Cecità - Josè Saramago

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Data:29.01.2008
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Testo

Recensione
Autore: José Saramago
Titolo: Cecità
Editore: Einaudi
Luogo di edizione: Torino [Lisboa]1
Anno di edizione: 1996 [1995, titolo originale Ensaio sobre a Cegueira]1
n° pp.: 315
Formato: 19,5×12×1,5 cm
Illustrazioni: In una copertina prevalentemente bianca risalta il disegno L’oeil au pavot di Odilon Redon. Rappresenta un occhio privo di vivacità e tra le folte ciglia di questo si vede la capsula contenente i semi di un papavero. Qualcuno sostiene che il papavero simboleggia il sonno, metafora della morte da qui però si può tornare indietro; il papavero quindi svolge la funzione di simbolo di morte e rinascita. Forse è proprio per questo che è stato scelto questo disegno come copertina del libro, tutti i personaggi, perdendo la vista, è come se fossero morti, ma alla fine del libro riacquistano tutti la capacità di vedere come inizio di una nuova vita.
Genere: romanzo drammatico.
Notizie sull’autore: José Saramago (Azinhaga 1922), scrittore portoghese. Figlio di agricoltori, fu costretto a interrompere gli studi liceali per cercarsi un lavoro come operaio, quindi come correttore di bozze; da autodidatta, divenne giornalista e traduttore. Nel 1969 entrò a far parte dell’allora clandestino Partito comunista portoghese e partecipò attivamente al processo rivoluzionario che portò nel 1974 alla caduta del regime di Salazar.
Fatta eccezione per un romanzo pubblicato nel 1947, Terra do pecado (Terra del peccato), e per una raccolta di poesie del 1966, Os poemas possiveis (Le poesie possibili), Saramago solo alla fine degli anni Settanta, ormai prossimo alla vecchiaia, si dedicò interamente all’attività di romanziere. Del 1977 è Manuale di pittura e calligrafia, opera che tocca il tema della creazione artistica. Il successo arrivò con Memoriale del convento (1982). Nell’Anno della morte di Ricardo Reis (1984) l’invenzione letteraria attecchisce in un quadro storico in cui i regimi nazionalfascisti preparavano le tragiche sorti dell’Europa. Grazie a questi due romanzi, Saramago viene consacrato dalla critica tra i più originali narratori contemporanei e il suo successo inizia a varcare i confini del Portogallo.
Fantastico e politico, storia e invenzione continuano a essere i poli della poetica narrativa di Saramago in La zattera di pietra (1986) e in Storia dell’assedio di Lisbona (1989). Dopo la pubblicazione del Vangelo secondo Gesù Cristo (1991), corrosiva rilettura della vita e del pensiero del Messia, Saramago ha toccato di nuovo i vertici della sua arte romanzesca con Cecità (1995), grande affresco narrativo sul tema dei sensi e della loro funzione di costruzione di una cultura. Del 1997 è il romanzo Tutti i nomi; del 2000 è La caverna, opera narrativa che si ispira al mito di cui parla Platone nel VII libro della Repubblica.
Nel 1998 Saramago è stato il primo scrittore portoghese a essere insignito del premio Nobel per la letteratura.
Sintesi della trama: In una cittadina tranquilla, una strana epidemia comincia a sconvolgere la vita della gente. Da un primo caso isolato di “cecità bianca”, un veloce contagio colpisce ben presto decine di cittadini. Il governo è costretto ad isolare i casi e utilizza un manicomio per internare i malati; questo è diviso in due parti, una per le persone già cieche, e l’altra per le persone a rischio di contagio. Ben presto le due parti del manicomio saranno unite, la gente infetta continuerà ad arrivare e la vita sarà sempre più insopportabile. I ciechi sono disorientati, il cibo tarda ad arrivare, e l’igiene non è rispettata. Le persone si trasformano in bestie, senza controllo, senza regole, bestie che, come tali, ricercano solo cibo e sesso. Per soddisfare queste esigenze la gente è disposta ad uccidere ed a mettere da parte l’orgoglio. L’unica persona che non perde la vista è la moglie di un oculista, che, dapprima rende segreta la sua fortuna (o sfortuna), ma poi, avendo l’occasione di uscire dal manicomio, decide di guidare i ciechi e di aiutarli a cercare una vita migliore, diversa, più pianificata. Pensa ad un’organizzazione che soddisfi tutte le esigenze dei suoi amici che, in breve tempo, riacquistano tutti la vista.
Ambiente storico: L’autore non contestualizza mai la storia, evidenziando che questi eventi potrebbero accadere da un momento all’altro. Alcuni particolari, però, ci fanno capire che si tratta di una narrazione ambientata nell’età contemporanea. In tutto il romanzo l’autore generalizza, non usa mai nomi propri, ma descrive un personaggio con una sola caratteristica, un po’ come Plauto. Il nome della città non viene mai scritto e il tempo mai indicato.
Ambiente geografico: Gran parte del romanzo è ambientata in un manicomio, dove i primi ciechi vengono internati con la speranza di delimitare l’epidemia. Verso la fine della narrazione i ciechi sono costretti a vivere in città, cercando di fare il possibile per sopravvivere. Le strade sono deserte, c’è spazzatura dappertutto e i ciechi vivono nei negozi, perché per loro è impossibile ritrovare la strada di casa.
“L’atmosfera era impregnata di cattivi odori, rendendo assurdo l’invariabile biancore degli oggetti.”1 Le narrazioni dell’autore riescono a descrivere accuratamente una città invivibile e disorganizzata, una città senza controllo: “Lungo la strada spuntavano dei gruppi di ciechi, qua e là qualche persona sola, accostati ai muri c’erano uomini che alleggerivano la vescica dal bisogno mattutino, le donne preferivano il riparo delle automobili abbandonate. Rammolliti dalla pioggia, gli escrementi avevano invaso tutta la strada ”2 “Mancano gli occhi. Come del resto ne mancavano per vedere questa scena, una donna carica di sacchetti di plastica che cammina per una strada allagata, fra spazzatura e escrementi umani e animali, automobili e camion abbandonati come capita e che intralciano la pubblica via[…], e i ciechi, quei poveri ciechi, a bocca aperta, che tengono aperti anche gli occhi rivolti al cielo bianco, sembra impossibile possa piovere da un cielo così”3
Personaggi: I personaggi del libro non hanno un nome, ma ognuno ha un soprannome che si riferisce ad un particolare che l’autore delinea la prima volta che lo introduce. E’ difficile descriverli perché fisicamente non si hanno informazioni, ma si può cercare di immaginare il carattere di ognuno di loro, perché l’autore è questo che vuole, vuole farci conoscere ogni suo personaggio non basandosi sull’estetica, ma sulla loro personalità. Alla fine del libro, si diventa parte di quel gruppo di amici, si impara a conoscerli veramente, a prevedere come potrebbero comportarsi in certe situazioni.
La protagonista assoluta è la moglie del medico, l’unica persona che non perde la vista durante l’epidemia. E’ l’unica che può guidare i ciechi e anche il lettore che, attraverso i suoi occhi, può “guardare” cosa succede. Considera una sfortuna essere rimasta l'unica persona vedente, perché sente il peso della sua enorme responsabilità.
Il medico oculista è una figura importante, viene spesso deriso dal gruppo perché accusato di essere l’unico medico che sarebbe risultato inutile.
La ragazza con gli occhiali scuri viene inizialmente descritta come una prostituta, ma alla fine del libro riesce a riscattarsi, diventando un personaggio estremamente positivo.
Il primo cieco viene colpito dal “male bianco” quando è fermo ad un semaforo, viene preso dall’agitazione, dalla paura e si fida di una persona che all’inizio voleva davvero aiutarlo, ma che poi non resiste alla tentazione e gli ruba la macchina.
La moglie del primo cieco è citata spesso, però l’autore non ci fornisce le informazioni necessarie a definire il suo carattere.
Io narrante: Il narratore è esterno, è l’autore stesso che descrive la storia.
Idea guida: La frase con la quale il narratore mi ha fatto meglio capire cosa vuole esprimere nel suo romanzo è: “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”
L’autore presenta una triste riflessione sulla natura umana, è una forte presa di coscienza, una denuncia, un’accusa verso quella società che finge di non vedere per non confrontarsi con gli errori, le falsità e gli orrori di ogni giorno. E’ preferibile non vedere, perché vedere fa male.
Messaggio: La frase che più corrisponde al messaggio dell’autore è: “A volte, più che di un mondo nuovo, c'è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo.”4
L’autore ci vuole far capire che - secondo lui - non bastano e non servono occhi per vedere. O meglio, si deve andare oltre le apparenze, oltre i sensi per comprendere un mondo che non conosciamo.

Linguaggio: Il linguaggio non è affatto scorrevole, le descrizioni sono molto frequenti e dettagliate.
Giudizio critico: L’idea guida di Saramago, di una società che non vede più tutti i torti che la caratterizzano, è una provocazione che avrebbe potuto essere sviluppata in maniera migliore e differente. Si parla poco di rapporti umani e di sentimenti. La narrazione risulta troppo cruda e violenta (sangue, vomito, uccisioni, scarsa igiene ed altro), quando dall’argomento poteva venir fuori un racconto metaforico delicato e profondo, sulla cecità reale di chi invece ci vede benissimo.
A chi consigliarlo: Il libro è interamente sconsigliato a chi è debole di stomaco, per la presenza di narrazioni molto “crude”. E’ naturalmente consigliato a chi vuole “aprire gli occhi” e riflettere sulla nostra società.
Pagine consigliate e sconsigliate: Nella prima parte il lettore viene incuriosito come in un avvincente thriller, ma ben presto la curiosità sparisce e si apre la strada ad un racconto noioso e ripetitivo. Le ultime pagine, invece, sono piacevoli e scorrevoli, e descrivono l’adattamento dei ciechi in città, come dei naufraghi che devono fare il possibile per vivere in una società che non conoscono o riconoscono.
1 Cfr.: José Saramago, Cecità, p. 216
2 Cfr.: José Saramago, Idem, p. 215
3 Cfr.: José Saramago, Idem, p. 225
4 Cfr.: Claudio Baglioni, Senza musica.
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