Il decadentismo

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Testo

IL DECADENTISMO
1. Origine del termine “Decadentismo”
Il termine decadentismo interpreta uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo, un senso di disfacimento e di fine di una civiltà, l’idea di un prossimo crollo epocale. Queste idee erano proprie dei circoli d’avanguardia che, opponendosi alla mentalità borghese, ostentavano atteggiamenti “bohemien”. La critica definì tale atteggiamento “decadentismo” in modo negativo, ma gli intellettuali la assunsero come loro caratteristica positiva.
Portavoci del movimento furono i periodici “ Le Decadent”, “ Lutece” e il romanzo “ Controcorrente” di Huysmans che fissò un vero codice di motivi decadenti. Quindi il termine decadentismo originariamente indicava un determinato movimento letterario, sorto in un dato ambiente, con un preciso programma culturale; ma la storiografia italiana ha poi esteso il termine a designare un’intera corrente culturale, di dimensioni europee, che dalla fine dell’800 arriva fino ai primi del 900 o, addirittura, secondo alcune accezioni, ingloba tutto il 900. Di conseguenza il D. appare come una somma di manifestazioni che, anche se diverse fra loro, hanno dei denominatori comuni:
2. La visione del mondo decadente
La base del D. è un irrazionalismo misticheggiante che esaspera le posizioni della cultura romantica. C’è il rifiuto del Positivismo borghese, in quanto si ritiene che la ragione e la scienza non possano dare la vera conoscenza del reale. Infatti l’anima decadente è protesa verso il mistero che è dentro la realtà visibile, verso l’inconoscibile.
Secondo questa visione mistica tutti gli aspetti dell’essere sono legati fra loro da analogie e corrispondenze, che coinvolgono anche l’uomo, per cui c’è identità fra io e il mondo, uniti sul piano dell’inconscio.
La scoperta dell’inconscio è il dato fondamentale della cultura decadente. Freud, a fine secolo, cercherà di portare l’inconscio alla luce della coscienza, mentre i decadenti si abbandonano totalmente ad esso.
Come strumenti per cogliere l’essenza segreta della realtà, vengono indicati gli stati abnormi ed irrazionali dell’esistere: la malattia, la follia, la nevrosi, il sogno, l’incubo, stati che ci permettono di vedere il mistero che si cela al di là delle cose. Questi stati possono anche essere provocati artificialmente.
Per i d. vi sono altre forme di estasi che consentano l’esperienza dell’ignoto, per cui nasce l’atteggiamento del PANISMO ( dal greco Pan = tutto) , in cui l’io individuale può annullarsi nella vita del gran tutto ( D’Annunzio). Un altro stato di grazia è costituito dall’EPIPHANY ( Joyce), dove un particolare qualsiasi della realtà, apparentemente insignificante, si carica all’improvviso d’intensità, di significato, come se fosse un messaggio proveniente da un’altra dimensione.
3. La poetica del Decadentismo
Per i decadenti l’arte è un mezzo importantissimo della conoscenza. Il poeta, il pittore, il musicista sono considerati “veggenti” in quanto sono capaci di rivelare l’assoluto. L’arte è la voce del mistero, è suprema illuminazione, è il valore più alto, collocato al di sopra di tutti gli altri. Questo culto religioso dell’arte dà origine all’ESTETISMO che assume come principio regolatore di vita solo il BELLO. L’esteta va alla ricerca di sensazioni rare, si circonda di cose belle .
L’arte si rifiuta di rappresentare la realtà storica e sociale e si chiude nella celebrazione di se stessa, divenendo arte pura, poesia pura.
C’è una vera e propria rivoluzione nel linguaggio poetico; la poesia non può più essere strumento di comunicazione logica, ma assume un valore suggestivo ed evocativo. La parola non ha più un significato preciso, ma vano ed evanescente. Alle immagini nitide e distinte si sostituisce il vago e l’impreciso. La parola perde la funzione di strumento comunicativo immediato e recupera il valore magico di rivelare l’ignoto. Perciò la poesia diviene oscura, pura autocomunicazione; non si rivolge al pubblico borghese, ma si chiude nella raffinatezza di pochi iniziati. Si reagisce all cultura di massa, per salvare la vera arte e così si delinea una frattura fra artista e pubblico.
Vari sono i mezzi tecnici attraverso cui il decadente ottiene questi effetti di suggestione:
1. La musicalità della parola, che suscita echi profondi e si carica di valori magicamente evocativi. Infatti la musica diventa la suprema fra le atri e le pagine degli scrittori sono piene di brani musicali.
2. La sintassi si fa vaga ed imprecisa, viene utilizzato il linguaggio metaforico, diverso però da quello tradizionale: è più irrazionale ed esprime una sua visione simbolica del mondo ( Pascoli).
La metafora decadente ha quasi sempre legami impensati fra realtà lontane e spesso il secondo termine di paragone è oscuro e misterioso.
Affine ad essa è la sinestesia, fusione di sensazioni, appartenenti a sfere sensoriali distinte.
4. Temi e miti della letteratura decadente
Il tema base della letteratura decadente è l’ammirazione per le epoche di decadenza ( la grcità alessandrina, la latinità imperiale), i cui prodotti culturali sono considerati migliori di quelli dell’età classicista.
Al culto per la raffinatezza, si unisce il vagheggiamento del lusso raro e prezioso e della lussuria perversa e crudele.
Infatti la letteratura d. è segnata dal SADISMO e dal MASOCHISMO. In essa si manifesta anche una sensibilità esasperata, al limite della nevrastenia; in effetti la malattia in genere è un altro tema, quasi una metafora: la letteratura d. è malata, come è malata la civiltà in cui nasce. Alla malattia umana si associa la malattia delle cose; il gusto d. ama tutto ciò che è corrotto impuro in quanto è immagine di morte.
La morte è un altro tema dominante, è presente in molti titoli di opere ( Morte a Venezia di Mann).
Essa è simbolo di un dato epocale, della condizione generale della società.
Ci sono però in contrapposizione tendenze opposte: il vitalismo, l’esaltazione della purezza vitale senza limiti o freni, la ricerca del godimento ecc., tendenze che solo apparentemente sono in contraddizione, in quanto non sono che delle maschere che tentano di nascondere la paura per la morte e per la malattia.
La morbosità ed il vitalismo sono anche due facce della stessa realtà: sono il segno del rifiuto aristocratico nei confronti della normalità borghese. L’atteggiamento anti- borghese si esaspera all’estremo. Nascono alcune figure ricorrenti nella letteratura d.: l’artista MALEDETTO che profana tutti i valori della società e si compiace della sua vita condotta fino all’estremo limite (già tipico di Baudelaire e Verlaine) . L’altra figura è quella dell’ESTETA ( D’Annunzio e Wilde), l’artista che va continuamente alla ricerca di sensazioni e piaceri raffinati, ha orrore della vita comune, si isola in quanto per lui il presente è il trionfo dello squallore e il bello può esistere solo nel passato. I due tipi hanno in comune il rifiuto verso la mentalità borghese.
Una terza figura è quella dell’INETTO A VIVERE ( Svevo, D’Annunzio), l’escluso dalla vita alla quale non sa partecipare, per cui si rifugia nelle sue fantasie. Non vive, ma si osserva vivere, chiudendosi in una realtà alternativa, a volte finendo nella follia.
In contrasto con queste figure di uomini deboli, incapaci a vivere, si profila l’immagine della DONNA FATALE, dominatrice del maschio, perversa, audace, che può condurlo alla follia
L’inetto a vivere ha una variazione nel FANCIULLINO di Pascoli: il rifiuto della condizione adulta, della vita al di fuori del protettivo nido familiare; il fanciullino è portatore di una visione fresca e ingenua che scopre le cose nella loro essenza. Il mito Pascoliano esprime l’esigenza di una regressione a forme di coscienza primigenia; è l’espressione del misticismo decadente.
Un’altra figura è quella del SUPERUOMO dannunziano che, contrariamente agli eroi deboli ed inetti, egli non ha dubbi né incertezze. Si incarica di significati politici: deve mirare alla rigenerazione dell’Italia, riportandola alla grandezza del passato, imponendo una dittatura di nuovi aristocratici che sottomettano il popolo.
Ma questa figura è in realtà minata da segrete tendenze disgregatrici; dietro di lui è facile scorgere la fisionomia dell’eroe decadente. Caratteristica di questi eroi è quindi una psicologia complicata, tortuosa, ambivalente e contraddittoria.
Tipico del d. è l’attenzione alle ambiguità della psiche, agli impulsi più oscuri. Nasce quindi una nuova struttura romanzesca: non più il romanzo realistico, ma psicologico, dove la dimensione soggettiva è in primo piano, oscurando quella sociale.
5. Coordinate storiche e radici sociali del decadentismo
5.1 decadentismo e romanticismo
Tra D. e R. non vi è una soluzione di continuità. Le tematiche d. hanno anticipazioni nel R. quindi possiamo ritenere il D. come una seconda fase del R.
Il D. ha però una sua fisionomia specifica, i cui aspetti salienti sono una forma di languore, di smarrimento, un presentimento di fine e sfacelo, in contrapposizione allo slancio romantico e alla sua fuga dalla realtà. Mentre il R. puntava alla totalità, alle ambizioni costruttive, il D. punta solo al frammento, ad opere brevi, dense. L’artista d. rifiuta ogni impegno, afferma il principio della poesia pura, incontaminata da intenti pratici, morali o politici; mentre il R. esaltava la forza del genio, poneva come valore supremo la Natura, il D. esalta l’artificio.
A queste tendenze sembra far eccezione la fase superomistica dell’opera dannunziana che ha ancora uno slancio energetico, una volontà di plasmare la realtà esterna. Ma anche questo non è che un tentativo di mascherare la debolezza dell’anima decadente.
La continuità tra R. e D. corrisponde all’omogeneità dello sfondo socio- economico dei due periodi.
Il rifiuto della realtà, le tematiche negative, fattori che accomunano R. e D. non sono altro che omogenee reazioni di poeti ed artisti delle due età di fronte ai risultati della riv. Industriale, ai conflitti di classe. Gli aspetti più specifici del clima decadente, il senso di sconfitta, il fascino della malattia, la crisi dell’individuo, la fuga dalla realtà, il misticismo sono in relazione con gli stessi elementi pronunciati nel periodo precedente.
Si fa strada un senso di smarrimento e di impotenza dell’individuo di fronte alla realtà, specie negli intellettuali che sono investiti direttamente da queste trasformazioni sociali. L’intellettuale non trova più posto in questo mondo, è inutile, declassato, perde i privilegi e perciò reagisce disperatamente attraverso l’estetismo, il maledettismo, il superomismo. L’opera dell’intellettuale si riduce a pura produzione per il mercato ed egli cerca di reagire, rivolgendosi ad una cerchia ristretta di pubblico.
Egli è schiacciato anche dal conflitto tra capitale e lavoro ed egli, sentendosi estraneo agli interessi borghesi, è spinto ad accomunarsi al proletariato; ma di questo egli ha orrore e si difende dalla degradazione accentuando il suo disprezzo per le classi più basse e rivendicando la sua superiorità spirituale. Ci rendiamo conto come la malattia decadente sia il sintomo di una crisi epocale di eccezionale portata.

5.2 Decadentismo e Naturalismo
L’antitesi tra le concezioni di fondo delle due correnti è evidente, ma non bisogna considerare il D. come un fenomeno successivo al N. Essi sono fenomeni culturali paralleli compresi lungo gli anni 70,80 e per i primi anni 90; solo dalla metà di quel decennio il N. comincia ad esaurirsi e il D. prende il sopravvento.
Appaiono come due tendenze parallele, complementari, che nascono sul terreno delle stesse condizioni oggettive e durante comuni fenomeni sociali ed economici.
Le opposte fisionomie si possono spiegare col fatto che esse sono espressione di gruppi intellettuali diversi, che diversamente si pongono nei confronti di un medesimo contesto storico.
I naturalisti sono borghesi, ne accettano l’orizzonte culturale, costituito dal positivismo, dal materialismo, dalla fiducia nel progresso. Gli scrittori decadenti rifiutano l’ordine esistente con i loro atteggiamenti “maledetti” ed estetizzanti e d escono dall’orizzonte culturale borghese.
Nell’immediatezza del fluire storico, sono due correnti che spesso appaiono mescolate: aspetti decadenti sono ravvisabili in scrittori naturalisti e viceversa. ( in Zola è facile riscontrare un compiacimento per atmosfere malate, corrotte, perverse; compare l’identificazione donna-fiore, uno dei motivi prediletti della cultura decadente; Huysmans, autore del vero e proprio codice del D. “Controcorrente”, esordisce come seguace di Zola; gli esordi narrativi di D’Annunzio sono sotto la suggestione delle novelle verghiane in “ Terra Vergine”.)
Nella concretezza del processo storico, non esiste il Decadentismo, il Naturalismo, il Romanticismo…: esistono solo alcuni scrittori e opere che affrontano certi temi con diverse soluzioni formali. Siamo noi che ricaviamo dalla pluralità della realtà storica, sulla base di quelle differenze e analogie, categorie come il D. e il N. per classificare e ordinare i fenomeni.
Si tratta di categorie indispensabili, ma bisogna sempre essere consapevoli del fatto che esse sono dei modelli astratti e che non devono essere imposte a forza sulla realtà.
5.3 Decadentismo e Novecento
Oggi si ritiene più giusto limitare le corrente del D. ai fenomeni che si presentano a fine 800, con quale propaggine nei primi del 900: senso di esaurimento della civiltà, vagheggiamento della morte e di ciò che è malato, impuro e corrotto, senso del mistero, estetismo, maledettismo, superomismo…
Il termine D. ha avuto in origine un’accezione spregiativa, e l’ha conservata in alcune valutazioni critiche ( Croce, Marxisti). Oggi si è consapevoli che non ha implicato una decadenza della cultura e dei valori artistici, ma si è dimostrato un terreno assai fertile, da cui sono scaturite opere di grande profondità e forza innovativa. La “malattia” decadente è lo strumento che consente agli scrittori di andare a fondo nell’esplorare il campo di una crisi epocale.

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