Tibullo

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Testo

Tibullo

La biografia di Tibullo ci è poco nota: date e vicende sono oscure o a volte non sufficientemente precisabili. Scarse informazioni possiamo ricavarle da accenni nelle sue elegie, oppure da altri poeti contemporanei (Orazio, Ovidio, Domizio Marso). Morì poco dopo Virgilio, molto probabilmente nello stesso anno (19 a.C.): un epigramma di Domizio Marso, premesso alla vita Tibulli, dice che la morte lo portò, ancora giovane, nei campi Elisi a far compagnia a Virgilio. Essendo morto giovane, la data di nascita sarà intorno al 55 e il 50 a.C. Alzio Tibullo era originario del Lazio, forse di Pedum, tra Tivoli e Preneste, dove Orazio ce lo mostra mentre si aggira meditabondo fra i boschi, forse di sua proprietà. O forse di Gabi: località nel cuore dell’antico Lazio. Parla nelle sue opere delle terre, però diminuite==> vittima di confische a vantaggio dei veterani delle guerre civili. Orazio gli attribuisce condizione agiata==> Tibullo lamenta invece ristrettezze economiche: puro atteggiamento letterario. Grande rapporto col suo nobile e potente amico Valeri Messalla Corvino, col quale prese parte alla spedizione in Gallia. Partecipò anche in Oriente sempre al seguito di Messalla: Tibullo si ammala e deve fermarsi a Corfù. Partecipa dunque ai grandi avvenimenti della storia, con un ruolo attivo, e non come “poeta al seguito” (dona militaria – battaglia di Aquisgrana). Non si può parlare di una totale estraneità dei negotia: in ciò egli si differenziava da Properzio e Ovidio. Il contrasto tra mondo della guerra e vita ritirata attraversa la sua biografia, ed è motivo centrale della sua poesia che esprime la scelta ideale, e la nostalgia, per una vita di amore, di affetti privati, di pace, di letteratura, che Tibullo non riuscì per a realizzare stabilmente. Messalla rappresenta per Tibullo il legame con la guerra e i negotia.
Le Elegie – opera autentica sono due libri di elegie che cantano temi d’amore, ma ospitano, o sono dedicate interamente ad altri argomenti, di carattere occasionale- celebrativo e di meditazione personale.
I libro: lunghezza di una raccolta poetica augustea (dieci elegie per circa 800 versi), fu pubblicato dopo il I libro di Properzio e prima delle successive raccolte properziane (26-25 a.C.).
II libro: eccezionalmente breve: sei elegie, per 400 versi. Forse rimase incompiuto per la morte del poeta.
Pluralità di partner amorosi: due donne, Delia (I libro) e Nemesi (II libro) e un puer, Marato (I libro). Tibullo è l’unico elegiaco latino a dare spazio anche all’amore pederastico, riprendendo l’esempio di Catullo.
Il I libro: Delia e Marato sono i protagonisti degli amori cantati nel primo libro. Delia il cui vero nome era Plania ha tutti i tratti tipici della donna elegiaca: vive liberamente i suoi amori furtivi in una società elegante ed equivoca, dividendo il suo favore tra il poeta e amanti più ricchi. Viene presentata come una relazione alterna e contrastata, fino ad una rottura. A lei sono dedicate cinque elegie del I libro: 1, 2, 3, 5, 6. A Marato dedica due elegie d’amore e di gelosia, che hanno un tono meno appassionato, più ironico e disincantato di quelle scritte per Delia. In alcune elegie dedicate a Delia è presente anche Messalla, come elemento di contrasto rispetto al mondo degli elegiaci, e inoltre, in quanto amico del poeta, egli fa parte del quadro ideale di serenità intima che Tibullo vagheggia. Non possiamo indicare in breve l’argomento dell’elegia, perché il poeta costruisce il suo componimento seguendo il libero sviluppo di una meditazione personale:
I,1: programma esistenziale del poeta (vita semplice in campagna e vita d’amore) è articolato in due blocchi separati, al centro dei quali si pone Messalla (rappresenta la contrapposta scelta della militia e di una nobile gloria).
I,2: lamento davanti la porta chiusa dell’amante;
I,3: la malattia lo trattiene a Corfù, impedendogli di seguire Messalla in Oriente;
dopo un’apostrofe alla morte, perché non lo colga nella solitudine della terra lontana, rievocazione del distacco da Delia al momento della partenza;
preghiera a Iside, di cui Delia è devota;
rievocazione dell’età dell’oro, quando non vi erano né guerre, ne viaggi;
il pensiero torna poi alla morte, e fantastica sui Campi Elisi, sede che Venere riserva agli amanti dopo la morte;
immagine il momento felice del ritorno e del ricongiungimento con Delia.
I,4: appartiene al ciclo di Marato, una specie di ars amatoria per conquistare i pueri, che il poeta immagina dettata da Priapo, dio rustico e licenzioso==> giovanetto bello, sensuale, avido e capriccioso, innamorato di Foloe, che lo fa soffrire.
I,5: tentativo fallito di ribellarsi dalla sua condizione di schiavo d’amore. Tibullo vagheggia un quadro ideale del quale fanno parte Delia e Messalla, dove c’è molta serenità.
I,6: tradimenti di Delia e gelosia del poeta.
I,7: interamente dedicata a Messalla, che festeggia il compleanno dell’illustre amico e al tempo stesso celebra il suo recente trionfo.
I,8: Tibullo chiede a Foloe di essere compiacente con Marato, ma è geloso di altri amanti, cui Marato si da per interesse. In questo ciclo è sensibile l’influenza della poesia ellenistica, in cui l’amore omosessuale aveva molto spazio.
I,9: elegia sempre dedicata a Marato.
I,10: né Delia, né Messalla: rifiuto della guerra, cui il poeta è pur costretto a partecipare, e nostalgia per l’età dell’oro, come tempo mitico di purezza primitiva idilliaca. Al centro dell’elegia è il tema della pace.
Il II libro: Nemesi (nome greco significa Vendetta, su Delia), è protagonista del II libro. Cortigiana da commedia, spregiudicata, avida, crudele: dubbia la rilevanza della realtà biografica. A lei sono dedicate tre elegie (3,4,6).
II,1: proemio, celebrazione di una festa contadina, e contiene una dedica a Messalla, sotto forma di brindisi a lui indirizzato dai celebranti della festa.
II,2: per il compleanno dell’amico, Cornuto.
II,5: di maggior impegno civile, celebra l’ingresso di Messalino nel collegio sacerdotale.

Il fondamento che caratterizza la poesia di Tibullo è quello della scelta di vita, difficile e polemica, che contrappone il poeta ai valori dominanti nella società. Il modello di vita respinto è quello del soldato che può accumulare ricchezze, ma a prezzo di sangue e violenza; e dove, per contrasto, ci sono persone che nella guerra civile hanno sofferto negli affetti o nei beni. Alla ricchezza del soldato, quindi, si contrappone il progetto di un’esistenza modesta e tranquilla, lontana da ogni violenza. Il tema della pace (I,10), è motivo guida dell’intera poesia tibulliana. Due sono le componenti della sua poesia: la semplice vita della campagna, contenta dei beni già acquisiti e l’amore, visto come un valore autosufficiente, capace di dare la felicità. Questi due valori non sono però sempre conciliabili: Tibullo, così, costruisce un suo mondo di sogno, ambientato nella sua villa rustica, sogno che è destinato ad essere distrutto dalla realtà. La presenza di Messalla nella poesia di Tibullo può essere interpretata in vari modi: ad innalzare il tono dell’elegia verso il livello più sostenuto e impegnativo della celebrazione; può essere attratto in una sfera privata, fatta di sollecitudine e intimità; importante nelle vicende amorose del poeta, e perfino nei suoi sogni e nelle sue fantasticherie. La campagna di Tibullo presuppone tanto le Bucoliche quanto le Georgiche di Virgilio. Con toni idillici, infatti, sono cantati la serenità, la dolcezza, l’osservazione amorosa della natura, tipici del mondo pastorale. Al tema della campagna e della serenità agreste, si riconnette quello della pace. I temi per cui è generalmente nota la poesia di Tibullo sono quelli legati al mondo della campagna==> anche poeta della vita galante cittadina. Per Tibullo, la donna amata va corteggiata con tenerezza, ma anche con una galanteria arguta. Tibullo a volte arriva a dare una formulazione didascalica alle regole della conquista erotica. In Tibullo abbiamo anche l’assenza del mondo del mito (oltre a un distico che paragona la bellezza di Delia alla dea Teti, c’è soltanto la storia di Apollo che, per amore, si fa umile pastore al servizio di Admeto – servitium amoris). L’assenza del mito fanno di Tibullo un innovatore all’interno di quella tradizione ellenistico-neoterica in cui gli elegiaci saldamente si inseriscono. Disinteresse per questioni di poetica, e quindi non enuncia progetti e principi letterari, non discute di stile, non dichiara i propri modelli, e polemizza con gli avversari. Tibullo vive a pieno la condizione del poeta elegiaco: insoddisfazione dolorosa, desiderio di fuggire dalla realtà e dai suoi valori inaccettabili, la frustrazione di una relazione d’amore non appagante. Ed è per questo che Tibullo mitizza la campagna, facendola un mondo di sogno, di vita semplice e serena; bisogno di evasione che porta Tibullo verso epoche remote e felici (primordi dell’umanità, l’età dell’oro). Addirittura indirizza il sogno verso il futuro, un paradiso degli amanti, verso cui il poeta si immagina accompagnato da Venere in persona.

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