Discorso di Mario , Sallustio

Materie:Appunti
Categoria:Latino

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Testo

Discorso di Mario
Jug. 85
"Io so, o Quiriti, che parecchi vi chiedono il comando non nello stesso modo con cui poi lo reggono quando l'abbiano: prima si mostrano attivi, supplichevoli, modesti, dopo vivono nell'ignavia e nella superbia. A me invece sembra che la cosa dovrebbe essere del tutto diversa: poichй quanto l'intera repubblica vate piщ del consolato o della pretura, tanta maggiore cura si deve avere nell'amministrarla che nel chiedere tali cariche.
Nй mi nascondo quanta responsabilitа io debba sostenere con il grandissimo beneficio da voi concessomi. Preparare la guerra e nello stesso tempo aver riguardo dell'erario, costringere al servizio militare quelli che tu non vorresti disturbare, non trascurare nulla nй in patria nй fuori; fare tutto ciт in mezzo agli invidiosi, agli oppositori, ai faziosi и gravoso, o Quiriti, piщ che non si creda. Inoltre, se altri hanno agito male, la loro antica nobiltа, le gesta degli avi, la potenza dei parenti prossimi e lontani, le numerose clientele, tutto ciт viene in loro difesa; invece per me ogni speranza и riposta solo in me stesso e debbo proteggere la mia opera con la virtщ e con la rettitudine; infatti non ho altro che mi sostenga. E comprendo anche questo, o Quiriti, che gli occhi di tutti sono rivolti verso di me: i giusti e gli onesti mi sono favorevoli, poichй il mio retto agire torna a vantaggio della repubblica, ma la nobiltа cerca l'occasione propizia per assalirmi; per cui debbo fare ogni possibile sforzo affinchй voi non vi lasciate prendere nella loro rete e le loro insidie siano vane. Dalla fanciullezza sino a oggi sono abituato ad affrontare fatiche e pericoli d'ogni genere. Quello che io facevo prima del vostro beneficio facevo gratuitamente, ne v'и ragione, o Quiriti, che io non lo faccia piщ ora che ho ricevuto da voi la ricompensa. Quelli che, da candidati, si sono finti onesti, и difficile che sappiano dominarsi una volta al potere; per me, che ho trascorso tutta la vita nelle attivitа piщ oneste, l'operare rettamente и giа divenuto per consuetudine una dote naturale.
"Voi mi avete comandato di combattere la guerra contro Giugurta e i nobili lo sopportano molto a malincuore. Di grazia, riflettete bene nell'animo vostro se non sia meglio cambiare quest'ordine e mandare invece per questa o altra simile impresa qualcuno di questa cricca di nobili, un uomo cioи d'antica prosapia, con molte immagini di antenati, ma niente affatto pratico di guerra: evidentemente perchй, in una azione di tanta responsabilitа, ignaro di tutto, sia in continua incertezza e trepidazione, e assuma qualche uomo del popolo che lo consigli nello svolgere le sue funzioni. Cosi per lo piщ accade che colui che voi avete posto al comando debba scegliere per sй un altro comandante. E io so, o Quiriti, che alcuni, dopo essere stati eletti consoli, cominciarono a leggere le imprese degli antenati e i precetti d'arte militare dei Greci: uomini che agiscono alla rovescia, perchй nel tempo il comandare viene dopo l'essere eletti, ma nella pratica viene prima. Ora mettete a raffronto, o Quiriti, me che sono un uomo nuovo con la superbia di quelli. Le imprese che essi sono soliti o ascoltare o leggere io le ho viste o le ho compiute; ciт ch'essi imparano dai libri io l'ho imparato sotto le armi. Ora voi riflettete se Contino di piщ le parole o i fatti. Essi disprezzano la mia nascita, io disprezzo la loro ignavia; essi mi rinfacciano il caso, io rinfaccio ad essi le loro infamie. A mio giudizio, la natura ci fa tutti uguali, ma chi и piщ valoroso quegli и il piщ nobile. [....]
Hanno invidia della mia carica: abbiano, dunque, invidia delle mie fatiche, della mia onestа, dei pericoli che ho corso, perchй solo con questi mezzi ho meritato tale onore. Ma questi uomini vivono nella corruzione e nella superbia, come se avessero in dispregio le cariche che voi conferite, e le reclamano poi, come se avessero vissuto onestamente. Certamente s'illudono quando pretendono nello stesso tempo due cose diversissime tra loro, il piacere della mollezza e i premi della virtщ. E anche quando parlano dinanzi a voi o in senato, in gran parte dei loro discorsi esaltano i loro antenati: ricordando le gesta di quelli credono di diventare loro piщ illustri; invece и il contrario, poichй quanto piщ eccelsa fu la vita di quelli, tanto piщ vergognosa и la vita di costoro. E certamente le cose stanno cosi': la gloria degli antenati и quasi una luce che si proietta sui posteri, e non permette che rimangano occulte nй le buone nй le cattive azioni. Io devo confessare, o Quiriti, che manco di una tale luce; ma, ciт che и molto piщ onorevole, posso parlare delle mie imprese. Ora vedete quanto sono ingiusti: l'onore ch'essi si arrogano per l'altrui virtщ non vogliono concederlo a me per i miei meriti, evidentemente perchй non vanto immagini di antenati e perchй recente и la mia nobiltа; ma и meglio acquistarla da sй che deturparla dopo averla ereditata. [....]
Io non posso, per rassicurarvi, ostentare le immagini nй i trionfi nй i consolati dei miei antenati, bensм, se и necessario, aste, vessili, falere, altre ricompense militari e infine delle cicatrici in mezzo al petto. Queste sono le mie immagini, questa la mia nobiltа, che non m'и stata lasciata in ereditа, come la loro, ma che io ho conquistato con moltissime fatiche e pericoli. Non sono raffinate le mie parole; mi curo poco di ciт. La virtщ si rivela apertamente da sй: quelli hanno bisogno di artifizi per coprire con l'eloquio le loro turpi azioni. Non ho imparato le lettere greche; mi piaceva poco studiarle, visto che a quei maestri greci non avevano affatto giovato nei valore militare. Ma ho imparato cose molto piщ utili, e di gran lunga, per la repubblica: a ferire il nemico, a mantenere una posizione, a non temere nulla se non l'infamia, a sopportare in ugual modo il freddo e il caldo, a dormire per terra e nello stesso tempo a resistere alla fame e alle fatiche. Con questi precetti esorterт i miei soldati: io non terrт loro nella ristrettezza e me nell'abbondanza, nй attribuirт a me stesso la gloria delle loro fatiche: questo и un comandare utile, questo un comandare degno di cittadini; poichй vivere nelle mollezze e costringere al dovere l'esercito con le punizioni, и da tiranno, non da comandante. I vostri antenati operando con tali precetti fecero grandi se stessi e la repubblica. I nobili si gloriano di essi, da cui pure sono dissimili per costumi, e disprezzano noi che siamo emuli; quindi reclamano da voi tutti gli onori non per averli meritati, ma come se fossero loro dovuti. Perт questi uomini superbissimi sono in un grave errore: i loro antenati lasciarono ad essi tutto ciт che potevano, ricchezze, immagini, fama illustre; non lasciarono la virtщ, nй lo potevano; essa sola non si puт dare, nй ricevere in dono. Dicono che io sono volgare e di rozzi costumi, perchй non adorno con arte un banchetto, perchй non posseggo nй istrioni, nй cuochi che costino piщ di un fattore. Lo confesso e me ne compiaccio, o Quiriti. Infatti questo ho appreso da mio padre e da altri santi uomini: che le mollezze si addicono alle donne, il lavoro agli uomini; che tutti gli onesti hanno bisogno piщ di gloria che di ricchezze, che le armi e non le suppellettili sono ad essi di ornamento. Ma dunque costoro facciano ciт che loro piace, ciт che hanno caro: facciano all'amore, bevano, passino la vecchiaia dove hanno trascorso la giovinezza, nei banchetti, schiavi del ventre e della piщ turpe parte del corpo; lascino a noi il sudore, la polvere e altre simili cose che ci sono piщ care dei banchetti. Ma non и cosi; infatti questi uomini, quando si sono insozzati di ogni viltа e di ogni turpitudine, corrono a strappare i premi dei buoni. Cosi con estrema ingiustizia avviene che la dissolutezza e la lussuria, pessimi vizi, non recano alcun danno ai colpevoli, e sono immeritato flagello per la repubblica.

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