Riflessioni su Gertrude cap 9-10

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

RIFLESSIONI SULLA MONACA DI MONZA DEL MANZONI
Gertrude era l’ultima figlia di un principe, un gentil’uomo milanese di carattere tipico seicentesco.
Non si sa quanti figli egli avesse, ma si sa che aveva “sacrificato” al chiostro tutta la sua progenie, sia i maschi che le femmine, tranne il primogenito al quale era destinato il compito di portare avanti la famiglia.
Perciò per Gertrude la sorte di monaca era già segnata, seppure non le fosse mai stato detto direttamente.
Fin da piccola veniva trattata bene e le venivano dati come giochi bambole e santini vestiti da monaca.
Inoltre veniva rimproverata per alcune monellerie di tutti i tipi ricordandole sempre che un domani sarebbe stata trattata con tutto il rispetto e che avrebbe goduto di ampi poteri visto la famiglia da cui proveniva.
Il principe padre era, come lo si potrebbe definire, “ un nobile convinto”, ovvero era molto legato al valore del nome della famiglia. Egli asseriva che il sangue nobile si portava in qualunque manifestazione della vita, intendendo che una sua figlia nel monastero avrebbe goduto di privilegi superiori e sarebbe sicuramente diventata col tempo madre badessa.
Una volta nel monastero venne educata in un modo molto vanitoso dalle educatrici.
Quando seppe che alcune delle sue compagne erano destinate al matrimonio, ella reagì inventando bugie sul proprio conto e recando loro dispetti e sgarbatezze.
Il restare chiusa nel convento dove sapeva che avrebbe dovuto rimanere tutta la vita le creava una sensazione di mancata libertà che la rendeva molto nervosa e nello stesso tempo si ingigantiva in lei un senso di impotenza.
Per questo, per far vedere che era superiore alle altre sue compagne, assume un atteggiamento diverso, artefatto se si può dire.
Durante la sua adolescenza lei risente di ansie, dubbi e paure legate soprattutto al convento che per lei era diventato una minaccia.
A lei sarebbe piaciuto sposarsi e vivere una vita come tutte le altre donne ma sapeva anche che se fosse rimasta nel convento avrebbe goduto di tutti i privilegi e di piena autorità.
Così passava il tempo, nella paura e nel dubbio.
Questa mancanza di libertà stimola in lei la voglia di andarsene dal convento tanto che scrive un lettera al padre in proposito.
Durante il mese fuori dal convento ella pensava all’accoglienza che avrebbe avuto e che non sarebbe ceduta alle provocazioni e agli inviti di diventare monaca.
Questo perché aveva escluso una punizione fisica e psicologica, anzi, non se la immaginava neanche.
Imprigionata nella stanza dal padre ella rimugina pensieri negativi e di rabbia nei confronti della carceriera e di chiunque non gli rivolgesse la parola dal disprezzo.
In pratica il suo carattere non è cambiato molto da quando era bambina.
E’ sempre stata molto sensibile e impotente a quello che gli capitava tanto da seguire sempre l’unica possibilità disponibile senza cercare alternative.
Essendo sensibile, si innamora di uno, o meglio l’unico che provava pena per lei.
Venendolo a sapere, il padre, invece di aiutarla la rinchiude nella sua stessa stanza.
Beh…
Per lei che è sensibile “non c’è niente di peggio” perché aveva perso l’amore e l’affetto desiderato dei suoi.
Chiaramente si può immaginare il suo comportamento in quel tempo di segregazione; un alternarsi di rancori, odio e pentimenti.
Siccome a Gertrude non le andava trascorrere il resto della sua vita rinchiusa a forza in un convento e, magari, maltrattata da tutte le altre, non gli rimaneva altro che andare da suo padre e dirgli di volere farsi monaca di sua spontanea volontà.
Secondo lei quello poteva essere un modo di riconquistare la fiducia dei suoi famigliari e, in un certo senso, fu proprio così, anzi, forse più del dovuto.
L’umore di Gertrude cambiò d’improvviso quando proferì tale idea al padre il quale si compiacque subito con la figlia dicendole che aveva fatto la scelta giusta, seppure sapeva benissimo che lui stesso l’aveva costretta.
In quel momento, i sentimenti negativi che Gertrude aveva covato fino ad all’ora, vennero sostituiti da complimenti che fioccavano da tutti i familiari che si compiacevano della sua scelta.
A questo punto vorrei far notare la trasparenza e la falsità di questi ultimi che, pur avendo capito benissimo cos’era successo alla poveretta, continuavano a compiacersi con lei riempiendola di lodi e, nello stesso tempo, provando un po’ di pena.
Seppure coccolata e rispettata da tutti, Gertrude non si dimenticò delle pene che le aveva fatto passare la carceriera così, avendo pieno appoggio del padre, si vendicò di lei. In che modo il Manzoni non lo dice, probabilmente venne licenziata.
Questo fa capire quanto quei cinque giorni sotto la sorveglianza della carceriera le avessero avvelenato la mente.
Prima dell’ingresso al convento vengono fatti numerosi preparativi e soprattutto la futura monaca doveva essere testata da un prete, o meglio un esaminatore.
Durante i preparativi, Gertrude, come suo solito titubava su cosa andare a fare pur sapendo benissimo che ormai gli si erano chiuse tutte le possibilità.
Prima dell’esaminatore il padre le disse, con tono tranquillo e benevolo che il prete
l’ avrebbe tenuta sulla corda ponendole domande difficili per vedere se ella si voleva far monaca di sua spontanea volontà, e che lei avrebbe dovuto rispondere con calma e schiettezza per non lasciare sospetto.
Il padre gli disse solo che nel caso in cui il prete fosse venuto a conoscenza del fatto egli perderebbe la sua dignità e il suo onore, per non dirle schiettamente che l’avrebbe rovinata.
Giunta l’ora dell’esame Gertrude, seppure tesa, dimostra di essere decisa a fare di tutto per mascherare il fatto e dire al prete che voleva diventare monaca di sua spontanea volontà.
Infatti quando costui le chiede quale motivo la spinge a fare ciò, ella, facendo di tutto per non far trasparire nel suo viso la menzogna, disse che voleva servire dio e sfuggire dai pericoli del mondo.
Dopo queste domande critiche, il prete si rallegra e chiede scusa a Gertrude per essersi dilungato troppo e se ne và.
A quel punto arriva il padre che la riempie di lodi e di carezze.
Per Gertrude il destino era segnato, perciò “fu monaca per sempre”.
ANALISI
In teoria una come Gertrude non è vittima di nessuno poiché sta a lei decidere il suo futuro sebbene avesse trascorso alcuni anni trascorsi in convento.
Purtroppo nel suo caso si può considerare vittima poiché suo padre voleva a tutti i costi che diventasse monaca e non tollerava alcun’altra sorte per la figlia.
Il Manzoni, dietro agli stati d’animo negativi, fa anche capire una continua voglia da parte di Gertrude di liberarsi da quel peso che ella si sarebbe dovuta sorbire per tutta la vita che era di non potersi maritare e non poter vivere come le altre.
I sentimenti che provava Gertruda erano segno della sua debolezza.
Manzoni non rimprovera il comportamento ostile del padre nei confronti della figlia,
ma la compatisce introducendo ogni tanto parole come “poveretta, infelice, sventurata,”ecc..
Un lettore odierno, solo leggendo l’atteggiamento dei familiari nei confronti di Gertrude, stenterebbe a credere una cosa simile.
Invece, anche da quello che si capisce dal racconto, a quei tempi, soprattutto nelle classi nobili, era una cosa normale.
Riguardo ad Egidio, un ragazzo con cui ella ebbe una storia, Manzoni lo descrive come uno “scellerato di professione”, un trasandato e uno che se ne fregava, fin dove poteva, della legge e delle buone maniere.
Una come Gertrude, con il carattere debole e dopo anni in convento, davanti a uno come lui era inevitabile che cedesse.
Manzoni non aggiunge altre descrizioni su Egidio, dice solo che alla fine egli uccise e seppellì viva la suora che minacciava di fare la spia su loro due.
SENTIMENTI DI GERTRUDE NEL PERIODO DI PRIGIONIA NELLA SUA STANZA:
Dopo il rimprovero del padre principe, essa rimase moralmente e fisicamente sola, col batticuore, con la vergogna, col rimorso e col terrore dell’avvenire.
Come suo solito il tumulto dei sentimenti provocati dalla punizioni svanirono in breve per poi ritornare periodicamente più forti di prima.
La sua paura principale era di essere ricondotta al monastero sotto forma di “colpevole” con chissà quali meschini trattamenti.
Nella sua memoria continuavano a scorrere le parole di quella lettera scritta al padre riguardo la storia che aveva avuta col Paggio.
Per lei l’unico castello nel quale poteva immaginare un rifugio tranquillo era il monastero, dove avrebbe dovuto trascorrere il resto della vita.
Per lei il ritorno in quel luogo permanentemente sarebbe stato perfetto poiché sarebbe stata festeggiata e ubbidita a bacchetta come gli aveva predetto suo padre.
Riguardo alla carceriera che, in definitiva, era quella che aveva fatto la spia consegnando la lettera al padre, Gertrude covava nei suoi riguardi il desiderio di uscir dalle grinfie e di comparirle in uno stato al di sopra della sua collera e della sua pietà. Da qui si capisce il suo odio verso di essa.
Al quinto giorno di prigionia, stuccata e invelenita all’eccesso, si mise in una angolo della stanza a divorate la rabbia che gli sfociava dappertutto.
In seguito pensando al padre e alla famiglia gli scattò un senso di pentimento sul suo fallo e un gran desiderio di espiarlo.
Così scrisse una lettera al padre di perdono e di richiesta di entrare per sempre nel monastero.

Spaggiari Mirco

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