Lettere a Lucillio (Seneca)

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Testo

EPISTULAE AD LUCILIUM (24)
(20) Cotidie morimur: cotidie enim demitur aliqua pars vitae, tunc quoque cum crescimus vita decrescit. Infantiam amisimus,deinde pueritiam, deinde adulescentiam. Usque ad hesternum quicquid transit temporis, perit; hunc ipsum quem agimus diem cum morte
dividimus. Quemadmodum clepsydram non extrermum stillicidium exhaurit, sed quicquid ante defluxit, sic ultima hora quae esse desinimus, non sola mortem facit, sed sola consummat, tunc ad illam pervenimus, sed diu venimus.
(21) Haec cum descripsisses quo soles ore, semper quidem magnus, numquam tamen
acrior quam ubi veritati commodas verba, dixisti: mors non una venit, sed quae rapit ultima mors est. Malo te legas quam episulam
mea: apparebit enim tibi hanc quam timemus mortem extremam esse, non solam.
(25) Vir fortis ac sapiens non fugere debet e vita sed exire; et ante omnia ille quoque viretur adfectus, qui multos occupavit, libido moriendi. Est enim, mi Lucili, ut ad alia, sic etiam ad moriendum incolsuta animi inclinatio, quae saepe generosos atque acerrimae indolis viros corripit, saepe ignavos iacentesque: illi contemnunt vitam, hi gravantur.
(26) Quosdam subit eadem faciendi videndique satietas et vitae non odium sed fastidium, in quod prolabimur ipsa inpellente philosophia, dum dicimus:”Quousque eadem?
Nempe expergiscar dormiam, esuriam farciar, algebo aestuabo. Nullius rei finis est, sed in orbem nexa sunt omnia, fugiunt ac sequuntur.
Diem nox premit, dies noctem, aestas in autumnum desinit, autumno hiemps instat, quae vere compescitur; omnia sic transeunt ut
reventantur. Nihil novi facio, nihil novi video: fit aliquando et huius rey nausia”. Multi sunt qui non acerbum iudicent vivere sed supervacuum. Vale.
(20) Moriamo ogni giorno: ogni giorno infatti è diminuita una parte di vita, anche quando stiamo crescendo la vita decresce. Abbiamo perduto l’infanzia, poi la fanciullezza, poi la gioventù.Fino a ieri tutto il tempo che è
trascorso è morto: questo stesso giorno che trascorriamo lo dividiamo con la morte. Allo stesso modo in cui non l’ultima goccia esaurisce la clessidra, ma tutto ciò che è trascorso prima, così l’ultima ora in cui cessiamo di esistere non da sola produce la morte, ma da sola la porta a termine; allora noi giungiamo a quello, ma da tempo vi siamo avviati.
(21) Quando ti descrivo queste cose co l’eloquenza con cui sei solito, sempre grande in verità, tuttavia mai più forte di quando fornisci parole alla verità, hai detto “ Non viene una volta sola la morte, quella che ti rapisce è solo l’ultima morte”. Preferisco che tu legga te stesso piuttosto che la mia lettera: ti apparirà infatti che questa morte che temiamo è l’ultima, non la sola.
(25) L’uomo forte e saggio non deve fuggire dalla vita, ma uscirne. E soprattutto sia evitata anche quella disposizione d’animo che occupò molti: cioè il desiderio di morire. C’è infatti , o mio Lucilio, come verso altre cose così anche perla morte un’inclinazione dell’animo inconsulta, che prende spesso uomini generosi e di indole forte, spesso gli ignavi e gli inetti: gli uni disprezzano la vita, gli altri ne sono oppressi.
(26) La stessa sazietà di fare e di vedere sempre le stesse cose si insinua in alcuni e non l’odio della vita , ma il fastidio in cui scivoliamo con l’aiuto della stessa filosofia, mentre diciamo “ Fino a quando le medesime cose? E certamente mi sveglierò, dormirò, avrò sete, avrò caldo, sarò saziato. Non c’è la fine di nessuna cosa, ma tutte sono unite in circolo, fuggono e si inseguono. La notte preme il giorno, il giorno la notte; l’estate finisce con l’autunno, l’inverno incalza l’autunno, l’inverno che viene arrestato dalla primavera; tutte òle cose passano in modo da ritornare, non faccio nulla di nuovo, non vedo

nulla di nuovo: talvolta di tutto questo si prova la nausea. Sono molti quelli che giudicano il vivere non penoso, ma inutile. Addio.

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