Letteratura Greca

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura
Download:595
Data:02.11.2001
Numero di pagine:13
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
letteratura-greca_4.zip (Dimensione: 13.46 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_letteratura-greca.doc     51.5 Kb


Testo

LETTERATURA GRECA
Oralità e scrittura
La civiltà micenea usava una scrittura sillabica, la lineare B, nota grazie alle tavolette d’argilla trovate a Cnosso, Pilo e Micene, e a qualche iscrizione su vasi di Tebe; le tavolette non danno testi letterari, ma documenti stilati dalla burocrazia che amministrava i palazzi, perciò non ci permettono di sapere quali forme letterarie fossero coltivate nell’età micenea e se fossero fissate per iscritto.
Qualche genere di attività letteraria di origine micenea può essersi perpetuato attraverso il Medioevo ellenico solo oralmente, poiché si ritiene che questo periodo non abbia conosciuto la scrittura.
La letteratura orale è legata a modi espressivi e temi tradizionali ed è condizionata dalle attese e dalle reazioni del pubblico; tra i generi letterari orali, l’epica può avvalersi di mezzi espressivi diversi, organizzando metricamente il discorso o ricorrendo al parallelismo dei membri e a figure di suono, ma è caratterizzata dall’uso di formule, nessi o frasi compiute o passi che si ripetono quando il poeta deve esprimere il medesimo concetto.
Espressioni formulari ricorrono anche in opere che, eredi di una tradizione antecedente all’uso della scrittura, hanno avuto una redazione scritta; i poemi omerici, le più antiche opere letterarie dell’Occidente, hanno carattere formulare che, comune all’epica orale, pare improbabile che derivi da imitazione di opere del Vicino Oriente.
Oralmente possono essersi trasmessi tradizioni e motivi dell’età micenea, ma non è certo se tutto questo fosse organizzato come poesia.
Il momento decisivo per l’epica greca è l’VIII secolo a.C., quando, dopo il Medioevo ellenico, si ricomincia ad usare la scrittura, diversa da quella micenea, e prende forma l’Iliade.
I poemi omerici sono testimonianza di una fase in cui i procedimenti tipici di una cultura orale vengono contaminandosi con le possibilità della scrittura; quasi esclusivamente orale è stata per secoli la diffusione dell’epos.
Tutti i popoli sono passati attraverso una fase di oralità, caratterizzata da un’assenza di scrittura e di organizzazione del pensiero; in una società di cultura orale c’è il problema di trasmettere i prodotti letterari.
L’oralità è composta da tre livelli:
1. Composizione orale: improvvisazione
2. Pubblicazione: comunicare ad un pubblico di ascoltatori il prodotto letterario con l’esecuzione orale; l’oralità presuppone l’auralità, cioè la predisposizione all’ascolto.
3. Tradizione orale: tramandare oralmente di generazione in generazione.
Quando non c’è la scrittura si realizza l’oralità, che avviene al 2 e 3 livello quando la scrittura c’è me, non essendoci la divulgazione del libro, si utilizza la divulgazione orale.
I libri erano la base della divulgazione orale, quindi l’oralità convive con l’uso della scrittura; la cultura orale finisce quando si forma un pubblico di lettori e la letteratura è funzionale all’utilità collettiva.
La cultura orale è caratterizzata da:
o Anonimato: non si attribuisce il prodotto letterario ad un singolo individuo, ma alla collettività.
o Carattere pragmatico: la letteratura non è destinata al diletto, ma è legata a culti.
Oralità, auralità e scrittura nella letteratura greca
I poemi omerici rispecchiano una fase di composizione orale; per un periodo indeterminato, sia la composizione sia la trasmissione saranno state miste, poiché i procedimenti tipici di una cultura integralmente orale si saranno contaminati con le possibilità offerte dalla nuova tecnologia.
La scrittura sarà servita nel contatto da cantore a cantore, per la trasmissione dei testi aedici e della tecnica aedica.
La composizione monumentale dei due poemi è debitrice alla scrittura; la pubblicazione ha continuato ad essere orale fino al IV secolo.
Mentre la scrittura serviva alla composizione e alla trasmissione, si continuava a prescinderne per la pubblicazione; come graduale è stato il passaggio dalla prima epoca alla seconda, graduale è stato il passaggio dalla seconda alla terza.
La designazione di orale vale in senso stretto solo per la prima epoca, la seconda sarà un’epoca aurale, la terza sarà l’epoca del libro, diffuso durante l’epoca ellenistica.
I poemi omerici non sono stati composti oralmente nella loro interezza: si pensa che siano frutto di una o più redazioni scritte, nelle quali sono passati di peso epiteti e formule e anche intere sezioni nella forma in cui erano state fissate nell’ultimo periodo di trasmissione orale.
La scrittura in Grecia
Sul territorio greco si sono usati due sistemi di scrittura diversi, la lineare B dell’età micenea e la scrittura alfabetica nell’età arcaica; la prima è rimasta ignorata fino agli scavi a Cnosso di Arthur Evans ed è stata decifrata solo pochi anni fa, la seconda è all’origine delle scritture dei popoli dell’Europa.
La lineare B, decifrata nel 1952 da Michael Ventris, consiste in circa 90 sillabogrammi, segni che rappresentano sillabe, e di oltre 150 ideogrammi, segni che rappresentano oggetti o esprimono nozioni; quando scomparse la civiltà micenea, scomparse anche la lineare B.
Il Miceneo è affine all’arcadico cipriota; da ciò derivano tre ipotesi:
o Il Miceneo è la lingua madre da cui derivano i dialetti.
o Il Miceneo è la lingua madre di un dialetto.
o Il Miceneo è un dialetto.
I Greci erano consapevoli che la loro scrittura era di origine orientale; l’alfabeto greco si deve essere formato, tra il IX e l’VIII secolo a.C., in una zona di contatto con la civiltà fenicia o nelle isole vicine alla costa asiatica o in qualche stanziamento sulla terraferma.
Le prime iscrizioni greche sono sinistrorse, con andamento da destra a sinistra, come sinistrorsa è la scrittura fenicia; alcuni segni della scrittura consonantica fenicia hanno assunto valore di vocali.
Non si può parlare di lingua greca, ma di dialetti greci (Ionico, Dorico, Eolico), poiché la Grecia non era uno stato unitario; tra questi prevalse il dialetto ionico orientale, adottato in Atene nel 403 – 402 a.C.
L’economia formulare in Omero
Il patrimonio formulare omerico è caratterizzato dall’economia formulare, per cui si tende ad usare una sola formula per esprimere lo stesso concetto nelle stesse condizioni metriche.
I nessi formulari più comuni ricorrono nella parte finale del verso (clausola) e meno frequentemente in quella iniziale (incipit); non vi sono doppioni, perché i nessi non possono essere sostituiti senza alterare il valore metrico dell’espressione.
Aedi e rapsodi
Si distingue dall’aedo, il cantore originale che si accompagna con la lira, il più tardo rapsodo, che ha come insegna il bastone e ripete canti noti; aedo è un termine generico, mentre rapsodo designava il cantore recitativo che si accompagnasse o no con la cetra.
Nell’Iliade, la sola menzione di poesia epica si ha nel IX libro, dove Achille è rappresentato cantare gesta eroiche, accompagnandosi con la cetra.
L’aedo quale appare nell’Odissea può accompagnare con la cetra una danza, in un’esibizione citaredica: il canto dei citaredi non era recitativo, ma un vero canto intonato sulla cetra; l’aedo nell’Odissea è connesso con la rapsodia epica ed è un cantore recitativo, nelle persone di Femio e di Demodoco.
Omero, dall’antichità al Rinascimento
I poemi omerici furono usati, nel mondo greco, come testo base e riferimento principale nell’educazione e nell’insegnamento scolastico fino a tutta l’età bizantina.
Il problema della genesi e della trasmissione di due monumenti letterari come l’Iliade e l’Odissea costituisce l’oggetto di ciò che è chiamato questione omerica.
Le prime fasi della trasmissione si realizzarono nell’alveo delle corporazioni rapsodiche, depositarie del patrimonio epico, recitato nelle feste.
La redazione dei poemi omerici fu preparata nel VI secolo a.C. ad Atene per volontà di Pisistrato: sarebbero stati rintracciati i canti di Omero, sparsi e separati, e il tiranno li avrebbe fatti ricomporre in unità perché fossero recitati insieme e senza interruzione durante le panatenee.
Un certo grado d’instabilità nella forma dei poemi si riscontra in età arcaica e classica, fino alla testimonianza diretta del testo fornitaci dai frammenti papiracei dell’età tolemaica precedenti al I secolo a.C.
Tra il III e il II secolo a.C., il testo dei poemi non era ancora definitivamente fissato per il numero dei versi; questo si ebbe con l’influsso della filologia alessandrina.
La fissazione per iscritto dei poemi non ha decretato la fine delle alterazioni del testo omerico, ma esse non risultano essenziali.
Nell’antichità, scarsi erano stati i dubbi che Omero fosse realmente esistito e avesse composto l’Iliade e l’Odissea; l’unica eccezione fu rappresentata da un gruppo di grammatici detti Chorizontes (Separatori), che ritenevano che i due poemi fossero opera di due autori diversi, ma la loro eresia fu fermata da Aristarco di Samotracia.
Mentre nel mondo bizantino, con la continuità della lingua, molte opere della letteratura greca erano rimaste un possesso stabile, nel mondo occidentale l’epoca medievale aveva portato alla perdita quasi totale della conoscenza del greco.
La questione omerica e la critica contemporanea
La questione omerica, formulata in modo nuovo dal professore di filologia di Halle, Wolf, muove da certe contraddizioni logiche riscontrabili nel flusso narrativo dei due poemi; questa questione è nata da una situazione storica negli studi letterari e omerici.
La questione era scaturita dalla concezione letteraria del XVII – XVIII secolo che vedeva sempre in un’opera la creazione di un singolo.
L’Anonimo sul sublime ritenne che l’Iliade fosse stata scritta da Omero nella giovinezza e l’Odissea nella vecchiaia, perché l’Iliade esprime l’impeto guerriero dell’animo giovanile, mentre i valori espressi nell’Odissea rimandano ai valori legati alla vecchiaia.
Giuseppe Flavio è uno storico e parla della questione omerica solamente accennandola, poiché riteneva che la Bibbia fosse il testo più importante e poiché i poemi epici furono prima dei canti orali e solo dopo furono scritti.
Giovan Battista Vico attribuisce a tutto il popolo greco la creazione dei poemi, in cui è celebrata la sua storia; individua la trasmissione dei poemi nella memoria, come conservazione del patrimonio culturale.
Wolf illustrò l’impossibilità che i testi omerici fossero opera di un solo poeta e sostenne l’ipotesi che canti separati, recitati da aedi che non usavano la scrittura, fossero stati riuniti nel VI secolo per incarico di Pisistrato.
Quando alla metà del XIX secolo risultò evidente che con molte riserve si poteva considerare un’intera opera letteraria creazione individuale, la questione se Omero avesse composto integralmente l’Iliade era già superata.
L’Iliade era opera di più poeti; il poema poteva essersi formato in due modi:
o Un nucleo narrativo originario era stato ampliato da poeti successivi con continue aggiunte;
o Più racconti di piccole dimensioni erano stati riuniti da un unico poeta.
Il compito della ricerca omerica consisteva, per i sostenitori di Wolf, i cosiddetti analitici, nell’enucleare i diversi poeti; gli avversari di questo smembramento assunsero il nome di unitari, che spiegavano le contraddizioni del racconto con l’ipotesi delle interpolazioni.
Nel 1916, un compromesso fra le due soluzioni fu cercato da Wilamowitz: all’inizio brevi nuclei narrativi, poi l’unione di tali nuclei, ad opera di Omero, poi ulteriori aggiunte.
La spinta a un nuovo modo di affrontare la problematica è venuta dalla scoperta, nel 1928, di Parry, che la lingua dei poemi omerici è una lingua poetica secondaria fortemente tipizzata, sviluppatasi dalla libera improvvisazione orale di canti in esametri davanti ad un uditorio fisicamente presente.
La tecnica di tale poesia improvvisata poggia sul principio della ripetizione di formule, elementi strutturali utilizzabili molteplicemente in senso metrico e semantico a tutti i livelli compositivi; all’epoca di Parry, si poté costatare tale tecnica nelle forme d’improvvisazione epica dei bardi serbo – croati.
Questo studio ha favorito la distinzione, nell’Iliade e nell’Odissea, fra elementi tradizionali e non; il poeta individuale va cercato non nel campo linguistico – stilistico, ma nell’impianto e nella composizione dell’opera.
Applicando i metodi della moderna teoria narrativa ai poemi omerici, si è cercato di saldare la frattura tra composizione orale e composizione scritta e si è preparata l’idea che Omero abbia seguito norme narrative universali.
Le biografie di Omero sono autoschediasmi: gli antichi ritenevano importante avere la biografia di un autore e, se non avevano informazioni certe, le recuperavano dai poemi stessi.
Struttura, materia e rispecchiamento
Iliade e Odissea sono stati divisi in 24 canti ciascuno, chiamati rapsodie, dai grammatici alessandrini; i canti dell’Iliade sono contrassegnati delle lettere maiuscole dell’alfabeto greco, quelli dell’Odissea da lettere minuscole; l’Iliade è divisa ulteriormente in 16.000 versi, l’Odissea in 12.000.
Aristotele, con “La poetica”, fa un confronto fra Omero e una serie di poemi che lui conosceva, sul modo in cui Omero ha strutturato l’Iliade e l’Odissea rispetto ai poemi ciclici.
Le opere di Omero sono superiori a tutte le altre per la loro struttura: nell’Iliade ha rinunciato a parlare della guerra intera per parlare degli ultimi 51 giorni della guerra di Troia, facendo ruotare l’intero poema intorno al tema dell’ira di Achille, che è solo un nucleo di essa.
La materia dell’Iliade è occupata da una serie di , cioè di azioni gloriose ed eroiche dei singoli eroi, che contornano il tema dell’ira ed evidenziano la potenza degli eroi.
Il nucleo del poema è l’ira, ma la materia è la successione di IIIIIIIII che rappresentano sezioni a sé stanti.
La struttura dell’Odissea è diversa da quella dell’Iliade, perché è più complessa e articolata; la sua struttura è il prototipo di quella del romanzo.
Se il tema della prima parte è il SSSSSS, dal 13° libro in poi c’è il tema del riconoscimento, perché Odisseo deve recuperare la sua identità.
L’Iliade è un poema corale perché non c’è un protagonista assoluto; invece, nell’Odissea, il protagonista assoluto è Ulisse perché tutti gli altri personaggi sono a lui antagonisti o alleati.
L’Iliade è un contesto in cui i valori sono quelli di una società guerriera, mentre l’Odissea descrive un mondo lontano e fiabesco.
L’Iliade è l’elaborazione di un fatto storico, della Guerra di Troia, che non è stata epocale come ci viene descritta, come anche l’Odissea.
Il problema del rispecchiamento viene posto per sapere se i poemi omerici sono uno specchio della civiltà micenea.
I poemi omerici non sono uno specchio fedele della civiltà micenea, perché non possiamo attribuire le caratteristiche degli Achei ai Micenei, ma contengono comunque aspetti della civiltà micenea.
L’autore dei poemi non è animato da quelle esigenze di cui è animato uno storico.
È avvenuto un processo di stratificazione: si sono accumulati elementi che appartengono a tre periodi diversi che non vengono amalgamati tra loro:
1. Elementi micenei che appartengono alla civiltà di cui si parla (es: descrizione delle armi, descrizione del megaron)
2. Elementi che risalgono al Medioevo ellenico (XI – VIII secolo a.C.), perché il materiale epico originario si è ingrandito e sono entrati a farne parte elementi estranei (es: uso di cremare i cadaveri)
3. Elementi dell’età arcaica (VIII – VI secolo a.C.), del periodo in cui i poemi vengono composti (es: tattica di combattere con il carro da guerra)
Il divino in Omero
Gli dei sono presenti, intervengono nella battaglia per dare successo o infliggere disfatta e ispirano all’uomo le sue decisioni.
Queste potenze superiori sono designate col termine di QQQQQQ, forza misteriosa di cui si sente la presenza senza riconoscerla, ma, talvolta, il dio è una forza della natura e possiede sempre una forma umana.
La religione antropomorfica di Omero apre la via al pensiero razionale, ma questo politeismo antropomorfico ha come conseguenza che gli dei sono animati da tutte le passioni dell’uomo; tuttavia, la sovranità di Zeus introduce nella famiglia divina un principio d’ordine, che si riflette nella società umana.
Gli dei omerici sono tutti dei di luce.
Nell’Iliade il divino è superiore all’uomo, ma resta profondamente umano, soggetto alle passioni, ingannatore e vendicativo; l’uomo non può chiedergli né speranza né consolazione.
Nell’Odissea l’idea della divinità si lega alla morale: gli dei non ingannano gli uomini, ma si sforzano di imporre loro regole di condotta.
Impulso divino e responsabilità umana
Quando un’azione umana è riportata all’azione di un dio, non significa che l’uomo che agisce non sia considerato responsabile delle sue decisioni; l’atto che ha una motivazione divina può essere motivato in termini umani: il ruolo divino può essere tolto senza che l’azione perda il suo senso.
La religione omerica non è fittizia e gli dei e il loro agire devono essere presi sul serio; nel pensiero greco arcaico vi sono molte sopravvivenze primitive.
Gli dei di Omero sono qualcosa di reale e la sua religione non è fittizia, ma i personaggi umani sono liberi di decidere e sono responsabili per le loro decisioni.
L’uomo omerico
In Omero, manca o sembra mancare una rappresentazione sintetica che renda l’individualità spirituale, la personalità e il carattere di un personaggio.
Il termine indicante il corpo nel greco posteriore (IIII) in Omero è usato solo per il cadavere, ma nell’Iliade, per una volta, )))) potrebbe indicare un animale vivo e sono usate per i viventi altre parole che equivalgono a “corpo” o che per estensione assumono quel significato; del corpo vivente sono indicate solo le singole parti.
La LLLL, l’“anima”, è o l’ombra evanescente che si stacca dal corpo alla morte, o la base di ogni moto vitale, mentre i vari aspetti della vita spirituale sono ricondotti a parti del corpo.
La poesia omerica non avrebbe alcun concetto della dimensione, mancando di tutti gli elementi che costituiscono la personalità.
Nella sua fedeltà al dato linguistico concreto, questa tendenza comporta un pericolo di astrazione; non è detto che, se manca la sintesi concettuale, debba mancare ogni nozione della cosa e la rappresentazione poetica di essa.
Omero minore
I grammatici alessandrini avevano distinto i componimenti poetici veri di Omero da quelli attribuitigli erroneamente. Accanto all’Iliade e all’Odissea, l’antichità conosceva una serie di poemi che trattavano le vicende della saga troiana, le gesta di Eracle e la saga tebana.
Questa produzione fu ordinata in un ciclo epico ( ), che si apriva con la Teogonia e la Titanomachia, proseguiva con le opere di argomento tebano e troiano, concludendosi con la Telegonia.
I poemi ciclici sono diversi dai due poemi omerici per la sinteticità della narrazione e per la molteplicità degli argomenti; di essi ci restano pochi frammenti, ma dei poemi della saga troiana abbiamo i riassunti nella Crestomachia di Proclo, che diede alla produzione ciclica la sistemazione che noi conosciamo.
Questa produzione ciclica era un repertorio mitologico che servì come fonte per i poeti successivi, che, senza di essi, non avrebbero avuto spunti.
Gli inni omerici
Un encomio è un elogio in onore di un uomo; un inno è un canto in onore di una divinità.
Accanto agli inni di carattere culturale, i Greci conoscevano anche inni di genere narrativo, in cui i rapsodi celebravano le divinità.
Una silloge di età ellenistica di 33 di questi testi è arrivata a noi in una raccolta, che comprende gli inni di Callimaco e di Proclo, gli inni orfici e le Argonautiche orfiche; sono componimenti esametrici di varia lunghezza, anonimi, a parte l’eccezione dell’Inno di Apollo, una dove il cantore rompe la convenzione.
Negli inni omerici prevale il racconto delle imprese della divinità che ne hanno reso possibile l’identificazione con qualcosa, pur contenendo un’invocazione; negli inni cletici prevale l’invocazione alla divinità, anche se contengono un racconto.
Gli inni si identificano con i proemi perché alcuni di essi servivano per introdurre le interpretazioni aediche e rapsodiche, che li usavano come tracce su cui comporre la recitazione improvvisata.
Poesia burlesca e realistica
Ad Omero è attribuita una produzione di carattere realistico e parodico; facendone anche l’iniziatore della poesia faceta con il Margite, che narrava di uno sciocco che sapeva molte cose ma che le sapeva male, e che non voleva consumare le nozze per timore della suocera; è un componimento antico e con un metro in cui si alternano esametri e trimetri giambici.
La Batracomiomachia (battaglia tra rane e topi) è un poemetto in esametri che ricalca in chiave scherzosa temi eroici; era considerata omerica in età ellenistica, ma oggi è datata all’inizio del V secolo e ci testimonia di una composizione non orale.
La parodia è l’imitazione di un modello, che è condotta intenzionalmente per mettere in risalto dal modello stesso; per rivelarne il distacco, si crea un’opera in cui i valori proposti nel modello sono rovesciati, producendo un effetto ironico.
Altri componimenti esametrici attribuiti ad Omero sono gli Epigrammi.
1

Esempio