Tristano e Isotta

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Testo

ERIKA SCHINZEL_ COMPITI DELLE VACANZE NATALIZIE A.S.2005-2006
TRISTANO E ISOTTA_SCHEDA 20
1. Elabora una sintesi del romanzo di Bèdier in non più di due pagine
Tristano era un giovane e valoroso cavaliere al servizio di re Marco di Cornovaglia al quale aveva consacrato la sua persona e, per trovare una sposa al suo signore, si recò in Irlanda, dove si ricordava di aver conosciuto una splendida principessa di nome Isotta. Durante il viaggio verso la Cornovaglia Tristano e la fanciulla bevvero accidentalmente un filtro d’amore che legò i loro destini per sempre. Giunti al castello i perfidi baroni, consiglieri del re, notarono lo strano comportamento dei due, che non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altra; avvertirono allora re Marco dei loro sospetti e Tristano fu allontanato dal castello. Egli però non trovava la forza di partire e iniziò ad incontrare segretamente l’amata nel giardino del castello, al riparo da occhi indiscreti. Ma i consiglieri nutrivano ancora molti dubbi e si rivolsero a Frocin, il nano gobbo, il quale, grazie alle sue arti magiche, scoprì il segreto degli amanti, che solo grazie alla loro astuzia riuscirono a beffare il re, che celatamente li osservava. Tristano fu dunque richiamato al castello e ottenne la piena fiducia di Re Marco. Sempre più indispettiti i baroni ordirono una nuova trappola per Tristano, cospargendo di farina lo spazio che correva tra il suo letto e quello di Isotta; ma a causa di una ferita ancora sanguinante che raggrumò la farina i giovani vennero scoperti e condannati entrambi a morte. Lungo la strada che doveva condurre il cavaliere al rogo era situata una cappella, presso la quale Tristano volle entrare per un’ultima preghiera. Sotto il muro della tribuna si apriva un precipizio profondo e angusto; il giovane considerò che sarebbe stato meglio morire in questo modo piuttosto che sul rogo e durante il salto nel vuoto un vento divino lo sospinse su una grande pietra ai piedi del baratro. Il re non provò pietà per Isotta, che, per abbandonarla ad un destino più atroce, viene consegnata ad un gruppo di lebbrosi tanto ripugnanti quanto crudeli. Tristano la liberò e si rifugiò assieme a lei in una foresta, in compagnia di un uomo fidato. Il re un giorno li sorprese mentre dormivano nella loro capanna, ma decise di risparmiarli lasciando dei segni del suo passaggio e al loro risveglio gli amanti, credendo che il re sarebbe tornato con dei rinforzi, scapparono verso il Galles, ai confini della foresta nella quale si trovavano. Presto però decisero di chiedere perdono per ciò che avevano compiuto; Tristano, con una lettera, chiese al re di riprendere al suo fianco Isotta e, se avesse voluto, di tenere anche lui come fedele vassallo. Re Marco, dopo aver chiesto consiglio ai baroni, acconsentì al ritorno della regina, ma non a quello del giovane cavaliere, che disse di partire per terre lontane. Nel momento dell’addio i due amanti di promisero eterno amore e la giovane lasciò al suo amato un anello di diaspro verde che sarebbe servito come strumento di riconoscimento per gli eventuali futuri incontri. I perfidi baroni, rassicurati dall’assenza di Tristano, indussero il re a provare l’innocenza della sua sposa rimettendola al giudizio di Dio attraverso delle prove. Ella doveva, dinanzi al re, ai baroni ed alla corte di Re Artù, giurare sulle ossa dei santi che mai era venuta meno ai propri doveri e stringere tra le mani un ferro incandescente. Tristano fu messo al corrente del fatto e accorse all’evento per prestare soccorso all’amata in caso di bisogno sotto le mentite spoglie di pellegrino. Miracolosamente la regina uscì indenne dalla prova e il giovane, tornato nel suo rifugio nel bosco, comprese che era tempo di mantenere la sua promessa di allontanarsi dal regno. Il suo desiderio era ancora troppo forte e nuovamente si vide con Isotta nel giardino. I baroni lo scoprirono, ma Tristano si vendicò uccidendoli e lasciando un unico sopravvissuto, che riferì tutto al re. Fu quindi costretto a scappare rifugiandosi in Galles presso la corte di un duca, ma il suo cuore non riusciva a trovare pace a causa della lontananza dalla sua amata. Il duca, vedendo le pene del giovane vassallo, gli fece provare le gioie del sonaglio incantato del cane Restopiccolo, che aveva il potere di far dimenticare le angosce di chi ascoltava quel tintinnio melodioso. Il giovane pensò che quello fosse il dono perfetto per Isotta, ma gli era impossibile averlo poiché il duca lo considerava il suo bene più prezioso. Decise quindi di appropriarsene intraprendendo un’ardua prova: uccidere il gigante Urgan il Peloso che imponeva al Galles gravi tributi. Riuscendo nel suo intento Isotta ebbe quel cane che alleviava ogni dolore, ma quando capì che si trattava di un sortilegio decise di buttare il sonaglio, poiché le sembrava un torto che Tristano vivesse nel dolore e lei nell’oblio, in un’apparente felicità. Nel frattempo il giovane cavaliere si mise al servizio di un duca per proteggerlo dai suoi vassalli, che gli muovevano guerra. La causa della contesa era la figlia del duca, Isotta dalle Bianche Mani che andò in sposa a Tristano come ricompensa per aver vinto la battaglia. Egli però non era felice e il ricordo dell’amata lo tormentava a tal punto che partì con il figlio del duca, Kaherdin, per verificare se anche la regina lo amava ancora. Grazie all’aiuto di un vecchio amico il giovane alloggiò nei pressi del castello, ma accadde che un cavaliere vide nel bosco lo scudiero di Kaherdin e il maestro del prode cavaliere, e scambiò uno di loro per Tristano. Invano l’uomo tentò di richiamare i due, che scappavano a cavallo. Non si fermarono nemmeno al nome di Isotta e per questo, quando la regine venne a conoscenza dell’accaduto si arrabbiò moltissimo e lo considerò un affronto imperdonabile. Tanto era il suo sdegno che mandò il suo paggio alla ricerca dell’amato per informarlo che non gli avrebbe più rivolto il saluto e non volle credere nemmeno al suo servo più fidato quando, fatto ritorno dalla regina, le raccontò che l’uomo nel bosco non era Tristano; lo fece addirittura cacciare considerandolo un traditore. Per ottenere il suo perdono il prode cavaliere si travestì da lebbroso e chiese ad Isotta misericordia. La fanciulla però non lo volle prendere in considerazione e Tristano, addolorato, si allontanò e fece rotta verso il Galles, così sconsolato da sembrare pazzo. Egli si sentiva morire giorno per giorno lontano dalla sua amata e decise quindi di vederla un ultima volta, per farle sapere che sarebbe morto per lei. Ideò un astuto travestimento e, fingendosi folle, riuscì a penetrare nel castello e a parlare con la regina, che dopo molte esitazioni, lo riconobbe. Non passò molto tempo e i baroni capirono l’inganno, costringendo Tristano alla fuga. Ferito in una battaglia, il giovane era sempre più vicino alla morte e mandò Kaherdin da Isotta con il compito di accorrere per un ultimo saluto prima che le forze lo avessero abbandonato completamente. Egli, quando avesse scorto da lontano il castello, avrebbe dovuto issare la vela bianca se l’amata fosse stata sulla nave, mentre avrebbe dovuto issare quella nera in caso contrario. Isotta dalle Bianche Mani, moglie di Tristano, sentì tutta la conversazione del marito con Kaherdin, e tramava segretamente una spietata vendetta contro suo marito pur continuando a servirlo e riverirlo come si addice ad una consorte innamorata. La nave, al ritorno, venne più volte ostacolata dalle intemperie e quando fu all’orizzonte, Isotta dalle Bianche Mani informò il marito dell’imminente arrivo dell’imbarcazione, dicendo che la vela era completamente nera. Tristano morì con il nome di Isotta sulle labbra e, arrivata anche lei al castello, si adagiò sopra all’amante e morì in quella posizione. I due vennero seppelliti ai lati dell’abside di una cappella e, di notte, nacque un virgulto che univa le due tombe che per quanto i paesani cercassero di impedirne la crescita, ricresceva e germogliava ogni notte. Il re ammirò quel prodigio e ordinò che non fosse più tagliato.
2. Indica i temi principali dell’opera.
Il tema portante del romanzo è certamente l’amore. Quello tra Tristano e Isotta si può definire “accidentale”, poiché è nato a causa di un elemento magico e non per volontà dei due, ma è un sentimento eroico e di intensità tale per cui gli amanti rischiano anche la morte pur di mantenere viva la passione. Il romanzo sottolinea la forza del sentimento (“Ma grazie alla potenza dell’amore, né l’uno né l’altro si dolse mai della sua infelice condizione”), gli effetti devastanti del filtro (“coloro che ne berranno insieme si ameranno con tutto il loro cuore e con tutta la loro mente per sempre, in vita e in morte”), la morbosità dell’amore (“li vide rifiutare ogni cibo, bevanda e conforto, cercarsi come cechi che avanzano a tentoni l’uno verso l’altra”), le sofferenze che esso provoca (“mai ci furono amanti che s’amarono tanto e pagarono il loro amore con tanta sofferenza”). Anche l’eroismo è di fondamentale importanza; infatti, Tristano deve compiere infinite prove di coraggio, forza e astuzia, il cui superamento non è solo dovuto alle sue doti ed alle sue capacità, ma anche all’elemento soprannaturale e divino. Dal romanzo trapelano elementi della tradizione cortese come la concezione particolare della figura del cavaliere e della dama, amore al di fuori del rapporto coniugale fonte di gioia, ma anche di molta sofferenza e il desiderio di avventura.
3. Che cos’è la cavalleria e perché si chiama così?
Il termine cavalleria venne creato dall’istituto omonimo, formato da guerrieri di rango aristocratico, probabilmente dai cadetti, ossia i figli non primogeniti delle famiglie nobili. Le qualità da possedere, nell’ideale del tempo, erano: fedeltà, lealtà e destrezza nell’uso delle armi. Grazie all’intervento della Chiesa i cavalieri, da uomini rozzi e violenti, acquisirono i valori cristiani che ne perfezionarono l’immagine, come la fraternità e l’amore. Lo stesso temine indica anche l’atteggiamento di fedeltà e devozione del cavaliere nei confronti della donna, celebrato nei poemi cavalleresco-cortesi, di cui Tristano e Isotta costituisce un esempio. La letteratura cortese narra questo rapporto mettendo in luce soprattutto la figura della donna, vista come meta irraggiungibile poiché già legata ad un altro uomo. Nonostante ciò il cavaliere onora e rispetta la dama, sottostando ad ogni suo desiderio.
4. In che epoca sorge e quali sono le sue finalità?
La cavalleria assunse nel tempo finalità diverse. Nel 1090 Bonizone di Sutri, nel suo miles christianus nel “Liber de vita christiana” descrisse la figura del perfetto cavaliere cristiano, che aveva come principali scopi la lotta per il bene della cosa pubblica, la difesa della fede, dei deboli, degli orfani, delle donne e la lotta contro gli infedeli. La consacrazione religiosa di questo compito era suggellata dalla vigilia d’armi trascorsa in preghiera e la benedizione delle spade. Tra i secoli XI e XII però gli obiettivi cambiarono ed i cavalieri iniziarono a prediligere l’esperienza amorosa come mezzo di perfezionamento interiore. I poemi non narrarono più di grandi imprese collettive per la difesa della fede, ma di partenze alla ventura, alla scoperta di sé, alla ricerca di imprese per mettersi alla prova ed acquisire onore agli occhi della donna amata.
5. Illustra le qualità del cavaliere cortese.
Le caratteristiche del cavaliere cortese corrispondono all’evoluzione delle qualità presenti nei poemi epici, in cui alle doti fisiche si affiancano quelle morali. Del cavaliere si esaltano il coraggio, la forza e l’onore, ma queste qualità sono messe a totale disposizione della donna. Tra i due vi è un rapporto che somiglia molto a quello di vassallaggio, poiché il cavaliere le deve completa fedeltà, si sottomette al suo volere ed è disposto a compiere ogni sorta d’impresa per acquistare valore ai suoi occhi. Inoltre viene esaltata la generosità, la prodigalità, la nobiltà d’animo, la gentilezza, la cortesia, il rispetto per l’avversario, anche se sconfitto, la lealtà, il coraggio e la fierezza. Egli predilige l’esperienza amorosa, vista come mezzo di perfezionamento interiore, a differenza dei cavalieri delle epoche precedenti.
6. Spiega brevemente le caratteristiche fondamentali del feudalesimo.
Il feudalesimo fu il frutto della fusione tra concetti romani e germanici secondo cui, affianco al commendatio della tarda romanità, ossia la ricerca della protezione altrui, si aggiunse la cessione di un terreno come presupposto del servizio. Il signore feudale concedeva ad un vassallo un beneficio, il quale a sua volta poteva dividerlo ed affidarlo a vassalli minori. Il possesso di un feudo comportava il diritto e il dovere di amministrarlo in nome del signore che glielo aveva concesso. La militarizzazione era necessaria a causa delle continue incursioni di Normanni e Ungari; in questo contesto storico il cavaliere, facente parte di queste milizie, assunse importanza crescente e il suo valore iniziò ad essere celebrato nella letteratura.
7. Nell’introduzione abbiamo parlato di amore eroico. Spiega con parole tue in che cosa consista. Anche il rapporto tra Isotta e Tristano può essere definito in tal modo? Per quale ragione?
Nel periodo storico in cui si colloca il romanzo l’uomo si cimenta in imprese di coraggio finalizzate a dimostrare il proprio valore alla donna amata. In questo caso non solo Tristano è costretto a mostrare più volte la sua forza d'animo, ma anche Isotta deve, per la sua sopravvivenza e per quella dell'amato, mostrare scaltrezza, sangue freddo e coraggio e intraprendere imprese rischiose. Proprio per la loro cieca volontà di stare insieme superando qualsiasi prova si presenti il loro amore si può definire eroico.
8. Tristano ricorre spesso ai travestimenti: egli assume di solito l’identità di un reietto, cioè di una persona emarginata dal contesto sociale (il lebbroso, il mendicante, ecc.) in quali circostanze e per quali motivi?
Tristano ricorre ai travestimenti in più di un’occasione. Per esempio cambia identità quando Isotta deve provare la sua innocenza davanti ai baroni, a re Marco, re Artù ed i suoi cavalieri. Ella per giungere al luogo stabilito deve attraversare un fiume e Tristano si travestì da misero pellegrino per vederla ancora una volta e prestarle soccorso in caso di necessità. Con lo stesso travestimento il giovane cavaliere e Kaherdin partono per la Cornovaglia e si congedano dal duca di Hoel con il pretesto di andare in pellegrinaggio in qualche terra lontana. Per vedere Isotta e chiederle perdono per un malinteso Tristano si finge lebbroso e mendica per le strade di Saint Lubin; anche sotto queste vesti la sua amata lo riconosce, ma lo scaccia di proposito. Non rassegnato Tristano si finge folle e, con la scusa di dover servire alla tavola del re, ottiene in permesso di recarsi al castello, riuscendo a vedere Isotta per l’ultima volta nella sua vita.
9. Come abbiamo notato più volte, la magia interviene spesso nel romanzo, modificando talora il corso degli eventi. Ricorda gli episodi più significativi a questo proposito.
L’elemento magico fonte di ogni sventura è il filtro d’amore preparato dalla madre di Isotta per lei e Re Marco, ma che viene accidentalmente bevuto dalla fanciulla e da Tristano. I due giovani, mentre fanno rotta verso la Cornovaglia, hanno sete e, non trovando altra bevanda a bordo, bevono parte del filtro, che era momentaneamente incustodito da Brangean, l’ancella della principessa.
Spesso nel romanzo sono presenti elementi magici, taluni attribuibili a persone, altri invece sono fatti, ma anche piccoli particolari, che non sono riconducibili direttamente a nessun personaggio. Nella vicenda sono più di una le persone che sono a conoscenza di arti magiche, come per esempio la stessa Isotta, che grazie all’uso di erbe miracolose salva la vita a Tristano in più di un’occasione; il nano Frocin, invece, conosce la magia ed ogni sorta d’incantamento, sa predire, osservando le stelle, tutte le tappe della vita di un neonato e, grazie al sapere che gli conferiscono due demoni, sa svelare le cose più segrete. Egli fa uso del so sapere contro gli amanti, ma, grazie all’astuzia di questi ultimi, le sue previsioni vengono completamente ribaltate. Ultimo personaggio è la fata Morgana, che dona al duca di Hoel un cane magico, il cui sonaglio è in grado di far passare ogni tormento. Tristano riesce ad ottenerlo superando una prova di coraggio e destrezza e lo regala ad Isotta, per placare le sue sofferenze. Spesso però è facile confondere la magia con una realtà straordinaria, così come accade per i baroni di Cornovaglia, che si lasciarono convincere del fatto che Tristano fosse un negromante a causa delle sue imprese eroiche e sbalorditive, oppure come la spada di Amorold d’Irlanda, che si diceva incantata poiché nessuno era riuscito a vincere il feroce guerriero. In realtà era la destrezza dell’uomo in battaglia che aveva reso leggendaria la spada e non il contrario.
10. Nel romanzo di Bèdier Isotta la Bionda viene descritta come una creatura angelica, secondo i canoni della concezione cortese. Essa è bella, nobile d’animo e pura, ma è anche depositaria di un sapere speciale. Isotta conosce le erbe magiche, che guariscono malattie mortali e le consentono di curare Tristano in più di una occasione. La bella regina ha dunque a che fare con la magia, e ciò potrebbe apparire in contrasto con il suo aspetto di angelo. Rifletti sul problema ed esponi la tua posizione in merito.
Secondo me non esiste un reale contrasto tra la figura di Isotta e la sua conoscenza delle erbe magiche. In questi romanzi è sempre presente una componente prodigiosa; forse in questo caso è stato necessario attribuirle la conoscenza delle erbe magiche per creare un’ulteriore coincidenza di fatti in cui Isotta salva la vita a colui che ha ucciso suo zio e che vorrebbe morto, ma che sarà destinata ad amare per sempre fino ad arrivare a morire per lui. Inoltre anche la madre di Isotta possedeva le stesse nozioni di magia, che solitamente si tramandano di madre in figlia, e non incidono sul loro aspetto se sono usate a fin di bene e non con lo scopo di nuocere agli altri. Mi sembra tuttavia eccessivo parlare di “figura angelica”, che si ha solamente secoli più tardi. Soltanto lo Stilnovo, infatti, concepisce la donna come creatura unicamente spirituale, mezzo per elevare l’uomo a Dio. Mancano inoltre dei riferimenti fisici, perciò non è possibile distinguere le donne descritte. Nei poemi cavalleresco-cortesi, invece, la donna è una creatura di grandi virtù morali e spirituali, ma ha anche un fascino sensuale, che è oggetto di desiderio da parte del cavaliere. La sua natura è quindi duplice, che non si addice per nulla a quella di un angelo.

11. Al pari della magia anche la provvidenza di Dio interviene più volte nel corso del romanzo: ricordi in quali occasioni?
I protagonisti e, più in generale, molti dei personaggi del romanzo, fanno sempre affidamento a Dio, sottomettendosi spesso al Suo giudizio e rimettendosi alla Sua volontà. L’aiuto divino salva situazioni critiche e ribalta le sorti degli amanti. Per fuggire dalla morte sul rogo Tristano chiede di poter pregare in una cappella e salta in un profondo precipizio dal quale certamente non sarebbe uscito vivo se un vento divino non l’avesse sospinto ai piedi di esso, salvandogli la vita. Una notte invece Isotta sente il canto di alcuni uccelli e comprende che in realtà è Tristano che la sta chiamando, ma non poteva raggiungerlo agevolmente poiché dieci cavalieri la vegliavano. Il romanzo dice che “per caso” i cavalieri erano tutti addormentati e quindi Isotta riuscì ad attraversare la stanza senza essere vista, ma secondo me è certo che questa coincidenza sia opera di una forza al di sopra delle possibilità umane. Anche quando la regina deve essere giudicata avviene qualcosa di straordinario. Lei giura la sua innocenza sopra le reliquie dei santi e impugna tremante un ferro ardente, che lascia miracolosamente la sua pelle sana e intatta. Dio quindi la giudica innocente, infatti: “Non è il fatto che prova il delitto ma l’intenzione che ha determinato il fatto. Se gli uomini considerano i fatti, Dio considera i cuori, ed è lui il solo vero giudice.” Alla fine del racconto il fato si manifesta avverso e la nave che avrebbe dovuto riunire gli amanti non arriva in tempo a destinazione. Tutto però fa parte però di un disegno divino e così i due giovani possono finalmente riunirsi, questa volta per sempre.
12. Il termine mostro indica per lo più un essere orrendo (il drago, il gigante ecc.), la cui deformità fisica è il corrispettivo della sua malvagità. Tuttavia questa parola è usata spesso per indicare, non tanto la bruttezza fisica di una persona, il suo aspetto repellente, quanto piuttosto la sua cattiveria, ovvero una bruttezza interiore. In questo senso alcuni personaggi del romanzo potrebbero a buon diritto essere considerati dei mostri. Individuali e danne una descrizione dettagliata.
I primi “mostri morali” che incontriamo nel romanzo sono i quattro nobili consiglieri di re Marco, di nome Andret, nipote del re, Guenelon, Gondoine e Denoalen. Essi erano invidiosi dell’affetto che il re nutriva nei confronti di Tristano e fecero di tutto per allontanarlo dal castello. In primo luogo fecero credere alla gente del paese che il giovane fosse uno stregone e più volte tentarono di farlo cacciare dal castello. Anche quando il re si convinse dell’innocenza della moglie i quattro perfidi consigliarono al re di sottoporla ad una prova d’innocenza dalla quale, secondo loro, non sarebbe uscita indenne. Guenelon fu il primo a morire e fu ucciso dal vecchio maestro di Tritano che lo ha sempre accompagnato durante le sue imprese. I tre sopravvissuti si rivolsero al perfido Frocin, che odiava la bellezza ed il valore, per smascherare gli inganni degli amanti. Egli osservava il moto delle stelle per scoprire il futuro e utilizzava le arti magiche, ma Tristano e Isotta seppero essere più accorti di lui, rovesciando completamente ciò che il “maligno omiciattolo” aveva previsto. Egli lesse nel cielo che il re aveva intenzione di ucciderlo e quindi scappò in Galles. I baroni sopravvissuti morirono tutti per mano di Tristano o per mano di un uomo a lui fedele. Uno morì a causa di un colpo di spada, il secondo trapassato da una freccia di Tritano e l’ultimo annegò davanti alla nave che avrebbe condotto Isotta dall’amato poco prima della sua morte. Nel caso del nano Frocin si può dire che la deformità fisica corrisponda alla perfidia morale, così come per i lebbrosi che chiedono a re Marco di lasciargli Isotta per infliggerle un destino ancora più crudele. Essi consigliarono al re di infliggere ad Isotta una pena duratura e disonorevole per far crescere in lei il desiderio di morte e chiesero di poterla portare con loro e godere del suo corpo in comune con altri cento lebbrosi.
13. Thomas e Bèroul sono gli autori che ci hanno lasciato le versioni più antiche della leggenda di Tristano e Isotta. In quale epoca sono vissuti? In che cosa si differenziano le loro redazioni della vicenda di Tristano?
Thomas e Beroul sono vissuti entrambi nel XII secolo ed hanno redatto due diverse versioni del romanzo risalenti rispettivamente alla prima metà ed alla fine del XII secolo. Le due versioni si differenziano per lo stile e per l’importanza data alla vicenda amorosa di Tristano e Isotta. Bèroul mette in risalto l’aspetto adultero dell’amore, contrastando la passione tra gli amanti con i vincoli con re Marco ed esprime le sue preoccupazioni religiose. Thomas invece si avvicina di più alla concezione cortese dell’amore e considera sentimento eroico ciò che lega Tristano e Isotta, poiché mette sempre alla prova la loro forza d’animo sottoponendoli a continue prove. Per quanto riguarda lo stile il primo autore narra i fatti in modo realistico e spontaneo, mentre il chierico Thomas usa uno stile più raffinato.
14. Chi era Joseph Bédier? In quale epoca è vissuto? Qual è il merito più grande della sua opera?
Joseph Bédier è nato a Parigi ed è vissuto dal 1864 al 1938. E’ stato un grande studioso della cultura e della storia medievale, nonché filologo, ossia studioso della lingua. Dopo essere divenuto insegnante universitario si è dedicato allo studio approfondito delle fiabe popolari francesi e del romanzo di Tristano e Isotta. Ha pubblicato un’edizione ricca di note testuali relativa al romanzo di Thomas e Béroul, rivelandosi un esperto conoscitore ed interprete della sensibilità del Medioevo. Il suo intento era quello di ricostruire la vicenda sotto forma di romanzo e si calò a tal punto nel suo ruolo da divenire una sorta di menestrello, che, grazie alle sue conoscenze ed alle sue capacità è riuscito a riportare in vita e dare freschezza ad una vicenda così lontana nel tempo.

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