Horrida tempestas - Orazio

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Testo

Un’orrida tempesta contrasse il cielo, e le piogge e le nevi condussero giù Giove: ora il mare, ora le selve risuonano del Tracio Aquilone. Cogliamo amici l’occasione del giorno finchè le ginocchia verdeggiano (sono giovani), e finché conviene si cancelli la vecchia fronte rannuvolata / cancelli la vecchiaia dalla fronte rannuvolata dall’età.. Tu prendi vini torchiati nell’anno della mia nascita (console di nascita) e smetti di parlare del resto: forse un Dio ridurrà (sistemerà) queste cose nella loro sede con benigno mutamento (rimetterà le cose apposto). Ora giova (conviene) cospargersi di nardo orientale e sollevare il cuore dalle crude preoccupazioni con la lira di Mercurio come cantò il nobile centauro al grande alunno (Achille): o invito figlio mortale nato dalla dea Tetide, la terra di Assaraco ti aspetta (Troia), che i fiumi dividono le fredde correnti dello Scamandro e del facile flusso del Simoenta da dove le parche, dalla trama infallibile ti impediranno il ritorno ne la madre Cerula ti ricondurrà a casa. Là (Troia) solleva ogni male col vino e col canto, dolci consolazioni del dolore che deturpa.

Commento:
Lo sfondo di questo Epodo è la battaglia di Filippi (42 a.C.). La tempesta è l’allegoria della battaglia. Orazio invita quindi al vino e al canto per consolarsi. Nella seconda parte vi è il discorso del Centauro Chirone al suo alunno Achille. In questo passo si può notare il topos della morte che conclude una vita gloriosa ma breve. L’ultimo distico dell’Epodo corrisponde alla fine del discorso del centauro Achille.
La poesia è un distico elegiaco (esametro + pentametro).

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