Simbolismo e Allegoria in Dante

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Testo

Simbolismo ed Allegoria in Dante
Nelle opere di Dante si può assistere ad un passaggio da simbolismo ad allegoria. Ciò è dovuto alla nuova concezione della cultura comunale e della filosofia scolastica secondo la quale la realtà terrena ha autonomia ed ogni conoscenza, anche divina, parte da fenomeni sensibili.
Questo si può notare innanzitutto nella Vita Nuova: in quest'opera Dante dapprima si basa sul simbolismo, ma termina passando all'allegoria.
La prima parte è rappresentata dal periodo in cui Beatrice era in vita, e con lei vi è l'affermazione del simbolismo medievale, secondo il quale il mondo di valori (trascendenza) e il mondo dei fenomeni (immanenza) sono legati da una corrispondenza diretta e immediata ed inoltre l'immanenza ha significato in quanto rappresenta l'esistenza della trascendenza, difatti Beatrice è la più chiara manifestazione di questo modello di conoscenza.
Nella seconda parte con la morte di Beatrice non si crea un'impossibilità di stabilire un contatto tra immanenza e trascendenza, ma si concretizza la necessità di ridefinire il modo in cui tale corrispondenza avviene. Così ciò viene interpretato come crisi della cultura e della società e il suo lutto rappresenta la perdita della conoscenza come illuminazione ed immediatezza. Scosso dalla morte di Beatrice, Dante cerca di stabilire dei collegamenti tra questo trauma e la propria esistenza, e ciò culmina con la stesura, un anno dopo l'evento, del sonetto «Era venuta ne la mente mia» con due diversi inizi.
Primo cominciamento
Era venuta ne la mente mia
la gentil donna che per suo valore
fu posta da l'altissimo signore
nel ciel de l'umiltate, ov'è Maria.
Secondo cominciamento
Era venuta ne la mente mia
quella donna gentil cui piange Amore,
entro 'n quel punto che lo suo valore
vi trasse a riguardar quel ch'eo facia.
[…]
[Vita nuova, Cap. XXXIV]
La diversità tra i due inizi rappresenta il passaggio dalla chiave simbolica a quella allegorica e quest'ultima implica una ricerca razionale più complessa.
Nel Primo cominciamento si fa un chiaro riferimento a Beatrice esclusivamente religioso, difatti tra Beatrice in cielo e Dante sulla terra non c'è alcun rapporto, proprio come nel simbolismo medievale non c'era rapporto tra cielo e terra.
Nel Secondo cominciamento invece, come afferma il Luperini, vi è il compromesso tra fedeltà ai valori trascendenti e bisogno di fondare i significati nella storia e sulla terra. Il Secondo cominciamento costituisce quindi uno dei momenti più importanti per l'allegoria dantesca.
In seguito Dante utilizza sempre più spesso nelle proprie opere l'allegoria, tanto che nel Convivio vi è una chiara trasformazione della donna gentile nell'allegoria della filosofia. Nella seconda canzone del Convivio, «Amor che nella mente mi ragiona», Dante loda una donna che poi, nel commento che segue, identifica con la filosofia.

[…]
55 Cose appariscon ne lo suo aspetto,
che mostran de' piacer di Paradiso,
dico ne li occhi e nel suo dolce riso,
che le vi reca Amor com'a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto
60 come raggio di sole un frale viso:
e perch'io non le posso mirar fiso,
mi convien contentar di dirne poco.
Sua bieltà piove fiammelle di foco,
animate d'un spirito gentile
65 ch'è creatore d'ogni pensier bono;
e rompon come trono
l'innati vizii che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua bieltate
biasimar per non parer queta e umile,
70 miri costei ch'è essemplo d'umiltate!
Questa è colei ch'umilia ogni perverso:
costei pensò Chi mosse l'universo.
[…]
[Convivio, III]
In questa stanza Dante, oltre ad esprimere le lodi della donna, afferma anche che non sempre gli uomini sono capaci di capire la sua virtù in quanto la ragione umana è limitata per poter comprendere ed esporre le sue lodi: con ciò Dante vuole rappresentare la filosofia e le difficoltà che si incontrano inizialmente nel suo studio.

Più tardi Dante compone anche un'altra opera nella quale un ruolo fondamentale è rappresentato dall'allegoria: la Commedia. Dante stesso scrive nell'Epistola a Cangrande della Scala:
Per chiarire quello che si dirà bisogna premettere che il significato di codesta opera non è uno solo, anzi può definirsi un significato polisemos, cioè di più significati. Infatti il primo significato è quello che si ha dalla lettera del testo, l'altro è quello che si ha da quel che volle significare con la lettera del testo. Il primo si dice letterale, il secondo invece significato allegorico o morale o anagogico. […] E perciò si dovrà esaminare il soggetto della presente opera se esso si prende alla lettera e poi se s'interpreta allegoricamente. E' dunque il soggetto di tutta l'opera, se si prende alla lettera, lo stato delle anime dopo la morte inteso in generale; su questo soggetto e intorno ad esso si svolge tutta l'opera. Ma se si considera l'opera sul piano allegorico, il soggetto è l'uomo in quanto, per i meriti e demeriti acquisiti con libero arbitrio, ha conseguito premi e punizioni da parte della giustizia divina.
[Epistolae XIII, 20-25]
La Commedia si definisce infatti come un poema allegorico. Quindi per comprendere pienamente il significato del poema dantesco, bisogna considerare, come già diceva Dante, che esistono quattro sensi o significati fondamentali di ogni forma di scrittura:
• il senso letterale, cioè il significato immediato del testo che non va oltre a ciò che indica la parola;
• il senso allegorico, che significa vedere quello che si nasconde sotto le parole;
• il senso morale, cioè l'insegnamento che il lettore deve ricavare dalla lettura del testo per sua conoscenza;
• il senso anagogico, cioè quello interpretativo che consiste nella comprensione delle cose reali e sensibili secondo significati eterni.
La situazione ultraterrena, i personaggi incontrati e quelli che guidano il poeta, lo stesso personaggio Dante, i temi trattati, tutto ha una duplice interpretazione: da un lato ha valore letterale, cioè rappresenta se stesso (Dante è il poeta fiorentino, Virgilio e Beatrice e le altre anime conservano la personalità che ebbero in terra, i dannati soffrono per mille tormenti fisici, i beati esultano vicino a Dio, etc.); dall'altro lato tutto allude a un significato allegorico di natura religiosa e morale (Dante è allegoricamente l'umanità intera, Virgilio è la ragione e Beatrice è la teologia, i malvagi soffrono in eterno per la lontananza da Dio, i buoni sono premiati, etc.). Il soggetto di tutta l'opera dunque, presa solo letteralmente, è lo stato delle anime dopo la morte; se poi l'opera si prende allegoricamente, il soggetto è l'uomo secondo che, meritando o demeritando per la libertà d'arbitrio, è soggetto alla giustizia del premio o del castigo, come dice lo stesso Dante.
Si può paragonare, in un certo senso, lo stile allegorico della Commedia a quello delle Sacre Scritture: difatti in entrambe il fondamento allegorico è costituito dalla concezione figurale, largamente analizzata da Erich Auerbach. Egli infatti afferma che la concezione figurale si basa sul presupposto di «pari storicità tanto della cosa significante quanto di quella significata», distinguendola dalla concezione simbolica in quanto, secondo quest'ultima, il primo fatto serve unicamente ad alludere al secondo, ben più importante e interessante.
Nella Commedia, inoltre, viene rispettata pienamente la concezione cristiana medievale seconda la quale tutta la vita terrena del cristiano è una figura di quella divina, infatti per tutti i protagonisti del poema il mondo terreno è stato figura di quello ultraterreno.
Virgilio nel Medioevo era ritenuto profeta della venuta di Cristo, quindi guida alla salvezza per gli altri, ma non per se stesso, in quanto non si convertì, e nella Commedia diventa guida verso la salvezza per Dante, ma gli è impossibile accompagnarlo anche nel Paradiso perché il suo posto è il Limbo e non gli è possibile accedere alla grazia divina. Ecco, infatti, cosa dice Stazio a Virgilio, definendo la sua funzione profetica:
Ed elli a lui: «Tu prima m'invitasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
66 e prima appresso Dio m'alluminasti.
Facesti come qui che van di notte,
che porta dietro il lume e sé non giova,
69 ma dopo sé fa le persone dotte,
quando dicesti. "Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
72 e progenïe scende da ciel nova".
Per te poeta fui, per te cristiano.
…»
[Purg. XXII, 64 - 73]
Beatrice, invece, sulla terra era stata uno stimolo al bene e all'elevazione morale per Dante e nell'aldilà la sua funzione figurale si compie diventando così guida nel Paradiso verso la salvezza spirituale.
Quindi, in quanto imitazione del mondo, la Commedia è, come afferma il Luperini, «una rivelazione allegorica dei segni divini che vi sono impressi. […] Da un lato ogni elemento della struttura dell'opera e del mondo terreno è presentato come un segno di Dio; dall'altro il viaggio ultraterreno di Dante attraverso i tre regni, presentato in sé come vero, corrisponde in una prospettiva storica più ampia al cammino dell'umanità verso la salvezza, e la storia della Commedia alla storia dell'uomo».
Ma non è soltanto attraverso l'utilizzo della concezione figurale che l'allegoria si esprime nella Commedia: grande importanza assume anche la similitudine, abbondantemente usata da Dante, che diviene anche espressione di una nuova civiltà, la quale non è più in grado di affidarsi semplicemente all'evidenza trascendente dei significati, ma ha necessità di ricostruirli a partire dalle relazioni terrene. Con la similitudine, quindi, vi è un ulteriore distacco dalla concezione simbolica per approdare ad una concezione più allegorica, cioè si passa dalla diretta corrispondenza tra dati terreni e significati trascendenti ad una attenzione del momento storico e terreno, stabilendo un collegamento con i significati trascendenti attraverso una catena di relazione terrene che costituisca un itinerario di senso.
Infine, nella Commedia vengono utilizzate similitudini nelle quali è chiamata l'esperienza sensibile come via privilegiata per accedere intuitivamente a quindi più agevolmente a quella metafisica, ed in ciò si riflette la caratteristica allegorica dell'approccio di Dante con la realtà ultraterrena.
Dante si propone quindi di narrare ai lettori un'esperienza soprannaturale, nella quale tuttavia egli dichiara di essere stato coinvolto interamente, cioè in anima e corpo. In questo straordinario viaggio egli ha organizzato tutte le forme di conoscenza, anche le più difficili come quelle soprannaturali e sovrarazionali. Ma Dio ha voluto che il pellegrino Dante le raggiungesse a partire dalla conoscenza sensibile, quella più accessibile ai mortali e quella di cui si può proferire "per verba", cioè attraverso il linguaggio umano, e per fare ciò quindi Dante si è avvalso dell'utilizzo dell'allegoria, unico modo con il quale è possibile esprimere la conoscenza divina attraverso quella sensibile.

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