"Il principe" di N.Machiavelli

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Testo

Tipologia A: analisi del testo.
Capitolo VI “Principe”
N. Machiavelli

“Domani partiamo, i Medi ormai sono incapaci di conenere il nostro popolo. Abbiamo bisogno di una rivincita, domani comincia la liberazione.”
“Ne sei sicuro, Ciro? Credi davvero che i Persiani abbiano tutto questo bisogno di rivincita?”
“E me lo chiedi? Mio caro, questa è l’occasione che ho tanto cercato.”

“Sai cos’è questo, bestia infame? È il filo della mia Arianna, mi ricondurrà fuori da questo labirinto. Non potrai più essere simbolo di un ingiusto dominio, riunificherò il mio popolo. Sono qui al momento giusto, sono forte e ho l’occasione.”

“Ecco che nasce Roma. Tu non ne vedrai mai lo sviluppo, fratello, ormai sono io l’unico re. Non c’è posto per entrambi, l’occasione l’ho avuta io.”

“Riuscirai davvero a condurci fuori dall’Egitto?”
“Mi seguirete e io seguirò il Signore. Sarà lui a liberarvi con la mia mano. La vostra voglia di riscatto e di libertà fornirà la giusta volontà per permettervi di sconfiggere il faraone. È la vostra occasione.”

Questa forse è una visione un po’ fantasiosa dell’accaduto, ma è all’incirca quello che vuole esprimere il Machiavelli nel sesto capitolo della sua opera magna, il “Principe”. Le tematiche principali infatti si articolano intorno ai seguenti punti: il concetto di imitazione, la compresenza di passato e presente, le parole chiave virtù-fortuna-occasione, i problemi relativi all’acquisizione e al mantenimento del potere. Passiamo ad un’analisi più approfondita.
Con questo quadruplice excursus temporale abbiamo ironicamente osservato i quattro esempi posti dall’autore nel suddetto capitolo. Parla di Ciro, Teseo, Romolo e Mosè e ne parla come uomini estremamente virtuosi che quindi hanno saputo sfruttare l’occasione del caso. Machiavelli parla in effetti di occasione come condizione necessaria per lo sviluppo di un nuovo principato o regno. La virtù è l’altra condizione indispensabile, in quanto solo tramite questa è possibile cogliere l’occasione proposta dalla fortuna e farla fruttare a dovere. Parlando di fortuna, il segretario fiorentino afferma che essa agisce sul vivere umano con una percentuale (attualizzando la definizione) del 50%. Il resto, chiaramente è occupato dalla virtù, impegnata ad arginare, come in una sua famosa figura retorica, i danni della prima.
Un’ultimo particolare da non trascurare è che l’occasione non è da considerarsi un dono venuto dal cielo, bensì una opportunità che va ricercata con cura. Questo rientra nella virtù dei miti.
Inoltre Machiavelli precisa nell’introduzione del capitolo che non pretende che si debbano sviluppare principati identici a quelli proposti in esempio, bensì che si debba solo tendere ad assomigliare ad essi, in quanto non è possibile né riprodurre l’occasione specifica, né emulare l’incredibile virtù di quegli eroi. Come metafora parla di un arciere che per scagliare lontano la sua freccia punta al Sole, consapevole però di non potere colpire proprio la stella.
Bisogna notare come Machiavelli usi gli esempi tratti dal passato e come allo stesso modo usi esempi tratti dalla storia contemporanea, proprio per le ragioni sovracitate di impossibilità di sovrapposizione tra passato e presente. In questo capitolo in particolare troviamo Savonarola, che ha perso il suo principato per due motivi: una serie di leggi che lo hanno indebolito e una debolezza già esistente in ambito militare.
A proposito di questa debolezza militare osserviamo come, soprattutto in altri capitoli dell’opera, il segretario fiorentino sviluppi il tema delle “armi”. Secondo lui è fondamentale disporre di un valido esercito con il quale tenere sotto controllo la situazione in ogni evenienza. Chiaramente dev’essere attivo solo in caso di emergenza, altrimenti avremmo sicuramente una dittatura malvoluta e difficilmente controllabile.
La virtù è fondamentale sia per l’acquisizione di un principato che per il suo mantenimento, sappiamo infatti che a dire del Machiavelli un principato conquistato con la fortuna è assai più difficile da governare in seguito. Come esempio minore di un principato conquistato con la virtù e di conseguenza facilmente mantenuto lo abbiamo con Ierone Siracusano verso la fine del documento.
Passando alle mie opinioni riguardo l’agire della fortuna, o meglio dire del caso, nella nostra vita, devo dire che sono abbastanza d’accordo con le tesi machiavelliane. Noi non dipendiemo dalla sorte e possiamo sempre limitare i danni da essa causati tramite le nostre capacità, ma è innegabile che essa influenza la nostra vita. Può migliorarcela o peggiorarcela, a noi sta solo far fruttare l’occasione o appunto limitare i danni.
Ad esempio nello sport, quando vediamo un avversario in difficoltà sappiamo che è il momento di fare uno sforzo in più per dare il distacco facile, cogliendo l’occasione, oppure sappiamo che appena abbiamo noi un problema è necessario impegnarsi ancora di più per recuperare lo svantaggio. Nella sfortuna ci vuole grinta per reagire, nella fortuna ci vuole freddezza per approfittarne.

Esempio