Il rapporto tra letterati e potere in epoca imperiale

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Testo

TESINA PER L’ESAME DI MATURITA’
“Il rapporto tra letterati e potere in epoca imperiale”
1. INTRODUZIONE ED ARGOMENTO
A partire, simbolicamente, dal passaggio del fiume Rubicone da parte di Caio Giulio Cesare e del suo attacco nei confronti della Res Publica, la città di Roma, allora presidiata dal triumviro Gneo Pompeo, vide innestarsi un processo di radicale cambiamento del suo assetto politico, avviandosi verso la quella che sarebbe stata, durante gli ultimi decenni del I secolo a.C., una nuova forma di potere: il principato.
La figura dell’imperator, in senso politico e non più solamente militare, incarnava un potere accentrato, benchè, fatto di grande rilevanza, i primi rappresentanti della famiglia imperiale (appartenenti alla dinastia Iulia) cercarono sempre di legittimarlo agli occhi dei Romani, mantenendo una stretta collaborazione ed un considerevole rispetto nei confronti dei tradizionali organi di potere collegiale, il più importante dei quali rimaneva il Senato.
L’ “uomo” Giulio Cesare si faceva portatore di una nuova concezione “personalistica” di potere ed di auto-legittimazione politica che, proprio nella sua discendenza, trovò i primi fautori.
Eccetto ben poche figure di principes politicamente “illuminati”, quale, per esempio fu il primo imperatore Augusto, vi furono numerose fasi critiche nella nuova vita politica romana, impersonate da imperatori che, facilmente, mutarono la loro autorità politica in mera ambizione dispotica e prepotenza.
L’oggetto di questo lavoro è la trattazione di uno di questi momenti politicamente difficili per lo Stato romano, in particolare il regno di Nerone (54- 68 d.C.).
Ho ritenuto questo periodo particolarmente interessante poiché in quegli anni molti personaggi di spicco della cultura letteraria romana, quali Seneca, Lucano e Petronio, si trovarono a confrontarsi con la difficile atmosfera politica provocata dal carattere di Nerone.
Il principale tema che questi autori trattatarono nelle loro opere (anche se Petronio manifestò il suo dissenso con una formula diversa) fu la denuncia del decadimento dei costumi e il rimpianto per il mos maiorum e per il periodo repubblicano.
2. SENECA ( 4- 65 d.C.)
Seneca, incaricato come precettore di Nerone dalla madre Agrippina, egli fu, senza alcun dubbio, uno dei personaggi più vicini all’imperatore, che fu da lui educato ed influenzato positivamente durante il famoso quinquennium Neronis. Durante questi anni, Seneca ebbe un ruolo assai importante presso la corte imperiale.
Tuttavia la sua posizione si fece sempre difficile a causa dei sempre maggiori conflitti con l’insofferenza di Nerone e con l’ambiente di corte, fino al 62 d.C. quando il letterato si ritirò dalla vita politica andando in esilio in Corsica.
Una delle sue opere più significative riguardo il suo pensiero politico fu il “De Clementia” (55-56 d.C.). In questo trattato filosofico, basato sulla dottrina della filosofia stoica, Seneca esordisce con un elogio a Nerone, in quanto possessore della virtù più importante per un imperatore: la clementia.
Essa consiste nella capacità di stabilire da parte del princeps un rapporto basato sulla compassione e sulla comprensione dei sui sudditi. Egli, proprio per il fatto di essere detentore di un potere assoluto, deve usarlo in modo giusto ed equilibrato.
Seneca è convinto che forma monarchica sia possa essere effettivamente la migliore, purchè essa sia amministrata con saggezza in mancanza delle leggi a garanzia dei cittadini.
Tuttavia, l’Autore si rende conto che il suo “sogno” di un giusto monarca è utopistico, poiché è assai difficile che egli riesca, ed ancor più voglia, spontaneamente incarnare questa figura di re-saggio.
3. LUCANO (39- 65 d.C.)
Anch’egli fu assai inserito nell’ambiente di corte, grazie soprattutto allo zio Seneca. Letterato molto apprezzato, suscitò l’invidia dello stesso Nerone, che arrivò ad allontanarlo e ad essergli ostile, oltre che per la sua abilità letteraria, anche per la posizione filo-repubblicana da lui assunta nel suo “Bellum Civile”.
Quest’opera ( ----), nota anche col titolo “Pharsalia”( ovvero, il luogo della battaglia decisiva della guerra), raccontava, sotto forma di epos, il conflitto civile scoppiato tra Pompeo e Cesare, allo scadere del Proconsolato in Gallia di quest’ultimo.
Quest’opera, impostata secondo il modello “in negativo” dell’Eneide virgiliana, aveva come fonti storiche principalmente storiografi di impostazione filo-repubblicana. Dopo l’elogio di Nerone nel I libro, l’Autore passava in rassegna, nei succesivi nove, i momenti salienti del conflitto tra Cesare e Pompeo ed infine, nel X, raccontava dell’amore turpe tra Cesare e Cleopatra.
A differenza dei suoi predecessori, che scrissero poemi epici encomiastici nei confronti di Roma e dei suoi eroi, l’opera di Lucano aveva invece lo scopo di criticare aspramente l’operato politico di Cesare, uomo che a suo avviso innescò, tra i primi, il processo di trasformazione dell’assetto politico romano, avviandolo ad un sempre più marcato assolutismo.
Il tono cupo utilizzato dall’ Autore fa capire il suo rammarico nel ricordo e nel racconto di tale periodo storico.
L’encomio nel I libro all’imperatore Nerone risulta quasi isolato dal resto dell’opera ed è chiaramente scritto per l’unica ragione formale imponeva la circostanza politica.
Lo stile impiegato da Lucano è ricco di pathos ed enfasi nella descrizione delle circostanze più aspre. Nel suo contenuto, l’opera assume un’impostazione speculare ed opposta a quella dell’Eneide: non vi è un eroe positivo, come era Enea per Virgilio, ma vi è un eroe negativo, ovvero Cesare, descritto come “genio del male”, smanioso di distruzione che lo porta a sovvertire ogni regola e legge politica, risultando così un personaggio empio e quindi opposto ad Enea.
Pompeo e Catone sono i suoi più importanti oppositori. Il primo è descritto come una figura ormai in declino, ombra del suo stesso nome; il secondo, delineato positivamente come rappresentante dello stoicismo e portatore di virtù di integrità morale tali da portarlo al suicidio per evitare di cadere sotto il potere opposto, non ha però un ruolo di sufficiente risalto politico.
4. PETRONIO (---)
Le sole notizie giunteci della sua vita si desumono, oltre che dalla sua opera, dalla fonte storica di Tacito (--), il quale ci riferisce che la sua straordinaria abilità letteraria lo rese facile bersaglio delle invidie di corte, in particolare, egli venne accusato da prefetto del pretorio Tigellino, di aver avuto dei contatti con gli organizzatori della congiura di Pisone ai danni di Nerone.
La sua opera, un romanzo satiresco scritto sotto forma di prosimetro, intitolato “Satyricon”, raccontava una storia d’amore ostacolata da eventi sfavorevoli e da rivali, ma il carattere di originalità era dovuto al fatto che egli, non utilizzando una coppia canonica di amanti, bensì da due giovinetti, scherniva quel genere popolare letterario di argomento amoroso, che tanto nobilitava i sentiementi.
Benché l’opera sia stata composta con intento ludico ed effettivamente non tratti di argomenti di politica contemporanea, tuttavia tramite i costumi della vita quotidiana in essa raccontati, Petronio voleva denunciare indirettamente la decadenza dei valori e della morale aggravatesi durante il regno e l’influenza di Nerone. Il distacco che egli mantiene nella narrazione dei fatti e nella caratterizzazione dei personaggi è priva di ogni giudizio moralistico. Egli si rifà alla vita quotidiana di Roma, grottescamente deformata e proprio nelle manifestazioni ed espressioni caricate dei personaggi del romanzo, egli ne critica in modo indiretto i vizi e le manchevolezze delle classi emergenti che lui, in realtà, disprezza.
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