Aspetti significativi della società e della mentalità comunale nella letteratura del D

Materie:Tema
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

Aspetti significativi della società e della mentalità comunale nella letteratura del Duecento. Illustra l’argomento in modo articolato, argomentato, documentato e con gli opportuni e pertinenti riferimenti ai testi oggetto di studio.

Nell’età comunale cambia la situazione economica e, di conseguenza, si assiste a dei mutamenti in ambito sociale: inizia a emergere la figura del mercante, che già esisteva, ma che aveva perso importanza prima dell’anno Mille con l’avvento delle invasioni in Europa.
La società che si sta venendo a formare vede perciò l’emergere della borghesia, che assume un ruolo sempre più importante nella vita politica e vuole fare suo quel patrimonio di conoscenze che fino ad allora era stato prerogativa di pochi. Ciò avviene grazie alla nascita della poesia didattico-didascalica, che vede tra i suoi maggiori esponenti Brunetto Latini, Giacomino da Verona e Bonvesin de la Riva.
Gli insegnamenti contenuti nelle loro poesie sono espliciti, sia di carattere religioso, che di carattere profano.
Nel “De Babilonia Civilitate Infernate” e nella “Gerusalemme Celeste” di Giacomino da Verona è possibile notare un monito diretto al pubblico affinché impari cosa sia bene e cosa sia male: vengono difatti descritte le condizioni disagiate delle anime condannate all’Inferno e quelle più agiate delle anime dirette al Paradiso.
Differentemente, nel “De Quinquaginta curialitatibus ad mensam” ( 50 cortesie da desco) di Bonvesin de la Riva, c’è un insegnamento morale: è un vero e proprio mini-galateo contenente i comportamenti che si dovrebbero tenere a tavola.
La poesia didattico-didascalica è caratterizzata da una forte chiarezza visiva, dal momento che bisognava impressionare le persone per far recepire al meglio il messaggio.
Tuttavia questa scuola poetica è l’ultima in ordine di comparsa cronologica nella vasta realtà italiana: il primo testo risale infatti al 1224-1226 ed è il “Cantico delle Creature” di San Francesco.
Il testo in questione riflette la tipica spiritualità francescana, esaltando carità, umiltà e fratellanza universale, ma l’aspetto più significativo è la lingua adottata, ovvero il volgare umbro illustre. Questo, nonostante le grafie latineggianti, e unito alla declamazione pubblica, sottolinea il fatto che il testo sia rivolto a un pubblico vasto ed eterogeneo. Questo tipo di poesia si colloca in un periodo storico, ovvero l’inizio del Duecento, che vede il crearsi di fermenti religiosi dovuti al maggior potere temporale che la Chiesa tende ad assumere; codeste riforme, etichettate con il nome di eresie e che volevano un ritorno al primordiale messaggio evangelico, tuttavia furono duramente represse, ma grazie alla loro spinta nacquero dei veri e propri ordini monastici più organizzati, che fin dalle loro origini avranno caratteristiche peculiari: l’ordine francescano e quello domenicano.
Il primo, che raccoglie appunto i seguaci di San Francesco, privilegia un ritorno a un rapporto diretto e personale con Dio, tramite la riscoperta di un modo diverso di vivere la natura, mentre il secondo sostiene un ritorno allo studio approfondito dei testi sacri, cosicché questi monaci divennero dei dotti con un’imbattibile preparazione teologica.
Il filone religioso vede anche il crearsi di un altro tipo di letteratura, posteriore di circa quarant’anni a quella di San Francesco e definita lauda drammatica; con questo termine sono indicate tutte le forme di poesia religiosa lirica in volgare, che prende a modello la ballata (testo lirico di argomento profano), e vede la presenza di più personaggi che interagiscono tra di loro.
Un illustre esempio di ciò è “Donna de Paradiso” di Iacopone da Todi. Egli, differentemente da San Francesco, dà voce a una visione della vita caratterizzata da una tensione verso Dio mai soddisfatta; secondo lui tutto ciò che ha a che fare con la vita terrena distoglie l’uomo dal proprio fine, motivo per cui i beni materiali sono guardati con sospetto.
Ciò da vita a una critica nei confronti di papa Bonifacio VIII, accusato di non esercitare pienamente il suo compito spirituale e di servirsi di un potere politico sempre maggiore per creare uno stato della Chiesa.
Si colloca infatti in questo secolo l’inizio della secolarizzazione della Chiesa, con la vendita delle indulgenze, la lotta per le investiture e la pratica del nepotismo.
Oltre alla lirica religiosa e a quella didattica, in Italia si sviluppa un’altra importante esperienza poetica in volgare, che fa riferimento alla letteratura provenzale: approda prima in Sicilia, alla corte di Federico II, e in seguito, grazie a Bonaggiunta Orbicciani, che assume il ruolo di mediatore culturale, arriva in Toscana. Mentre in Sicilia la concentrazione si rivolge a temi personali, legati all’aspetto amoroso, in Toscana le tematiche sono più ampie; a spiegazione di ciò vi è un contesto politico-culturale diverso: un potere monarchico assoluto da una parte, una rinascita delle città e la creazione di comuni dall’altra.
Le tematiche più strettamente civili contemplate dalla scuola toscana, fanno emergere la passione politica e riflettono la vita delle città, con i conflitti tra le diverse fazioni e le classi sociali; il poeta, difatti, non è più un uomo di corte, ma un cittadino pienamente inserito nella vita politica della città, che riversa nella sua poesia. Esempio di ciò è la canzone “Ahi lasso or è stagione de doler tanto” di Guittone D’Arezzo, maggior esponente della scuola toscana, che tratta la sconfitta subita dai Guelfi fiorentini nella battaglia di Montaperti.
Negli ultimi decenni del Duecento prende poi vita a Firenze una nuova esperienza letterale, che al motivo dell’omaggio feudale del cavaliere alla dama, sostituisce una visione molto più spiritualizzata della donna amata che viene esaltata non tanto per le sue qualità femminili, ma soprattutto come una figura angelica: lo stil novo. Facendo quindi della dama una dispensatrice, cioè colei che può donare all’anima la salvezza, il poeta si caricava di una grande responsabilità perché intellettualmente doveva motivare la funzione della dama e perciò questa poesia è molto densa per i contenuti intellettuali e non sono rari riferimenti di carattere filosofico e teologico. In più, alla realtà della corte reale viene sostituita una corte “ideale”, in cui vi stava una cerchia di spiriti eletti, un’elite molto ristretta di persone qualitativamente superiori alla massa.
Lo stil novo si rivela dunque come l’espressione dello strato più elevato delle nuove classi dirigenti comunali, che aspiravano a presentarsi come una sorta di nuova aristocrazia basata sull’ingegno.
In questa complessiva situazione comunale si colloca la figura di Dante Alighieri, in bilico tra la vecchia nobiltà e la nuova classe emergente, il quale, pur dovendo affrontare i problemi sorti nell’assetto politico e nel sempre più discusso ruolo del Papa, scriverà un’opera destinata a diventare la pietra miliare della cultura occidentale: la Commedia.

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