Boccaccio

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Testo

Boccaccio
Il più importante narratore italiano è quasi sicuramente Boccaccio il quale col suo capolavoro, il Decameron, tradotto subito in tutte le principali lingue, è conosciuto in tutto il mondo. Nella lingua italiana esiste l’aggettivo boccaccesco che indica situazioni di beffe scostumate e di sensualità allegra e grossolana. Nel Decameron confluiscono i due aspetti fondamentali dell’educazione e della formazione del suo autore: quello borghese-mercantile della famiglia paterna e quello cortigiano della giovinezza napoletana. Il Decameron è quindi esempio d’arte tardogotica. La personalità di Boccaccio è tuttavia percorsa da un’esigenza preumanistica di rinnovamento che si rivela già nel suo capolavoro nell’esaltazione di una morale laicamente aperta e problematica e nella valorizzazione del momento individuale, dell’intelligenza e della furbizia. Questa tendenza all’umanesimo si evidenzierà nel corso della vita di Boccaccio dopo il Decameron e dopo l’incontro con Petrarca nella sua attività d’organizzatore di cultura e nelle opere in latino. La vita di Boccaccio è divisa in due parti proprio dal triennio di stesura del Decameron, il primo caratterizzato dallo sperimentalismo e dalla prevalenza di temi tardogotici e il secondo caratterizzato dagli interessi preumanistici, frammisti ad altri di tipo religioso e morale. Il ventennio precedente al Decameron è caratterizzato da uno sperimentalismo all’interno di motivi cortesi, romanzeschi, mitologici provenienti dalla tradizione francese e da quella medioevale. Il venticinquennio dopo il Decameron è condizionato dall’incontro e dalla amicizia con Petrarca. L’uso del latino sostituisce il volgare, contemporaneamente come organizzatore di cultura diviene un tramite fondamentale tra Petrarca e il preumanesimo del Nord Italia e come politico contribuisce a gettare le basi del primo Umanesimo fiorentino in difesa della Repubblica.
La vita
Non è stato facile ricostruire la vita di Boccaccio per la difficoltà nel dividere le informazioni reali dalle invenzioni letterarie.
Infanzia fiorentina(1313-1327)
Nasce nel luglio 1313 a Certaldo a Firenze da Beccaccino di Chelino, figlio illegittimo. Il padre lo fa studiare a Firenze dove apprende il culto di Dante al quale resterà fedele tutta la vita.
La giovinezza napoletana(1327-1340)
Nel 1327 segue il padre a Napoli per lavoro ma non è interessato all’attività bancaria e inizia a studiare il diritto canonico e all’università segue le lezioni di Cino da Pistoia e sperimenta le lettere e conosce la tradizione lirica in volgare. Presto comincia a frequentare la corte angioina e a scrivere epistolae in latino e a scrivere in volgare (Filocolo,Filostarto,Teseida,la caccia di Diana). Impara i rudimenti del greco dal monaco calabrese Barlaam,conosce il teologo, maestro di retorica Dionigi da cui apprende la tradizione narrativa alessandrina che influenza soprattutto il Filocolo. E’ un autodidatta appassionato ed entusiasta. Si crea un mito letterario sul modello cortese e stilnovista: l’amore per Fiammetta, presunta figlia di Carlo d’Angiò e un’autobiografia ideale.
Il primo decennio fiorentino(1341-1350)
Nel 1341 torna a Firenze. Qui è senza un’occupazione stabile. Si inserisce nella vita culturale cittadina e si collega alla sua tradizione allegorica con le opere la Commedia delle Ninfe e l’Amorosa visione in cui è evidente l’influenza di Dante. Subito compone l’Elegia di Madonna Fiammetta e il Ninfale fiesolano. Continua il volgarizzamento di Tito Livio iniziato a Napoli. Nel 1348 è a Firenze durante la peste che uccide il padre e la madre. L’anno successivo inizia la composizione del Decameron finito nel 1351. Nel 1350 conosce Petrarca.
Il secondo decennio fiorentino (1351-1360)
In questo momento la vita di Boccaccio ha una svolta per due ragioni: 1)dopo l’amicizia con Petrarca gli interessi umanistici diventano sempre più pressanti; 2)il comune di Firenze gli affida incarichi importanti come invitare Petrarca a tenere corsi all’università e una missione ad Avignone presso il Papa. Durante un tentativo di tornare a Napoli visita la biblioteca di Montecassino e ne trascrive alcuni codici. Inizia il rapporto col grecista Pilato. Scrive in latino varie opere di compilazione erudita. Nel 1360 papa Innocenzo VI gli concede la facoltà di ottenere ufficio, prebenda o cura di anime, avviandogli una carriera ecclesiastica che dovrebbe assicurargli sicurezza economica.
Il ritiro a Certaldo (1361-1365)
Fra la fine del 1360 e l’inizio del 1361 un tentativo fallito di colpo di stato coinvolge alcuni suoi amici e i sospetti nei suoi confronti lo tengono lontano dall’attività per 4 anni. Si ritira a Certaldo. Tenta di nuovo di trovare lavoro a Napoli ma non vi riesce. Lavora ad altre opere erudite in latino. Comincia a scrivere il Corbaccio che rivela una svolta radicale nel pensiero di Boccaccio e nel suo rapporto con le donne: dalla filoginia (amore per le donne)alla misoginia (odio per le donne).
Ultimo decennio Firenze-Certaldo(1365-1375)
Ritornano gli esuli a Firenze e Boccaccio può tornare a collaborare con la Repubblica fiorentina. Torna ad Avignone per convincere il Papa a tornare a Roma e due anni andrà a congratularsi per il ritorno del Papa. Sorveglia anche le truppe mercenarie fiorentine. Cura un edizione delle opere di Dante e vi premette il Trattatelo in laude di Dante. Trascrive il Decameron nel 1370 in un codice autografo. Peggiora la salute: soffre di obesità e scabbia. Commenta la Divina Commedia in pubblico. Muore il 21 dicembre 1375.
Lo sperimentalismo napoletano
Le opere giovanili di Boccaccio sono destinate al pubblico cortese della reggia di Roberto d’Angiò e rivolte alla costituzione di un mito letterario in cui l’elemento autobiografico e erotico è idealizzato e trasfigurato. La presenza delle donne non è solo un elemento realistico di cui l’autore deve tener conto; rientra anche in una mitologia personale, che traspone dati di vicende d’amore autobiografiche in scenari fantastici mutuati dal mondo cavalleresco e dai romanzi francesi cortesi o classici. Sul piano letterario caratterizza questa produzione lo sperimentalismo, cioè la tendenza a sperimentare generi letterari diversi alternando prosa e versi. Si passa dal poemetto mondano-mitologico(Caccia di Diana)al poema epico(Teseida)dal poema narrativo rivolto a un pubblico più ampio e più popolare secondo la nascente tradizione dei cantari(Filostrato)al romanzo d’avventura e d’amore secondo la tradizione cortese proveniente dalla Francia (Filocolo) e alle Rime d’ispirazione stilnovistica ma con inserti giocosi. Lo sperimentalismo coinvolge contemporaneamente anche la metrica: terzine nella Caccia di Diana, le ottave nel Teseida e nel Filostrato e la prosa nel Filocolo. Lo stesso sperimentalismo si ritrova nella materia: dagli argomenti classici usati nel Teseida e nel Filostrato a quelli tipici del romanzo cortese d’amore e di avventure impiegati nel Filocolo e alla cronaca mondana che caratterizza la Caccia di Diana e li mescola tra loro. E’ la tendenza al mescolato alla commistione e alla mescolanza di motivi, di situazioni e di stili diversi che caratterizza tutta l’opera Boccaccesca. Essa può essere spiegata con la voracità di autodidatta. L’opera di Boccaccio è una summa tardogotica, un riepilogo variegato degli argomenti e delle soluzioni formali del mondo gotico e frutto di una fantasia accesa, alla ricerca di una sintesi originale. La Caccia di Diana, poemetto in terza rima, in 18 canti ,doveva riferirsi alla perduta epistola in forma di sirventese con cui Dante aveva raccolto le 60 più belle donne fiorentine: le belle napoletane partecipano a una caccia in onore di Diana. Le prede vanno consacrate alla dea della caccia e della castità così invocano l’aiuto di Venere grazie alla quale gli animali diventano i loro amati. Presenta il rovesciamento del mito di Circe. Il Filostrato rispetto al Teseida, anch’esso in ottava ha un andamento più popolareggiante in quanto il secondo doveva fondare l’epica di stile tragico in Italia. Il Filostrato si ispira al Roman de Troie, e alla sua traduzione di Guido delle Colonne. La tematica amorosa supera quella guerresca. Troiolo si innamora di una donna greca prigioniera, Criseida e riesce ad ottenerne l’amore. Ma tornata al campo greco tradisce la promessa di fedeltà perciò Troiolo si fa uccidere da Achille in duello. Domina il tono comico e sentimentale: comico perché la loro vicenda si ispira ai criteri della letteratura realistica e a uno stile mezzano, con la parodia dello stile cortese e stilnovistico, con la prevalenza di temi sensuali, i sotterfugi, la morale finale che invita gli innamorati a star lontani dalla donna vogliosa; sentimentale per il personaggio Troiolo, emotivo. Non condanna Criseida ma è indulgente e interessato per gli aspetti opportunistici e calcolatrici della donna, secondo una morale + laica. Il Teseida è un poema epico in 12 libri dedicato a Fiammetta. E’ influenzato dal Roman de Thebe e dal Tebaide di Stazio. Teseo ora ha una morale ,si batte per un giusto Marte, con una funzione civilizzatrice nei confronti delle Amazzoni e dei costumi barbarici. I due combattenti (Arcita e Palemone) che si contendono Emilia si affrontano e il vincente rimane in fin di vita così concede la moglie al perdente. E’ il capostipite del genere eroico in ottave. Il Filocolo è un romanzo in prosa di 5 libri narrato su invito di una gentilissima donna (Maria=Fiammetta). La materia è quella del poemetto francese di ambiente cortese e vi sovrappone lo schema del romanzo greco alessandrino da cui deriva il gusto retorico per la complicazione, per i contrasti interiori, per i procedimenti analitici, con la conseguente capacità di introspezione psicologica. Dal Cliges deriva il tema del pellegrino d’amore. Per questo lo si definisce strabocchevole, per la quantità di fonti e di temi. La prosa tende all’ipotassi, fluente cerca di dare unità a una materia ricca di digressioni di racconti nel racconto. Ne risulta una macchinosa complessità, costruita non su una base unitaria. La storia narra di Biancifiore orfana che cresce insieme a Florio a corte del re. Il loro amore viene ostacolato dal re che allontana Florio e vende Biancifiore ma i due rimangono fedeli e prendendo il nome di Filocolo Florio diventa pellegrino d’amore iniziando la quete ovvero la ricerca dell’amata. A Napoli partecipa alle questioni d’amore con Fiammetta espresse talvolta sottoforma di novelle. Trova l’amata ad Alessandria ma viene scoperto ma non viene ucciso dato che l’ammiraglio è suo zio. I due si sposano e si battezzano e tornano dal padre solo dopo che si sarà confessato in punto di morte. Il tema religioso prevale anche per l’influenza della corte influenzata dal francescanesimo ma appare anche l’influenza autobiografica del rapporto col padre che qui si risolve con l’ammissione di colpa del padre e riflette le differenze tra due culture.
Lo sperimentalismo fiorentino
A Firenze il pubblico è diverso e deve inserirsi in una tradizione letteraria ricca e affermata perciò lo sperimentalismo fiorentino si arricchisce dei temi del genere allegorico-didattico di matrice toscana innovandolo però con la solita tecnica del mescolato. Così la Commedia delle Ninfe fiorentine per un verso è l’allegoria delle virtù per un altro è raccolta di storie d’amore, per un altro è il capostipite del genere pastorale. L’Amorosa Visione ricalca lo schema del viaggio allegorico-enciclopedico con modello la Commedia e anticipa il modulo sublime dei trionfi petrarcheschi ma contiene uno squarcio di vita mondana, con elogio delle donne fiorentine e napoletane e pagine comiche e sensuali. Il Ninfale Fiesolano che rifiuta il pluristilismo e segue un modello di letteratura popolare mezzana mescola l’idillico-pastorale e il cantare popolaresco toscano, il bucolico e l’epico. L’Elegia di Madonna Fiammetta è elegia erotica latina, romanzo in prosa, lettera in prima persona e confessione sentimentale e moderno romanzo sentimentale con il narratore in prima persona è una donna, Fiammetta. Alterna nella Commedia delle Ninfe fiorentine la prosa e la poesia in terza rima e si ripresenta lo sperimentalismo stilistico del periodo napoletano. La Commedia delle Ninfe fiorentine mostra la volontà di inserirsi nella realtà cittadina. Il pastore Ameto incontra sette ninfe e si innamora di una di loro. Al tema erotico si unisce quello epico celebrativo infatti Fiammetta e Lia narrano le origini di Napoli e Firenze. Alla fine purificato il pastore capisce che rappresentano le 4 virtù cardinali e le 3 teologiche e attraverso loro può conoscere Dio. In realtà l’aspetto allegorico è solo esteriore mentre la parte più viva si trova nell’elemento novellistico e romanzesco e nelle pagine sensuali. L’Amorosa visione è un poema in terzine in 50 canti in cui il poeta visita in sogno guidato da una donna gentile un castello in cui sono rappresentate scene allegoriche e personaggi celebri attraverso i quali mostra la sua erudizione e il gusto per l’enciclopedia. Uscito dal palazzo incontra alcune donne fiorentine e napoletane tra cui Fiammetta e cerca di possederla mentre dorme. La guida gli promette la donna se si atterrà agli atteggiamenti virtuosi imparati durante il viaggio. Il tono sublime è minato da situazioni comiche col sospetto di una parodia del poemetto allegorico-didattico. L’opera è contraddittoria e macchinosa. Il Ninfale fiesolano è un poemetto che vuole cantare le origini di Firenze e di Fiesole, fondate dai discendenti dei due protagonisti Africo e Mensola, nomi di due fiumi tra Firenze e Fiesole. Il tono popolaresco prevale e evita l’eccesso di erudizione e i riferimenti letterari e le digressioni colte. Le scelte linguistiche sono quelle della poesia comica, ripudiando lo stile tragico e le soluzioni mescolate. Il tono popolaresco è coerente col tono medio del racconto. Il genere idillico-pastorale assume un moderno aspetto laico e borghese. Il giovane pastore Africo scopre di nascosto fra le ninfe Mensola e se ne innamora. Il padre lo distoglie per la minaccia della vendetta di Diana. Travestito da Ninfa possiede Mensola,che disperata si concede lo stesso un'altra volta. Poi lo rifiuta causandone la disperazione e il suicidio e il cadavere cade nel fiume che prenderà il suo nome. La ninfa scoperta da Diana dopo il parto viene trasformata nel fiume che stava attraversando nella fuga che prende il suo nome. Il figlio Pruneo servirà Atlante che fonderà Fiesole e libererà le ninfe da Diana subordinandole a Venere.
L’Elegia di Madonna Fiammetta
Scritta nel primo decennio dell’attività fiorentina di Boccaccio, l’Elegia di Madonna Fiammetta è la sua opera più matura prima del Decameron. Il titolo rimanda al genere elegiaco mentre il nome della protagonista che parla in prima persona è quello della nota amata. Il genere elegiaco si fonda secondo Dante sul “lacrimevol stilo”: sarebbe il genere letteriaro di espressione degli infelici, e soprattutto del lamento d’amore. Dante gli attribuiva un linguaggio e uno stile umili e bassi ma non mancano elegie in stile alto e Boccaccio si ispira a uno di questi esempi con l’intento di innalzare tragicamente il genere laico. Un altro modello è Ovidio per il tema del lamento d’amore. Tuttavia il genere elegiaco viene svolto da Boccaccio in prosa, in una prosa romanzesca, distribuita in un prologo e in 9 capitoli. Si tratta della commistione di generi tipica della prima parte dell’attività di Boccaccio. Si tratta di una lettera che Fiammetta rivolge alle donne innamorate per raccontare loro il proprio dramma d’amore. Dell’aspetto epistolare si evidenziano l’atteggiamento volto alla confessione e al lamento. I generi sono così riassumibili: elegiaco,epistolare,romanzesco.Vi è poi anche la presenza del genere del trattato d’amore,con riferimento all’analisi della passione amorosa secondo l’erotologia averroista di Cavalcanti. Tra le fonti vi sono anche il Convivio e la Vita Nova di Dante di cui imita la prosa e gli spunti psicologici. L’innalzamento retorico maschera e rende accettabile la modernità dell’opera. Una donna interamente legata a una passione non chiede perdono ma pietà , cerca un riscatto con la letteratura e l’eternità della fama che da essa viene. Fiammetta ha amato Panfilo pur essendo sposata. L’amore inizia in chiesa secondo lo schema della Vita Nova. Dopo la partenza per Firenze di Panfilo Fiammetta ha il presentimento della perdita, del suo tradimento. Il racconto non ha il narratore onnisciente ma segue le oscillazioni degli stati d’animo della protagonista. L’angoscia è raddoppiata dal fatto che è costretta a fingere col marito che la crede malata e tenta di curarla. Tenta anche il suicidio, salvata si dedica a una dura riflessione. La letteratura serve come consolazione, riscatto, controllo analitico della passione. La storia è raccontata già conclusa e rimane solo la voglia di compiangersi e analizzarsi. Nello stile domina l’ipotassi sul modello di Livio. Si tratta di una cronaca contemporanea di una passione femminile laicamente svincolata da qualsiasi superiore prospettiva di risarcimento religioso.
Dal Decameron al Corbaccio
La struttura della cornice raggiunge la massima funzionalità e la massima organicità nel Decameron, scritto dal 1349 al 1351. Si tratta di cento novelle più una raccontate da una brigata di dieci giovani ,ognuno dei quali racconta una novella al giorno. Con questa opera si afferma il genere narrativo. Nel Decameron porta a termine un processo già avviato nel Ninfale fiesolano e in parte nell’Elegia di Madonna Fiammetta: le allusioni autobiografiche sono ridotte al minimo ed è abolito lo sfoggio erudito che appesantiva le opere giovanili. Del Ninfale fiesolano riprende la scioltezza narrativa e la predisposizione realistica, dall’Elegia la capacità di sviluppare una situazione psicologica e la prosa impostata sulla base della sintassi latina ma in grado di cogliere gli aspetti del reale. La tendenza giovanile allo sperimentalismo, a tentare generi letterari e stili diversi e a mettere in scena le situazioni più diverse trova il suo naturale sbocco nel realismo del Decameron. Sul piano autobiografico è la sintesi delle due esperienze di vita dell’autore: quella napoletana e quella fiorentina; sul piano letterario è il capolavoro dell’arte tardogotica perché riflette e illumina la società feudale e borghese e perché cerca di conciliare la nostalgia per gli antichi valori cortesi e i nuovi valori laici della borghesia. Lo sperimentalismo giovanile aveva permesso a Boccaccio di provare e mescolare stili diversi. Anche da questo punto di vista il Decameron rappresenta il punto di arrivo. Poiché il Decameron rappresenta livelli sociali diversi e situazioni ora sublimi, ora mediocri e basse, la stile dell’opera passa dal tragico al comico senza perdere la sua unità. Con il Decameron nasce la narrativa moderna. Nell’opera viene recuperata la tradizione dei faubliaux,degli exempla, delle vidas e del romanzo cortese. Le situazioni narrative sono maggiormente sviluppate e i personaggi più analizzati psicologicamente e più consapevole è il controllo stilistico con la cornice e il distacco dell’ironia. Boccaccio si propone di divertire e di consolare attraverso la semplice rappresentazione dei comportamenti umani, escludendo ogni esplicito contenuto di carattere morale e religioso. Nel Decameron si afferma una morale aperta e problematica che si basa sulla ragione sull’onestà e sul rispetto delle leggi naturali. La morale va trovata nel difficile equilibrio che è possibile raggiungere tra queste esigenze contrastanti e non più in norme precostituite. E’ una morale relativa, che valorizza la ricerca individuale delle soluzioni,l’ingegno e le capacità di ognuno e tiene presenti i bisogni di una vita regolata dalla ragione e dal decoro. Il Decameron rappresenta il raggiungimento di un punto di equilibrio fra aspetti tardogotici e aspetti preumanistici. Dopo prevarranno gli interessi umanistici. Influenzato da Petrarca diventerà uomo di studi che cerca la gloria e disprezza la vita mondana e le passioni.Ideali umanistici e crisi religiosa confluiscono in un nuovo atteggiamento di rifiuto della tematica erotica e di disprezzo per le femmine (misoginia). Cambia anche la poetica e lo stile: lasciati da parte il tema amoroso e la predilezione per le donne, Boccaccio tende una letteratura alta per un elite di studiosi e di letterati. Il Corbaccio ha la funzione di documentare questo cambiamento. E’ un opera in prosa presentata come trattato che ha del vituperium cioè dell’invettiva ma anche del viaggio allegorico della Commedia per il sogno ultramondano e il fine morale. Influenzato dai fabliaux e dalla satira latina di Giovenale e di Petrarca nel rifiuto dell’amore sensuale dell’uomo di lettere. Il titolo richiama la figura di malaugurio del corvo che può rappresentare l’autore che augura il male alle donne, la vedova, protagonista negativa, l’analogia tra i corvi che tolgono gli occhi e il dio dell’Amore che acceca gli innamorati o alla parola francese che significa frusta con riferimento all’attacco delle donne e della passione amorosa. L’occasione sembra autobiografica: l’amore senile per una vedova che si sarebbe presa gioco di Boccaccio. Secondo lo schema della Divina Commedia si smarrisce in una selva oscura dove gli innamorati vengono trasformati in animali. E’ il marito della vedova a guidarlo. Per farlo uscire gli mostra la vera natura delle donne e delle passioni amorose e in particolare quella della donna di cui si è innamorato: l’opera diventa un autocritica: l’autore vuole liberarsi delle passioni del passato e intraprendere una vita nuova. Ciò comporta il rifiuto della poetica letteraria sino allora seguita e la scelta di dedicarsi unicamente ad argomenti nobili ed elevati, agli studi filosofici e umanistici. Il Corbaccio non può essere considerato un ritorno alla misoginia e al moralismo religioso medioevale, questi elementi sono inseriti in una prospettiva di studi letterari e idee preuamanistiche e l’elevatezza non è quella dei cieli ma quella letteraria. E’ una nuova forma di ascetismo letterario e umanistico funzionale al culto della letteratura.
Il Decameron
Boccaccio comincia a comporre il Decameron subito dopo la peste di Firenze del 1348. La stesura iniziò nei primi mesi del ’49 ma alcune delle novelle erano più vecchie di questa data. All’epoca Boccaccio ha trentacinque anni, come Dante durante la composizione della Divina Commedia, e si pensa che questo possa aver influito sull’importanza che Boccaccio ha dato al suo libro. La fine della composizione è il 1351 (massimo il 1353). Il titolo Decameron è greco e significa dieci giornate, ed è ripreso da un libro di Sant’Ambrogio. All’inizio dell’opera, nel proemio dice subito che il libro è “cognominato” Galeotto, prende spunto in ciò dall’episodio dantesco di Paolo e Francesca, in cui Galeotto aiuto Lancillotto nel suo amore; anche il libro di Boccaccio ha questo scopo, aiutare le donne in amore. Per la lettura abbiamo il libro autografo di Boccaccio del 1370. Dopo il proemio la prima giornata inizia con una rubrica, dove si riassume ciò che sarà detto in questa giornata; ogni novella poi ha una sua rubrica dove sono dati i suoi contenuti e i temi trattati. L’opera è divisa in tre livelli: la super-cornice, dove a parlare è l’autore, la cornice, dove parlano i 10 narratori, e le novelle, dove si raccontano le storie. Il numero delle novelle dovrebbe essere cento ma l’autore ne inserisce un’altra all’inizio della quarta giornata, per difendersi dalle accuse dei critici. E’ l’eccezione che conferma la regola, spesso presente in Boccaccio (infatti 100 è perfetto, come i canti della Divina Commedia). La cornice ha scopo di collegare i racconti secondo una tradizione araba, connette, commenta e distingue le novelle e rappresenta l’atmosfera in cui vivono i 10 giovani, scappati in campagna per la paura della peste. Le sette ragazze sono quelle che decidono di andare in campagna e dopo un colloquio nella chiesa di Santa Maria Novelle si uniscono a tre giovani, rispettivamente innamorati di tre ragazze del gruppo. I personaggi sono Pampinea, la saggia, Elissa, Lauretta, Neifile, Fiammetta, Filomena, Emilia, Panfilo, Filostrato, Dioneo. Alcuni di questi sono ripresi dalle altre opere di Boccaccio, come Panfilo (sotto cui si cela l’autore) e Fiammetta, già nell’Elegia di Madonna Fiammetta, Emilia, personaggio del Teseida, Dioneo, nell’Ameto, Filostrato nell’opera omonima. Inoltre i nomi richiamano il comportamento dei personaggio, come Dioneo, che significa figlio di Venere e di comportamento licenzioso. La comitiva si reca per due settimane in un palazzo a due miglia da Firenze. Decidono di nominare un re per ogni giornata, spetta a lui decidere le novelle e il tema. Alla fine della giornata uno dei novellari canta una canzone. La prima e la nona giornata però non hanno argomento preciso, ma tema libero, in più Dioneo non si attiene all’ordine del novellare e deciderà di essere sempre l’ultimo a raccontare la novella tranne che per la prima giornata e in più non si attiene spesso al tema. Nell’opera l’autore dice di volersi prendere cura delle donne “afflitte d’amore” e di voler insegnare loro cosa “fuggire” e cosa “seguitare”. La prima giornata inizia con la descrizione dell’incontro dei dieci, e con la descrizione della peste a Firenze. Essi escono dalla città per continuare a poter vivere nell’onestà borghese che distingueva la loro classe e non restare nello sfacelo della peste, che rende gli uomini dissoluti. Anche se trattano di situazioni scabrose inoltre ne restano sempre distaccati con eleganza. Non curandosi delle possibili maldicenze dei cittadini si recano quindi nel contado.
Le novelle
Prima giornata: La regina è Pampinea, che aveva deciso di “prendere diletto” con le novelle. Il tema è libero, ma il motivo dominante è quello religioso e le risposte pronte per togliersi dai guai. Vengono presi in giro i preti e la loro ipocrisia, e viene valorizzato l’ingegno individuale. Nella Novella di Ciappelletto, Panfilo parla di un mercante e della dabbenaggine dei preti, che lo prendono per santo, anche se in verità è un peccatore e un non religioso. Viene data una netta distinzione fra piano umano e divino. Alla fine della giornata Emilia canta una canzone sull’onestà del vivere
Seconda giornata: è retta da Filomena, e ha come tema il potere della fortuna che porta a situazioni incredibili ma a lieto fine. Si ha il tema del travestimento, che aumenta l’avventura delle novelle e la loro comicità; a questo motivo è ricollegato quello dell’agnizione, del riconoscimento. Il tema avventuroso fa sì che anche i paesaggi siano vari e siano presenti molti paesaggi mediterranei, molto vicini alle conoscenze di Boccaccio. Nella Novella di Andreuccio da Perugina, la quinta di questa giornata, Fiammetta racconta della sorte avversa di Andreuccio, recatosi a Napoli per alcuni mercati su cavalli. Dopo molte situazioni sfortunate e dopo esser stato derubato ritorna più ricco e saggio a Perugia. C’è in questa novella il conflitto fra fortuna ed ingegno. La sorte avversa non impedisce ad Andreuccio di tornare più ricco a casa.
Terza giornata: retta da Neifile, il tema è il raggiungimento dell’oggetto del desiderio tramite l’ingegno. Il tema apre alla trattazione erotica e infatti è presente nella maggior parte delle novelle ciò. Anche i frati e le monache fanno parte dei protagonisti, questo per indicare che la natura è una forza troppo grande per essere repressa. In più traspare una “democrazia amorosa”, sia i nobili che i poveri si innamorano e l’amore e l’eros è presente ovunque. Inoltre è presente la “democrazia dell’ingegno”: l’ingegno non è dato dalla classe sociale di appartenenza ma dalle abilità date dalla natura al singolo. In La novella dello stalliere del re Agilulfo si parla di queste due democrazie.
Quarta giornata: è quella della difesa dell’autore; prima di tutto dice che pensava di essere esente dalle critiche per il tema non elevato che tratta, poi quando dice di esser stato criticato per: a)badar troppo alle donne b) di star troppo con loro e poco con le muse c) di avere un età adulta non adatta a scrivere ciò che scrive d) di non pensare a guadagnare. L’autore risponde dicendo che a) che la natura e l’impulso amoroso è troppo forte e chi non lo descrive non parla neanche delle donne. b) le muse sono donne c) anche Dante aveva la sua stessa età quando compose le sue opere d) è pronto alla miseria e pensa di vivere di più di chi pensa ai guadagni. Il re della giornata è Filostrato (abbattuto d’amore) e per ciò il tema non è altro che amori con finale infelice. L’unico a dare gioia alla giornata sarà Dioneo, nell’ultima novella. Nelle novelle è ripresa l’autodifesa dell’autore e l’impossibilità di fermare il desiderio e l’ipocrisia di chi non vede la sua presenza immanente nel mondo. Si parla della nobiltà d’animo delle innamorate e nella giornata appare più volte la figura del corpo morto dell’amato portato davanti alla amata, che a quel punto si uccide. La nobiltà d’amore e d’animo non sempre coincidono, anche se Boccaccio usa in questa giornata oltre ad un linguaggio più elevato la figura dell’antico come esempio di nobiltà. In La novella di Tancredi e Ghismunda l’autore per mezzo di Fiammetta parla della nobiltà d’animo delle innamorate, del “cupiscibil desiderio”, non una cosa vergognosa ma nobile e ragionata.
Quinta giornata: la regina è Fiammetta, si raccontano amori a lieto fine. E’ presente in molte di queste novelle il tema dello sperpero di denaro che non influenza però la nobiltà d’animo; è ancora delineata la differenza fra sorte e ingegno. Si ha in questa giornata poi anche il tema dell’agnizione, e della avventura amorosa. In La novella di Federigo degli Alberghi, narrata da Fiammetta, Federigo mantiene la sua nobiltà fino alla fine, dando da mangiare alla donna che ama il suo unico sostentamento, il falco, che gli dava il cibo. Si parla inoltre della decadenza della nobiltà feudale e della nuova classe che en mantiene la nobiltà, la borghesia, che al contrario è più accorta e attenta.
Sesta giornata: Elissa è la regina di questa giornata, inizia con un diverbio fra due servitori sull’onestà e la verginità delle donne in procinto di sposarsi. Il tema è quello della risposta arguta; per questo queste novelle sono molto più brevi di quelle delle altre giornate e per aumentare la lunghezza del capitolo Boccaccio mette questo diverbio alla fine e aumenta la descrizione della cornice. L’ambito, come per tutte le storie comiche, è la Toscana. Nella Novella di Chichibio e la gru si riprende il tema della democrazia dell’ingegno e la morale relativistica di Boccaccio. Nella Novella di frate Cipolla, Dioneo parla ancora del malcostume della chiesa ma anche dell’ingegno del singolo. Si tratta in modo satirico di questa vicenda, dove il prete prende letteralmente in giro con false reliquie i credenti.
Settima giornata: il re è Dioneo, il tema sono le beffe ai mariti e l’astuzia femminile. E’ data omogeneità alle diverse novelle per la stessa ambientazione e per il triangolo erotico moglie-marito-amante, dove le astuzie fanno raggiungere un desiderio o fanno scampare una situazione difficile. I tratti sono fissi: marito stupido o geloso, donna astuta, amante prestante e giovane. L’opposizione di valore-valore, come quella marito-moglie, è molto facile da trovare. Inoltre anche la condizione del marito (di solito ricco) è in contrapposizione con quella dell’amante (povero).
Ottava giornata: retta da Lauretta, come tema le beffe. L’ambientazione è Toscana. Lo sfondo è erotico ma anche economico; essi si intrecciano a vicenda in più novelle. Compare Calandrino, presente in altre novelle boccaccesche. In una delle sue novelle quella di Calandrino e l’elitropia, dove si prende in giro la dabbenaggine e l’ingenuità (a cui sono associate la condizione sociale).
Nona giornata: la regina è Emilia, il tema la gioia di vivere, i doveri delle donne, le beffe. Il tema è gioioso, si inneggia la forza della natura e la felicità dei sensi. Secondo Boccaccio poi le donne si devono sottomettere al volere dell’uomo. Nella novella della badessa e le brache, raccontata da Elissa, si ha molta ironia e inoltre non si critica il comportamento dissoluto, ma l’ipocrisia di chi nasconde il piacere.
Decima giornata: il re è Panfilo, il tema la liberalità e la magnificenza. Attraverso la liberalità l’uomo raggiunge la fama e vince la caducità. In questa affermazione si ha il preumanismo e una laicicità spiccata. In questa giornata il linguaggio si eleva e con lui il personaggi, nobili e cortesi. Si parla di amore, gentilezza, amicizia, liberalità. L’ultima novella del Decameron è l’opposto della prima perché molto più nobile nel significato.
Le conclusioni sono date da Dioneo, che dice che la comitiva è sempre stata onesta ed elegante. Alla fine i 10 tornano a Firenze e si salutano davanti alla chiesa di Maria Novelle. Prende la parola l’autore che inizia di nuovo a difendersi dicendo che la forma usata è coerente con il tema, difende il linguaggio non sempre alto e con doppi sensi, dicendo che è naturale, e inoltre dice che i temi sono perversi solo se chi li legge è perverso.
Boccaccio indica per la letteratura tre livelli di stile: alto o tragico, quello mezzano e il “fabuloso parlare degli ignoranti” e cioè i miti e le favole. Il Decameron, di argomenti comici, appartiene quindi allo stile mezzano. L’intento dell’opera è edonistico e utilitario, scritto per dilettare le donne, e per istruirle. Il tema edonistico è affermato: bisogna accettare e rispettare il desiderio. Inoltre con Boccaccio l’intrattenimento entra a far parte dell’opera d’arte, sottraendola alla morale e alla teologia. Inoltre il carattere utilitario non è più precettistica ma indica una serie di comportamenti che devono insegnare una morale relativistica, devono far imparare a saper scegliere, alla ricerca di un equilibrio fra desiderio (natura), fortuna (sorte) e onestà del vivere civile. Quindi dal divertirsi può nascere un insegnamento. Nella sua opera Boccaccio dice di scrivere: novelle (cronaca), favole (temi scherzosi), parabole (racconti moralistici) e istorie (carattere storico). Lo stile che è maggiormente presente è quello comico ma per ogni situazione, dice l’autore nelle conclusioni, le parole e la lingua cambiano, dando centralità all’estetica dell’opera. L’arte per Boccaccio è solo laica. Riprende l’uso della cornice dalla cultura araba, le storie oscene dalla cultura greca e latina, usa i temi delle fabliaux e delle vidas…La sua morale è aperta, il suoi valori relativi. Inizia la novellistica perché prima di lui, per esempio nel Novellino, si tendeva alla morale, tralasciando l’attualizzazione e le descrizioni accurate. Rispetto al Filocolo si ha intertestualità con uno stesso autore, e cioè riprende dall’opera antecedente una novella; ne aumenta la caratterizzazione e quindi la lunghezza, in più rispetto a prima il cavaliere nella novella non è convintissimo di ciò che fa e resta aperta la morale. Si ha un rapporto diverso narrazione-controversia: mentre nel Filocolo con la narrazione si scioglie la controversia, la narrazione del Decameron la apre. Nel linguaggio usa la retorica medioevale e il cursus meno di quella classica, mantenendo il cursus (planus, tardus, velox) ma dando un ritmo più armonioso grazie all’ipotassi, e all’endecasillabo. Usa poi imitando la prosa latina il gerundivo e i participi, con valore di ablativi assoluti. Questi aspetti si trovano quando i temi si innalzano. Mentre nelle favole di Boccaccio, quelle comiche, lo stile è frammentario, agile, mimetico (discorso diretto), incline al parlato; il linguaggio è più basso e i personaggi sono caratterizzati nel linguaggio geograficamente, e cioè spesso per mezzo dei loro dialetti (non sempre così). Il linguaggio infatti indica spesso la classe sociale o la virtù d’animo del personaggio. Ciò porta al plurilinguismo, strettamente collegato al pluristilismo. Il volgare fiorentino tende a stabilizzare il linguaggio allo stile medio ma resta la presenza del mescolato nell’opera boccaccesca. Secondo Baratto si ha nel Decameron: novelle (pezzi di vita salienti di un personaggio), racconti d’azione, romanzo (formazione del personaggio), contrasto (storia con discorsi fra classi diverse), commedia (dialogo comico) e mimo (battute). La struttura a cornice è tipicamente medioevale nella ricerca di ordine. L’ordine dato può sembrare ascensionale, e cioè l’autore parte da un esempio negativo (ser Ciappeletto), per arrivare alla definizione più alta di liberalità e amore (ultima novella). Ma la struttura non è verticale ma orizzontale, e ogni novella è inserita in “grappoli”, dove si ha un tema comune fra di esse. Forse poi l’opera era stata divisa in due, dal 1° al 6° e dal 6° al 10° per i vari parallelismi trovati fra le due parti. In più a differenza della cornice del Filocolo qui non si ricerca la morale come anche Dante fa, ma si lascia la problematica aperta e con prospettive diverse (poliprospettivismo), anche fra i diversi livelli. In Boccaccio non ci sono passioni civili, la sua utopia è laica e rivolta al comportamento del singolo, e non alla società. Lo spazio: da una parte un polo è dato dai racconti che si svolgono nel mediterraneo, descrivono luoghi di mercato, molto conosciuti da Boccaccio. L’altro polo è Firenze e qui per la prima volta appare il personaggio della folla. In più gli inurbati sono contrapposti ai cittadini. L’avventura cittadina dà il potenziale alla narrativa cittadina. Grande realismo in tutto, nelle figure, nei luoghi, nei tempi, nella psicologia dei personaggi, sempre caratterizzate, mai caricaturali. Il Decameron è una commedia sociale, in esso è presente ogni classe. Il realismo comico fa poi si che la comicità sia vista distaccatamente, con un sorriso che partecipa sopra le parti.

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