Lettere a Lucilio (Seneca) - Libro IV - Lettera XI

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Testo

LETTERA XI

L'ELOQUENZA DEI FILOSOFI

Ti ringrazio della frequenza con cui mi scrivi: и il solo modo in cui ti и possibile farti vedere. Quando io ricevo una tua lettera, ho immediatamente l'impressione della tua presenza. Ci sono sempre cari i ritratti degli amici lontani, perchй ne ravvivano il ricordo e con un conforto pur finto e vano alleviano la melanconia della lontananza: pensa quanto piщ care ci giungono dall'amico lontano le lettere che ci portano le vere tracce e i veri caratteri del suo animo. Infatti quello che ci и piщ dolce riconoscere in un ritratto dell'amico ci viene offerto da una lettera coi segni impressi dalla sua mano. Mi scrivi di aver ascoltato il filosofo Serapione sbarcato costа, e mi aggiungi che "nel grande impeto del discorso egli storpia le parole che pronuncia insieme senza ordine incalzando affrettatamente, giacchй gliene vengono alle labbra tante che non gli basta il fiato per pronunciarle tutte chiaramente. " Questo io non posso approvare in un filosofo clic deve avere ben composta e ordinata la pronuncia come la vita: ed evidentemente non ci puт essere ordine ove и fretta precipitosa. Pertanto quel bell'eloquio, quale troviamo in Omero, che scende appassionato e senza interruzione come una nevicata, и proprio del giovane oratore, ma l'eloquenza del vecchio deve scendere placida e dolce come il miele.
Dunque questa foga rapida e sovrabbondante del parlare и da stimarsi piщ adatta a un ciarlatano e non a chi si proponga di trattare di cose importanti e dare seri insegnamenti. Perт non approvo ugualmente quello che stilla le parole a gocce e quello che parla sempre di corsa: l'eloquenza non deve nй far allungare nй stordire le orecchie. Anche la povertа e la magrezza dello stile col tedio delle lente interruzioni non riesce a conquistare l'attenzione dell'uditorio: tuttavia si puт concedere che ciт che si fa aspettare penetra piщ facilmente di ciт che passa rapido a volo. Si dice che gli uomini tramandano gli ammaestramenti ai discepoli; ma non si puт tramandare una cosa che fugge via. Aggiungi ora che un discorso per servire la causa della veritа deve essere spontaneo e semplice: invece quella eloquenza fatta per la folla non и sostanziata di veritа. Essa vuoi commuovere la folla, trascinare coi suo impeto gli ascoltatori inesperti, e non si presta quindi a diventare oggetto di riflessione, anzi si invola alle considerazioni altrui. Come puт dare norma ad altri se non sa dare norma a se stessa? Dobbiamo dire poi che un discorso rivolto a risanare gli animi deve discendere dentro di noi. I rimedi non giovano se non si fermano nell'organismo. Siffatta eloquenza poi ha molto di vuoto e di vano, ha piщ risonanza che efficacia. Bisogna prima d'ogni cosa alleviare le ragioni di timore, domare le cose che destano l'ira e dissipare quelle che ingannano, bisogna inibire ogni scostumatezza e strappare via l'avarizia. Naturalmente nessuno di questi fini si puт raggiungere in fretta. Qual и il medico che cura gli ammalati di corsa? E aggiungiamo poi che questo strepito di parole che scorrono precipitosamente alla cieca non danno nessun godimento. Ma come и sufficiente avere una volta preso conoscenza di cose che non si sarebbe creduto che accadessero, cosм и giа molto aver udito una volta costoro che hanno come professione un vuoto esercizio della parola. Che cosa mai potrebbe qualcuno voler imparare o imitare da loro? Come si puт giudicare l'animo di persone il cui parlare lanciato senz'ordine e senza direzione non puт essere piщ giustamente regolato? Nello stesso modo che il passo di chi corre giщ per un pendio non si puт fermare dove era stabilito, ma si abbandona al peso del corpo e scende piщ assai del previsto, cosм questa rapiditа di parola smarrisce ogni potere di disciplina, e poi non и abbastanza dignitosa per la filosofia, la quale deve disporre e non buttare le parole e deve soprattutto procedere passo a passo con saggezza. "Ma non potrа dunque anche la filosofia insorgere con slancio? " Certo lo potrа, ma salvando la dignitа di atteggiamento che questa forza incomposta ed esagerata necessariamente espelle. E' bene che abbia grande vigore, ma sempre moderato dalla ragione, che sia onda perenne ma non torrente. Ad un avvocato posso concedere un po' a malincuore una tale rapiditа di parola che prorompe senza norma e freno: il giudice infatti talvolta inesperto e ignorante non riesce a seguirne le argomentazioni.
Ma tornando a noi, colui che parla anche trasportato dalla smania dell'ostentazione o da entusiasmo che и impotente a frenare, deve perт non affrettarsi mai troppo e non accumulare parole piщ di quanto le orecchie degli ascoltatori possono ricevere. Perciт tu farai molto bene se non starai a guardare costoro che sono sempre preoccupati delle molte cose da dire piщ che del loro valore e invece preferirai, quando sia necessario, parlare piuttosto alla maniera di P. Vinicio. E qual и questa maniera? Una volta che si discuteva come P. Vinicio parlasse, Asellio disse: "tirando fuori le parole faticosamente. " E questo giudizio si spiega pensando a ciт che di lui disse Gemino Vario: "non so come possiate giudicare facondo parlatore costui che non riesce a connettere tre parole. " E perchй non dovresti tu preferire di parlare come Vinicio? Potrebbe capitare anche a te un interruttore altrettanto sciocco quanto quello che mentre Vinicio spiccicava a una a una le parole non come se tenesse un discorso ma come se dettasse, gli gridт: "insomma, se vuoi dire qualche cosa, dilla. " Ma d'altra parte ad una persona assennata io auguro che si tenga ben lontana dalla maniera di L. Aterio al suo tempo famosissimo oratore. Questi non ebbe mai incertezza nй interruzioni: filava diritto dal principio alla fine. Tuttavia io credo che certi caratteri si adattano piщ o meno ai diversi popoli: ad esempio questa libertа anche esagerata di parola si sopporta meglio nei Greci. Noi anche scrivendo abbiamo l'abitudine di piщ esatta interpunzione fra le parole. Anche il nostro Cicerone col quale l'eloquenza salм a tanta altezza, procedeva molto misuratamente. Il romano parlando non dimentica mai se stesso, si guarda, si valuta e si presenta cosм alla valutazione altrui. Fabiano, uomo veramente egregio per virtщ e per sapere, ed anche per quella minore dote che и l'eloquenza, parlava speditamente ma non con impeto, cosм che si poteva dire che la sua era facilitа non rapiditа di parola. Io non esigo ma apprezzo molto questa facilitа nel sapiente, in modo che il suo discorso esca fuori senza impedimento: perт preferisco che venga pronunciato e non che scorra via da sй. Tanto piщ vorrei tenerti lontano da questa malattia perchй tu puoi prenderla soltanto se perdi il pudore, se diventi sfacciato e non sai piщ ascoltare te stesso. Quell'impeto ti porta via, senza che te ne avveda, molte cose che tu poi vorresti riprendere. Ma ciт non ti potrа accadere se resta salva la tua verecondia.
Inoltre и necessario un esercizio quotidiano e bisogna trasportare lo studio dalle cose alle parole. E se anche le parole ti si presentano pronte senza tua fatica, tuttavia devi saperle moderare, perchй il sapiente, come deve tenere un'andatura moderata, cosм deve tenere un parlare concettoso e non audace. Questa infine и la somma delle somme: ti consiglio di essere piuttosto tardo nel parlare. Addio.

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