella fusione nucleare.
Nella fissione nucleare avviene il frazionamento di un nucleo atomico pesante in due o più nuclei con liberazione di grandi quantità di energia. Tutto ha origine dalle ricerche condotte da Enrico Fermi e dai “ragazzi di Via Panisperna” sul bombardamento con fasci di neutroni. Una volta scoperta la convenienza di rallentare i neutroni, il bombardamento più interessante si rivelò essere quello dell’uranio. Il primo neutrone che ha prodotto l’iniziale scissione innesca una reazione a catena che in breve coinvolge tutta la quantità di uranio disponibile. La prima utilizzazione pratica della reazione di fissione fu la terrificante distruzione di Hiroshima e Nagasaki (agosto 1945). Nella bomba atomica la reazione diventa esplosiva perché vengono messe a contatto rapidamente due masse “subcritiche” sì che il sistema ottenuto risulti superiore alla massa critica, che rappresenta la più piccola quantità di materiale fissile necessaria per autosostenere la reazione a catena.
In una fusione nucleare due nuclei si uniscono per formare un nuclide più pesante emettendo molta energia. Questa la troviamo nelle stelle. Per stelle di massa minore di 1,5 masse solari, le reazioni termonucleari prendono il nome di ciclo protone-protone.
FASI DEL CICLO
TIPO DI REAZIONE
1
H + H → H + β + ν
2
H + H → He + Υ
3
He + He → He + 2 H
Nella prima reazione del ciclo due protoni ( H) si fondono in un nucleo di deuterio ( H), formato da 1 protone e da 1 neutrone, con emissione di 1 positrone β e di un neutrino ν (destinato a lasciare la stella). Affinché la reazione possa avvenire occorrono altissime temperature. La seconda fase è molto veloce, a causa del grande numero di protoni presenti nell’ambiente e per la grande reattività nucleare del deuterio; i prodotti di questa reazione sono un nucleo dell’isotopo leggero dell’elio ( He), e una emissione di radiazione elettromagnetica sotto forma di raggi Υ. Nella terza fase due nuclei di He si incontrano e formano un nucleo di He, con l’emissione nell’ambiente dei due protoni in eccesso.
Ma la catena protone-protone non è in grado di sostenere il ritmo di irraggiamento di stelle di massa appena più grande di quella solare. I processi nucleari per questo tipo di stelle sono quelli del ciclo carbonio-azoto.
FASI DEL CICLO
TIPO DI REAZIONE
1
C + H → N + Υ
2
N → C + β + ν
3
C + H → N + Υ
4
N + H → O + Υ
5
O → N + β + ν
6
N + H → C + He
Le principali caratteristiche del processo possono essere riassunte in questo modo. A partire dalla reazione di un nucleo di C con un protone, si formano in successive fasi del ciclo, con l’aggiunta di altri due protoni, diversi nuclei, fino a quello di N. Il ciclo si chiude con la reazione fra il nucleo di N e un quarto protone. Alla fine del processo si ottengono un nucleo di C, che viene ad assumere il ruolo di catalizzatore dell’intero processo, e un nucleo di He. Complessivamente quattro protoni sono trasformati ancora una volta in un nucleo di elio.
In campo astronomico nel 1967 furono scoperte da Jocelyn Bell le pulsar (PSR). Mentre era ancora studentessa di dottorato all'Università di Cambridge, lavorando alla costruzione di un radiotelescopio scoprì casualmente nello spazio una sorgente di impulsi radio che si succedevano a intervalli di tempo regolari. Nel giro di pochi mesi, si scoprirono altre sorgenti come questa, che furono battezzate pulsar. Attualmente, se ne conoscono più di cinquecento. Negli anni seguenti, Bell lavorò all'osservatorio di Edimburgo. Dal 1991 è professore alla Open University di Milton Keynes, in Inghilterra. L’emissione radio caratteristica delle pulsar è una serie uniforme di pulsazioni, ad intervalli estremamente regolari di alcuni millisecondi, per le più veloci, di diversi secondi per quelle più lente. Se ne conoscono oltre 300, ma solo due, la Nebulosa del Granchio e la Nebulosa Vela emettono impulsi visibili. Entrambe emettono impulsi nella radiazione Υ e la prima anche nella radiazione Χ. La regolarità degli impulsi è incredibile: gli osservatori possono prevedere l’arrivo di un impulso con anni di anticipo. Ma come può una stella funzionare come un orologio così preciso? La stella ruota rapidamente su se stessa ed emette un fascio di radiazioni che “illumina” il cielo come la luce di un faro, puntando nella direzione dell’osservatore una volta ogni giro. L’unico oggetto che può sopportare una velocità così elevata senza distruggersi per effetto della forza centrifuga (è una forza apparente che avvertiamo quando ci troviamo in un sistema di riferimento in rotazione, che è un sistema di riferimento non inerziale) è una stella di neutroni. Le pulsar sono stelle di neutroni con un’intensissimo campo magnetico che raggiunge i 100 milioni di tesla. La rapida rotazione la trasforma in un generatore elettrico capace di caricare le particelle a centinaia di miliardi di volt. Queste particelle sono responsabili del fascio di radiazioni nel radio nella radiazione Χ e Υ. Queste particelle cariche vengono accelerate a spese dell’energia cinetica della rotazione, la stella pertanto rallenterà. Le pulsar scoperte appartengono principalmente alla Via Lattea. La Nebulosa del Granchio è il resto osservabile di una supernova esplosa nell’anno 1054. Vicino al centro della Nebulosa si trova la Pulsar del Granchio, la più energetica conosciuta. Ruota sull’asse 30 volte al secondo ed è sede di un enorme campo magnetico. Funziona come una centrale elettrica celeste, generando energia sufficiente da permettere l’irradiazione della Nebulosa praticamente nell’intero spettro elettro-magnetico. Questa pulsar emette due impulsi ogni giro: la forma di questo doppio impulso è simile a tutte le radiofrequenze da 30 Mhz in su e nello spettro ottico, nei raggi Χ e Υ copre le lunghezze d’onda di 49 ottave. L’emissione nel visibile è sufficientemente elevata da poterla far identificare nelle fotografie della Nebulosa, dove appare come una stella di 16esima magnitudine. Le normali tecniche fotografiche tendono a coprire l’impulso, ma la tecnica stroboscopica può mostrare la stella nelle due condizioni di “accesa” e “spenta”.
Molte stelle appartengono a sistemi binari nei quali due stelle orbitano intorno ad un baricentro comune in un periodo di alcuni giorni o anni. Se una delle stelle è una stella di neutroni, l’orbita può essere così stretta che l’attrazione gravitazionale tra le due è forte al punto da innescare effetti particolari che possono essere osservati. Diversi sistemi binari sono noti per avere come compagna della stella di neutroni una stella gigante: in questo caso, quella di neutroni attrae materia dagli strati esterni della gigante, creando una corrente di gas che cadono con energie elevatissime sulla superficie della stella di neutroni. Sono sistemi rilevabili come sorgenti di raggi Χ. Alcuni di questi sistemi hanno delle oscillazioni periodiche che coincidono con la rotazione della stella di neutroni: sono quelle che vengono chiamate le pulsar a raggi Χ. Un sistema binario, noto come PSR1913+16, è formato da due stelle di neutroni talmente vicine che il periodo orbitale è di sole 775 ore. Non c’è un flusso di gas tra le due stelle, l’interazione avviene solo con la mutua attrazione gravitazionale inoltre, l’orbita di una delle due è stata descritta con grande dettaglio, essendo una pulsar. Ha un periodo di 59 millesimi di secondo e produce una serie di impulsi molto stabili con un tasso di rallentamento molto particolare, è come un orologio in rapido movimento all’interno di un potentissimo campo gravitazionale. L’orbita delle due stelle dev’essere un’ellisse con un orientamento fisso ed il periodo orbitale costante. Misure sui tempi di arrivo degli impulsi hanno mostrato significative differenze rispetto ai calcoli delle orbite eseguiti con le teorie non relativistiche.
Mi sembra opportuno fermarmi a parlare del campo magnetico in quanto punto toccato più volte nelle pulsar. Il campo magnetico è la regione di spazio in cui si manifestano forze di origine magnetica. Si definisce direzione del campo magnetico la direzione della retta orientata secondo cui è disposto l’ago magnetico. Il verso del campo magnetico va dal polo nord al polo sud dell’ago. Un magnete genera attorno a se sempre un campo magnetico agente su un altro magnete posto entro una certa regione. Proprio mediante l’utilizzo di aghi magnetici è possibile delimitare tale regione ove si verifica la perturbazione provocata dal summenzionato magnete. Le direzioni assunte da tali aghi saranno quelle che andranno a definire le “linee di forza” del campo. Il campo magnetico è dunque quella parte di spazio ove è apprezzabile la perturbazione che un magnete provoca, localizzabile mediante l’uso di aghi magnetici.
L’ambito letterario italiano è caratterizzato da una forte presenza maschile. Dobbiamo infatti arrivare alla fine del 1800 per vedere un rapporto donna-letteratura. In autori come Manzoni, Verga, Montale e Gadda la presenza femminile all’interno delle proprie opere è di fondamentale importanza. In Manzoni la figura femminile si separa dal tema amoroso, a cui era stata tradizionalmente associata, per assumere un ruolo nuovo, totalmente interno alle dinamiche familiari della società del Seicento. Nei “Promessi Sposi” l’amore diventa addirittura parola impronunciabile per Lucia. Il sentimento religioso assume un’importanza fondamentale e la figura femminile ne è investita in pieno. Più dei personaggi maschili essa traduce nel vissuto quotidiano degli affetti il messaggio ideologico dell’autore e lo rende operante nei rapporti individuali. Lucia da un lato, Gertrude dall’altro, hanno la funzione narrativa fondamentale di illuminare dall’interno, attraverso la microstoria del privato, sia l’animo umano, sia i costumi della società del tempo, nell’intreccio esistente tra violenza sociale e corruzione religiosa. Lucia incarna la purezza, i valori della famiglia, della casa, del lavoro: è inoltre simbolo di un atteggiamento cristiano verso la vita, la cui esemplarità trascende la sua condizione di donna e di contadina. L’abbandono alla Divina Provvidenza in Lucia è totale. Ella non ha mai una crisi, mai si perde; perciò, nonostante le apparenze, è figura forte e svolge una funzione essenziale nel romanzo. I suoi tratti psicologici sono il pudore, la timidezza, un continuo gesto di schermirsi di fronte alla vita di cui non avverte la seduzione. Appare insicura fuori dalle mura domestiche. Nella mente di Renzo Lucia è sempre associata all’immagine del bene e della salvezza. Lucia per Renzo, ma soprattutto per l’Innominato assume la funzione salvifica della donna-angelo, mediatrice fra l’uomo e Dio. La storia di Lucia si muove secondo l’asse basso-alto, che la mette in contatto con i potenti. Gertrude è la faccia opposta di Lucia. Basta confrontarne i ritratti. La bellezza turbata e “scomposta” dell’una si oppone alla discreta e composta bellezza dell’altra. Sintomo d’inquietudine e di lacerazione interiore il ritratto della monaca peccatrice, espressione di “gioia temperata” quello della fanciulla pura e innocente. La storia di Gertrude è una storia di formazione alla rovescia, centrata sull’infanzia e sull’adolescenza. È lo scandaglio acutissimo di una psicologia adolescenziale (la sua fragilità, i suoi sogni, le paure, i sensi di colpa, il desiderio di affetto e di accettazione), deformata da una perversa dinamica familiare e dall’abilissima e spietata pedagogia del principe-padre. L’inesorabile esclusione dalla vita si traduce nell’autocondanna al chiostro e al peccato. È questo l’episodio di violenza più crudele del romanzo, in cui la vittima diventa carnefice di se stessa. Tutta la vicenda di Gertrude si svolge all’insegna della prigionia, materiale e spirituale; l’autorepressione così indotta sfocia nella nevrosi e nel crimine, non conosce il conforto della fede, né “provvida sventura”. È una storia di perdizione senza riscatto. Nei romanzi giovanili di Verga si prende in considerazione l’opposizione tra natura e artificio, per cui la bellezza femminile non è più simbolo della divina armonia della natura, ma frutto di un artificiale mascheramento. Ad attrarre il desiderio maschile, in “Eva”, sono i gioielli, i lustrini della ballerina sul palcoscenico e non la verità dei sentimenti. Questo romanzo segna un momento di svolta nella rappresentazione ottocentesca della donna, denunciando l’incapacità maschile di vivere l’autenticità e la pienezza del sentimento amoroso in una società ormai dominata dalla logica del successo economico e sociale. Verga, tuttavia, nella successiva narrativa verista offre un campionario completo dell’immagine femminile nella società contadina e borghese, segnata da un ritorno alla famiglia, idealizzata come un valore ne “I Malavoglia”, insidiata dalla coscienza della crisi in “Mastro-don Gesualdo”. Diodata, Bianca e Isabella sono accomunate da una stessa sorte: pur amando intensamente, sono costrette a rinunciare al loro amore e a sposare un estraneo, vittime rassegnate o ribelli (come Isabella) di un destino, che ne sacrifica la vita in nome dell’interesse e della roba. Anche le donne de “I Malavoglia” vivono in un universo sociale e familiare repressivo, che ignora la passione amorosa, ma Mena ha inserito in sé le leggi patriarcali e, pur soffrendone, le accetta, scegliendo essa stessa il sacrificio e la rinuncia. In “Mastro-don Gesualdo” le passioni si accendono, ma trovano nella norma economica un ostacolo alla loro realizzazione. È una logica puramente esterna e crudele, che si incarna anch’essa nel potere maschile del padre, dell’amante e del marito-padrone. Le figure femminili rappresentano il privato, il mondo dei sentimenti e dell’eros, che non ha spazio e valore nella logica che regola la sfera degli affari e del successo economico. Tra il mondo delle donne e quello economico c’è scontro e le donne, portatrici di valori disinteressati, ne sono le prime vittime. Diodata rappresenta un modello perfetto di dedizione: “fedele come un cane”, dai “begli occhi di cane carezzevoli e pazienti”, ella amerà il padrone tutta la vita. Anche l’immagine di Bianca si modella sulla bontà e sull’ubbidienza: “occhi turchini e dolci di sposa amorosa e ubbidiente”. Le donne hanno la funzione di provocare la crisi interiore del personaggio. Il completo senso di fallimento di Gesualdo si aggrava nel confronto con la figlia Isabella. La figura di Isabella riproduce il destino della madre; ama, riamata, il cugino, ma Gesualdo impedisce con tutti i mezzi l’unione con il giovane poeta spiantato. È la figura femminile a cui l’autore dedica maggior spazio. Nel violento conflitto tra Gesualdo, Isabella e Bianca si misura apertamente la totale impotenza degli affetti di fronte alla forza del potere e della ricchezza di Gesualdo, che arriverà a fare imprigionare il giovane Corrado. Di fronte a Isabella, Gesualdo sperimenta fino in fondo la propria solitudine e l’angoscia di chi non si sente accettato proprio da chi gli è più vicino. Nella poesia di Montale la donna è portatrice di un messaggio di salvezza dall’inferno della vita quotidiana e della storia. Ha una funzione “alta” e vive perennemente nella dimensione “altra” della morte (Arletta), dei valori supremi e della religione (Clizia), del mondo animale (Volpe e Mosca). La poesia di Montale si rivolge spesso a un “tu” femminile. La donna è soggetta a una sublimazione che l’allontana dalla concreta fisionomia storica e la trasforma in una creatura inafferrabile, che appare, scompare e ricompare in barlumi di luce. Negli “Ossi di seppia” la folata di vento vivificatore, che porta un segnale di salvezza a chi è chiuso “di qua dell’erto muro”, è associata ad Arletta che troviamo nella “Casa dei doganieri”, con la funzione di rappresentare il “varco”, in una zona dove è incerto il confine tra i vivi e i morti. Nel 1933 era comparsa nella vita di Montale Irma Brandeis che prende il nome di Clizia ed è associata al simbolo del girasole. Ha gli attributi contrastanti del fuoco e del gelo e incarna i valori umanistici della cultura minacciati dalla barbarie fascista. Clizia diventa la nuova Beatrice e assume connotati soprannaturali: il suo carattere sacrale e la sua chiaroveggenza si concentrano nei suoi “occhi d’acciaio” in “Nuove Stanze”. La sua missione culmina in “La primavera hitleriana” dove l’angelo visitatore si trasforma nella “cristofora”, la donna portatrice del messaggio cristiano. Ed ecco la donna-Volpe (Maria Luisa Spaziani), l’antagonista di Clizia, l’anti-Beatrice, la donnola, il “carnivoro biondo”, ed è portatrice di un eros concreto. Mosca (la moglie) è infine l’”insetto miope”, ma capace di vedere e di orientarsi istintivamente con il suo “radar di pipistrello” nell’informe vita quotidiana e nel “trionfo della spazzatura”; rappresenta il valore della pura esistenza fisica e materiale: “di noi due/ le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,/ erano le tue.” In Gadda il caso di Liliana verte su una sessualità repressa e turbata, se non patologica. Gli uomini da cui si è sente attratta sono figure screditate. La personalità della donna, che emerge dalle indagini dopo il suo assassinio, è contrassegnata dall’ambiguità: dietro la dolce malinconia, che affascina il commissario, e una vita coniugale irreprensibile, ella cela l’inquietante ossessione di volere a tutti i costi un figlio. La relazione della donna con le cosiddette nipoti nasconde, dietro la filantropia, una pulsione lesbica. La pagina sul cadavere di Liliana insiste su aspetti contrapposti: candore e innocenza violata da una parte. La bellezza e l’orrore del corpo straziato si mescolano al senso di “turpitudine” e al sospetto che Liliana non sia solo vittima, ma si sia “conceduto” al carnefice.
In ambito artistico possiamo analizzare i dipinti di due grandi pittori come Cèzanne e Picasso con le loro due diverse interpretazioni delle bagnanti.
Quest'opera, realizzata nell'ultima fase della produzione del pittore francese, mostra l'evolversi della pittura di Cézanne verso una stilizzazione sempre più marcata; le figure femminili sono definite da vasti blocchi di colore, e sembrano confondersi con l'ambiente naturale circostante, fra gli arbusti e la terra, i ciuffi d'erba e le nuvole.
Partendo dale solide volumetrie di Cézanne, Picasso semplifica le geometrie dei corpi e coinvolge in tale semplificazione anche lo spazio. Quest’ultimo, infatti, viene materializzato e dunque diviene un oggetto al pari degli altri, da scomporre secondo i taglienti piani geometrici che lo delimitano. Le figure femminili non sono più immerse nello spazio ma da esso compenetrate e, a parte il colore rosato dei nudi, sembrano essere costituite dalla stessa materia solida, cosicché ogni differenza tra contenuto (i personaggi) e contenitore (lo spazio), viene automaticamente annullata. Mentre nella realizzazione dei volti delle figure centrali Picasso si ispira alla scultura iberica, quelli delle due figure di destra risentono dell’influsso delle maschere rituali dell’Africa nera. In entrambi i casi vengono stravolte non solo tutte le regole della prospettiva ma anche quelle del senso comune. Le apparenti incongruenze sono finalizzate a una nuova e diversa percezione della realtà, non più visiva ma mentale: cioè volta a rappresentare tutto quello che c’è e non solo quello che si vede.

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