Il '900: mezzo secolo di incubo nucleare e di corsa agli armamenti

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Testo

IL ´900: MEZZO SECOLO DI INCUBO NUCLEARE E DI CORSA AGLI ARMAMENTI
“DOVEVA ESSERE MIGLIORE DEGLI ALTRI IL NOSTRO XX SECOLO. NON HA FATTO IN TEMPO A DIMOSTRARLO…”
di Antonio G.
ARGOMENTI CORRELATI
Storia: analisi dei due conflitti mondiali.
Italiano: Gabriele D’annunzio e analisi del testo “la pioggia nel pineto”.
Filosofia: analisi del pensiero di Friedrich Nietzsche.
Inglese: breve trattazione sulle cause del secondo conflitto mondiale con riferimento al testo “the general” di Sigfried Sassoon.
Fisica: l’atomo di Bohr.
Scienze della terra: struttura e composizione dell’atmosfera.
Biologia: introduzione sui cicli biogeochimici con particolare riferimento al ciclo dell’azoto.
Chimica: l’inquinamento atmosferico.

LA GRANDE GUERRA
➢ Chi: Parteciparono al primo conflitto mondiale Germania, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Austria e Russia. Solo in un secondo momento interverrà l’Italia, va inoltre ricordato il decisivo intervento statunitense che sancì la fine del conflitto.
➢ Dove: Il conflitto mondiale divampò nella “polveriera” balcanica a causa dell’attentato mortale subito dall’arciduca austriaco Francesco Ferdinando. Inoltre il territorio dei Balcani costituiva una grande ambizione per Italia, Austria, Germania, Russia, Gran Bretagna; queste forze militari tendevano ad acquisire il controllo sia sull’Adriatico che sul Mediterraneo. Inoltre va sottolineato l’interesse di alcune potenze locali come la Serbia e la Bulgaria. Successivamente la Grande guerra coinvolgerà tutti i maggiori stati europei.
➢ Quando: Lo scoppio del conflitto è datato 28 luglio 1914, quando la Serbia non accettando l’ultimatum austriaco, mise l’Austria nelle condizioni di dichiararle guerra.
➢ Perché: La Germania andava crescendo in maniera spropositata sia nel campo economico che in quello militare, tanto da destare le preoccupazioni di alcuni stati come la Gran Bretagna che fino a quel momento aveva dominato la scena europea. La collocazione della Germania al centro dell’Europa fece nascere tensioni e riaccese vecchie rivalità con gli stati circostanti
➢ Cause: Le cause di fondo vanno ricercate in un complesso di fattori economici, politici e diplomatici:
1. Permanente condizione di tensione tra due sistemi egemonici o blocchi plurinazionali organizzati in strette alleanze militari, identificabili con nomi delle alleanza stipulate, la Triplice Alleanza formata da Austria, Germania, Italia e la Triplice Intesa formata da Inghilterra, Francia e Russia.
2. L’instabilità di aree regionali o prossime ai due blocchi con l’emergenze di particolari fenomeni da trattare (nazionalismi e terrorismi).
3. Livelli elevatissimi di armamento guidati da strategie militari dall’affidabilità mai pienamente sperimentata e collocati in una disposizione fondamentalmente offensiva.
➢ Conseguenze:
1. Le cifre del massacro: oltre 8 milioni di morti e 21 milioni di feriti.
2. La crisi della secolare egemonia economica e politica dell’Europa nel mondo.
3. La ristrutturazione della carta politica dell’Europa, con il controllo di quattro grandi imperi multinazionali (tedesco, austro-ungarico, russo, ottomano).
4. L’Esaurirsi dell’espansione colonialista e l’inizio dei movimenti di liberazione nei paesi coloniali.
5. L’instabilità dell’economia mondiale, culminata nella grande crisi del 1929.
6. L’affermazione della società di massa e l’intensificazione dei conflitti sociali.
7. La crisi delle democrazie liberali e l’affermazione di regimi autoritari o totalitari: lo stato socialista in Unione Sovietica e i regimi fascisti nell’Europa centro-meridionale e orientale (Italia, Germania, Spagna, Romania ecc.)
Strategie militari: La strategia militare tedesca era basata sulla “guerra lampo”, si trattava di un particolare tipo di strategia che prevedeva attacchi della lenta fanteria preceduti da una lunga preparazione dell’artiglieria.
1. Date:
1. 28 luglio 1914: L’Austria dichiara guerra alla Serbia, dando il via al conflitto.
2. aprile 1915: battaglia di Ypres, caratterizzata da gravi perdite, i tedeschi usarono il gas asfissiante.
3. 24 maggio 1915: L’Italia entra in guerra al fianco della Triplice Intesa.
4. febbraio 1916: battaglia di Verdun, i tedeschi cercarono di sfondare il fronte occidentale
5. giugno 1916: battaglia di Somme dove si contarono quasi un milione di morti. Battaglia dello Jutland che vide contrapposti la marina inglese contro quella tedesca.
6. febbraio 1917: rivoluzione russa, questa data segnerà una svolta nelle sorti del conflitto.
7. aprile 1917: gli Stati Uniti decidono di intervenire, avevano sostenuto Gran Bretagna e Francia.
8. 24 ottobre 1917: austriaci e tedeschi riuscirono a sfondare a Caporetto, la linea del fronte fu arretrata al fiume Piave.
9. marzo 1918: la vera svolta del conflitto, una gigantesca offensiva tedesca venne lanciata sul fronte occidentale.
10. 8 agosto 1918: gli Stati Uniti respinsero l’offensiva e sfondarono le linee tedesche.
11. 24 ottobre 1918: contrattacco dell’Italia che sbaragliarono gli austriaci a Vittorio Veneto.
12. 4 novembre 1918: l’Austria-Ungheria firmo l’armistizio.
13. 11 novembre 1918: la Germania ormai prive di forze chiese l’armistizio, ciò segnò la fine del conflitto.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
➢ Chi: Parteciparono al secondo conflitto mondiale Germania, Giappone, Francia, Unione Sovietica, Gran Bretagna. Solo in un secondo momento l’Italia sarà costretta ad entrare in guerra e come accadde nel primo conflitto anche qui l’intervento statunitense risulterà fatidico.
➢ Dove: Il conflitto divampò in Polonia, a causa del patto di non aggressione della Germania all’Unione Sovietica. Il patto garantiva all’Unione Sovietica l’espansione verso il Baltico, la Polonia e l’Europa centrale, tradizionali obiettivi della politica estera russa.
➢ Quando: Lo scoppio del conflitto è databile 1° settembre 1939 quando Hitler invade la Polonia. Il 3 settembre Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania.
➢ Perché: L’ascesa al potere di Hitler era avvenuta sulla base di ispirazioni espansionistiche e dall’ostilità dell’ordine di Versailles. L’espansione tedesca mostrava interesse per Austria, Europa orientale e ancora una volta verso i Balcani.
➢ Cause: Il secondo conflitto affonda le sue radici nella profonda crisi politica, economica e culturale che si era aperta nel mondo contemporaneo:
1. Aspirazioni espansionistiche della Germania.
2. Fragilità dell’ordine internazionale costruito a Versailles.
3. Fallimento della Società delle nazioni.
4. La nascita di sistemi politici in disaccordo reciproco.
5. Nascita di nuove alleanze: l’accordo chiamato asse Roma-Berlino fra Italia e Germania, che prevedeva l’allineamento della politica estera di Italia e Germania. Il patto anti-Comintern stipulato fra Germania e Giappone un mese dopo la proclamazione dell’asse Roma-Berlino. Il patto d’acciaio, che impegnava Italia e Germania ad appoggiarsi militarmente in caso di conflitto.
Conseguenze:
1. L’inarrestabile espansione della Germania che comprendeva Danimarca, Norvegia, Belgio, Paesi Bassi e Francia.
2. L’avanzata tedesca costrinse l’Italia ad entrare in guerra, con una strategia di “guerra parallela” che si rivelò errata.
3. La prima battuta d’arresto della Germania a favore dell’Inghilterra brutalmente aggredita.
4. L’invasione della Russia da parte dei tedeschi e il contemporaneo attacco del Giappone agli Stati Uniti.
5. La tragedia più immane dell’Umanità: lo sterminio ebreo
6. Il fallimento della “guerra lampo”, la resistenza europea e il conseguente crollo tedesco.
7. L’uso della sterminante bomba atomica che mise la parola fine al secondo conflitto mondiale.
Strategie militari: La strategia militare tedesca era basata sulla “guerra lampo”, un’offensiva massiccia e travolgente condotta con l’impiego dell’aviazione e dei mezzi corazzati. Era un tipo di guerra assai diverso da quello sperimentato nel primo conflitto mondiale. Si trattava di battere le linee nemiche con bombardamenti aerei, sfondarle con i carri armati in alcuni punti, penetrando in profondità.
Date:
1. 1 – 3 settembre 1939: La Germania attacca la Polonia e di tutta risposta la Francia e la Gran Bretagna le dichiarano guerra.
2. 10 maggio 1940: La grande offensiva tedesca si sposta verso Occidente.
3. 10 giugno 1940: L’Italia guidata da Mussolini entra in guerra.
4. 14 giugno 1940: Parigi viene occupata
5. luglio-settembre 1940: La “battaglia di Inghilterra” che segna la prima battuta d’arresto della Germania.
6. 22 giugno 1941: La Germania invade l’Unione Sovietica, venendo meno al patto di non aggressione.
7. 7 novembre 1941: Il Giappone attacca gli Stati Uniti nella rada di Pearl Harbour.
8. 1941-1942: Si compie la più grande tragedia umana definita genocidio o soluzione finale, circa i due terzi della popolazione ebrea fu sterminata nei campi di concentramento nazisti.
9. giugno 1942: Offensiva tedesca sul fronte orientale: altra battuta d’arresto.
10. 25 luglio 1943: Si registra la destituzione di Mussolini e la caduta del fascismo.
11. 8 settembre 1943: Pietro Badoglio annuncia l’armistizio con gli anglo-americani.
12. 6 giugno 1944: Avviene lo sbarco statunitense in Normandia.
13. primavera 1945: La potenza tedesca viene repressa dai bombardamenti statunitensi da un lato e dai sovietici dall’altro.
14. 13 aprile 1945: L’armata sovietica occupò Vienna.
15. 28 aprile 1945: Mussolini viene catturato dai partigiani e fucilato.
16. 30 aprile 1945: Adolf Hitler si toglie la vita.
17. 2 maggio 1945: I sovietici entrano a Berlino.
18. 7 Maggio 1945: La Germania firma la resa senza condizioni.
19. 6 agosto 1945: Gli Stati Uniti sganciano il primo ordigno nucleare sulla città di Hiroshima, causando 100.000 vittime.
20. 9 agosto 1945: Gli stati Uniti sganciano il secondo ordigno nucleare sulla città di Nagasaki.
21. 2 settembre 1945: Fu firmata la resa del Giappone. La seconda guerra mondiale è terminata, ma si apre l’inquietante futuro sulle armi nucleari.

ITALIANO
D’ANNUNZIO: LA VITA INIMITABILE DI UN MITO DI MASSA
Gabriele D’Annunzio è uno dei pochi scrittori italiani del Novecento ad avere fama europea. Raffinato cultore dell’estetismo, può essere considerato uno dei più noti esponenti del decadentismo internazionale. Il suo stesso panismo (la tendenza cioè a identificarsi vitalisticamente con totalità della natura) non è che un aspetto del simbolismo decadente che cerca segrete corrispondenze fra l’uomo e la natura.
La spettacolarizzazione continua della propria vicenda biografica costituisce un abile sfruttamento dei nuovi meccanismi d’informazione creati dalla società di massa, e serve però anche a riproporre in una condizione del tutto mutata il mito del poeta-vate tramontato con l’avvento della società borghese. Rilanciando tale mito, d’Annunzio rinnova l’idea della poesia come privilegio e come valore assoluto, facendo nel contempo della propria arte preziosa e raffinata l’altra faccia di una vita che vuole proporsi come «inimitabile».
Gabriele d’Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863, terzo figlio di Francesco Paolo Rapagnetta (il cognome d’Annunzio è quello di un ricco zio adottivo) e di Luisa de Benedictis. Compiuti gli sudi liceali a Prato (in Toscana), si trasferisce nel 1881 a Roma, dove si iscrive – senza poi laurearsi – alla Facoltà di Lettere. A Roma diventa collaboratore di alcuni periodici in veste di giornalista letterario e di cronista mondano di quell’aristocrazia della quale, conducendo una vita sontuosa e sempre pronta allo scandalo, entra rapidamente a far parte. I suoi amori tempestosi e volubili offrono fra l’altro materia a un pettegolezzo tutt’altro che scoraggiato dal poeta: a Giselda Zucconi seguono altre donne, fino alla clamorosa fuga con la duchessa Maria Hardouin di Gallese, che d’Annunzio sposa nel 1883 e da cui avrà tre figli. Ma già nell’ ’87 si delinea il nuovo amore per Elvira Fraternali Leoni, cantata come Barbara. Sono di questo periodo le raccolte di versi Canto novo (1882), Intermezzo di rime (1884), L’Isotteo-La Chimera (1890), Elegie romane (1892), Poema paradisiaco (1893), i racconti sono riuniti sotto il titolo Terra vergine (1882) e i romanzi Il piacere (1889) , Giovanni Episcopo (1891), L’innocente (1892). L’esordio poetico risale però alla raccolta Primo vere del (1879).
Dal 1891 al ’93 vive per due anni a Napoli insieme a Maria Gravina, subendo una condanna per adulterio a causa della denuncia del marito di lei. A seguito della lettura di Nietzsche e suggestionato dalla musica wagneriana, scrive il romanzo Il trionfo della morte (1894).
Il 1894 è un anno di svolta: il rapporto con la Gravina, ormai in crisi, si appresta a essere rimpiazzato da quello con la grande attrice Eleonora Duse, incontrata a Venezia nel settembre di quell’anno: il dissesto finanziario e i debiti ereditati dal padre, morto l’anno precedente, lo incalzano, come altre volte, costringendolo a fughe precipitose e a impegni editoriali gravosi. Infine si trasferisce con la Duse a Settignano, vicino a Firenze, dove vive dal 1898 al 1910 in una lussuosa villa detta «la Capponcina». Qui compone i primi tre libri delle Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi, il romanzo Il fuoco (1900) e una tra le sue opere più fortunate per il teatro, La figlia di Iorio (1904). Nel 1905 alla Duse si sostituisce Alessandra di Rudinì, con la quale d’Annunzio prosegue una vita dispendiosa, segnata dalla passione per i cani e per i cavalli. Tanto negli anni con la Duse quanto in quelli successivi, con la Rudinì e poi con altre donne, la produzione teatrale prosegue alacremente, e con La nave (1907) d’Annunzio raccoglie un altro grande successo. Nel 1897 si è intanto fatto eleggere deputato, presentandosi con la Destra, salvo passare clamorosamente nelle fila della Sinistra tre anni dopo per protesta contro la repressione del reazionario governo Pelloux.
Nel 1910, costretto dai debiti contratti per mantenere la villa, va in Francia, dove compone Merope, quarto libro delle Laudi, e dove rimane in «esilio volontario» fino al 1915, circondato da numerosi ammiratori e attore di nuove avventure erotiche: con la contessa russa Natalja de Goloubeff e la danzatrice, russe anch’ella, Ida Rubinstein.
Nel 1915, scoppiata la guerra, torna in Italia, schierandosi tra gli interventisti e partecipando ad ardite imprese terrestri, navali e aeree. Perso l’occhio destro in un incidente aereo, compone nel periodo di infermità le prose del Notturno (1916). Animato da fiero spirito nazionalistico, d’Annunzio ritiene la vittoria italiana mortificata dalla mancata annessione all’Italia della città croata di Fiume, e perciò la occupa di forza nel 1919, istituendovi un governo militare; ma dopo pochi mesi è costretto dalle truppe governative ad abbandonarla. Si ritira allora, nel 1921, a Gardone Riviera in una villa detta «Il Vittoriale degli Italiani» nella quale vive in disparte curando l’edizione nazionale delle proprie opere, fino alla morte, avvenuta il 1° marzo 1938.
L’IDEOLOGIA E LA POETICA.
IL PANISMO ESTETIZZANTE DEL SUPERUOMO
Oltre che scrittore, d’Annunzio volle essere anche ideologo e politico, intervenendo in numerose occasioni su questioni “strategiche” della vita civile nazionale e impegnandosi negli schieramenti parlamentari. Al di là dei molto cambiamenti intervenuti nel tempo, resiste la costante dell’ideologia nazionalistica, che si esprime nell’adesione all’aggressività coloniale di Crispi, nell’interventismo durante la prima guerra mondiale, con l’appendice dell’impresa di Fiume, nel favore concesso alla guerra fascista in Etiopia.
Gli interventisti dannunziani esprimono una retorica roboante ed esibizionistica, fatta più per colpire che per indurre a riflettere, mirante a sedurre e non a convincere; una retorica che inaugura quella fascista, e soprattutto mussoliniana, benché l’adesione di d’Annunzio al regime sia, nella sostanza, problematica e non senza contraddizioni e incertezze.
L’impiego con la Destra nel 1896, il passaggio poi clamoroso alla Sinistra tre anni dopo, il nazionalismo aggressivo e perfino volgare nel 1915, l’impresa di Fiume, l’appoggio al fascismo sono tutti episodi gestiti all’interno di un progetto di vita in cui conta innanzitutto la sensibilità a i processi in atto, ovvero la capacità di stare dalla parte ritenuta “giusta”. L’ideologia rintracciabile in d’Annunzio è da questo punto di vista “postpolitica”: scavalca cioè le differenze ideologiche, le inconciliabilità tra gruppi e partiti, perseguendo una logica che non corrisponde tanto a criteri oggettivi, ai vincoli di “ideali” o di progetti organici e coerenti, quanto al bisogno soggettivo di ricavare il massimo utile dai meccanismi culturali della civiltà di massa. Questo atteggiamento spiega un aspetto almeno della rinascita d’interesse per d’Annunzio negli ultimi vent’anni, in coincidenza con il diffondersi di una mentalità della quale egli sembra aver fornito un’anticipazione.
Per un altro verso, la posizione dannunziana è invece “prepolitica”: vi è cioè una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del soggetto coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale. L’identificazione con il superuomo, sulla suggestione di una lettura di Nietzsche assai parziale e forzata, avviene al di fuori dei conflitti storici e anzi al di fuori e al di là della storia.
Il protagonismo esibizionistico nasconde una sostanziale passività nei confronti del presente, delle sue strutture sociali e culturali, dei meccanismi di potere. Ciò si rivela per esempio nella subalternità agli interessi economici e all’ideologia delle classi dominanti. D’Annunzio non rinuncia a esaltare l’aggressività imperialistica della nuova borghesia industriale, capace di far avanzare il progresso tecnico della moderna industria ma anche di imporre l’ordine sociale, minacciato dal «tumulto» della «plebe» e della «canaglia», dalla «cieca demenza» delle masse popolari.
In questa avversione per le masse, con dichiarato disprezzo per la democrazia e per le classi lavoratrici, d’Annunzio rifiuta d’altra parte di fare i conti con la degradazione sociale subita dalla figura stessa dell’artista nella moderna società borghese; e ripropone un’idea della poesia come pienezza di canto e come esperienza superiore e privilegiata.
L’arte è concepita da d’Annunzio come Bellezza, sia nel senso classicistico ereditato da Carducci, sia nel nuovo senso dell’estetismo decadente. Da una parte, dunque, d’Annunzio può proclamarsi l’ultimo umanista, dall’altra proporsi quale moderno esteta al cospetto della società di massa. Questo atteggiamento complesso implica un rapporto di tensione con la nuova condizione dell’arte, ben presente nella riflessione di scrittori precedenti come Baudelaire o Zola, ormai scaricata dagli altari e gettata nel mercato, che la gestisce come un prodotto qualsiasi. Per un verso d’Annunzio reagisce a questa “degradazione” negandola: la Bellezza è per lui al di sopra di tutto, è un valore assoluto; ma per un altro verso egli è il primo a sfruttare con consapevole abilità i meccanismi complessi dell’industria culturale, del mercato librario, delle mode: sa propagandare se stesso, costruendo se stesso, costruendo il proprio successo e organizzando il consenso alla propria opera e il suo consumo di massa.
Queste contraddizioni possono essere risolte solo in una maniera: facendo coincidere l’arte e la vita, il privato e il pubblico, la Bellezza e la merce, facendo della propria esistenza e della propria opera esibizione, spettacolo, infine mercato. Fin dall’esordio, d’Annunzio mette in scena una sapiente tecnica di scambio e di confusione tra arte e vita: per esempio, diffonde la notizia della propria morte subito dopo aver pubblicato la raccolta poetica d’esordio, raccogliendo così alcuni importanti necrologi.
La poetica dannunziana si affida, nelle frequenti dichiarazioni esplicite, a un’esaltazione del valore e del potere della parole: la «scienza delle parole» è la scienza «suprema»: «chi conosce questa conosce, conosce tutto», dichiara d’Annunzio nel 1892. Ha già affidato al Piacere la parola d’ordine «il verso è tutto». Parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincidono senza mediazioni.
E d’altra parte proprio sull’essenza di mediazioni che si fonda la percezione della vita come opera d’arte. E il rigetto delle mediazioni è il punto d’onore della poetica dannunziana, nonché dell’ideologia su cui essa si fonda. Di qui trae alimento il gusto costante per l’analogia quale tecnica privilegiata della rappresentazione, e quale criterio organizzativo della conoscenza: ogni cosa rimanda a un’altra; anzi: ogni cosa è un’altra. Anche quando si affidi a strumenti di comparazione come la similitudine, che sanciscono in termini retorici il riconoscimento della mediazione razionale, d’Annunzio trova modo di annullare ogni limitatezza e ogni definizione. Una forma radicale di fusione tra realtà oggettiva e soggetto conoscente, oltre che dei vari elementi della realtà stessa, è la sinestesia, figura infatti frequente nell’opera dannunziana. L’analogismo, la metafora, la sinestesia sono d’altra parte i modi per ristabilire il contatto tra uomo e natura, per scavalcare i limiti della civilizzazione senza fare però i conti con essi. L’arte è insomma anche un modo privilegiato per superare il divario tra civiltà e natura, tra cultura e istinto; non già risalendo a una qualche dialettica tra i due termini ma fondendoli: «Natura e Arte sono un dio bifronte», è la diagnosi sintetica di d’Annunzio, e il tentativo da lui perseguito è quello di dare vita a una scrittura che esprima e manifesti questa duplicità, una scrittura che sia il massimo dell’artificialità presentato come il massimo della naturalezza.
Queste caratteristiche della poetica di d’Annunzio lo mettono in collegamento con il Simbolismo europeo, del quale egli fornisce una versione perfino estremizzata. I particolari della realtà, in d’Annunzio, disegnano «una scrittura», e rappresentano una possibilità di senso.
Manca dunque in d’Annunzio la fiducia nel potere dell’arte di suscitare un significato universale ma circoscritto dal particolare.
Il simbolismo di d’Annunzio non è un simbolismo della “rivelazione”, ma un simbolismo della “volontà di rivelazione”. Sotto la trasformazione di tutto in Bellezza si annida cioè la minaccia di un’estinzione della Bellezza; sotto la riduzione della vita e del linguaggio a forma si nasconde la minaccia di un’estinzione, nella moderna società di massa, della possibilità di dare e di avere forma. Per queste ragioni l’esperienza di d’Annunzio si presenta come un caso estremo di Simbolismo; ma anche come un Simbolismo in crisi.
IL PIACERE, OVVERO L’ESTETIZZAZIONE DELLA VITA E L’ARIDITA’
Il piacere è il primo romanzo di d’Annunzio. Con esso penetra per la prima volta in Italia la nuova cultura decadente, inaugurata nella narrativa dal modello di A rebours (Controcorrente) di Huysmans, pubblicato nel 1884. Il piacere fu scritto tra l’estate e l’autunno del 1888, perlopiù nella villa di Francesco Paolo Michetti a Francavilla (nei pressi di Pescara). La pubblicazione fu realizzata nel 1889 dall’editore Treves di Milano, destinato a essere quasi l’editore “ufficiale” di d’Annunzio per molti anni.
Protagonista assoluto del romanzo è Andrea Sperelli, alter ego dell’autore ed eroe dell’estetismo, così come l’antenato Des Esseintes di Controcorrente. Per Andrea l’arte è il valore assoluto: la vita stessa viene concepita come arte, e “l’arte per l’arte” non è solo un programma estetico ma anche uno stile di vita. D’altra parte la confusione tra arte e vita e la sovrapposizione tra i due piani caratterizza gran parte della cultura decadente. Anche d’Annunzio si propone una «vita inimitabile», fatta come un’opera d’arte. Identificare arte e vita significa nei fatti subordinare tutto, anche la morale, a una visione estetica della vita.
Andrea, dei conti Fieschi d’Ugenta, fa di Roma il teatro della propria affermazione sociale e della propria ricerca di raffinatezza. La Roma alla quale egli guarda non è quella cantata da Carducci, ma la Roma barocca dei papi e della nobiltà, segnata dal piacere di vivere e da una corruzione spirituale che coincide con la facoltà stessa di vivere la vita secondo parametri estetici. Andrea vive nel palazzo Zuccari a Trinità dei Monti e passa da un’avventura galante a un’altra, immerso nella vita frivola della mondanità. La capacità di gestire questo copione con perfetto equilibrio e superiore distacco è però incrinata dal rimpianto per Elena Muti, un’amante la cui bellezza e la cui forte personalità hanno eccezionalmente turbato Andrea. Interrotta la relazione con lei per un’improvvisa fuga della donna da Roma, Andrea tenta invano di ristabilire i contatti in occasione del ritorno della donna, due anni dopo, sposata a un ricco e perverso marchese. Minacciato da un’inquietudine interiore, Andrea cerca scampo nella consueta vira frenetica e dissoluta, finché resta ferito in un duello provocato dalla reazione gelosa di un marito offeso dalla sua intraprendenza. Si apre qui una parentesi di convalescenza nella villa di campagna presso la cugina di Andrea, marchesa d’Ateleta. Qui il protagonista recupera una serenità interiore, riavvicinandosi ai propri interessi di scrittore e di artista. La pace è turbata dall’arrivo di un’amica della cugina, Maria Ferres, caratterizzata da una femminilità ben diversa da quella di Elena: delicata, spirituale e sensibile. A poco a poco Andrea stabilisce con Maria un’intimità affettuosa, che diviene vero e proprio rapporto d’amore dopo il ritorno dei due a Roma. Qui l’attrazione per Elena, che di tanto in tanto continua a rivedere, si mescola all’orrore per la vita torbida di lei, e alla gelosia per una nuova relazione della donna; mentre il rapporto con Maria deve subire il peso di questa tensione erotica che l’animo di Andrea non riesce a chiudersi. L’ambivalenza verso le due donne e verso le due situazioni lo spinge infine a pronunciare il nome di Elena mentre è abbracciato a Maria, così che la donna lo lascia. La conclusione del romanzo registra il fallimento del protagonista e del suo progetto di esteta.
La struttura del romanzo risente della tradizione del Naturalismo, rispetto alla quale tuttavia d’Annunzio opera significative trasformazioni. In particolare è lasciato molto più spazio alla libera manifestazione della soggettività di Andrea, cui si adattano anche i ritmi narrativi e l’intreccio.
La relazione con Elena è raccontata a partire dal momento in cui Andrea sta per rivedere la donna dopo i due anni di distacco, introducendo dunque la rievocazione del precedente rapporto per mezzo della tecnica del flash-back. Nel Piacere si mescolano e si intrecciano, dunque, la tradizione naturalistica del romanzo d’ambiente e la nuova tendenza decadente della narrativa lirico-evocativa.
Lontano dal Naturalismo è anche lo stile, che registra in presa diretta il punto di vista del protagonista o di altri personaggi. Domina dunque la paratassi: i singoli episodi e i diversi particolari della rappresentazione sono come giustapposti, con una tendenza al descrittivismo impressionistico.
Strutturata per via giustappositiva e frammentata dalla paratassi, tuttavia la scrittura dannunziana ricerca, anche nel Piacere, una musicalità cui spetta la funzione di legare le diverse unità narrative, di fondere e omogeneizzare una materia per altri versi frantumata e dispersiva.
La eccezionale sensibilità di d’Annunzio ai modelli letterari di riferimento permette di riconoscere in alcuni episodi e in alcune soluzioni veri e propri casi di plagio. Si tratta, certo, di spunti personalizzati e fusi originalmente nell’insieme. Tuttavia d’Annunzio ne espunse non pochi predisponendo il testo per la traduzione francese: essendo quei modelli in gran parte proprio francesi, l’autore temeva evidentemente che una troppo esplicita riconoscibilità potesse nuocergli presso il pubblico di oltralpe.
Gabriele D’Annunzio
FILOSOFIA
NIETZSCHE
Contro il pessimismo di Schopenhauer e in generale contro la visione pessimistica moderna (visione che potrebbe essere sintetizzata nella frase: la ragione quando illumina la vita scopre che essa o è male o non ha senso), Nietzsche oppone che: "Il pessimismo moderno è un’espressione dell’inutilità del mondo moderno, non già del mondo e dell’esistenza" (Nietzsche, La volontà di potenza, p. 48, Newton Compton)
E’ così che fin dalla sua prima opera, La nascita della tragedia (1872), Nietzsche supera la visione pessimistica di Schopenhauer con una concezione "greca" e "tragica" della vita, tesa ad accettare pienamente "l’eterna gioia del divenire" di un "mondo sciolto e scatenato", libero cioè da ogni legge e da ogni valore che non sia riconducibile alla vita; un mondo nuovo che gli si presenta come "danza divina e divino capriccio". Su un punto però Nietzsche non si discosta da Schopenhauer: quello che riguarda l’essenza costitutiva dell’uomo e in genere di ogni essere vivente. Per Schopenhauer era la volontà di vivere; Nietzsche la chiama volontà di potenza e, in definitiva, è la stessa cosa. Egli dice: "ogni volta che ho trovato un essere vivente ho anche trovato volontà di potenza". Ed è proprio sulla base di questa premessa e constatazione che egli procede poi ad una radicale opera di demistificazione, smascherando, in senso illuministico, gli aspetti più inquietanti e minacciosi dell’animale-uomo, per lungo tempo celati da uno strato rassicurante (ma anche falso e malato) di sistemi filosofici e concezioni religiose.
Tutta la storia della cultura e delle idee, se si eccettua la parentesi greca, dimostra, secondo Nietzsche, che l’uomo è un animale in decadenza, che non ama ma teme la vita, che apprezza ciò che è omogeneo, razionale, ordinato, mentre gli attributi della vita sono il contrario: rischio, disordine, insicurezza. Il cristianesimo poi è tra tutte le concezioni quella più lontana dalla vita: "schierato dalla parte di tutto ciò che è debole, miserevole e malriuscito" esso ci trasmette la diffidenza verso "la terra" (istinti, sessualità, passioni), svaluta come ingannevole la realtà del divenire e alternativamente addita un fantastico mondo dell’essere. Ma l’epoca del cristianesimo è, secondo Nietzsche, ormai al termine e lo stesso Dio "è morto" e con lui sono tramontati i vecchi valori e le certezze che avevano accompagnato l’umanità per duemila anni.
La morte di Dio è il fatto storico che fa dà necessaria premessa alla possibilità di concepire il presente come valore in sé, libero da passato e futuro, eticamente immotivato. In Schopenhauer questo fatto era implicito anche se ormai visibilissimo all’interno della stessa concezione dell’io; in Nietzsche è apertamente dichiarato con parole terribili ed efficaci. La morte di Dio genera da una parte meraviglia e gioia: "Dio è morto e il nostro mare è di nuovo aperto, forse non ci fu mai un mare così aperto" dice Nietzsche. Ma, per altro verso, questo fatto reca con sé senso di vertigine e di perdita; e il dubbio che questo avvenimento recentissimo non sia stato ancora avvertito in tutta la sua gravità. Finché "la morte di Dio" convive a lato delle grandi certezze della ragione ed è sentimento di pochi, non è in grado di manifestare i suoi effetti dirompenti, che cominciano a farsi sentire allorché questa morte diviene fatto generalizzato e quindi normale e banale. Allora la morte di Dio, ammessa volgarmente, data per scontata, portata senza dramma, sprigiona tutte le sue conseguenze.
Secondo Nietzsche, Dio è stato ucciso nell’indifferenza e nella disattenzione con la furbizia e il compiacimento dell’uomo mediocre. Dio è morto tra uomini addomesticati e vili, senza la tragedia che l’enormità del fatto avrebbe dovuto comportare. Per questo egli si chiede:"Ma come abbiamo potuto fare ciò? Come potemmo bere tutto il mare? Chi ci diede la spugna per cancellare tutto l’orizzonte? Che cosa abbiamo fatto quando staccammo la terra dalla catena del suo Sole? In quale direzione ora ci muoviamo? Non precipitiamo noi continuamente? Indietro, da un lato, davanti, da tutte le parti? C’è ancora un altro e un basso? Non voliamo come attraverso un nulla senza fine? Non soffia su di noi lo spazio vuoto?… Dio è morto, Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!"
(Nietzsche, “La gaia scienza”, p. 129, Adelphi)
Il fatto che "l’uccisione di Dio" sia stata compiuta senza tragedia ha impedito che l’uomo, liberatosi dalle credenze ultraterrene, trovasse la forza di vincere la nausea del vuoto. Per poter fare a meno di Dio (perno di ogni valore e di ogni legge morale) è necessario invece che la natura umana, oggi pericolosamente in bilico, faccia un passo avanti. Il passaggio è difficile e non esente da incubi ritornanti (nostalgia di sicurezza, ventate di pessimismo, perdita di orientamento), ma senza molte alternative.
Infatti la vita, non più racchiusa nelle antiche spiegazioni e non ancora gioiosamente e tragicamente accettata nella sua mancanza di senso, straripa sempre più pericolosamente: "Fratelli miei, non è oggi tutto nel flusso della corrente? Non sono caduti in acqua tutti gli esili ponti e i parapetti? Chi potrebbe mai appigliarsi ancora a bene o male?"
(Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”, p. 132)
Il mondo perde la sua unità organica e lo stesso soggetto umano si eclissa divenendo qualcosa di non sostanziale, una formazione provvisoria e precaria, soggetta al conflitto delle varie forze biologiche. Allora il mondo si frantuma in preziosi pezzetti, la realtà si fa piccola e non collegabile. L’infinito non ci appartiene più; esso fa paura e stanchezza. Il finito non trapassa più nell’infinito, ma si rinserra e si ritaglia e viene amato ed apprezzato proprio per se stesso, perché finito, perché incastonato in questo temporaneo mondo dell’esistenza.
Un respiro lento delle cose, un senso metafisico di cartapesta (e la pittura di De Chirico è stata giustamente accostata a Nietzsche) caratterizzano questa epoca di stallo, in cui la vecchia immagine dell’uomo è gia visibile e la nuova ancora da venire: "Io non so uscire né entrare; io sono tutto ciò che non sa uscire né entrare, sospira l’uomo moderno"
(Nietzsche, “L’anticristo”, p. 25, Newton Compton)
Nietzsche auspica così l’avvento di un super-uomo capace di vivere la tragedia della vita, accettando il presente.
"Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare" egli dice, e la danza è il simbolo della completa aderenza all’attimo come tale.
Accettare il presente e insieme accettare il divenire, cioè la morte. Impedire che la realtà della morte renda nullo il presente. Questo, in definitiva, il compito e l’atteggiamento del super-uomo. Ed ecco allora anche in Nietzsche ricomparire il valore dato da Schopenhauer al presente e quindi alle sensazioni, illusioni, passioni e quant’altro il presente offre quando sciolto da fondamenti etici, religiosi o metafisici si dà come vita "pura" o, come "immagine pura" dell’io.
Schopenhauer riusciva, nella sua concezione del mondo come rappresentazione dell’io, ad annullare il tempo. E difatti il futuro, in quella sua concezione, diveniva estraneità; il passato si riduceva, evocato, al presente e il presente era vissuto col distacco con cui di solito si guarda al passato. Nietzsche dà a questo atteggiamento una formulazione teorica con la strana e suggestiva immagine dell’"eterno ritorno" contenuta nello Zarathustra: lo svolgersi del tempo è pensato come un cerchio eternamente a sé ritornante.
Nel cerchio il corso del tempo si ribadisce senza fine e senza finalità, secondo un ciclo che rispecchia quello delle stagioni, delle costellazioni e di tutti i cicli naturali.
Questa dottrina dell’eterno ritorno, anche se sembra ripresa dalle antiche correnti del pensiero greco, quali soprattutto quella dei Pitagorici e degli Stoici, ha un significato ben diverso. Il ciclo rinnovandosi all’infinito, nel mondo classico, rappresenta la razionalità, il logos immanente nel mondo; in Nietzsche, invece, esprime irrazionalità, disordine, caos.
Nel singolo vivente, dunque, scorrono le immagini già scritte, senza pentimenti né attese; tutto ciò che accade già era e dovrà tornare. Questa forma circolare dà ad ogni punto del cerchio, cioè ad ogni attimo, un valore assoluto. Ogni attimo non potrebbe infatti essere diverso da quel che è né avrebbe senso una preoccupazione di responsabilità o di coinvolgimento morale nei suoi confronti; e inoltre ogni attimo c’è sempre già stato e sempre ritornerà ad esserci. In altre parole, l’eterno non sottostà più al presente quale sua intelaiatura di valore (come avviene per esempio nella teologia cristiana), ma si manifesta e coincide con l’attimo stesso che infatti ha valore in sé ed è di volta in volta "cifra" dell’eterno.
Questa possibilità di percepire l’attimo come cifra dell’eterno è compito del super-uomo ed è il segno della sua salute e del suo spirito "dionisiaco" eternamente giovane. Si può dire dell’estrema salute che Nietzsche attribuisce al super-uomo quello che si può dire intorno al culto della malattia proprio degli estimatori della filosofia di Schopenhauer. Salute e malattia difatti coincidono nei confronti della loro specifica possibilità di aderenza all’attimo; esse si presentano come situazioni idonee a vivere una vita fatta di attimi. E’ da osservare che nel caso della totale e ritrovata salute del super-uomo è l’io a scomparire nel mondo, come avviene nell’ebbrezza e nella danza; mentre, all’opposto, nel caso della malattia è il mondo che si adagia e svanisce nella coscienza dell’io.
La prima posizione, dell’estrema salute e perenne giovinezza, la possiamo vedere esemplificata, pur con qualche forzatura caricaturale, nel modo di vivere e di sentire di D’Annunzio e nella sua costante preoccupazione di "aderire alla vita", mentre la seconda, quella di Schopenhauer, più senile e riflessiva, può essere ritrovata nella figura e nelle pagine di Italo Svevo. Ma il fatto che qui interessa sottolineare è che queste due diverse risposte esistenziali sorgono dalla medesima percezione del "presente" come realtà in sé, che più non "scorre verso.." e che tende quindi a valere in quanto tale. Questa riduzione del tempo, e dunque della vita umana, a "presente" viene da lontano ed è probabilmente già implicita nella concezione immanentistica del mondo moderno. Essa è già nell’atteggiamento rinascimentale, compare nelle riflessioni di Montaigne, è sottintesa all’io cartesiano, è apertamente dichiarata nell’Emilio di Rousseau, si ritrova nel concetto leopardiano delle illusioni come qualcosa di solido e reale, si diffonderà poi nel Decadentismo e in tanto romanzo, poesia e filosofia contemporanea.
Ed è proprio all’interno di una siffatta concezione che i due atteggiamenti di Schopenhauer e di Nietzsche sembrano, nella loro drastica ma anche complementare opposizione, in qualche modo richiamarsi come due estremi legati alo stesso filo: la perdita di senso della realtà intesa come unità, ordine, progetto e la riduzione, quindi, di questa realtà a "presente" vissuto e accettato nella propria soggettività.
Un’immagine del celebre
Friedrich Nietzsche
FISICA
L’ATOMO DI BOHR
Bohr rappresento l’atomo come un nucleo positivo intorno a cui orbitano elettroni negativi. La forza che trattiene gli elettroni nella loro orbita è l’attrazione fra cariche elettriche opposte. Assumendo che gli elettroni percorrano solo le orbite tali che il loro momento angolare sia un multiplo intero di h/2π dove h e la costante di Plance, mostrò che gli elettroni non irraggiano energia e che l’orbita rimane stabile. Gli elettroni possono ancora assorbire o emettere energia purché il guadagno o la perdita di energia sia esattamente sufficiente a far si che l’elettrone possa occupare qualche altra orbita “permessa”, che può essere circolare o ellittica. Il nucleo dell’atomo contiene tutta la carica positiva e praticamente tutta la massa dell’atomo. Per mezzo dei suoi esperimenti di diffusione, Rutherford mostrò che gli atomi sono composti principalmente di spazio vuoto, invece che essere sfere compatte come era stato ipotizzato dagli scienziati precedenti. La grandezza del nucleo rispetto all’atomo intero e come quella di un pallone rispetto a uno stadio.
Nel 1914 Rutherford scoprì una particella carica positivamente è 1837 volte più pesante di un elettrone. Questa particella, il protone, fu trovata essere identica al nucleo dell’idrogeno. Attualmente è stabilito che il nucleo è un aggregato di protoni e neutroni. Il numero di protoni è uguale al numero atomico dell’elemento; la somma dei protoni e dei neutroni nel nucleo è nota come numero di massa. Gli atomi di un elemento possono differire nel numero di neutroni che i loro nuclei possono contenere, ed ogni atomo che differisca in questo modo è detto isotopo di tale elemento. La media ponderata di tutti gli isotopi di un elemento è il suo peso atomico.
CONFIGURAZIONE ELETTRONICA. Un atomo neutro ha un numero di elettroni uguale a quello dei protoni. Come Bohr aveva mostrato, gli elettroni non orbitano attorno al nucleo a caso ma soltanto in certe orbite permesse, o livelli di energia. Solo un certo numero di elettroni può occupare un dato livello di energia; quando questo livello è riempito, gli elettroni addizionali occupano orbite esterne di energia più alta. La disposizione degli elettroni nei rispettivi livelli di energia è chiamata configurazione elettronica dell’atomo; tutte le proprietà fisiche e chimiche di un elemento sono determinate dalla sua configurazione elettronica.
È untile considerare gli elettroni come distribuiti in strati sferici invece che su orbite. Solo gli elettroni negli strati più esterni prendono parte al legame chimico. Quando uno strato è riempito, cioè quando contiene il suo numero completo di elettroni, l’elemento è inerte, ossia non reattivo. Questo è il caso dei gas nobili (elio, neon, argon, krypton, xenon e radon) ciascuno dei quali ha otto elettroni nello strato più esterno (eccetto l’elio, che ne ha due). Questa disposizione di elettroni è chiamata ottetto stabile, e gli altri elementi tendono, per mezzo di reazioni chimiche con elementi adiacenti, a guadagnare o perdere elettroni in modo da raggiungere la configurazione elettronica dei gas nobili, cioè l’ottetto stabile. Per esempio il sodio (Na) ha un elettrone in più del neon (Ne) e ha una forte tendenza a perdere questo elettrone e diventare uno ione sodio carico positivamente, (Na+).

SCIENZE
L’ATMOSFERA
L’atmosfera è l’involucro quasi trasparente formato da gas e particelle in sospensione che circonda la Terra e che influenza profondamente le condizioni ambientali sulla superficie del pianeta. Senza l’insieme dei processi chimici ai quali prendono parte parecchi gas presenti nell’atmosfera, la vita sulla Terra non potrebbe mai esistere. D’altra parte, anche i processi fisici che avvengono nell’atmosfera hanno un’importanza vitale, dovuta tra l’altro al fatto che essi sono responsabili dell’esistenza delle varie fasce climatiche del globo.
COMPOSIZIONE E STRUTTURA. Molti dei fenomeni chimici e fisici che avvengono nell’atmosfera sono una conseguenza diretta della sua composizione. Attualmente, l’atmosfera è composta quasi esclusivamente da ossigeno ed azoto allo stato di molecole biatomiche (due atomi uniti da legami chimici). Il 78% circa dell’atmosfera è costituito da azoto molecolare (N2), mentre le molecole di ossigeno (O2) ne costituiscono il 21% circa; un altro 0,9% circa è rappresentato dal gas nobile argon (Ar), mentre il rimanete 0,1% è formato da tracce di altri gas, i più importanti dei quali sono il biossido di carbonio (CO2) ed il vapore acqueo (H2O). Il biossido di carbonio, benché rappresenti solo 325 parti per milione in volume dell’atmosfera, è di vitale importanza per il mantenimento dell’equilibrio termico dell’atmosfera stessa, in quanto capace di assorbire forti quantità di radiazioni termiche (infrarosse). Anche il vapor d’acqua, presente in percentuali variabili tra lo 0 ed il 4% in volume, è capace di assorbire considerevolmente le radiazioni infrarosse; inoltre, esso è un anello fondamentale del ciclo idrologico. Un altro gas importante, presente in tracce, è la forma triatomica dell’ ossigeno, l’ozono (O3), che è concentrato in uno strato, l’ozonosfera, situato a circa 25 km di altezza dal livello del mare. Benché la sua concentrazione massima non superi le 12 parti per milione, l’ozono assorbe così efficacemente le radiazioni solari nella banda ultravioletta dello spettro, che l’ozonosfera costituisce, per la vita sulla Terra, uno scudo protettivo quasi perfetto contro le radiazioni ultraviolette.
I meteorologi dividono usualmente l’atmosfera in quattro zone distinte. Via via che ci si allontana dalla superficie terrestre incontriamo la troposfera, quindi la stratosfera, la mesosfera, la termosfera ed infine l’esosfera. Ciascuna zona è caratterizzato da un diverso intervallo di temperature; nella troposfera e nella mesosfera la temperatura diminuisce al crescere dell’altitudine, mentre il fenomeno inverso si verifica nella stratosfera e nella termosfera. La troposfera e la stratosfera sono separate dalla tropopausa, una fascia caratterizzata da un minimo della temperatura, situata ad una quota variabile tra i 16 km in prossimità dell’equatore ed i 9 km in vicinanza dei poli. La stratosfera e la mesosfera sono a loro volta separate dalla stratopausa, caratterizzata da un valore massimo della temperatura ad una quota di circa 50 km. La mesosfera e la termosfera sono separate dalla mesopausa, una fascia che presenta un livello minimo di temperatura, situata ad una quota di circa 80 km.
L’esistenza di queste fasce di temperatura è determinata in modo preminente dall’assorbimento selettivo della radiazione solare ai vari livelli dell’atmosfera. La radiazione situata nell’ultravioletto lontano (con una lunghezza d’onda minore di 100 nanometri) viene assorbita dagli atomi di ossigeno localizzati sopra i 100 km. Questo processo non soltanto mantiene alta la temperatura nella termosfera, ma dà origine a particelle elettricamente cariche, chiamate ioni. Per questo motivo, la regione dell’atmosfera situata ad una quota superiore agli 80 km è conosciuta anche come ionosfera. Le radiazioni ultraviolette con lunghezza d’onda maggiore (200-300 nanometri) penetrano nella stratosfera, dove vengono assorbite dall’ozono e danno luogo ad un massimo nei valori della temperatura ad una quota di circa 50 km. Le radiazioni visibili, d’altra parte, giungono sino alla superficie della terra, causando al livello del suolo valori massimi di temperatura.
Nella parte più esterna dell’atmosfera la percentuale delle particelle ionizzate sul totale delle particelle presenti diventa sempre più alta. Alle alte quote gli ioni sono molto rarefatti e rimangono per molto tempo senza collidere con particelle di segno opposto e senza quindi perdere la propria carica elettrica. Le particelle cariche degli strati superiori dell’atmosfera risentono fortemente del campo magnetico terrestre per il loro spostamento e la loro disposizione. Queste particelle costituiscono la magnetosfera.
La magnetosfera è sede di un fenomeno atmosferico tra i più spettacolari, l’aurora polare. Le particelle elettricamente cariche, a causa dell’attrazione magnetica, sono accelerate e spinte a grandissima velocità verso i poli magnetici. Quando le particelle attraversano a grande velocità i gas dell’atmosfera, urtano le particelle di ossigeno e di azoto trasferiscono loro molta energia. Le particelle urtate riemettono l’energia assorbita in forma di luce. L’ossigeno è responsabile dei colori rosso e giallo – verde, mentre l’azoto dei colori blu e violetto.
Le aurore polari sono visibili di notte nelle zone di alta latitudine e si verificano tra 100 e 1000 km di altezza.
BIOLOGIA
I CICLI BIOGEOCHIMICI
In un ecosistema l’energia fluisce in una sola direzione, numerose sostanze vengono invece riciclate; tra di esse ci sono: l’acqua, l’azoto, il carbonio, il fosforo, il potassio, lo zolfo, il magnesio, il calcio, il sodio, il cloro e anche numerosissimi altri minerali come il ferro e il cobalto, che sono necessari per i sistemi viventi anche in quantità molto ridotte.
I trasferimenti delle sostanze inorganiche sono detti cicli biogeochimici perché coinvolgono componenti geologiche e anche biologiche dell’ecosistema. Le componenti geologiche sono:
1) l’atmosfera, che è costituita principalmente da gas, tra cui quantità molto variabili di vapore acqueo,
2) la crosta solida della terra.
3) gli oceani, i laghi e i fiumi che ricoprono tre quarti della superficie della superficie terrestre. Le componenti biologiche dei cicli biogeochimici includono i produttori, i consumatori e i detritivori. Come risulta dal lavoro metabolico dei compositori, le sostanze inorganiche provenienti dai composti inorganici ritornano al suolo o all’acqua; dal suolo o dall’acqua queste sostanze vengono assorbite dai tessuti dei produttori e sono trasferite ai consumatori e poi ai detritivori, grazie ai quali entrano di nuovo nei produttori e riprendono di nuovo il loro ciclo.
IL CICLO DELL’AZOTO.
La principale riserva di azoto è l’atmosfera terrestre, ne costituisce circa il 77%. Poiché la maggior parte degli organismi viventi non può però utilizzare l’azoto atmosferico elementare per formare amminoacidi e altri composti contenenti azoto, questi organismi dipendono dall’azoto presente nei minerali del suolo. Pertanto, nonostante l’abbondanza di azoto nell’atmosfera, la sua scarsità nel suolo è spesso il principale fattore limitante per la crescita delle piante. Il processo mediante il quale questa limitata quantità di azoto circola attraverso il mondo degli organismi viventi è detto ciclo dell’azoto. I tre stadi principali di questo ciclo sono: 1) l’ammonificazione, 2) la nitrificazione, 3) l’assimilazione. Gran parte dell’azoto presente nel suolo deriva dalla decomposizione di sostanze organiche e si trova sotto forma di composti organici complessi, come proteine, amminoacidi, acidi nucleici e nucleotidi. Questi composti azotati vengono di solito demoliti rapidamente in composti semplici dagli organismi che vivono nel suolo, principalmente batteri e funghi. I microrganismi usano gli amminoacidi per fabbricare la proprie proteine e liberano l’azoto in eccesso sotto forma di ammoniaca (NH3) o di ione ammonio (NH4+). Questo processo è detto ammonificazione.
Parecchie specie di batteri del suolo sono in grado di ossidare l’ammoniaca o lo ione ammonio; questa ossidazione, detta nitrificazione, è un processo in cui viene liberata energia che è utilizzata da questi batteri come fonte primaria di energia.
2NH3 + 302 → 2NO2- + 2H2O
ammoniaca ione nitrato
I nitriti sono tossici per molte piante, ma raramente si accumulano.
2NO2- + O2 → 2NO3-
ione nitrato
Se bene le piante possono utilizzare direttamente lo ione ammonio, il nitrato è la forma in cui la maggior parte dell’azoto passa dal suolo alle radici; per tale motivo questi batteri hanno un ruolo fondamentale nel riciclaggio dell’azoto. Una volta che i nitriti sono passati all’interno delle cellule vegetali sono ridotti di nuovo a ioni ammonio. Al contrario della nitrificazione, questo processo di assimilazione richiede energia. Gli ioni ammonio così formati sono trasferiti a composti contenenti carbonio per produrre amminoacidi e altri composti organici azotati necessari alla pianta.
Nonostante il ciclo dell’azoto appaia completo e autosufficiente in realtà i nitrati sono continuamente perduti dal suolo e quindi rimossi da ciclo. I nitrati sono perduti anche in seguito alle attività di certi tipi di batteri che vivono nel terreno; in assenza di ossigeno, questi batteri scindono i nitrati liberando azoto che torna nell’atmosfera e utilizzando l’ossigeno per la propria respirazione. Questo processo detto, denitrificazione, ha luogo in suoli in cui il drenaggio è scarso e che quindi sono poco areati. Il ciclo non si esaurisce nonostante queste perdite soprattutto grazie all’ attività dei batteri azoto-fissatori che incorporano direttamente l’azoto dell’aria nei composti organici.
Breve schema illustrato del ciclo dell’azoto
CHIMICA
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
La parola smog, di origine inglese, è il frutto dell’unione di due termini smoke e fog, che significano, rispettivamente, fumo e nebbia.
La combustione è la sorgente principale dei gas inquinanti. Le polveri, gli ossidi di zolfo e di azoto, essendo solubili in acqua, ricadono a terra con la pioggia e si mantengono, mediamente, a una concentrazione bassa nell’aria.
Un tipo di smog diverso da quello descritto sopra è lo smog fotochimico che si forma nelle giornate assolate, spesso in concomitanza con una situazione particolare, detta inversione termica. Nelle città che occupano il fondo delle vallate, può accadere che la temperatura dell’aria sia più elevata in alta quota, rispetto allo strato sottostante: in questo caso lo strato d’aria più calda da “tappo” e impedisce un normale ricambio dell’aria stessa, provocando un accumulo di sostanze tossiche ai livelli inferiori. Anche l’automobile è particolarmente implicata in tale tipo di inquinamento: infatti la miscela di gas prodotta dalla combustione dei motori a scoppio si trasforma in smog fotochimico. I componenti principali di questo miscuglio tossico sono:
1. gli ossidi di azoto (NO e NO2) sintetizzati nei cilindri delle automobili;
2. gli idrocarburi incombusti dei gas di scarico delle automobili;
3. le radiazioni solari comprese fra 3000 e 4000 Å, cioè nella zona dell’ultravioletto e del violetto.
La formazione dello smog inizia dalla decomposizione di NO2 a opera della radiazione solare:
NO2 + fotoni UV → NO + O
L’ossigeno atomico, molto reattivo, si associa con una molecola di O2 per formare l’ozono, l’”ingrediente” più attivo dello smog fotochimico:
O + O2 → O2
L’ozono e l’ossigeno determinano poi una lunga serie di reazioni ossidative fra le molecole dei gas di scarico delle automobili. Si formano perciò aldeidi (R-CHO) e chetoni (R-CO-R), sostanze notoriamente irritanti delle mucose (occhi e polmoni). A complicare tutto contribuiscono anche gli ossidi di azoto, NO e NO2, i quali, sotto la “spinta” dell’ozono, reagiscono con gli idrocarburi e formano derivati organici azotati il cui principale componente è:
O

CH3 ─ C ─ O ─ O ─ NO2
Perossi Acetil Nitrato (PAN)
Cioè un potente lacrimogeno. Inoltre l’ozono, così prezioso nella stratosfera, è molto tossico nell’aria che respiriamo. Tale gas si riconosce per l’”odore di saldatura” e la soglia della percezione olfattiva è appena di 10 parti per miliardo.
L’ozono danneggia, inoltre, le foglie del verde cittadino, rallentandone la crescita e macchiettandole, distrugge i materiali in nylon (come le calze) e accelera l’irrancidimento delle sostanze grasse.
L’INQUINAMENTO NON CONOSCE FRONTIERE. Gli squilibri planetari attuali dipendono fortemente dalla composizione dell’atmosfera, dalle caratteristiche della superficie delle terre emerse e dalle acque. Tutto ciò rende complesso il sistema e difficile la costruzione di relazioni causa-effetto.
Occorre una collaborazione tra chimici, geofisici, metereologi e biologi per comprendere i meccanismi ancora sconosciuti di interazione dei gas con la biosfera.
Gli studi sulla dispersione in atmosfera sono iniziati solo all’epoca della prima guerra mondiale non per combattere l’inquinamento, ma per utilizzare gas tossici contro i nemici, e sono continuati in modo sistematico a partire dagli anni cinquanta, a seguito delle installazioni delle prime centrali nucleari. A partire dagli anni settanta si è avuta un’ulteriore accelerazione delle ricerche dovuta allo sviluppo di mezzi di calcolo e di strumentazione chimica e metereologica sempre più affidabili. Il SODAR (uno strumento basato sull’effetto Doppler, come gli “autovelox”) fornisce ogni mezz’ora profili della velocità e direzione del vento da 50 a 1000 metri di quota, e satelliti meteo inviano immagini dalle quali si può seguire l’evoluzione globale dell’atmosfera.
Per la previsione della diffusione spaziale e della variazione temporale degli inquinanti atmosferici esistono vari modelli di calcolo. Alcuni tangono conto di tutta la storia delle rivelazioni analitiche precedenti, altri tengono conto dei principi fisici della diffusione, delle turbolenze e della rugosità del suolo.
Modelli più recenti e adattabili sono quelli a punti, in cui ogni piccola massa d’aria inquinata è assimilata a un punto che segue la traiettoria del vento, ma al tempo stesso risente di fluttuazioni casuali. Per le polveri occorre tenere conto anche della forza di gravità. I modelli tengono conto infine del tipo di sorgente: di tipo puntiforme (camino), lineare (autostrada) o areale (città). Le previsioni ottenute con modelli di dispersione sono utilizzate per stabilire le responsabilità in caso di danni ambientali e per la concessione di autorizzazioni per nuovi insediamenti industriali. La SO2, fu il primo inquinante atmosferico di origine antropica a destare preoccupazioni. Per ridurre l’impatto sul territorio in cui avveniva l’emissione di SO2, si intervenne aumentando l’altezza dei camini, adottando combustibili a basso tenore di zolfo o metano, utilizzando sistemi di abbattimento alla bocca dei camini. Ridimensionato il problema su scala locale si è poi constatato il trasporto su distanze molto maggiori della SO2 e di inquinanti che richiedono tempi più lunghi di trasformazione. I fenomeni associati alla diffusione continentale degli inquinanti, come quello dell’effetto serra e delle piogge acide, possono avere anche implicazioni di carattere politico e originare dispute non semplicemente risolvibili con il metodo sperimentale.

suggestiva immagine dei gas di scarico emessi
da un agglomerato industriale
ENGLISH
The three causes of World War second were: the problems left unsolved by World War second, the rise of dictatorships and the desire of Germany, Japan and Italy for more territories.
Many poets of 20th century analysed war and considered it an experience which evokes strong responses in the arts.
THE GENERAL
Good morning; good morning! The General said
When we met him last week on our way to the line.
Now the soldiers he smiled at are most of’em dead,
And we’re cursing his staff for incompetent swine.1
‘He’s a cheery2 old card3,’ grunted4 Harry to Jack
As they slogged up5 to Arras6 with rifle and pack.
But he did for7them both by his plan of attack
1. Swine: pigs (maiali).
2. cheery: pleasant (simpatico).
3. card: (informal) amusing person (tipo).
4. grunted: made a noise to express dissatisfaction (grungnì).
5. slogged up: walked with difficulty (si trascinavano).
6. Arras: northern France, scene of battle 1917.
7. did for: finished them, got them killed (ha fatti fuori).
In this poem, Sigfried Sassoon wants to underline the cowardice and incompetence of commander who find it easy to send soldiers to their deaths. “the General”, to make a quotation:
“But he did for them both by his plan of attack.”
ANALISI DEL TESTO
LA PIOGGIA NEL PINETO
Composta probabilmente nell’estate del 1902 o in quella del 1903, questa poesia rappresenta lo sciogliersi del soggetto nel paesaggio attraverso una valorizzazione del rapporto sensoriale con esso (in questo caso è un rapporto uditivo). Sorpreso con l’amata (chiamata Ermione) dalla pioggia nella pineta nei pressi di Marina di Pisa, il poeta si concentra sui suoni prodotti dal cadere dell’acqua sulle diverse varietà di vegetazione e dal verso di alcuni animali, ricostruendo il tessuto sinfonico attraverso un verseggiare profumato, tramato di riprese foniche. Al di là della prova di bravura formale, il testo rappresenta la consueta vicenda di fusione con il dato naturale, fino alla vegetalizzazione dell’umano (evidente soprattutto nell’ultima strofa).
Taci1. Su le soglie2 Schema metrico: quattro strofe lunghe di
del bosco non odo 32 versi ciascuna, di misura varia (dal
parole che dici tenario al novenario), con predilezione
umane; ma odo per il senario. Libero è il gioco delle rime
5 parole più nuove e assonanze; tutte le strofe si concludono
che parlano3 gocciole e foglie con la parola-rima Ermione.
lontane.
Ascolta. Piove 1.Taci: l’invito del poeta è rivolto alla sua
dalle nuvole sparse. compagna Ermione, nominata solo al v.32.
10 Piove su le tamerici4 2. le soglie: ai margini.
Salmastre5 ed arse,6 3. che parlano: dette dalle. Queste,
piove su i pini ovviamente, sono parole in senso
scagliosi ed irti,7 metaforico, trattandosi delle voci e dei
piove sui mirti rumori della natura.
15 divini,8 4. tamerici: arbusti (Pascoli ha usato la
su le ginestre fulgenti9 forma latina di questa parola, Myricae, per
di fiori accolti,10 titolare la sua prima raccolta).
sui ginepri folti 5. salmastre: dal sapore di sale, perché impregnate
di coccole aulenti,11 di salsedine.
20 piove sui nostri volti 6. arse: riarse dal sole.
silvani,12 7. scagliosi ed irti: i pini hanno corteccia ruvida, a
piove su le nostre mani scaglie, e foglie aghiformi (irte).
ignude, 8. divini: il mirto, arbusto sempreverde della fascia
sui nostri vestimenti mediterranea, era anticamente la pianta sacra a
25 leggeri, Venere e all’amore.
sui freschi pensieri 9. fulgenti: rese più brillanti dalla pioggia.
che l’anima schiude Notevole la ricchezza terminologica di questa
novella,13 flora mediterranea.
su la favola bella14 10. accolti: a grappolo
30 che ieri 11. coccole aulenti: bacche profumate
t’illuse, che oggi m’illude 12. silvani: compenetrati dalla vita del bosco. Inizia
o Ermione.15 da qui il processo di metamorfosi del poeta
e di Ermione nella dimensione della natura
vegetale.
13. novella: rinata a nuova vita
14. la favola bella: il gioco, e l’illusione, dell’amore
15. Ermione: secondo la leggenda greca, era figlia
di Elena e di Menelao; è lo pseudonimo con cui
D’Annunzio era solito alludere a Eleonora Duse.
Odi? La pioggia cade, 16. solitaria: la pineta è lontana dalle case, ma la
su la solitaria16 pioggia sembra accentuare questa distanza.
35 verdura 17. più… rade: cioè più o meno folte. Corrisponde
con un crepitìo che dura al v. 87.
e varia nell’aria 18. pianto: quello della pioggia.
secondo le fronde 19. cinerino: color cenere e dunque nuvoloso.
più rade, men rade.17 Le nubi non distolgono le cicale dal loro frinire
40 Ascolta. Risponde 20. altro. diverso.
al pianto18 il canto
delle cicale 21. stromenti: le piante sembrano strumenti
che il pianto australe musicali sollecitati dalla pioggia che cade.
non impaura, 22. innumerevoli dita: come innumerevoli sono
45 né il ciel cinerino.19 le gocce di pioggia. Ecco un chiaro esempio di
E il pino natura antropomorfica, a cui vengono attribuite
Ha un suono, e il mirto qualità umane.
Altro20 suono, e il ginepro 23. immersi: la partecipazione alla vita del bosco
altro ancora, stromenti21 diviene esplicita immedesimazione.
50 diversi 24. spirito / silvestre: l’anima stessa della selva.
sotto innumerevoli dita.22 25. arborea: il poeta e la sua compagna vivono
E immersi23 ormai della stessa esistenza degli alberi.
noi siam nello spirito 26. ebro: inebriato dalla pioggia.
silvestre,24 27. molle: intriso.
55 d’arborea25 vita viventi: 28. auliscono: esalano profumo.
e il tuo volto ebro26 29. chiare: perché lavate dalla pioggia e dunque
è molle27 di pioggia rese più luminose.
come una foglia, 30. terrestre: nel senso di generata dalla terra, e
e le tue chiome partecipe della vita fisica di essa.
60 auliscono28 come
le chiare29 ginestre,
o creatura terrestre30
che hai nome
Ermione.
65 Ascolta, ascolta. L’accordo 31. aeree: in quanto cantano in alto, sugli alberi.
delle aeree31 cicale La cicala sarà poi detta figlia dell’aria (v.89).
a poco a poco 32. sordo: fievole. Si attenua per l’ingrossamento
più sordo32 degli scrosci di pioggia (il pianto).
si fa sotto il pianto 33. si mesce: vi si mescola un’ulteriore voce (canto)
70 che cresce: della natura, vale a dire il crocidare delle rane, più
ma un canto vi si mesce33 basso e indistinto (roco) rispetto al canto delle
più roco cicale.
che di laggiù34 sale, 34. di laggiù: nel consueto indefinito dannunziano,
dall’umida ombra remota. indica la zona bassa della palude.
75 Più sordo e più fioco 35. s’allenta: si dirada.
s’allenta,35 si spegne. 36. crosciare: cadere con violenza, scrosciare.
Solo una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
80 Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare36
l’argentea37 pioggia 37. argentea: perché brilla in contro luce.
che monda,38 38. monda: purifica, lava.
85 il croscio che varia 39. la figlia dell’aria: la cicala.
secondo la fronda
più folta, men folta. 40. la figlia / del limo: la rana. Limo è il pantano
Ascolta. (la rana vive nel fango della palude).
La figlia dell’aria39
90 è muta: ma la figlia
del limo40 lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
95 E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere 41. di piacere: corrisponde al volto ebro del v. 56 e
sì che par tu pianga indica che Ermione piange di gioia, per l’ebbrezza
ma di piacere;41 non bianca42 per l’estatica comunione con la natura.
100 ma quasi fatta virente43 42. bianca: pallida, come le altre creature femminili.
par da scorza44 tu esca. 43. virente: verdeggiante come le fronde (latinismo).
E tutta la vita è in noi fresca 44. da scorza: dalla corteccia di un albero, come le
aulente,45 antiche ninfe dei boschi.
Il cuor nel petto è come pesca 45. aulente: profumata. Inizia da qui una serie di
105 intatta, similitudini che sottolineano l’immedesimazione
tra le palpebre gli occhi tra la donna e la vita vegetale.
son come polle46 tra l’erbe, 46. polle: sorgenti d’acqua.
I denti negli alvèoli47 47. alvèoli: le cavità mascellari in cui sono radicati i
son come mandorle acerbe.48 denti.
110 E andiam di fratta49 in fratta 48. mandorle acerbe: e dunque bianche.
or congiunti or disciolti 49. fratta: cespuglio.
(e il verde vigor rude50 50. verde vigor rude: la resistenza dei cespugli
ci allaccia i mallèoli sporgenti ritarda la corsa nel bosco (i malleoli
c’intrica51 i ginocchi) sono le caviglie).
115 chi sa dove,52 chi sa dove! 51. c’intrica: intralcia.
E piove53 sui nostri volti 52. chi sa dove: replica il v. 94.
silvani 53. E piove: torna, suggestivamente, il tema
Piove su le nostre mani della pioggia, così come era stato enunciato nella
ignude, prima strofa.
120 sui nostri vestimenti
leggeri,
sui freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
125 su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
ANALISI DEL TESTO: il componimento è costituito di quattro strofe lunghe di trentadue versi ciascuna. I versi alternano liberamente misure oscillanti dal tenario al novenario, con una prevalenza di senari. È stata rilevata la possibilità frequente di costruire unità metriche maggiori e perfette (soprattutto endecasillabi) leggendo due versi insieme. Fittissima è la rete di rime, all’interno di ogni strofa ogni verso ha il suo corrispettivo di rima (o assonanza), talvolta in posizione interna.
Il dato oggettivo narrato in questo testo assai elementare: un uomo e una donna sono colti da un temporale mentre si trovano in una pineta. A caratterizzare il significato artistico del componimento è però soprattutto la sua spiccata musicalità, registrata da tutti i lettori. Tale musicalità si basa innanzitutto sul fitto sistema di rime registrato al punto precedente, ed è favorita dall’impiego di versi brevi e brevissimi. È tuttavia bene aggiungere che tale brevità non serve mai a isolare e valorizzare un singolo elemento lessicale o sintattico, d’Annunzio non spezza il fluire del discorso, ma cerca al contrario di garantirne la massima scorrevolezza innanzitutto musicale. Tale scorrevolezza è ottenuta utilizzando unità metriche minime e mutevoli, la cui organizzazione sulla pagina sembra fissare solo una delle molte possibilità strutturali (vv. 97 – 101).
L’immersione nel grande evento atmosferico della pioggia estiva diviene per i due protagonisti-testimoni l’occasione di fondersi alla natura, entrando quasi magicamente a farne parte. Continui sono i segni di scambio tra uomo e natura, fin dall’inizio, allorché alla mancanza di «parole […] / umane» (vv. 3 – 4) si contrappone la presenza di parole «più nuove» (v. 5) parlate dalle gocce di pioggia e dalle foglie su cui queste picchiano. Subito dopo, i volti dei due protagonisti sono definiti «silvani» (v. 21), mentre tutta la natura si trasforma in un immensa orchestra: ogni tipo di vegetazione rappresenta un diverso strumento che le dita della pioggia suonano (vv. 46 – 51). Finché, alla fine della seconda strofa, la donna si trasforma in oggetto interamente naturale, vegetalizzandosi (il volto è come una foglia, i capelli profumano come ginestre). Più avanti, nella parte centrale della quarta strofa, si dirà che entrambi i protagonisti si naturalizzano e si vegetalizzano, così che il loro cuore diventa come una pesca, gli occhi come sorgenti in mezzo a un prato, i denti come mandorle. Ebbene, proprio la naturalizzazione dell’uomo e la antropomorfizzazione della natura sono tra i caratteri distintivi della poetica simbolistica: la percezione delle corrispondenze naturali si svolge ponendo il soggetto poetico al confine tra i due mondi, quasi facendone il punto di incontro e di raccordo delle misteriose analogie che sono sottoposte alla realtà visibile. In d’Annunzio, poi, questa tendenza del Simbolismo assume i tratti peculiari del panismo, cioè della diffusione dell’io con il tutto dell’indistinto naturale.
La difficile relazione di noi contemporanei con la natura, sempre più distante e sempre più minacciata da uno sviluppo spesso irrazionale, può rendere fascinoso e attraente un esperimento estremo come questo dannunziano.

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