De Bello Gallico, libro VI cap 31

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Categoria:Latino
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Testo

LIBRO VI, CAPITOLO 31
Ambiorix copias suas iudicione non conduxerit quod proelio dimicandum non existimaret, an tempore exclusus et repentino equitum adventu prohibitus, cum reliquum exercitum subsequi crederet dubium est. Sed certe dimissis per agros nuntiis sibi quemque consulere iussit. quorum pars in Arduennam silvam, pars in continentes paludes profugit. qui proximi Oceano fuerunt, hi insulis se occuttaverunt quas aestus efficere consueverunt. multi cx suis finibus egressi se suaque omnia alienissimis crediderunt. Catuvolcus rex dimidiae partis Eburonum qui una cum Ambiorige consihium inierat, aetate iam couifrctus, cum laborem belli aut fugae ferre non pohuet, omniius pftcibus detestatus Mnbiorigem qui eius con-Iii auctor fuisset, taxo cuius magna in Gallia Germaniaque copia est se exanmiavit.
Non si sa se Ambiorige non avesse radunato le sue truppe di proposito, perché non riteneva di dover attaccare, o se ne abbia avuto il tempo per l’improvviso arrivo della cavalleria, che credeva seguita dal resto dell’esercito. È certo comunque che egli inviò messaggeri nelle campagne con l’ordine di pensare ciascuno alla propria salvezza. Una parte della popolazione si rifugiò nella foresta delle Ardenne, un’altra nelle vicine paludi. Quelli che si trovavano vicini all’Oceano si nascosero nelle isole che si formano di solito con la marea. Molti, abbandonati i propri territori affidarono se stessi e tutti i loro averi a genti del tutto estranee. Catuvolco, il re di una metà degli Eburoni, che insieme ad Ambiorige era stato fautore della rivolta, ormai vecchio, non potendo sostenere le fatiche della guerra o della fuga, si tolse la vita con una pozione ricavata dal tasso, un albero molto diffuso in Gallia e in Germania, dopo aver invocato ogni maledizione su Ambiorige, l’autore del piano.

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