De coniuratione Catilinae

Materie:Appunti
Categoria:Latino

Voto:

2.5 (2)
Download:680
Data:27.11.2000
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
de-coniuratione-catilinae_1.zip (Dimensione: 25.96 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_de-coniuratione-catilinae.doc     21.5 Kb


Testo

DE CONIURATONE CATILINAE CAPITOLO 1

A tutti gli uomini che vogliono superare gli altri esseri viventi conviene che si caratterizzino per un'attività straordinaria perché non trascorrano la vita nel silenzio come gli animali, che la natura volle proni e obbedienti ai bisogni. Ma tutta la nostra forza è situata nell'anima e nel corpo; utilizziamo di più dell'animo la facoltà di comandare, del corpo quella di obbedire; l'una è a noi comune con gli dei, l'altra con le bestie. Perciò mi sembra più giusto cercare la gloria con le qualità dell'ingegno più che del fisico e, poiché la vita stessa di cui usufruiamo è breve, (mi sembra più giusto) rendere il nostro ricordo il più duraturo possibile. Infatti la gloria dei soldi e della bellezza è fragile e caduca; il valore invece è considerato illustre ed eterno. Ma a lungo c'è stata tra gli uomini grande discussione se l'arte militare fosse più avvantaggiata dalla forza fisica o dal valore interiore. Infatti c'è bisogno sia di una decisione prima che tu la intraprenda sia, una volta deciso, di una azione rapida. Così entrambe, povere da sole, hanno bisogno dell'aiuto l'una dell'altra.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO XV

Già prima il giovane Catilina aveva fatto molte azioni empie, con una vergine nobile, con una sacerdotessa di Vesta, altre di tal maniera contro le leggi umane e divine. Infine catturata con l'amore Aurelia Arestilla, di essa lodò buono mai nulla tranne che la bellezza, poiché ella dubitava di sposare quello, temendo il figliastro di età adulta, si ritiene come certo che ucciso il figlio aveva reso la casa vuota per le scellerate nozze. E invero tale misfatto mi sembra che fosse specialmente causa di affrettare la congiura. Infatti l'animo impuro, nemico agli dei e agli uomini, non poteva essere calmato né con la veglia né col sonno; così la coscienza devastava la mente sconvolta. Allora egli (aveva) il colore esangue degli occhi crudeli, il camminare ora veloce ora lento; insomma sulla faccia e sul volto c'era la pazzia.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO III

E' nobile operare nell'interesse dello stato, ma non è senza pregio anche scriverne in modo adeguato; o in pace o in guerra è lecito segnalarsi; e sia tra quanti hanno bene operato, e sia tra chi ha narrato le gesta di altri , in molti sono a essere lodati. Per lo meno, sebbene la gloria di chi descrive i fatti e di chi li compie non sia assolutamente uguale, tuttavia sembra oltremodo difficile narrare delle gesta: in primo luogo perché bisogna con le parole essere all'altezza delle imprese; poi, poiché i più credono dettate da malevola avversione le condanne per le cose delittuose; qualora poi tu rievochi il gran valore e la gloria di uomini eccezionali, la moltitudine accetta di buon grado le cose che ritiene siano facili di parte sua a realizzarsi, mentre ritiene invece falso come se fosse inventato ciò che è al di sopra delle sue capacità. Ma io sin da fanciullo, così come i più, mi lasciai trascinare alla politica dall'ambizione, e lì incontrai molte delusioni. Infatti vigevano l'audacia, la sfrontatezza, la cupidigia al posto del pudore, del disinteresse, del valore. Cose che sebbene l'animo non abituato a maneggi disonesti disdegni, tuttavia in mezzo a tanti vizi la mia debole età si lasciava corrompere dall'ambizione; e, sebbene fossi contrario a tutti i restanti cattivi costumi, mi vessava non meno quella stessa brama di onori che con la maldicenza e l'invidia vessava tutti gli altri.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO IV

Quindi, quando l'animo poté riaversi dopo molte traversie e rischi e decisi di mantenermi per il resto della vita lontano dallo stato, non mi proposi di sprecare il mio prezioso tempo libero nell'apatia e nella pigrizia, e neppure di condurre avanti la mia esistenza cacciando o coltivando i campi, lavori da schiavi; ma stabilii, ritornando allo stesso disegno ed inclinazione dalla quale la funesta ambizione mi aveva distolto, di narrare a episodi le gesta del popolo romano, secondo che
ciascun avvenimento mi sembrava degno di essere ricordato; tanto più che il mio animo era libero dall'attesa, dalla paura, dalla faziosità politica. Quindi tratterò brevemente con la maggior veridicità possibile riguardo alla congiura di Catilina; infatti quell'impresa nefasta sulle prime io stimo memorabile per l'eccezionalità della scelleratezza e del pericolo. Prima di dar inizio alla narrazione bisogna trattare brevemente riguardo ai costumi di quell'uomo.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO V

Lucio Catilina nato da nobile stirpe, ebbe grande vigore intellettuale e fisico, ma un'indole malvagia e perversa. Di questo dalla adolescenza fu compiacente (si compiacque) di rapine, guerre civili, uccisioni, discordie civili, tra le quali visse la sua giovinezza. Il corpo era tollerante del digiuno, del freddo e della veglia al di là di ogni credere. L'animo era audace, scaltro, mutevole, delle cui cose si compiaceva (di essere) simulatore e dissimulatore; bramoso dell ' altrui, prodigo del suo; ardente in cupidigia; abbastanza loquace, poco assennato. Il suo grande spirito, incredibilmente, desiderava sempre altro. Dopo la tirannide di L. Silla, lo aveva invaso una brama immensa di impadronirsi dello stato; ne si dava alcun pensiero del modo con cui conseguire questo scopo, purché si assicurasse un potere assoluto. Il suo animo fiero era ogni giorno di più, agitato dalla scarsità del patrimonio, e dalla coscienza dei suoi crimini che, l'una e l'altra, egli aveva accresciuto con la pratica dei vizi sopra ricordati. lo incoraggiavano inoltre i costumi corrotti della città, che ospitavano due mali pessimi e opposti fra loro: il lusso e la cupidigia.
Poiché l'occasione mi ha richiamato a mente i costumi della città, l'argomento stesso perché mi inciti a risalire indietro ai pochi ordinamenti degli uomini e degli antenati in pace ed in guerra, come essi abbiano governato lo Stato e quanto grande l'abbiano lasciato e come, a poco, a poco cambiatosi, da nobilissimo e virtuosissimo sia divenuto pessimo e viziosissimo (pieno di vizi).

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO VI

La città di Roma, così come io ho appreso, fu inizialmente fondata ed abitata dai Troiani, i quali profughi sotto il comando di Enea, vagavano senza sedi fisse, e con quelli gli “Aborigines”, genere di uomini agreste, senza leggi, senza forme di governo, libero ed indipendente. Questi, dopo che andarono a vivere entro la stessa cerchia di mura, pur diversi per genere, dissimili nel linguaggio, vivendo chi secondo un costume, chi secondo un altro, è incredibile a ricordarsi con quanta facilità si siano fusi insieme: < così in breve grazie alla concordia una massa eterogenea e sbandata era diventata una comunità civile >. Ma dopo questi avvenimenti sembrava in tutto prospera, essendo cresciuta nel numero di cittadini , in civiltà, in territorio, e pareva svilupparsi nel modo adeguato, e, così come va la maggior parte delle cose mortali, l'invidia nacque dall'opulenza. Quindi i sovrani ed i popoli confinanti li provocavano alla guerra, dagli amici veniva poco aiuto; infatti questi ultimi, impauriti, stavano alla larga dai pericoli. Ma i Romani, in pace ed in guerra intenti a restare attivi, prepararsi, esortarsi l'un l'altro, andarono in contro ai nemici e impugnarono le armi per la libertà, la patria ed i parenti. In seguito, quando i pericoli erano stati scacciati con il valore, gli amici e gli alleati portavano aiuti, e facevano amicizie più dando benefici che ricevendone. Avevano uno stato legittimo, e davano a tale governo il nome di regno. Uomini scelti, che avevano un corpo debole per l'età, ma la mente vigorosa per la saggezza, curavano lo stato; e quelli per l'età e l'analogia della funzione erano chiamati padri. Più avanti , quando il regno, che era stato istituito per conservare la libertà e garantire il governo, degenerò in un arrogante dispotismo, cambiato regime, essi istituirono per loro stessi governi annuali e due capi; in quel modo ritenevano che fosse molto poco probabile che l'animo umano per abuso di potere diventasse arrogante.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO IX

Dunque erano praticati i buoni costumi in tempo di pace e di guerra; era massima la concordia, minima l'avidità. Il giusto e l'onesto presso di loro non prevaleva di più con le leggi che con la natura. Mantenevano accese discordie, rivalità e litigi con i nemici, i cittadini rivaleggiavano tra loro in quanto a valore. Erano solenni nelle cerimonie religiose, sobri nelle abitazioni, fedeli in amicizia. Si preoccupavano di se stessi e dello stato attraverso queste due qualità, l'audacia in guerra e la giustizia in tempo di pace. Delle quali cose io ho queste due massime testimonianze: che più spesso in guerra si adottarono severe punizioni verso quelli che avevano combattuto con i nemici contro un ordine e coloro che, richiamati, si erano ritirati più tardi dal combattimento, piuttosto che chi osava abbandonare le insegne o, colpito, osavi ritirarsi da una posizione; che invece in pace praticavano la loro autorità con il favore piuttosto che la paura della popolazione, e preferivano perdonare le ingiurie ricevute piuttosto che vendicarle.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO X

Ma quando la repubblica si fu ingrandita col lavoro e la giustizia, quando i grandi re furono domati con la guerra, quando le nazioni selvagge e tutti i popoli furono sottomessi con la forza, quando Cartagine rivale dell'Impero Romano fu distrutta alla radice e quando ormai erano aperti tutti i mari e le terre, la sorte cominciò a infuriare e a mettere sottosopra tutte le cose. Coloro i quali avevano tollerato facilmente lavori pesanti, pericoli, situazioni aspre e dubbie, proprio a loro in altri momenti l'ozio e le ricchezze furono di peso e di rovina. Dunque per prima cosa crebbe il desiderio di ricchezze e quindi quello del potere; queste cose per così dire furono l'origine di tutti i mali. Ed infatti l'avidità sovvertì la fiducia, l'onestà e tutte le altre qualità del comportamento; al posto di queste si insegnò la superbia , la crudeltà, a rinnegare gli dei e ad avere tutto come oggetto di prezzo. L'ambizione spinse molti mortali a diventare disonesti , ad avere una cosa chiusa nel cuore ed un'altra manifesta sulla lingua, a stimare amicizie ed inimicizie non dai fatti ma dai vantaggi e a reputare migliore l'aspetto esteriore dell'intelligenza. Queste cose sulle prime incominciarono a crescere a poco a poco e talora ad essere vendicate; ma dopo, quando la contaminazione si estese quasi come una pestilenza, il governo/la città mutò e l'impero da giustissimo e ottimo divenne crudele ed intollerante.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO XII

Dopo che le ricchezze incominciarono ad essere tenute in onore e le seguivano la gloria, il potere, la potenza, la virtù prese a svigorirsi, la sobrietà ad essere considerata un disonore, l'innocenza ad essere considerata una malattia. Perciò in conseguenza delle ricchezze il lusso e l'avidità con la sfrontatezza invasero l'animo giovanile; rapinavano, sciupavano i loro beni, li consideravano poca cosa, desideravano quelli degli altri, disprezzavano senza alcuna distinzione qualsiasi sentimento dell'onore e riservatezza, le leggi umane e quelle divine, e non avevano nessuno scrupolo né ritegno. Varrebbe la pena, una volta viste le case e le ville costruite grandi come se fossero città (a
mò di città), visitare i tempi degli dei che i nostri antenati, i più religiosi tra gli uomini, costruirono. E' vero infatti che quelli abbellivano i tempi con la fede degli dei e le loro case con la gloria; e non toglievano nulla ai vinti tranne la possibilità di nuocere. Ma gli uomini d'oggi al contrario, i più ignavi del genere umano, con estrema scelleratezza hanno tolto ai loro soci tutte le cose che pur vincitori quei fortissimi uomini avevano loro lasciato: come se il fare un ingiuria, proprio questo fosse l'esercizio del potere.

DE CONIURATIONE CATILINAE
CAPITOLO XIV

In questa grande e corrotta civiltà Catilina, cosa che era facilissima a farsi, aveva attorno a se le schiere di tutte le scelleratezze dei delitti, come guardie del corpo. Infatti chiunque era impudico, adultero, crapulone, aveva dilapidato al gioco, nei banchetti, nelle lussurie, le fortune paterne, e chi aveva contratto un grande debito, per riscattarsi con esso da un'infamia o da un delitto e anche tutti gli assassini di ogni paese, i sacrileghi, rei convinti nei processi o timorosi di un giudizio processuale per le loro malefatte, oltre a ciò, quelli che vivevano della loro mano e della loro lingua con lo spergiuro o con il sangue dei cittadini, tutti quelli che dei flagellati, coloro che erano agitati dal rimorso, di loro Catilina era intimo e familiari. Questa se ancora senza colpa cadeva nella sua amicizia, per il contatto quotidiano e per gli adescamenti, facilmente era reso simile ai restanti. Ma maggiormente cercava di ottenere le amicizie dei giovani. I loro animi ancora e mutevoli erano catturati non difficilmente con
favori, infatti a seconda dei gusti giovani di ciascuno, ad alcuni procurava le donne, ad altri cani e comprava cavalli, non risparmiava ne il suo denaro ne il suo amore, pur di farseli amici. So che ci fu qualcuno che riteneva che la gioventù che frequentava la casa di Catilina contaminasse i proprio pudore, ma questa dicerie (ebbe) credito più a seguito delle altre cose
che perché ciò fosse conosciuto con certezza da qualcuno.

Esempio