Pirandello

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Testo

LUIGI PIRANDELLO

Pirandello è uno dei nostri maggiori scrittori della prima metà del Novecento; nelle sue opere letterarie e teatrali traspare il senso tragico della vita che fu proprio dei primi anni del secolo e della sensibilità decadentistica. Caduti gli ideali patriottici tipicamente borghesi e venuta meno la fiducia nella scienza, l'uomo si ripiega su se stesso, travagliato da contrasti e incertezze: se prima sapeva chi era e cosa voleva ora non si riconosce più, perché la realtà gli sfugge e i vecchi ideali sono morti. L'uomo ha perso la sua identità, non sa se egli è quello che crede di essere o quello che gli altri vedono in lui, perciò sostanzialmente non è nessuno.
Si è spesso accusato Pirandello di cerebralismo e intellettualismo per il suo compiacimento, che può sembrare talvolta esagerato ed eccessivo, del paradosso e della dialettica. Ma, in effetti, dialettica e paradosso sono gli strumenti attraverso cui egli scava nella realtà: le vicende che descrive sono tutte paradossali, però dietro il paradosso, lo scrittore svela profondi e amari drammi, creando personaggi di una toccante umanità. Gli uomini e la vita appaiono spesso comici, ma di una comicità che nasconde dolorose tragedie. Nella vita tutto sembra logico e naturale, ma la logica lascia spesso il posto all'assurdo, che per Pirandello è ben più vivo e reale, come lo sono il dolore e la sofferenza che la nostra ragione rifiuta perché disumani e assurdi.
L'umorismo pirandelliano, pensieroso e amaro, esprime le contraddizioni e i profondi turbamenti del mondo contemporaneo, attraverso il sentimento del contrario si scopre la tragica realtà che è celata dietro l'apparenza talvolta ridicola delle cose e se ne esprime la desolante angoscia, tormentosa e senza uscita.

Il pensiero e la poetica

Pirandello diceva: . Ebbene, tale particolare modo poggia sostanzialmente su alcune dicotomie: flusso/forma, volto/maschera, tempo/durata, comicità/umorismo.

Pirandello ritiene che l'universo sia in continuo divenire, e l'uomo, partecipe di questo flusso vitale, vorrebbe comprenderlo; così cerca di porsi di fronte a tale flusso per analizzarlo, se non che non possiede mezzi idonei ed è troppo limitato nello spazio e nel tempo per poter conseguire qualche utile risultato. La sua investigazione riesce a cogliere solo aspetti superficiali, parziali (le forme), che pur se veri (cioè pertinenti all'Essere) nel momento in cui sono colti o prodotti, sono destinati a divenire ben presto falsi poiché il flusso vitale è inarrestabile e mutando li falsifica. Così l'uomo cerca disperatamente di imbrigliare il flusso entro forme finite e inadeguate, e più si sforza di produrre forme sempre nuove e diverse, più spreca energia e si aliena, poiché le forme che produce, accumulandosi e ammassandosi, si ritorcono contro l'uomo isolandolo dalla realtà.

La dicotomia volto/maschera è un aspetto particolare della precedente e concerne l'impossibilità di rapporto autentico tra gli uomini. Ciascuno di noi è un essere in continuo divenire dalla nascita fino alla morte, e ogni giorno, ogni ora, ogni attimo siamo diversi. Però la società, la cultura e alla fine noi stessi ci vogliamo identici: dunque produciamo, volenti o no, una serie di maschere o modelli coi quali ci esprimiamo in società, e nella vita di ogni giorno non ci mostriamo mai per quelli che siamo, ma ad ogni circostanza indossiamo una maschera diversa, diversa anche in relazione della persona alla quale ci rapportiamo. In conclusione, ciascuno di noi sente di essere uno, ma, di fatto, si manifesta per cento, mille persone diverse, ciascuna di queste è poi ulteriormente moltiplicata dalle svariate ottiche e personalità degli altri e diventano centomila; cosicché quell'uno potenziale non manifestandosi mai nel corso della vita, di fatto è come se non esistesse, se fosse nessuno.
Per Pirandello il tempo è una delle tante forme create dall'uomo, per sue esigenze teoriche e pratiche, dunque è insussistente e falsa al pari delle altre. E' vera, invece, la nozione di durata o tempo soggettivo, scandito cioè dalla coscienza di ognuno di noi. Ma la durata, non solo non conosce la distinzione presente-passato-futuro, ma non procede neppure linearmente e a senso unico: ammette salti, balzi in avanti e indietro, accelerazioni e decelerazioni variabili indefinitamente. Cosicché, per questo aspetto, ogni individuo è una galassia a sé stante, che può sfiorare o scontrarsi con le altre, ma mai comunicare, poiché manca qualsiasi termine comune di riferimento, e un mezzo che veicoli messaggi senza manipolazioni e interferenze.

La dicotomia comicità/umorismo è alla base del pensiero pirandelliano, non per nulla lo scrittore siciliano dedicò a tale argomento vari saggi teorici, tra i quali è di capitale importanza L'umorismo. In questo saggio Pirandello dà queste definizioni: la comicità è l'avvertimento del contrario, l'umorismo, invece, è il sentimento del contrario, e per illustrarle ricorre, tra l'altro, ad un esempio di questo genere: supponiamo di vedere una donna anziana, truccata e vestita in modo appariscente. La nostra prima reazione sarà una gustosa risata, in questo consiste la comicità, una sorpresa che ci coglie del tutto impreparati. Ma se riflettiamo sui motivi psicologici di tale comportamento, se pensiamo che la donna anziana si atteggia in tal modo perché tenta di allontanare da sé lo spettro della vecchiaia e della morte, non ridiamo più ma, grazie al sentimento del contrario, individuiamo nella sorte di lei la nostra, comune a tutta l'umanità. Quindi possiamo definire la comicità superficiale, e l'umorismo approfondito e riflesso. Tutta la migliore produzione di Pirandello si muove all'insegna dell'umorismo con due tendenze costanti e congiunte: per un verso quella di aggredire tutte le false certezze, smascherare i luoghi comuni, gli atteggiamenti fossilizzati dall'abitudine, da un altro una posizione di larga comprensione e benevolenza.

Le opere

La novella fu il vero amore di Pirandello, scrisse la prima quando aveva soltanto 17 anni e una apparve sul proprio il giorno prima della sua morte. Per lo più venivano pubblicate alla spicciolata su riviste e giornali e poi, quando il numero si faceva cospicuo, raccolte in volumi. Nel 1922, per la casa editrice Bemporad di Firenze, inizia la raccolta più sistematica, Novelle per un anno, la raccolta, che prende il titolo dal numero delle novelle, pari all'incirca ai giorni dell'anno, è composta da quindici libri. Una così vasta produzione possiede una sua organicità strutturale che ci permette di fare una distinzione attraverso due criteri: il primo, geografico, riguarda l'ambientazione delle novelle, che possono essere distinte in due grandi settori: quelle siciliane e quelle romane. Le prime si presentano come nettamente originali rispetto all'esempio verghiano, a Pirandello, infatti, non interessa tanto descrivere le condizioni economiche e sociali quanto approfondire l'introspezione psicologica, il rovesciamento umoristico dei luoghi comuni e dei modelli dominanti nella società siciliana. Ad esempio, in Ciaula scopre la luna, la triste situazione sociale del caruso siciliano, si trasferisce in una dimensione puramente esistenziale, di recupero della parola, prima negata, da parte del ragazzo che ritrova la sua dignità umana di fronte allo stupendo spettacolo della luna che sorge. Anche nella Giara, il rapporto di classe tra il prepotente e avido proprietario, don Lollò Zirafa, e il bizzarro conciabrocche Zì Dima, si trasforma in una dialettica fra punti di vista diversi della vita e della realtà: don Lollò, esprime certamente una concezione positivistica, nel senso che crede fermamente nella possibilità di individuare la verità e di dirimere ogni conflitto; il conciabrocche, al contrario, possiede una filosofia della vita più sfumata e la sua vittoria si presenta come vittoria dell'Arte e della creatività nei confronti del Potere. Nelle novelle romane, Pirandello descrive la grigia e monotona esistenza quotidiana di una borghesia alla presa con la pena esistenziale. Espressione esemplare è L'eresia catara, che vede un professore universitario, Bernardino Lamis, schiacciato da una situazione familiare penosa, riscattare la sua grigia esistenza in una memorabile lezione, che però non viene fatta ai suoi alunni ma agli impermeabili messi a sgocciolare
L'altro criterio funzionale per orientarsi nell'imponente novellistica di Pirandello è quello di distinguere le novelle secondo la coscienza umoristica che hanno i personaggi e che possiamo dividere in tre grandi categorie. Ci sono dei personaggi che hanno una coscienza molto incerta della propria condizione straniata, che viene avvertita solo in relazione ad un intervento straordinario: è questo il caso di Belluca, squallido impiegato de Il treno ha fischiato che, dopo aver sentito il fischio di un treno, si ribella al suo abituale stato di torpore e di inettitudine, ma subito dopo rientra nell'anonima vita di tutti i giorni. Ci sono altri personaggi che acquistano invece una coscienza duratura della propria condizione degradata e di propria iniziativa infrangono clamorosamente i rituali fissati dalla società: questa situazione è rappresentata nel Rosario Chiarcanò della Patente, il quale preso atto che la comunità lo ritiene un menagramo, uno iettatore, per salvarsi dalla rovina si batte con successo per ottenere un riconoscimento ufficiale dei suoi poteri. Ci sono infine i professionisti dell'umorismo, i filosofi pirandelliani, quelli che hanno coscienza sistematica dell'inderogabile necessità di togliersi di dosso la maschera, inautentica e sclerotizzante, e di riconquistare la propria identità perduta: è il caso di Jacopo Maraventano, l'astronomo-filosofo di Pallottoline che, riesce a dare del tu ai pianeti che osserva amorevolmente col suo telescopio e che lui chiama affettuosamente pallottoline, ad indicare l'esigenza di riallacciarsi al ritmo dell'Essere.
Al di là della straordinaria inventiva pirandelliana che si sbizzarrisce nell'individuare personaggi e situazioni diversissime, è possibile cogliere uno schema costante, strutturale, nella sua novella, che concerne tre fasi: la situazione iniziale, caratterizzata dalla presenza della maschera; la modificazione di questa, a seguito di un avvenimento strano e apparentemente privo di relazioni con esso; la rivelazione finale, l'epilogo spesso paradossale che, in chiave umoristica rovescia la situazione iniziale.

Mentre la composizione delle novelle accompagna tutta la vita di Pirandello, quella dei romanzi caratterizza la fase centrale della maturità artistica. Il primo romanzo, L'Esclusa, è ambientato in Sicilia e narra le vicende di Marta Ajala, donna della piccola borghesia, perseguitata dall'amore epistolare di un ex compagno di scuola anche quando è sposata. Proprio una lettera di costui, rinvenuta dal marito, scatena il dramma: accusata di tradimento, Marta viene cacciata di casa e, condannata dall'intero paese, si trova costretta a trasferirsi a Palermo dove riesce a riorganizzare la sua vita. Qui trova l'ex suocera in fin di vita, e al suo capezzale rincontra l'ex marito, pentito e disposto a riconciliarsi con lei, che rimane di questo proposito anche quando Marta gli confessa di averlo tradito. Conclusione: la donna cacciata di casa innocente e sulla scorta di vaghi sospetti, ne è riammessa dal marito quando è rea confessa.
Se il primo romanzo disintegra il mito dell'onore, il secondo, Il turno, prende di mira quello non meno veristico e siciliano della roba. Il romanzo racconta di una serie di avventurosi matrimoni suggeriti dalla logica ferrea della roba, continuamente messa in scacco da un Caso burlone che interviene per mandare a monte ogni disegno. In quest'opera si respira un'aria leggera, ben diversa da quella cupa del primo romanzo, e segna da un punto di vista narrativo un ulteriore allontanamento dal modello verista.
L'umorismo che caratterizza L'esclusa e il comico, che invece sembra dominare nel Turno, entrano in felice sintesi nel terzo romanzo, Il fu Mattia Pascal. La vicenda, narrata dal protagonista in prima persona, è da lui rivissuta interiormente in un lungo flashback, che tocca le tappe principali della sua esistenza. Mattia Pascal vive triste e insoddisfatto con una moglie che non ama e con un lavoro da bibliotecario a cui è costretto. Umiliato dalla famiglia e deluso e frustrato dal lavoro tenta la fuga: passando per Montecarlo si lascia tentare da una visita al casinò dove una serie di fortunate vincite muta il proprio destino; è indeciso se proseguire il suo viaggio o tornare al paese quando, da un giornale, apprende che il giorno della sua scomparsa era stato rinvenuto un cadavere che tutti avevano riconosciuto per lui. Libero di essere veramente se stesso, assume l'identità fittizia di Adriano Meis e si stabilisce a Roma, dove si innamora, ricambiato, della dolce Adriana. Però sulla via della realizzazione del sogno d'amore sorgono insormontabili ostacoli, essendo ufficialmente morto non può né sposarsi né denunciare il furto di una parte della sua vincita. Così, tramite un finto suicidio, muore ancora come Adriano per rinascere come Mattia e tornare al suo paese, ma sono passati due anni, e la moglie si è risposata e ha avuto una bambina; non gli resta allora, che ritirarsi nella vecchia biblioteca per scrivere la sua storia, e recarsi ogni tanto al cimitero per deporre fiori sulla "sua" tomba.
Successivamente, Pirandello lavorò contemporaneamente su due romanzi: I vecchi e i giovani, e Suo marito. Nella prima opera è tentata la tematica storico-sociale, imperniata sull'apparente contrasto fra la generazione risorgimentale e quella contemporanea e su quello più consistente tra il corso della storia e i destini individuali. In essa prevale un atteggiamento sostanzialmente antistorico poiché vecchi e giovani sono ugualmente incapaci di modificare le cose. Suo marito è la storia di una coppia romana, lei scrittrice e lui suo manager, ritratti in una società squallida e corrotta, che per contrasto fa sorgere la nostalgia dell'ambiente campagnolo del passato.
L'odio verso la città e l'industria è sviluppato ancor di più in Si gira (poi riedito col titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore). In questo romanzo, il protagonista è un operatore cinematografico che per il lavoro ha perso se stesso e anche il suo amore, un giorno riprendendo una scena che doveva essere finta, ma che per un drammatico episodio diventa vera, perde la parola e diventa muto. Il romanzo è un'implacabile requisitoria contro la città postindustriale, contro la civiltà della macchina, che, come un unico meccanismo spersonalizzano chiunque vi venga a contatto, e in particolare contro l'ambiente cinematografico, i cui divi, ricchi e famosi, sono degli infelici che non si riconoscono nelle immagini che li ritraggono e si vedono sottomessi dall'industria che li mercifica e li scambia.
In Uno, nessuno e centomila, il protagonista, Vitangelo Moscarda scoprendo allo specchio un proprio difetto fisico inizia ad estraniarsi dalla società, a perdere la condizione sociale, la condizione matrimoniale, il possesso dei beni e soprattutto a perdere la propria identità. Ma tutte queste privazioni, sono anche le tappe di una graduale liberazione delle coercizioni imposte dal suo essere sociale, cosicché il massimo di nullità coincide con il massimo di libertà verso una nuova dimensione al di fuori della società.

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