Seneca e le sue opere

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura Latina
Download:1153
Data:09.12.2009
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
seneca-sue-opere_2.zip (Dimensione: 13.47 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_seneca-e-le-sue-opere.doc     45.5 Kb


Testo

SENECA
LA VITA
Nacque in Spagna a Cordova. Appartiene ad una famiglia appartenente alla ricca aristocrazia provinciale. Forse nel 4 a.C. venne a Roma dove fu educato nelle scuole retoriche. Si recò in Egitto e poi torno a Roma dove intraprese una carriera politica. Ottenne grandi successi. Nel 41 fu costretto all’esilio dall’imperatore Claudio per il coinvolgimento dell’adulterio di Giulia Livilla. Rimase lì fino al 49 quando Agrippina, moglie di Claudio, riuscì a convincere il marito a far tornare Seneca e lo scelse come tutore del figlio Nerone.
Attorno al 62 Seneca vide venir meno la sua influenza di consigliere politico e si ritirò gradualmente alla vita privata. Ormai inviso e sospetto a Nerone, Seneca venne coinvolto nella congiura di Pisone di cui forse era solo al corrente e per questo venne condannato a morte e si suicidò nello stesso anno, 65 d.C.
LE OPERE
• I DIALOGHI: raccolta di 12 libri degli scritti morali di Seneca messi insieme e divulgati dopo la morte dell’autore. La composizione dei dialoghi si colloca nell’arco dell’intera vita di Seneca ma ben pochi di essi sono databili. Viene dato il titolo di “ Dialoghi” perché un interlocutore che viene drammatizzato. C’è un destinatario, un tu generico, ed è come se Seneca stesse dialogando con lui. Ognuno dei dialoghi tratta un tema specifico dell’etica stoica.
• Le tre consolationes: è il genere della consolazione che prediligeva la trattazione di alcuni temi morali ricorrenti come la brevità e la precarietà della vita e l’ineluttabilità della morte.
1. “Consolatio ad Marciam”: indirizzata alla figlia dello storico Cremuzio Corso per consolarla per la morte prematura del figlio. Seneca la esorta al coraggio dimostrandole che un dolore eccessivo è contro natura e che la morte non è un male perché libera essa stessa dai mali.
2. “Consolatio ad Polybium”: risale al periodo del suo esilio in Corsica. Indirizzata a un potente liberto dell’imperatore Claudio per consolarlo per la perdita di un fratello. Si rivela in realtà come un tentativo di adulare direttamente l’imperatore per ottenere il ritorno a Roma ( Prosopopea di Claudio).
3. “Consolatio ad Helviam matrem”: è indirizzata alla propria madre per tranquillizzarla e consolarla per la sua lontananza. Seneca sostiene che l’esilio non sia un male ma solo un mutamento di luogo; esso non impedisce al saggio una ricerca della virtù ma anzi la favorisce visto che garantisce una grande disponibilità di tempo da dedicare allo studio e alla contemplazione.
• I tre libri del De Ira: scritti prima dell’esilio ma pubblicati dopo la morte di Caligola. Sono dedicati al fratello Novato; tratta il tema delle passioni umane e della loro manifestazione. Seguendo gli insegnamenti della filosofia stoica, Seneca mostra che l’ira come le altre passioni è un male. Sono una sorta di fenomenologia delle passioni umane: analizzale origini e i modi per inibirle e dominarle. ( L’esempio negativo è Calligola).
• Il De Vita Beata: sempre dedicato al fratello Novato a cui si rivolge ora con il nome di Gallione (in quanto era stato adottato dal retore Giulio Gallione). Affronta il problema della felicità e del ruolo che nel perseguimento di essa assumono le ricchezze e gli agi. Probabilmente per fronteggiare le accuse che da più parti gli venivano mosse, Seneca dimostra che la ricchezza non ostacola l’esercizio della virtù anzi legittima l’uso della ricchezza, se questa si rivela funzionale alla ricerca della virtù.
• I tre dialoghi dedicati a Sereno che abbandona le sue convinzioni epicuree per accostarsi ad un’etica stoica.
1) “De constantia sapientis”: viene affrontato il tema dell’imperturbabilità del saggio forte davanti alle avversità dato che la virtù lo rende invulnerabile.
2) “De otio”: tratta il problema dell’opportunità per il saggio di partecipare alla vita politica. Seneca invita il saggio che per contingenze politiche non può rendersi utile agli altri, di giovare almeno a se stesso rifugiandosi ad una solitudine contemplativa.
3) “De tranquillitate vitae”: è l’unico che presenta in parte in forma dialogica. Seneca consiglia all’amico di essere flessibile in rapporto alle circostanze in modo tale da dedicarsi ora alla contemplazione, ora all’attività d’impegno pubblico ( quello del civis romano).
(“((((((((”= sapersi adattare all’ambiente in cui ci si trova, alle circostanze in cui ci si trova ad agire. Se uno di presenta in maniera troppo rigorosa può scoraggiare se invece si adatta ha più possibilità).
• Il “De brevitate vitae”: è scritto forse fra il 49 e il 52. E’ dedicato a Paolino e tratta il tema della fugacità del tempo e di un’apparente brevità della vita che tale ci sembra perché non ne sappiamo afferrare l’essenza ma la disperdiamo in tante occupazioni futili e prive di valore morale.
“ La vita è abbastanza lunga se sai come usarla”. Seneca.
• “De providentia”: primo dei dialoghi anche se fra gli ultimi dal punto di vista cronologico. Dedicato a Lucilio. Il problema affrontato, in risposta ad una domanda sollevata da un amico, riguarda l’apparente contraddizione tra la concezione stoica in base alla quale le vicende umane sono governate dalla previdenza e la constatazione che nei fatti i mali sembrano colpire sempre i buoni, laddove i malvagi vengono risparmiati se non addirittura premiati. Seneca risponde dimostrando che quelli non sono in realtà mali ma anzi prove alle quali gli dei sottopongono gli uomini per permettere loro di esercitare la virtù in modo tale da temprarli e da renderli perfetti.

• FILOSOFIA E POTERE: Seneca è uno dei pochi che ha potuto realizzare l’utopia platonica del filosofo al potere. Affronta il problema della partecipazione del saggio alla vita politica con una sorta di compromesso: il saggio non dovrà tenersi lontano dagli affari dello stato a condizione che la partecipazione non turbi la serenità interiore; egli potrà dunque lavorare per il benessere della sua comunità.
• Il “De clementia”: opera dedicata al giovane Nerone in occasione dei suoi 18 anni. Sono due libri databili dal 55 al 56 a.C. Inizia elogiando Nerone per la clemenza dimostrata fio ad ora. Espone nelle sue linee essenziali un programma politico ideale ispirato alla clemenza e alla moderazione. Non mette in discussione la legittimità costituzionale del principato né le forme monarchiche; infatti il potere unico era il più conforme alla concezione stoica di un ordine cosmico governato dal logos. L’imperatore diventa in questo modo manifestazione del logos, il principio razionale e la ragione universale. Il problema è quello di avere un buon sovrano: un monarca assoluto, il cui potere è teoricamente illimitato, potrà essere un buon governante solo se troverà nella propria coscienza delle precise e giuste regole di condotta.
• Il “De beneficiis”: risale al periodo di ritiro, sono 7 libri dedicati all’amico Liberale. Tratta della natura e delle varie modalità degli atti di beneficenza, del legame che istituiscono fra benefattore e beneficato. L’opera analizza il beneficio come elemento coesivo dei rapporti interni all’organismo sociale, sembra trasferire sul piano della morale individuale il progetto di una società equilibrata e concorde che Seneca aveva fondato sull’utopia di una monarchia illuminata. Propone al posto della clemenza tra re e sudditi un rapporto di reciproca beneficenza all’interno della società. L’appello rivolto alla classe privilegiate ai doveri della filantropia e della liberalità nell’intento di instaurare rapporti sociali più umani e cordiali si configura come la proposta alternativa di quel progetto. Ne esce il ritratto di una società illuminata.
• Le “Naturales quaestiones”: Dedicate a Lucilio e risalenti al periodo in cui è ritirato a vita privata. C’è un interlocutore. E’ l’unica opera di carattere scientifico rimastaci. Tratta i fenomeni naturali e celesti. Le spiegazioni del mondo sono necessarie per non farsi prendere da timori. E’ il frutto di un vasto lavoro di compilazione, durato lunghi anni, da svariate fonti soprattutto stoiche.
• Le “Epistulae ad Lucilium”: si tratta di una raccolta in 20 libri di oltre 100 lettere di varia lunghezza e di vario argomento indirizzate all’amico Lucilio. Non è chiaro se tali epistole siano fittizie o reali come farebbe supporre il fatto che alcune di esse richiamano la risposta dell’interlocutore. Seneca introduce un genere nuovo se non nella forma sicuramente nel contenuto. Il modello è Epicuro, colui che ha realizzato quel rapporto di formazione e di educazione spirituale che Seneca istituisce con Lucilio. Le sue lettere vogliono essere uno strumento di crescita morale, l’interazione fra i due personaggi può portare dei vantaggi ad entrambi; è un cammino continuo di autoformazione che deve culminare con il raggiungimento della sapientia. Istituisce un colloquium con l’amico. Conclude ogni lettera dei primi tre libri con una sententia, anaforisma che offre un frammento di saggezza su cui meditare. Col tono pacato e cordiale di chi non si atteggia a maestro ma ricerca egli stesso la via verso la saggezza, una meta mai pienamente raggiungibile. Seneca propone l’ideale di una vita indirizzata al raccoglimento e alla meditazione, al perfezionamento interiore mediante un’attenta riflessione sulle debolezze dei vizi propri e altrui. Ogni giorno bisogna togliere qualche difetto. Nelle prime lettere l’atteggiamento di Seneca è più da maestro poi via via diventa più paritetico.
• “L’Apokolohyntosis”: anche detta “ Ludus de morte Claudii” .Il titolo deriva dal nome greco kolòkynta (zucca). E’ la parodia della divinizzazione di Claudio, decretata dal senato dopo la sua morte. All’irrisione per i difetti fisici si affianca quella per i suoi interessi personali e per le sue scelte politiche. Si tratta di un libello inizialmente diffuso in forma anonima. E’ certo un regalo al nuovo imperatore Nerone di cui celebra implicitamente per antitesi con quella che si è chiusa, la nuova e più felice età. E’ una satira menippea e alterna perciò prosa e versi di vario tipo. Numerose sono le citazioni di versi anche greci che producono effetti di un farsesco controcanto.
LE TRAGEDIE: quelle di Seneca sono le sole tragedie latine a noi pervenute. Sono 9 quelle ritenute autentiche, tutte di soggetto mitologico greco (coturnate). I modelli sono le tragedie greche del periodo classico perlopiù Sofocle ed Euripide. C’è un'unica tragedia praetexta chiamata Octavia, sicuramente spuria. Secondo alcuni erano finalizzate alla rappresentazione, secondo altri semplicemente alla lettura o alla declamazione. Dubbia è anche la datazione. Gli argomenti sono indicati dai titoli. Sono tragedie divise in 5 atti. Vi è la presenza di molti argomenti cari alla riflessione del filosofo: il tema del potere e quello delle passioni. I protagonisti speso sono uomini completamente corrotti dal potere in preda al furor della follia, stravolti dalle passioni più spaventose. Non ci sono eroi positivi (e quelli negativi trionfano) e manca qualsiasi traccia di quella sapienza e di quella bona mens che Seneca mostra di apprezzare tanto in sede filosofica. Le vicende tragiche si configurano come conflitti di forze contrastanti, con opposizione fra mens bona e furor, fra ragione e passione. La tragedia di Seneca sembra così trasferire nella sfera atemporale e immaginaria del mito eventi, paure, ossessioni che la storia tende crudelmente a riproporre e di fronte ai quali l’individuo non rimane che una velleitaria denuncia o forse, soltanto, una dolorosa presa d’atto della propria intima fragilità.

Esempio