Il Seicento

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

2.5 (2)
Download:375
Data:16.11.2000
Numero di pagine:6
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
seicento_1.zip (Dimensione: 7.37 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_il-seicento.doc     50.5 Kb


Testo

IL BAROCCO

Il Barocco è una delle tante tensioni che vennero a svilupparsi nel corso del Seicento. Il Barocco, sviluppatosi prima in ambiente artistico, poi letterario, ha in se tendenze artistiche molto diverse tra loro, di paese in paese, che a volte si dubita di poterle ridurre ad un unico fenomeno culturale. L’Italia in cui operano gli scrittori del primo Seicento è cambiata da quella del Rinascimento: le corti hanno perso la loro autonomia (con un’eccezione per la Toscana), provocando la caduta dell’ottimismo rinascimentale di Castiglione e Tasso che facevano parte di questo “microcosmo”; l’intellettuale, ora, dopo tante repressioni e dopo l’istituzione dell’Indice dei Libri Proibiti, è costretto a pubblicare all’estero le proprie opere, o, più spesso, cerca di aggirare la censura ricorrendo alla dissimulazione: l’Italia in questo periodo è politicamente oppressa dal potere spagnolo, l’intellettuale si sente subordinato e non in grado di poter esprimere liberamente il proprio pensiero politico (come un Guicciardini che preferiva essere protestante anziché cattolico); l’intellettuale, quindi, può parlare di politica solamente se il proprio pensiero non va contro il potere spagnolo, evitando così la censura; ma la maggior parte dei letterati di questo periodo non vedono altra soluzione che esprimere il proprio malcontento tramite una poesia che va alla ricerca del bello, che non fa altro che diventare pura poesia d’intrattenimento. Ed è su queste basi che si sviluppano due correnti che, mentre dai contemporanei erano viste come due poetiche diverse e antitetiche, passando attraverso De Sanctis e Croce, i quali le consideravano prive di sentimento, e quindi negative, la critica contemporanea ha cominciato a scorgere delle caratteristiche comuni, delle quali fa due espressioni diverse di un unico fenomeno: il Barocco letterario. Queste due espressioni letterarie sono il classicismo chiabreresco e marinismo, prendendo il nome dai loro principali fautori: Gabriello Chiabrera e Giambattista Marino.

MARINO E IL MARINISMO

I poeti barocchi, sia che siano pro o contro Marino, condividono gli stessi temi: l’amore, la bellezza, cantati in modo artificioso e retorico, il piacere derivato dalla contemplazione della natura, ma, allo stesso tempo, il senso della caducità del tutto, del passare inesorabile del tempo, del contrasto tra la vita e la morte. Entrambi le espressioni letterarie usano una lingua ed uno stile ricercati, retorici e riccamente metaforici; e mentre per Petrarca il Canzoniere era più che altro un “cammino” della vicenda psicologica dell’autore, nel Seicento viene definito “selva”, in quanto è un insieme di testi diversi tra loro per temi e per stile.
Il Marinismo, che prende il nome dal proprio capostipite, Giambattista Marino, voleva rinnovare la lirica mediante il ricorso al meraviglioso, allo strano e allo sbalorditivo; è conosciuta anche come poesia concettista. Già nel Cinquecento cominciarono a delinearsi le basi che portarono poi, nel secolo successivo, al superamento della tradizione cinquecentesca e ad un deciso antipetrarchismo. Negli ultimi anni del ‘500, infatti, Tasso apparve ai contemporanei come l’unica persona da poter contrapporre a Petrarca, grazie anche a tutte le innovazioni che egli apportò nelle sue opere: interpretazione edonistica, rinuncia di vedere Petrarca come unico e indiscusso modello, stile retoricamente ricco e fastoso, definito appunto “concettoso”. Ora, i rappresentanti del concettismo cinquecentesco, si dedicavano non tanto al contenuto dell’opera o alla ricerca metrica, quanto invece alla loro forma, divenendo, più che letterati, tecnici della letteratura. Ed è in questo contesto che Giambattista Marino si impose, divenendo punto fondamentale per molte esperienze letterarie successive. Disinteressato completamente di politica, egli fu l’unico intellettuale, fu capace di uscire dai confini nazionali, per andare in Francia e in Europa. Il confronto con Tasso è molto evidente, non solo nell’Adone, che divenne un’opera in concorrenza con la Gerusalemme Liberata, ma anche nelle Rime: questo avvenne perché Marino in ogni momento emulava il suo modello, facendo suoi molti dei procedimenti di scrittura di Tasso.
La sua produzione letteraria è quasi interamente lirica: fanno eccezione le Dicerie Sacre, qualche scritto encomiastico e la raccolta delle Lettere. Le Dicerie Sacre sono orazioni, in stile concettistico, caratterizzate da interminabili sequenze metaforiche, sono tre: La Pittura, La Musica, Il Cielo. La raccolta principale di Marino rimane tuttavia La Lira: 413 componimenti, tra quali ci sono sonetti, madrigali e canzoni; il suo capolavoro è invece l’Adone, poema mitologico in 40000 versi, in competizione con la Gerusalemme Liberata, vista la grande ammirazione per Tasso. Costruito sulla trama degli amori di Venere e Adone, il poema è arricchito da episodi collaterali e digressioni, che consentono all’autore di dare ampio spazio ai virtuosismi caratterizzanti del suo stile. Discorso a parte dalle altre opere merita LA GALERIA. E’ una nutrita raccolta di liriche che illustrano pitture e sculture, reali e immaginarie, disposte in un ideale museo poetico. Contiene poesie composte nei più svariati metri (sonetti e madrigali), ordinate in Pitture e Sculture. All’interno delle Pitture i componimenti sono inoltre distinti in Favole mitologiche, in Storie religiose, e in Ritratti di filosofi, poeti, guerrieri, monarchi, eretici, alchimisti, corsare e negromanti, di donne virtuose, belle, o impudiche e scellerate. Le sculture invece sono divise in Statue e Rilievi, modelli e medaglie. Chiudono entrambe le sezioni i Capricci, figure, scene o paesaggi fantastici e bizzarri. L’idea di partenza di Marino era quella di accompagnare i suoi componimenti con incisioni di soggetto mitologico, eseguite da pittori: produrre quindi una sorta di libro illustrato. Ma per motivi finanziari, o la cura di altre opere, distolsero Marino dal suo progetto iniziale, accontentandosi della sola stampa dei capricci poetici. ALTRE OPERE. Tra le raccolte minori di Marino troviamo la Murtoleide (scritto satirico contro Murtola), gli Epitalami, le Egloghe boscherecce (antologia delle composizioni giovanili a carattere pastorale), il poema sacro La Strage degli Innocenti (poema epico-religioso). LA LIRA. La pubblicazione delle Rime avviene nel 1602, ed è divisa in due parti: la prima parte contiene 454 sonetti ordinati per materia in Amorosi, Marittimi, Boscherecci, Eroici, Lugubri, Morali e Sacri; nella seconda parte troviamo invece 255 madrigali e 18 tra canzoni e canzonette meliche in metro oraziano. Dopo 10 anni di attività, nel 1614, Marino pubblicò la raccolta definitiva delle rime, intitolata “La Lira”, facendo una scelta delle Rime del 1602, aggiungendo però una terza parte, divisa in Amore, Lodi, Lagrime, Divozioni e Capricci, per un totale di 413 componimenti. A prima vista, “Le Rime” non appaiono eccessivamente innovative rispetto a Tasso; le novità che possiamo riscontrare, sembrano piuttosto essere riprese da alcune tematiche di Tasso, e lo stile dei componimenti non appare eccessivamente ricco di artifici formali, come metafore e allitterazioni, ma viene tutto usato con misura. Nella Prima Parte della Lira risalta la sezione delle Rime Marittime: suggestione dei Paesaggi, tematica amorosa (pescatore Fileno e la Ninfa Lilla); fusione tra il cielo e mare è metafora dell’unione degli amanti. Nella Seconda Parte, composta da madrigali, composizioni graziose, che in questo periodo ebbero particolare fortuna. Nella Terza Parte c’è la Sezione degli Amori, dove i personaggi diventano vittime del concettismo di Marino, dove compaiono personaggi estremi (schiava negra del sonetto), sui quali Marino agisce con ossimori, paronomasie e antitesi. SAMPOGNA. Nel 1620 Marino pubblicò una raccolta di otto idilli mitologici (Orfeo, Atteone, Arianna, Europa, Proserpina, Dafni, Siringa, Piramo e Tisbe) e quattro pastorali (la bruna pastorella, la ninfa avara, la disputa amorosa, i sospiri d’ergasto). L’opera si apre con cinque lettere, per mezzo delle quali Marino rivendica a sé l’introduzione del genere idillico nella letteratura italiana, e si difende dalle accuse dei suoi detrattori, che lo accusavano di plagio. Marino giustappunto fa una distinzione tra traduzione e imitazione. La traduzione è legittima purché provenga da fonti classiche; da lui non è molto usata (se non in Proserpina, Piramo e Tisbe e La Disputa Amorosa); l’imitazione, invece, consiste nel dare nuova forme alle cose vecchie o anche vestire di vecchia maniera le cose nuove: è comune a tutti i poeti, e tra gli idilli è riconducibile ad Orfeo, Atteone, Arianna ed Europa. Nella Sampogna, all’interno di ogni componimento, troviamo parti narrative (in endecasillabi o endecasillabi e settenari) e parti discorsive, composte da vari metri. ADONE. L’Adone è l’opera a cui Marino dedicò la sua vita. E’ un poema mitologico di quasi 41000 versi, distribuiti in venti canti. Nato come un poemetto in tre canti, è stato col tempo dilatato, fino a raggiungere dimensioni tali da diventare il poema più lungo della nostra letteratura. L’adone si presentò come una poema di tipo barocco: infatti, la dilatazione del poema, avvenne per mezzo di episodi secondari, mitologici, sentimentali, mondani, storici, che vennero apportati alla struttura classicista di base. Sul piano stilistico il poema mariniano si presenta come una sorta di sintesi antologica della letteratura antica e di tutta la produzione dell’autore. La lingua scelta dall’autore è quella comune italiana, aperta all’uso di neologismi e dialettalismi. La pubblicazione avvenne in Francia, poiché Marino aveva paura che la censura ecclesiastica non lasciasse passare certi racconti amorosi presenti nel poema. Furono mosse molte critiche all’opera di Marino, come il rimprovero della violazione dei principi aristotelici, la mancanza di unità, impurità linguistica e macchinosità stilistica.

Esempio