I Promessi Sposi - capitolo 2 - analisi e commento

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Testo

Daniele Biasci giovedì 14 novembre 1996
I promessi sposi
Capitolo II

1) Riassumi brevemente il secondo capitolo.

La notte di Don Abbondio trascorre angosciosa e agitata tra ricerche di scuse per non celebrare il matrimonio e incubi popolati di bravi e di agguati; tutte le sue paure peggiori sembrano assalirlo di colpo. In ogni modo, tra il sonno e la veglia egli riesce a elaborare un piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze, rimandandole di quindici giorni.
Per prendere gli ultimi accordi per il matrimonio, Renzo si reca da don Abbondio vestito in gran gala, con un cappello piumato e il pugnale dal manico bello (excursus storico sui costumi del seicento: anche gli uomini più pacifici, infatti, giravano armati e avevano una certa aria di braverìa). L’Autore coglie quindi l’occasione per presentarci il personaggio e ripercorre brevemente la sua storia: il promesso sposo è un giovane di vent'anni, rimasto orfano di ambedue i genitori fin dall'adolescenza. La sua professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Interrogato da Renzo, tuttavia, il curato finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane (Renzo: “...Che volete ch’io faccia del vostro latinorum ?...”), lascia intendere che sono sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze. Renzo accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito dal comportamento del parroco. Uscito dalla canonica, Renzo incontra Perpetua e riceve da lei conferma dei propri sospetti: don Abbondio è stato minacciato da qualcuno. Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio e dopo aver imprigionato il parroco nella stanza, il giovane, con fare apparentemente minaccioso, lo costringe a dirgli la verità. Al ritorno di Perpetua, don Abbondio l'accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto durante il loro colloquio la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il curato si mette a letto vinto dalla febbre.
Intanto Renzo si dirige nuovamente verso casa di Lucia. Nella sua mente passano fieri propositi di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta.
In questo momento prende forma uno dei punti fondamentali del discorso. Alla cinica filosofia di cui si fa portavoce don Abbondio (“...non si tratta di torto o di ragione, si tratta di forza...”) non c’è altra risposta se non quella violenta ma inutile di Renzo, alla quale però si contrappone una diversa concezione, che incomincia a delinearsi e trova il suo simbolo in Lucia: l’appello ai valori religiosi, la possibilità che questi possano trovare espressione in una chiesa fedele agli ideali di giustizia contenuti nel Vangelo. Alla chiesa serva del potere, quella di don Abbondio, si contrappone un’altra chiesa, una chiesa che porta, in contrapposizione alla logica della forza, quella della fede in Dio e nella sua giustizia, la chiesa di padre Cristoforo.
Dopo queste riflessioni, deposti gli atteggiamenti bellicosi, Renzo giunge nel cortile della casa, e incarica una bambina, Bettina, di chiamare in disparte Lucia e di condurla da lui. Lucia fa la sua prima apparizione, anche se la sua personalità si era già parzialmente delineata durante la redenzione di Renzo dai propositi di vendetta. Lucia, orfana di padre e di qualche anno più giovane di Renzo, è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una modesta collana. Il suo viso giovanile riflette una bellezza interiore. Lucia, circondata dalle amiche, viene raggiunta dalla bambina che le trasmette il messaggio di Renzo. La ragazza scende al piano terreno e Renzo la mette al corrente dell'accaduto, ed ella mostra di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei (Lucia: “...fino a questo segno !...”). Ai due si aggiunge poi Agnese. Lucia sale quindi a congedare le donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.

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