Biltà di donna e di saccente core, di Guido Cavalcanti

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

BILTA’ DI DONNA E DI SACCENTE CORE

Biltà di donna e di saccente core
e cavalieri armati che sien genti;
cantar d'augilli e ragionar d'amore;
adorni legni 'n mar forte correnti;

aria serena quand' apar l'albore
e bianca neve scender senza venti;
rivera d'acqua e prato d'ogni fiore;
oro, argento, azzuro 'n ornamenti:

ciò passa la beltate e la valenza
de la mia donna e 'l su' gentil coraggio,
s' che rasembra vile a chi ciò guarda;

e tanto più d'ogn' altr' ha canoscenza,
quanto lo ciel de la terra è maggio.
A simil di natura ben non tarda.

PARAFRASI

La bellezza di una donna e del cuore sapiente
E una schiera di nobili cavalieri in armi;
canti d’uccelli e discorsi amorosi;
nobili navi con grandi vele che navigano rapidamente sul mare;

aria serena all’apparir dell’alba
e la bianca neve leggera in un giorno senza vento;
i fiumi e un prato fiorito;
oro, argento e lapislazzuli disposti in gioielli:

la sua bellezza e la sua virtù superano tutto ciò
e il suo nobile animo,
così che queste cose sembrino vili a chi le guarda;

e ha più capacità di comprendere di chiunque altro,
più di quanto il cielo e maggiore della terra.
Il bene non tarda ad andare su una donna di natura simile.

ANALISI DEL TESTO

L’autore fa un elenco di cose che ai suoi occhi sono meravigliose: una schiera di nobili cavalieri pronti alla battaglia, il canto degli uccelli, un prato fiorito… Infine conclude affermando che tutto ciò viene superato dalla bellezza e dall’animo della donna amata. L’autore riprende infatti lo schema dei poeti provenzali: il plazer. La situazione narrativa di questo sonetto è reale in quanto i paragoni con la donna amata sono situazioni o cose reali.
L’io-lirico è meravigliato della bellezza della donna amata, la ritiene una creatura perfetta. È follemente innamorato di lei.
Il tu-lirico è la donna amata, descritta come creatura superiore alle bellezze del mondo e ad ogni altro uomo. A lei è dedicato il componimento.
In questo componimento, Guido Cavalcanti non fa coincidere le strofe con le unità semantiche (la strofa non coincide con il periodo e neanche il verso con la frase), rendendo così il lettore curioso perché il plazer è presente nelle prime due quartine e nella prima terzina e non in tutto il sonetto come si aspetterebbe il lettore. Infine nell’ultima terzina abbiamo due periodi.
Questa poesia è un sonetto, composto da due quartine e due terzine. Le prime due quartine sono caratterizzate da rime alternate (ABAB ABAB), mentre le due terzine sono caratterizzate da rime ripetute (CDE CDE).
Questo componimento riprende, per le tematiche, le poesie “Avete ‘n vo’ li fior e la verdura” e “Chi è questa che ven” dello stesso Cavalcanti. Inoltre riprende lo stile provenzale del plazer utilizzato anche da Guido Guinizzelli, modello dei poeti stilnovisti.

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