Matteo Maria Boiardo

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

2 (2)
Download:178
Data:28.11.2001
Numero di pagine:4
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
matteo-maria-boiardo_3.zip (Dimensione: 5.39 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_matteo-maria-boiardo.doc     30 Kb


Testo

Boiardo, Mattèo Marìa
poeta italiano (Scandiano di Reggio 1441-Reggio nell’Emilia 1494). Di famiglia nobile, portato
bambino a Ferrara, dove ebbe il primo indirizzo agli studi classici dal nonno Feltrino, tornò a
Scandiano nel 1451 alla morte del padre. A diciannove anni restò unico erede del feudo avito di
Scandiano. Qui si stabilì alternando gli studi con i passatempi del signore di campagna, pur
cominciando a vivere sempre più spesso a Ferrara, dove partecipava alla vita di corte ed era
intimo degli Estensi, per cui conto svolse varie missioni diplomatiche. A Ercole d’Este dedicò la
sua prima opera di poesia, i quindici Carmina de laudibus Estensium, scritti dal 1461 al 1463.
Sempre d’impronta cortigiana è l’opera successiva, i Pastoralia(ca. 1463), dieci egloghe di
stampo virgiliano in onore di Ercole. Negli anni successivi (1463-71) applicò la sua conoscenza
della cultura classica (vasta ma non particolarmente profonda; tra l’altro conosceva poco il greco)
a diverse traduzioni, pubblicate postume: oltre le Vite di Cornelio Nepote, la Ciropedia di
Senofonte e le Storie di Erodoto (queste ultime tradotte rispettivamente dalle traduzioni in latino
di Poggio Bracciolini e di L. Valla). La sua brillante vita di corte fu segnata dall’amore per la
bellissima Antonia Caprara, conosciuta nel 1469. Da questo amore nacque il Canzoniere,
dedicato appunto alla Caprara, una raccolta di componimenti poetici, che si protrasse fino al
1477, in tre libri, ognuno di sessanta componimenti, di cui cinquanta sonetti. La raccolta spicca
nella lirica del Quattrocento per la sua freschezza e spontaneità, appena appesantita dai motivi
classicistici e petrarcheggianti, che restano estrinseci rispetto alla più genuina ispirazione del
poeta, alla sua immediatezza e al suo calore espressivo. Scrisse molte altre composizioni in
latino e in volgare, prevalentemente bucoliche e pastorali sul modello virgiliano, di argomento
galante e cortigiano. Dal 1476 prese stabilmente dimora nel palazzo ducale di Ferrara. La serena
vita di corte fu interrotta dalla guerra contro i Veneziani. Nel 1485, dopo la Pace di Bagnolo, B.
accompagnò il suo signore a Venezia, nella visita di riconciliazione. Nel 1480 aveva avuto una
nuova prova dell’amicizia del duca con l’elezione alla carica di capitano ducale di Modena.
Ricoprì successivamente (dal 1487) fino alla morte la stessa carica a Reggio. Dei suoi ultimi anni
è una commedia in terzine, opera mediocre mai rappresentata, il Timone, tratta da un dialogo di
Luciano. §L’opera a cui resta legata la sua fama è l’ Orlando innamorato. Alla sua stesura,
cominciata ca. nel 1476, B. dedicò, con varie interruzioni, gli ultimi anni della sua vita,
leggendone i canti, man mano che erano composti, a corte. L’opera subì una prima interruzione
alla fine del secondo libro, durante la guerra tra Venezia e gli Estensi. Le prime due parti,
sessanta canti, apparvero a Reggio nel 1483, la terza parte procedette più lentamente e restò poi
interrotta alla ventiseiesima ottava del nono canto quando, alla venuta di Carlo VIII in Italia, il
duca, che ne era alleato, affidò a B. il non facile compito di dare alloggiamento sulle sue terre ad
alcune truppe francesi. La prima edizione integrale del poema lasciato incompiuto apparve nel
1495 a cura di Taddea Gonzaga, moglie del poeta. Costruito su una trama che mescola
liberamente la materia epica del ciclo carolingio con quella amoroso-romanzesca del ciclo
brettone, il poema sembra svilupparsi al di fuori di una struttura precostituita, quasi ubbidendo a
un continuo impulso fantastico. Fa da filo conduttore la vicenda dell’amore di Orlando per
Angelica, figlia del re del Catai, e dell’inseguimento di lei, intorno alla quale si stringono gli
amori, le gelosie e le lotte di tutti i cavalieri cristiani e pagani. Il poema si interrompe con il duello
tra Rinaldo e Orlando, separati da Carlo Magno che affida Angelica in custodia al duca di Baviera.
Da questo punto partirà l’Ariosto per il suo Orlando furioso. I centri dell’azione (il campo di Carlo
Magno a Parigi o il castello dell’Albraccà in Tartaria) sono solo apparentemente tali, perché in
realtà essi rappresentano il punto d’avvio o d’arrivo delle due forze dinamiche, l’amore e la
guerra, che spingono paladini e Saraceni da una parte all’altra, in un rapido trapasso di paesaggi
naturali e fiabeschi. L’interesse del poeta non propende più per l’uno che per l’altro motivo o
personaggio: va al blocco della materia nel suo profilarsi come libera evocazione di un mondo
incantato e di un’umanità energica e primitiva. Scrittore per un pubblico cortigiano, ancora legato
a nostalgie cavalleresche e feudali, B. dà ai suoi personaggi (la bella Angelica, l’impetuoso
Ferraguto, il burlesco Astolfo, e Rinaldo, Rodomonte, Brunello, ecc., sui quali fa spicco per
complessità di sentimenti solo Orlando nell’episodio del duello con Agricane) un rilievo
sommario, insieme iperbolico e ingenuo e privo di ironia. Il linguaggio è agile e pittoresco, anche
se non sempre curato e sicuro, pieno com’è di latinismi e dialettismi, ciò che può spiegare la
maggiore fortuna che nei secoli successivi ebbe il rifacimento toscano che del poema fece F. Berni.

BibliografiaG. Reichenbach, L’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, Firenze, 1936; G. Contini,
Esercizi di lettura, Firenze, 1939; E. Bigi, La poesia del Boiardo, Firenze, 1941; P. V. Mengaldo,
La lingua del Boiardo lirico, Firenze, 1963; Autori Vari, Il Boiardo e la critica contemporanea,
Firenze, 1970; C. Micocci, Zanze e parole. Studi su Matteo Maria Boiardo, Roma, 1987.

Esempio