Il viaggio

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Testo

IL VIAGGIO
Ci si appresta a percorrere queste vie telematiche, a viaggiare tra milioni di codici e milioni di parole!
Questo vuole essere soltanto un piccolo percorso attraverso una porzione di scuola, ripercorrendo virtualmente strade diverse tra loro, strade scientifiche, strade latine e greche, strade umanistiche e strade informatiche, con un'unica parola che le accomuna: il viaggio.
Il viaggio, perché ogni giorno si percorrono metri e chilometri irreali senza rendersene conto, attraversando confini e limiti sempre disomogenei ed arrivando, inconsapevolmente, a mete e a traguardi fantastici.
Noi Argonauti del III° millennio, siamo già capaci di viaggiare rimanendo seduti difronte ad un scrivania piena di libri, computer, telefoni e droghe.
Noi Argonauti del III° millennio, siamo capaci di viaggiare oltre questa città e addirittura oltre questa atmosfera,... non c'è più limite a questa sfrenata voglia di andare via!
Non c'è più un vero limite, la libertà di andare via ha creato nuovi uomini al di sopra di un qualsiasi attaccamento morboso, ha creato frontiere più lontane e non solo materiali e geografiche, perché l'uomo, l'uomo di questo millennio, ha imparato a navigare rimanendo seduto senza muovere un niente, inerpicandosi tra montagne caotiche di sogni e idee, correndo veloce tra colori, musica e vita...
E le mete? Quali sono le mete?
Beh quelle si trovano dentro ognuno di noi, e si fanno e non si fanno sentire, ma piano, lentemente, inaspettatamente, fluiscono fuori, come magma fluiscono cautamente da un vulcano di immagini incandescenti.
Le mete, quelle vere, sono nascoste bene, dietro la curva del cuore, noi ce l'abbiamo nel sangue quelle mete e tutti quei viaggi...
IL VIAGGIO: MEZZO PER LA CONOSCENZA
Il primo libro di viaggio: il Milione di Marco Polo
Quanto fosse diffusa nel 1200 la curiosità e il fascino dell’ignoto, del diverso, lo dimostra proprio l’enorme fortuna del Milione. Da quest’opera, un misto tra la cronaca, la trattatistica storico-geografica e la relazione di viaggio, prende le mosse la moderna letteratura di viaggio.
La meraviglia e la grande diversità («tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi») dei paesi e dei popoli incontrati sono la caratteristica portante dell’intera opera.

[…] E questo vi conterà il libro ordinatamente siccome messere Marco Polo, savio e nnobile cittadino di Vinegia, le conta in questo libro e egli medesimo le vide. Ma ancora v’à di quelle cose le quali elli non vide, ma udille da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di veduta e ll’altre per udita, acciò che ‘l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna. […] (Proemio)
Da queste parole emerge un metodo e uno sguardo profondamente innovatori per l’epoca: l’opera non si basa più su auctoritates non verificate, ma sull’osservazione diretta e su testimonianze sicure.
Si riporta di seguito un passo esemplificativo dal capitolo 83 dove è descritto il palazzo imperiale.
83
Del palagio del Grande Kane.
Sappiate veramente che 'l Grande Kane dimora ne la mastra città - e è chiamata Canbalu -, 3 mesi dell'anno, cioè dicembre, gennaio e febraio; e in questa città à suo grande palagio, e io vi diviserò com'egli è fatto.
[…] E in mezzo di questo muro è 'l palagio del Grande Kane, ch'è fatto com'io vi conterò. Egli è il magiore che giamai fu veduto: egli non v'à palco, ma lo spazzo è alto piú che l'altra terra bene 10 palmi; la copertura è molto altissim[a]. Le mura delle sale e de le camere sono tutte coperte d'oro e d'ariento, ov'è scolpito belle istorie di cavalieri e di donne e d'uccegli e di bestie e d'altre belle cose; e la copertura è altresí fatta che non si potrebbe vedere altro che oro e ariento. La sala è sí lunga e sí larga che bene vi mangia 6.000 persone, e v'à tante camere ch'è una maraviglia a credere. La copertura di sopra, cioè di fuori, è vermiglia, bioia, verde e di tutti altri colori, e è sí bene invernicata che luce come cristallo, sicché molto da la lunga si vede lucire lo palagio; la covertura è molto ferma.
[…] E anco vi dico che verso tramontana, di lungi dal palagio da una arcata, àe fatto fare uno monte ch'è bene alto 100 passi e gira bene uno miglio; lo quale monte è pieno tutto d'àlbori che per niuno tempo non perdono foglie, ma sempre sono verdi. […]
E sul colmo del monte à uno palagio tutto verde, e è molto grande, sicché a guardallo è una grande meraviglia, e non è uomo che 'l guardi che non ne prenda alegrezza. E per avere quella bella vista l'à fatto fare lo Grande Signore per suo conforto e sollazzo.
Dai testi emerge lo spirito moderno e aperto di Polo. Come osserva Umberto Eco, egli assume le vesti di un cronista, di un moderno antropologo, anticipando la figura dell’inviato speciale. Traspare una forte curiosità e un senso di stupore, di meraviglia di fronte ad un mondo così distante da quello occidentale, così vasto e imponente.
Il viaggio nell’anti-Odissea: il Satyricon
Il viaggio del Satyricon è un viaggio strano: il romanzo parte che Encolpio è già in fuga, ma poi in fuga da cosa? e soprattutto in viaggio per dove?
Non si sa bene tutto questo perché non conosciamo l'opera intera ma soltanto alcune parti ed anche queste sono incomplete.
Quello del Satyricon è il più strano e particolare viaggio di cui abbia mai sentito parlare: è un viaggio erotico! ecco si potrebbe definire così.
Viaggio perché comunque questi "eroi" sono in un continuo movimento, non stanno mai fermi; Erotico perché sono costretti a subire torture a sfondo sessuale e sevizie di ogni genere per continuare ad andare avanti... (ma avanti dove?)
Gli "eroi" viaggiano attraverso luoghi tipici e fondamentali del mondo romano: la scuola di retorica, i riti mistici, la pinacoteca, il banchetto, la piazza del mercato, il postribolo, il tempio... e non potrebbe essere altrimenti, perché Petronio è intriso in questi "valori", se così si possono chiamare, la sua vita era radicata in quel mondo un pò folle e un pò profano, Petronio dedicava il giorno al sonno e la notte alle occupazioni e ai divertimenti e la godeva fino in fondo quella vita così...
...era la sua e lui era l'unico vero e libero "arbiter"!
E lo stesso libero arbitrio è presente nel Satyricon, poiché se da un lato l'opera è una parodia dell'Odissea, e quindi inevitabilmente Petronio riprende alcuni temi del poema epico, d'altra parte all'interno di questi stessi temi inserisce sempre nuove situazioni, episodi e digressioni del tutto diverse da quelle del piano ben strutturato dell'Odissea.
Ulisse andava verso la sua terra, Itaca, il suo viaggio è finalizzato al raggiungimento di una meta:
“...Non conosco un'altra
cosa più dolce della propria terra!
Mentre laggiù, nelle sue grotte fonde,
Calipso, augusta dea, di trattenermi
tentò, per voglia che le fossi sposo;
così anche Circe, maga ingannatrice,
nel suo palazzo, a Ea, di trattenermi
tentò, per voglia che le fossi sposo:
né mai, mai persuasero il mio cuore.
Poiché nulla e più dolce della patria,
più dei parenti, anche se in una casa
splendida, ma lontano, in terra d'altri,
diviso dai suoi cari, abita un uomo.”
Odissea - canto IX
Encolpio non viaggia per tornare a casa o come Ulisse per riprendere le redini del suo regno in balia dei Proci, il suo, di Encolpio, è un viaggio senza etica, senza morale, è come se gli avvenimenti e le azioni gli cadessero addosso... inoltre non c'è una meta o meglio noi non conosciamo la meta ultima verso cui tendere e di certo qui non è presente il "ritorno" omerico tanto travagliato.
Ulisse nelle peripezie ci cresce, è come se, inconsapevolmente, innalzassero il suo animo e il suo spirito a creare un uomo, ed in fondo, un eroe vero...
Encolpio non è certo un eroe! è solo il protagonista quasi passivo in una storia non sua, cioè, in una storia che lui stesso non vuole, in una storia che si trasforma spesso in un labirinto...
IL VIAGGIO INTERIORE
Seneca: il viaggio come fuga da se stessi
“L'importante è sapere in che stato d'animo arrivi, non dove arrivi.”

Il viaggio può essere un motivo di arricchimento e di conoscenza, oppure una semplice fuga; spesso entrambe le cose.
In realtà ciò che si cerca all'esterno è sempre un'esperienza interiore: si "utilizza" il viaggio per allontanarsi da un'esistenza divenuta troppo monotona e per provare qualche nuova emozione. Ma questa ricerca viene delusa quando ci portiamo dietro i nostri pregiudizi, le nostre illusioni, le nostre paure, insomma l'intero bagaglio della nostra mente.
«Perché ti stupisci che i tuoi viaggi non ti giovino?» scrive Seneca. «Vai in giro con te stesso: ti porti dietro il motivo che ti ha fatto fuggire». Dunque, la condizione prima per compiere un viaggio proficuo sarà quella di lasciare a casa il pesante fardello delle opinioni.
Anche la nostra esistenza è un viaggio per cui vale la stessa regola: è meglio compiere un breve giro intorno alla nostra casa con la mente fresca che un lungo periplo intorno al mondo con tutto il peso dei nostri pregiudizi.
La tematica del viaggio è una delle più importanti nelle Epistole a Lucilio, se ne parla in molti sensi: viaggio spirituale, viaggio inteso come cambiamento di luogo, il viaggio della vita, …
Ecco come si rivolge Seneca a Lucilio parlando del viaggio:
“Questo tu ritieni che sia accaduto solo a te e ti meravigli, quasi che fosse una cosa insolita, del fatto che nonostante un viaggio tanto lungo ed una tanto grande varietà di luoghi non sei riuscito a scuoterti di dosso l’oscuro peso dell’animo?Devi cambiare la tua interiorità non l’ambiente. Abbia tu pure attraversato il vasto mare, si allontanino pure, come dice il nostro Virgilio Le terre e le città, ti seguiranno i tuoi vizi ovunque arriverai. Questa medesima cosa rispose Socrate ad un tale che si lagnava: “Perché ti meravigli che a nulla ti giovino i tuoi viaggi, mentre te ne vai in giro? Ti angoscia lo stesso motivo che ti ha spinto a partire” A che cosa può giovare la novità delle terre? A cosa la conoscenza di città o luoghi? Questo continuo movimento si perde nel vuoto. Ti domandi per quale motivo codesta fuga non ti aiuti? Tu fuggi in compagnia di te stesso”
( ep. 28)
È inutile tentare di raggiungere la serenità cambiando luogo. Solamente cambiando se stessi innanzi tutto attraverso la consapevolezza del proprio male, si può pervenire alla guarigione dalla propria inquietudine interiore.

In quest’epistola, Seneca svolge, per l’ennesima volta il tema relativo alla dimensione dell’interiorità e della malattia dell’animo che si identifica con il disagio, il tormento non identificabile in maniera precisa ma, proprio per questo, così difficile da scongiurare. Tale discorso si collega a quello degli occupati che cercano nell’esteriorità un significato alla propria esistenza ed una risposta alle esigenze della vita. Talora questo stato di malinconia spinge alcuni a cercare di distrarsi, per vincere e sfuggire a questo taedium, esso è in realtà dentro di noi, è uno status da cui non riusciamo a liberarci finchè non lo affrontiamo direttamente. Non servono viaggi né ricerche di lande esotiche e sconosciute, nulla può vincere quest’angoscia che ci attanaglia perché il vero problema, il male che ci perseguita, continua a seguirci: siamo noi. Se non riusciremo a vincere questo male, non potremo stare bene in nessun luogo, viceversa quando avremo raggiunto l’equilibrio interiore, qualsiasi luogo, anche il più desolato, qualsiasi condizione per quanto imposta, sarà per noi ottimale.
O ancora:
"Un viaggio che giovamento ha mai potuto dare? Non modera i piaceri, non frena le passioni, non reprime l'ira, non fiacca gli indomabili impulsi dell'amore, insomma, non libera da nessun male. Non rende assennati, non dissipa l'errore, ma ci attrae temporaneamente con qualche novità come un bambino che ammiri cose sconosciute. Rende, invece, lo spirito già gravemente infermo, ancora più incostante, e questo agitarsi lo fa diventare più instabile e volubile. E così gli uomini abbandonano con più smania quei posti che avevano tanto smaniosamente cercato e se ne vanno più velocemente di quanto erano venuti. [...] Fino a quando ignorerai che cosa si deve fuggire, che cosa ricercare, che cosa è necessario o superfluo, giusto o ingiusto, questo non sarà viaggiare, ma vagabondare"
Per Seneca la vita stessa è un viaggio, e a riguardo esprime il suo pensiero in elcuni passi delle epistole a Lucilio:
“Spesso si dovrebbe morire e non si vuol morire, si sta morendo e non si vorrebbe morire.
Non c’è persona così sprovveduta da non sapere che presto o tardi si deve morire: quando però si avvicina alla fine, cerca di guadagnare tempo, trema, si lamenta. Non ti sembrerebbe estremamente sciocco uno che piangesse perché non è vissuto mille anni fa? Altrettanto sciocco è uno che piange perché non sarà più vivo tra mille anni! Le cose si equivalgono: non ci sarai più e non c’eri. Non ti appartiene né questo tempo né quello.
Sei stato proiettato in questo spazio brevissimo di tempo: e ammesso che tu possa prolungarlo, fino a quando lo prolungherai? Perché piangi? Cosa speri? è fatica sprecata.
Non sperar che si pieghi alle tue suppliche
il volere degli dei.
Sono immutabili e definitivi i voleri degli dei, e a guidarli è una legge inesorabile, grande ed eterna. Tu andrai là dove va ogni cosa.
È una novità per te? Sei fatto per obbedire a questa legge: questo è successo a tuo padre, a tua madre, ai tuoi antenati, a tutti prima di te, a tutti dopo di te. è una catena di eventi che non si spezza e che nessuna forza può cambiare, quella che lega e trascina ogni cosa.
Quanta gente destinata a morire ti seguirà? Quanta ti farà compagnia? Avresti più coraggio, io credo, se insieme con te morissero migliaia e migliaia di persone. Eppure, proprio nell’istante in cui tu esiti a morire, migliaia e migliaia di uomini e di animali, sia pure in vario modo, esalano l’ultimo respiro! E tu non pensavi che presto o tardi saresti arrivato a quella meta verso cui eri incamminato da sempre? Non c’è viaggio che non abbia fine.”
( ep. 77)
Seneca paragona così la vita al viaggio:
“Un viaggio sarà incompiuto, se ti fermerai a metà strada o prima di avere raggiunto il luogo prefisso: invece la vita non è mai incompiuta, se è onesta. In qualunque momento cesserai di vivere, se cesserai bene, la tua vita sarà completa”.
Naturalmente qui si parla della conoscenza di sé e delle leggi fondamentali della vita. Ma non bisogna sottovalutare l'importanza dei viaggi.
Questo tipo di esperienza sarà tanto più fruttuoso quanto più riusciremo a liberarci delle idee ricevute, dei nostri valori, dei nostri abituali punti di riferimento, in breve di tutta la nostra mente. Solo così potremo entrare veramente a contatto con il nuovo, con il diverso.
Il tema del viaggio tra Leopardi e Dante
Il tema del viaggio ricorre sia nei Canti sia nelle prose di Leopardi, il quale, profondamente turbato da un aspro pessimismo nei confronti della vita e determinato a svelare la pur dolorosa realtà della condizione umana, ha fatto propria la lezione degli autori classici, creando personaggi emblematici delle sue convinzioni esistenziali. A tal proposito sono rilevanti la figura dell'Islandese, tratta dal "Dialogo della Natura e di un Islandese", e quella del "vecchierel" del "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia", confrontandole anche con l'Ulisse dell'Inferno dantesco e con lo stesso personaggio di Dante.
Nell’ accostare poeti così lontani per contesto storico-letterario e per ideologia notiamo che in entrambi la metafora del viaggio come cammino della vita si è rivelata in tutta la sua efficacia e significatività.
Per quanto riguarda Leopardi, il personaggio del pastore non dichiara lo scopo del viaggio; dare una risposta alla sua domanda metafisica? Forse questo è il fine del pastore, ma propriamente la raffigurazione del vecchierel sembra suggerire più un’abitudine o un automatismo dell’esistenza che la ricerca di uno scopo, l’Irlandese, invece, non potendo raggiungere il piacere, viaggiando, cerca almeno un luogo dove non patire. Diverso è invece lo scopo del viaggio dell’Ulisse dantesco che intraprende il suo peregrinaggio verso terre sconosciute “Per seguir virtute e canoscenza”: per penetrare e conoscere il mistero e l’ignoto.
IL VIAGGIO MENTALE
Il viaggio nella psiche
Anche quello di Freud è un viaggio.
Con la sua meta, i suoi bivi, le sue strade. Si tratta di andare dritto verso l'inconscio di un uomo, dritto lì, senza troppe fermate, dritto a scoprire cos'è veramente un uomo.
Es, Super-Io, Ego, 3 dimensioni ma un uomo solo, una sola mente che si divide.
La prima, il calderone di ribollenti impulsi, l'Es è l'estro, la passione, l'irrazionalità, per citare uno tra i grandi, è il mondo dionisiaco al di là del bene e del male.
La seconda è il Super-Io, la coscienza morale, tutti i limiti e le regole imposte all'uomo sin dall'infanzia, è il mondo della razionalità, è l'ordine nella psiche.
Il terzo, l'Ego fa da tramite, da bilancia per equilibrare, per cercare di tenere a bada le 2 dimensioni precedenti, e il giusto mezzo tra caos e ordine o semplicemente è l'unione che fa tacere urli maldestri.
Freud ipnotizza l'uomo, addormenta solo la sua parte conscia e da questo momento si addentra nei meandri di quel cervello, in quel mare di onde e idee, e cammina cammina supera nervi e sinapsi, e cammina cammina per arrivare dritto lì, dritto all'inconscio. Ma l'ipnosi è spesso troppo poco efficace e così elabora un nuovo metodo, meno forzoso e meno misterioso, se vogliamo, ma di certo è un metodo che induce ad abbandonarsi completamente...
...associazioni libere, di idee, di parole, di fotogrammi e piccole immagini che all'apparenza sembrerebbero isolate, probabilmente artificiali, ma in una realtà diversa e assurda.
... perché dopo l'ipnosi Freud trova una strada attraverso i sogni, quei maledetti sogni che non ci danno tregua.
E i sogni sono un viaggio, o meglio portano ad un viaggio in realtà sono una via, una via che porta alla conoscenza dell'inconscio.
L'importanza del viaggio... e scoprire quanto poi l'uomo abbia bisogno di guardarsi dentro, di viaggiarsi, di sognare il vero nascosto dietro il falso, ma soprattutto di conoscersi e rivelarsi la propria dimensione.
Tra poesie di viaggi mentali
«Più lontano si va meno si conosce: perciò i saggi conoscono senza muoversi.»
Herman Hesse
Solitudine
Porgo volentieri l'orecchio alla pioggia e al vento
e vago nelle calde oscurità del bosco.
Da tutti i voli di nubi voglio sapere
quali sono le loro speranze e i loro scopi.

Per me è una consolazione, come giramondo,
guardare qua e là attraverso le finestre di abitazioni straniere,
e la vita, le gioie e i dolori altrui
considero in silenzio e porto via con me.

Ma di notte, quando impietose e dure
le alte stelle guardano il mio giaciglio,
mi raccolgo in me stesso e vedo con orrore
come il mio stesso cuore mi è diventato straniero.
da "Il viandante"
Charles Baudelaire
Le Voyage
_I

Per il ragazzo, innamorato di mappe e di stampe,
l'universo è pari alla sua vasta brama.
Come è grande il mondo alla luce della lampada,
come, agli occhi del ricordo, meschino!

Un mattino partiamo, il cervello in fiamme,
il cuore gonfio di rancore e di voglie amare,
e andiamo seguendo il ritmo delle onde,
cullando il nostro infinito sul finito dei mari:

gli uni, felici di fuggire una patria infame,
gli altri l'orrore delle proprie culle; e alcuni, astrologhi
perduti negli occhi d'una donna,
Circe tirannica dai profumi fatali.

Per non essere mutati in bestie,
s'inebriano di spazio, di luce e di cieli infuocati;
il gelo che li morde, i soli che li bruciano
cancellano lentamente il segno dei baci.

Ma, veri viaggiatori sono quelli che partono
per partire; cuori leggeri, simili a palloncini,
non si staccano mai dal loro destino,
e senza sapere perché dicono sempre: Andiamo!
...........

_III

Straordinari viaggiatori, quali nobili storie
leggiamo nei vostri occhi profondi come il mare.
Oh, mostrateci gli scrigni della vostra ricca memoria,
i gioielli meravigliosi fatti di astri e di etere.

Senza vapore né vela vogliamo navigare!
Per alleviare il tedio delle nostre prigioni
fate passare sui nostri spiriti, tesi come una tela,
i vostri ricordi chiusi in cornici d'orizzonti.

Diteci: che vedeste?


_IV

Abbiamo visto astri e flutti;
sabbie; e come qui,
malgrado traumi e improvvisi disastri,
ci siamo spesso annoiati.

Lo splendore del sole sopra il mare violetto,
la gloria delle città nel sole che tramonta accendevano
nei nostri cuori un inquieto ardore, ci spingevano
a tuffarci in un cielo dai riflessi incantati.

Le più doviziose città, i più vasti paesaggi
non possedevano mai il fascino misterioso
che il caso ricava dalle nuvole:
e sempre il desiderio ci tallonava dappresso.

.............
_VIII

O Morte, vecchio capitano, è tempo, leviamo l'ancora. Questa terra ci annoia, Morte. Salpiamo. Se cielo e mare sono neri come inchiostro, i nostri cuori, che tu conosci, sono colmi di raggi.

Versaci, perché ci conforti, il tuo veleno. Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell'abisso, Inferno o Cielo, non importa. Giù nell'Ignoto per trovarvi del nuovo.
PROFUMO ESOTICO


Quando, a occhi chiusi, una calda sera d'autunno,
respiro il profumo del tuo seno ardente,
vedo scorrere rive felici
che abbagliano i fuochi di un sole monotono;

una pigra isola in cui la natura esprime
alberi bizzarri e frutti saporosi,
uomini dal corpo snello e vigoroso
e donne che meravigliano per la franchezza degli occhi.

Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano,
vedo un porto pieno d'alberi e di vele
ancora affaticati dall'onda marina,

mentre il profumo dei verdi tamarindi
che circola nell'aria e mi gonfia le narici,
si mescola nella mia anima al canto dei marinai.
……………………………………………….

E’ una stazione.
Una stazione con tanto di treno, passeggeri, lacrime e saluti, e sono tre momenti ben distinti: gli addii, la partenza delle persone andate, e la partenza delle persone rimaste.
E si scorge quasi vivo il dramma, la nostalgia, già, della lontananza... i rumori si fanno sentire fuori da quei colori: il vento che porta lontano il vapore, un rombo vecchio e lento del treno, le parole, le ultime parole della gente, i passi sul pavimento, la voce dall'altoparlante che incita a salire i passeggeri in carrozza, le valige sopra e sotto i sedili, il fischio del ferroviere, le ultime porte del treno che si chiudono , le ruote cigolano, il treno si muove, va, i finestrini aperti, le mani fuori che salutano.

Le sensazioni in questi quadri sono tantissime ma più che sensazioni sono piccoli drammi universali che si consumano in ogni istante, ed è tutto quello che ci vuole provocare Umbreto Boccioni: movimento.
Movimento inteso non come preoccupazione cinematografica o sciocca gara con l'istantanea o puerile osservazione della traiettoria di un oggetto, la rappresentazione del movimento, in quei quadri, è l'avvicinamento alla sensazione pura, cioè la durata dell'apparizione, il vivere l'oggetto nel suo manifestarsi.

Quel treno che parte, la gente che resta e quella che va, vengono tutti rappresentati non in quel momento, in quel fotogramma istantaneo, ma in un movimento continuo di umori e di cose...
il treno sta per partire, parte, è già lontano e tutto questo in tre strani quadri...
la gente parla, sale sul treno, è già lontana e tutto questo in soli tre strani quadri...
la persone parlano, salutano fermi e tristi ma il treno è già lontano e tutto questo in sole tre immagini...

Esempio