Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura
Download:1259
Data:24.10.2000
Numero di pagine:4
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
ultime-lettere-jacopo-ortis_2.zip (Dimensione: 6.4 Kb)
trucheck.it_le-ultime-lettere-di-jacopo-ortis.doc     37 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS: ANALISI DELLA LETTERA SUL PARINI E LA DELUSIONE STORICA

Ortis, nel suo peregrinare per l’Italia, giunge a Milano, capitale della Repubblica Cisalpina, dove incontra il Parini.
Foscolo, abilmente fonde il tono molto acceso e vivace del giovane e quello ben più pacato e fiducioso del “vecchio venerando” ormai segnato dalla propria vecchiaia e dalla saggezza maturata con l’esperienza.
Il dialogo si apre con la descrizione e l’analisi delle conseguenze che l’avvento di Napoleone ha causato:
➢ Il dominio francese non ha fatto altro che ridurre l’Italia a Stato sottomesso, così come le “antiche tirannidi” spagnole del Cinque e Seicento hanno fatto a loro tempo;
➢ Gli uomini di lettere si sono “prostituiti” alla tirannia, mettendo al servizio del nuovo regime la propria arte tornando ad incarnare la figura dell’intellettuale cortigiano che post-pone la propria arte all’esaltazione e alla propaganda degli ideali del regime;
➢ Tra i cittadini Italiani si è ormai spento quello spirito eroico che portava gli uomini a compiere azioni valorose ed ha lasciato posto all’indifferenza, alla corruzione e alla mancanza di ideali da perseguire e per i quali lottare, ad una condizione in cui neppure la presenza di “eroi politici”, come lo stesso Ortis, può essere d’aiuto ed in cui è inevitabile giungere ad una condizione hobbesiana di bellum omnium contra omnes.
La situazione si configura come tragica ed irreversibile, ma ad essa si oppone uno Jacopo smanioso di lottare per la propria patria, di tentare il tutto per tutto e pronto a sacrificare la sua stessa vita per i propri ideali.
Nonostante tutta la forza interiore e l’impetuosità del “giovane degno di patria più grata”, il Parini, forte della propria esperienza, si vede costretto a contrastare le forze del giovane e a consigliargli di indirizzarle verso altre passioni, mostrandogli l’impossibilità di un’azione politica sulla base della passata rivoluzione francese, amaro evento causa della delusione storica avvertita dall’autore e che, oltre ad aver causato il fallimento di ideali come l’uguaglianza, la libertà e la fratellanza restaurando la dittatura, ha portato verso il dominio personale di Napoleone e l’asservimento dell’Italia.
A questo punto la morte resta per Jacopo l’unica via d’uscita da considerare.

Sia il Parini che il Foscolo-Ortis incarnano la figura del libero intellettuale, colui che non lascia che la propria arte venga soggiogata da potere, ma che attraverso essa esprime i propri dissensi e gli ideali che lo guidano e analizza in chiave critica la società a lui contemporanea.
Così come il Parini, nel Giorno, non esita ad analizzare sarcasticamente la società nobile del suo tempo, il Foscolo-Ortis non tace i propri propositi rivoluzionari né tanto meno l’insofferenza causata dalla “delusione storica” e dalla stipulazione del trattato di Campoformio in cui Napoleone cede Venezia all’Austria, la stessa Austria che nel 1813 offrirà al Foscolo la direzione a fini propagandistici della rivista “Biblioteca italiana” che, per principio in onore del proprio passato, egli rifiuterà partendo in esilio.
Il Foscolo assunse sempre un atteggiamento da “liber’uomo”, ispirato dai propri maestri, Alfieri e Parini, e fu disposto a vivere poveramente piuttosto che asservirsi al regime, autodelegandosi, data l’impossibilità di esprimere il proprio pensiero liberamente, come “vate”, rivolgendosi alle generazione future.
Nell’età napoleonica viene a ripresentarsi la figura dell’intellettuale cortigiano, di cui esempio è il Monti oppure gli intellettuali si vedono sottomessi al regime attraverso l’assunzione di cariche pubbliche, come funzioneari dell’amministrazione pubblica, della scuola e del giornalismo col compito di fare propaganda e aumentare il consenso dei cittadini nei confronti dello Stato.
Il Parini, che così come il Foscolo, conserva la propria individualità, può in un certo senso essere visto come alter ego dell’autore. Attraverso l’attenta analisi che conduce riguardo gli esiti della rivoluzione francese, rispecchia il pessimismo foscoliano dell’impossibilità di un’azione rivoluzionaria contro la dittatura che abbia conseguenze positive: come la rivoluzione del 1789, terminerebbe con l’instaurazione di un’altra dittatura (di filosofo saresti fatto tiranno) come in una sorta di circolo vizioso. Frequenti sono i riferimenti alle teorie machiavelliane e hobbesiane, con qualche critica a Rousseau.
La figura dell’eroe machiavelliano coincide per sommi capi con quella descritta dal Parini: “la fama degli eroi spettaun quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte; e l’altro quarto a’ loro delitti” ed è in netta contrapposizione con la teoria di Rousseau che vede l’uomo come fondamentalmente buono.
In contrapposizione a questa teoria anche la deduzione pessimistica foscoliana basata sulle tesi di Thomas hobbes e secondo la quale è una legge di natura che ci siano dominatori spinti dall’impulso di comandare e masse spinte dall’impulso di servire.
Le terie democratiche della rivoluzione francese, promosse dagli illuministi e da Rousseau, sfociarono nella tirannide di Robespierre, loro fervido sostenitore: il tiranno, prima filosofo, è colui che inizialmente segue i lumi per il bene dell’umanità ma che per conseguire il suo scopo ha bisogno della dittatura e di divenire dittatore: una sorta di Principe machiavelliano.
Dinanzi ad un tale scempio di principi non può che essere inevitabile la presa di posizione pessimistica del Foscolo.

Il tono della narrazione è elevato ed il lessico, sia quello usato nelle parti narrative che in quelle discorsive, è aulico e si avvale della presenza di numerosi latinismi (salute = salvezza; venerando = da venerare; ecc.). La sintassi è per lo più paratattica, ricca di proposizioni coordinate, e poiché la conversazione è accesa e sentita, al fine di far trasparire le emozioni sono spesso usate proposizioni interrogative ed esclamative.
Molte sono, inoltre, le reminescenze classiche, indizi dell’impianto retorico del linguaggio di Jacopo. Sono citati ad esempio, Silla e Catilina, è fatto riferimento ai libri IV e VI dell’Eneide di Virgilio (Discorso di Didone contro Enea che l’ ha abbandonata e catabasi di Enea) e agli Annali di Tacito (storia di Cocceo Nerva che, pur di sottrarsi al governo di Tiberio, si suicida).

Esempio