Cecco Angiolieri

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Cecco Angiolieri

La personalità di Cecco Angiolieri risulta molto importante per la canonizzazione del genere comico, all’interno del quale egli fu ben presto ammirato e imitato.
Cecco A. nacque a Siena da un’importante famiglia benestante intorno al 1260. Il suo carattere irrequieto, quale esso stesso presenta nelle opere, trova conferma in numerose testimonianze d’archivio di problemi con la giustizia: varie multe per essersi allontanato senza giustificazione dal campo durante una spedizione militare e per essere stato trovato a vagabondare dopo il coprifuoco.
Sono presenti citazioni per coinvolgimento durante una rissa che provocò un ferito (1291).
Anche la gestione sconsiderata dei beni trova almeno due conferme: la vendita di una vigna per settecento lire (1302), la rinuncia dell’eredità da parte dei cinque figli perché gravata da troppi debiti. Nei mesi precedenti a quest’ultima testimonianza Cecco morì, e la data della rinuncia dell’eredità (25 febbraio 1313) rappresenta il terminus ante quem della sua morte.
Il canzoniere di Cecco Angiolieri conta oltre cento sonetti di sua sicura opera di cui si aggiungono altri incerti. Le tematiche costanti sono l’amore per i piaceri carnali – il sesso e la tavola – e per i divertimenti – spicca tra questi il gioco d’azzardo. I personaggi principali sono l’amante Becchina, una donna sposata e meschina, il padre avaro, la moglie pettegola e arcigna. Il rapporto con Becchina è una stimolante alternanza di liti, slanci di passione carnale e ripicche, nelle quali i due amanti si rimbeccano rinfacciandosi volgarmente vizi e debolezze: l’infedeltà di lui e l’interesse per il denaro di lei. Al padre, Cecco rivolge violenti insulti augurandogli incessantemente la morte così da poter accedere all’eredità. L’infelice quadro si conclude con i lamenti per la squallida vita coniugale.
Il mondo di Cecco è il rovescio di quello presentato, attraverso una purificazione nobilitante, della tradizione poetica illustre: i temi della quotidianità e soprattutto quelli economici, che vediamo completamente rimossi nella lirica alta, fanno si che si visioni la vita comunale sotto un inedito e suggestivo profilo.
Ciò non vuol dire che Cecco, ponendosi sempre in prima persona, ci consegni una visione realista o prettamente autobiografica, come parve ai critici del tempo;ma senza dubbio il senso profondo di insoddisfazione e di angustia espresso nelle sue rime attesta una condizione sociale e psicologica caratteristica anch’essa della civiltà dei Comuni.
Cecco non è un infelice poeta romantico, uno scapigliato o un “maledetto”;non è cioè un poeta moderno. La sua opera deve essere considerata come un’operazione culturale perfettamente riconducibile alle coordinate della vita medioevale.
La sua adesione incondizionata a un unico genere letterario porta al risultato del protagonista narrativo, rappresentato nei testi in prospettiva autobiografica. Al Cecco-personaggio il Cecco anagrafico corrisponderà quanto il giovane Dante al protagonista della Vita nuova.
Il modello di Cecco è in effetti riconducibile al modello dominante di Dante, ponendo uno l’opposto dell’altro. L’amore di Cecco è infatti il rovescio di quello stilnovistico, Becchina è stata spesso definita un’anti- Beatrice.

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