Le oche salvano Roma

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Testo

Le oche salvano Roma

Ab Urbe condita, V, 47

Non ingannarono le oche che, per il fatto di essere sacre a Giunone, anche nell'estrema scarsità di cibo tuttavia venivano risparmiate. E questo fatto garantì la salvezza; infatti M. Manlio, che tre anni prima era stato console, uomo di ottima disciplina militare, svegliato dal loro starnazzare e dal rumore delle ali, afferrate le armi, si precipita risoluto chiamando tutti gli altri alle armi e mentre gli altri si preparano in fretta colpisce con l'umbone e fa precipitare un Gallo che già si era fermato sulla sommità.Mentre dunque la caduta di costui, che era scivolato, travolgeva quelli più vicini, abbatte altri Galli impauriti che, abbandonate le armi, abbracciavano le rocce alle quali tentavano di aggrapparsi con le mani. Ormai altri riunitisi procuravano confusione ai nemici con dardi, frecce e sassi, e al schiera dei nemici al completo, travolta dalla caduta, cade a precipizio. Una volta messa fine alla confusione, il resto della notte fu dedicato al riposo, per quanto era possibile nelle menti sconvolte, poiché il pericolo passato li teneva in ansia.

Testo originale
Anseres non fefellere quibus sacris lunonis in summa inopia cibi tamen abstinebatur. Quae res saluti fuit; namque clangore eorum alarumque crepitu excitus M. Manlius qui triennio ante consul fuerat, uir bello egregius, armis arreptis simul ad arma ceteros ciens uadit et dum ceteri trepidant, Gallum qui iam in summo constiterat umbone ictum deturbat. Cuius casus prolapsi cum proximos sterneret, trepidantes alios armisque omissis saxa quibus adhaerebant manibus amplexos trucidat. Iamque et alii congregati telis missilibusque saxis proturbare hostes, ruinaque tota prolapsa acies in praeceps deferri. Sedato deinde tumultu reliquum noctis, quantum in turbatis mentibus poterat cum praeteritum quoque periculum sollicitaret, quieti datum est.

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