De bello gallico (Libro III) - Cesare

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Testo

Cesare - De Bello Gallico
Libro III

I - Galba libera il passo della Alpi
Cum in Italiam proficisceretur Caesar, Ser. Galbam cum legione XII et parte equitatus in Nantuates, Veragros Sedunosque misit, qui a finibus Allobrogum et lacu Lemanno et flumine Rhodano ad summas Alpes pertinent. Causa mittendi fuit quod iter per Alpes, quo magno cum periculo magnisque cum portoriis mercatores ire consuerant, patefieri volebat. Huic permisit, si opus esse arbitraretur, uti in his locis legionem hiemandi causa conlocaret. Galba secundis aliquot proeliis factis castellisque compluribus eorum expugnatis, missis ad eum undique legatis obsidibusque datis et pace facta, constituit cohortes duas in Nantuatibus conlocare et ipse cum reliquis eius legionis cohortibus in vico Veragrorum, qui appellatur Octodurus hiemare; qui vicus positus in valle non magna adiecta planitie altissimis montibus undique continetur. Cum hic in duas partes flumine divideretur, alteram partem eius vici Gallis [ad hiemandum] concessit, alteram vacuam ab his relictam cohortibus attribuit. Eum locum vallo fossaque munivit.
Cesare partendo per l'Italia mandт Servio Galba con la dodicesima legione e parte della cavalleria (nel territorio) dei Nantuati, Varagri e Deduni, che dal confine degli Allobrogi e dal lago Lemanno e dal fiume Rodano si estendono sino alla sommitа delle Alpi. Il motivo di mandar(lo) fu che voleva si rendesse praticabile la via attraverso le Alpi, dove i mercanti erano solito andare con grande pericolo e (con) grandi gabelle. Dette il compito a costui, se avesse pensato che fosse opportuno, di porre la legione in questi luoghi per svernare. Fatte alcune battaglie con esito favorevole ed espugnate moltissime fortezze di quelli, da ogni parte essendo state mandati a lui ambasciatori e fatta la pace, Galba stabilм di porre fra i Nantuati due coorti e con le altre coorti di quella legione di svernare egli stesso nel cantone dei Varagri, che si chiama Ottoduro; questo cantone posto nella valle, unita una non grande pianura, и chiuso da ogni parte da altissimi monti. Questo essendo diviso dal fiume in due parti, concesse ai Galli una parte di quel cantone, destinт alle coorti per svernare l'altra parte lasciata vuota da questi. Rafforzт quel luogo con un terrapieno ed una fossa.
II - Seduni e Varagri occupano le cime dei monti
Cum dies hibernorum complures transissent frumentumque eo comportari iussisset, subito per exploratores certior factus est ex ea parte vici, quam Gallis concesserat, omnes noctu discessisse montesque qui impenderent a maxima multitudine Sedunorum et Veragrorum teneri. Id aliquot de causis acciderat, ut subito Galli belli renovandi legionisque opprimendae consilium caperent: primum, quod legionem neque eam plenissimam detractis cohortibus duabus et compluribus singillatim, qui commeatus petendi causa missi erant, absentibus propter paucitatem despiciebant; tum etiam, quod propter iniquitatem loci, cum ipsi ex montibus in vallem decurrerent et tela coicerent, ne primum quidem impetum suum posse sustineri existimabant. Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, et Romanos non solum itinerum causa sed etiam perpetuae possessionis culmina Alpium occupare conari et ea loca finitimae provinciae adiungere sibi persuasum habebant.
Essendo trascorsi molti giorni dei quartieri d'inverno e avendo comandato di portare lм il frumento, all'improvviso venne a sapere per mezzo di esploratori che tutti da quella parte del cantone che aveva concesso ai Galli, di notte si erano allontanati e che i monti, che sovrastavano, erano tenuti da un grandissimo numero di Seduni e Varagri. Per alcuni motivi era accaduto ciт che (cioи) i Galli all'improvviso prendessero la decisione di rinnovare la guerra e di assalire la legione: prima di tutto perchй disprezzavano per il piccolo numero la legione e per di piщ non numerosissima, essendo state detratte due coorti ed essendo assenti parecchi che separatamente erano stati mandati per cercare vettovaglie; allora anche perchй pensavano che non potesse essere sostenuto neppure il primo loro assalto per la condizione sfavorevole del luogo, giacchй essi correvano giщ dai monti nella valle e scagliavano dardi. Si aggiungeva il fatto che si dolevano che i loro figli fossero stati condotti via da loro sotto il titolo di ostaggi e che i Romani tentassero di occupare le sommitа delle Alpi non solo per i viaggi, ma anche per eterno possesso e che avevano la convinzione di congiungere a loro quei luoghi della provincia confinante.
III - Galba convoca l'assemblea
His nuntiis acceptis Galba, cum neque opus hibernorum munitionesque plene essent perfectae neque de frumento reliquoque commeatu satis esset provisum quod deditione facta obsidibusque acceptis nihil de bello timendum existimaverat, consilio celeriter convocato sententias exquirere coepit. Quo in consilio, cum tantum repentini periculi praeter opinionem accidisset ac iam omnia fere superiora loca multitudine armatorum completa conspicerentur neque subsidio veniri neque commeatus supportari interclusis itineribus possent, prope iam desperata salute non nullae eius modi sententiae dicebantur, ut impedimentis relictis eruptione facta isdem itineribus quibus eo pervenissent ad salutem contenderent. Maiori tamen parti placuit, hoc reservato ad extremum casum consilio interim rei eventum experiri et castra defendere.
Ricevute queste notizie, e non essendo stati compiutamente eseguiti nй i lavori dei quartieri d'inverno nй le opere di fortificazione nй essendo stato provveduto sufficientemente riguardo al frumento e al restante approviggionamento, poichй, avvenuta la resa e ricevuti gli ostaggi, Galba aveva pensato che non si dovesse nulla temere riguardo alla guerra, celermente convocata l'adunanza, cominciт a chiedere i pareri. Essendo avvenuto contro l'aspettazione cosм grande di improvviso pericolo, e giа vedendosi pieni di una moltitudine di armati quasi tutti i luoghi piщ alti e poichй non si poteva venire in aiuto nй portare vettovagliamenti, chiuse le vie, e giа quasi disperando della salvezza, in questa adunanza si dicevano parecchi pareri di tal fatta che, lasciati i bagagli, fatta irruzione, tendessero alla salvezza per le stesse vie attraverso le quali erano giunti colа. Tuttavia alla maggior parte sembrт, riservata questa decisione ad un caso estremo, di provare frattanto la sorte e di difendere l'accampamento.
IV - I Romani combattono strenuamente
Brevi spatio interiecto, vix ut iis rebus quas constituissent conlocandis atque administrandis tempus daretur, hostes ex omnibus partibus signo dato decurrere, lapides gaesaque in vallum coicere. Nostri primo integris viribus fortiter propugnare neque ullum frustra telum ex loco superiore mittere, et quaecumque pars castrorum nudata defensoribus premi videbatur, eo occurrere et auxilium ferre, sed hoc superari quod diuturnitate pugnae hostes defessi proelio excedebant, alii integris viribus succedebant; quarum rerum a nostris propter paucitatem fieri nihil poterat, ac non modo defesso ex pugna excedendi, sed ne saucio quidem eius loci ubi constiterat relinquendi ac sui recipiendi facultas dabatur.
Passato un breve intervallo, cosм che a stento si dava tempo a mettere in ordine e ad eseguire quelle cose che avevano stabilito, dato il segnale, i nemici correvano giщ da tutte le parti, gettavano pietre e giavellotti contro la palizzata. Dapprima i nostri contrastavano fortemente essendo integre le forze, e non mandavano invano dal luogo piщ alto nessun dardo, come si vedeva una parte di accampamento priva di difensori essere premuta, correvano lа e portavano aiuto; ma restavano al di sotto in questo, che i nemici stanchi della lunga durata del combattimento si ritiravano dalla battaglia e subentravano altri con forze fresche; per il poco numero dai nostri nulla di queste cose si poteva fare, e non solo a colui che era stanco non si dava la possibilitа di uscire dal combattimento, ma al ferito neppure (si dava la possibilitа) di lasciare quel luogo dove si trovava e di ritirarsi (nell'accampamento).
V
Cum iam amplius horis sex continenter pugnaretur, ac non solum vires sed etiam tela nostros deficerent, atque hostes acrius instarent languidioribusque nostris vallum scindere et fossas complere coepissent, resque esset iam ad extremum perducta casum, P. Sextius Baculus, primi pili centurio, quem Nervico proelio compluribus confectum vulneribus diximus, et item C. Volusenus, tribunus militum, vir et consilii magni et virtutis, ad Galbam accurrunt atque unam esse spem salutis docent, si eruptione facta extremum auxilium experirentur. Itaque convocatis centurionibus celeriter milites certiores facit, paulisper intermitterent proelium ac tantum modo tela missa exciperent seque ex labore reficerent, post dato signo ex castris erumperent, atque omnem spem salutis in virtute ponerent.
Si combatteva, ininterrottamente, ormai da piщ di sei ore e ai nostri venivano a mancare, oltre alle forze, anche le frecce. I nemici, premendo con impeto ancora maggiore sui legionari, sempre piщ spossati, avevano iniziato ad abbattere il vallo e a riempire il fossato. La situazione era ormai agli estremi. P. Sestio Baculo, centurione primipilo - abbiamo prima ricordato che, durante la guerra con i Nervi, aveva riportato numerose ferite - e anche C. Voluseno, tribuno militare, uomo di grande saggezza e valore, si precipitano da Galba per dirgli che restava un'unica speranza: tentare una sortita come ultimo rimedio. Cosм, convocati i centurioni, Galba dа rapidamente ordine ai legionari di sospendere per il momento lo scontro e di limitarsi a evitare i dardi nemici e a riprendere fiato: poi, al segnale, dovevano erompere dall'accampamento e porre ogni speranza di salvezza nel proprio valore.
VI
Quod iussi sunt faciunt, ac subito omnibus portis eruptione facta neque cognoscendi quid fieret neque sui colligendi hostibus facultatem relinquunt. Ita commutata fortuna eos qui in spem potiundorum castrorum venerant undique circumventos intercipiunt, et ex hominum milibus amplius XXX, quem numerum barbarorum ad castra venisse constabat, plus tertia parte interfecta reliquos perterritos in fugam coniciunt ac ne in locis quidem superioribus consistere patiuntur. Sic omnibus hostium copiis fusis armisque exutis se intra munitiones suas recipiunt. Quo proelio facto, quod saepius fortunam temptare Galba nolebat atque alio se in hiberna consilio venisse meminerat, aliis occurrisse rebus videbat, maxime frumenti [commeatusque] inopia permotus postero die omnibus eius vici aedificiis incensis in provinciam reverti contendit, ac nullo hoste prohibente aut iter demorante incolumem legionem in Nantuates, inde in Allobroges perduxit ibique hiemavit.
I legionari eseguono gli ordini e si lanciano immediatamente all'attacco da tutte le porte, senza lasciare al nemico la possibilitа di capire che cosa stesse accadendo o di riorganizzarsi. Cosм, capovolte le sorti, accade che i nemici, giа sicuri di aver in pugno l'accampamento romano, vengono invece circondati da ogni parte e uccisi. Degli oltre trentamila uomini (tanti risultavano i barbari che avevano partecipato all'assedio dell'accampamento romano), i nostri ne uccidono piщ di un terzo, costringendo alla fuga gli altri, in preda al panico, senza permettere loro neppure di attestarsi sulle alture. Cosм, messe in rotta e private delle armi le forze nemiche, i legionari si ritirano nell'accampamento e nelle fortificazioni. Dopo la battaglia, Galba non voleva mettere ulteriormente alla prova la fortuna, si ricordava di aver posto i quartieri d'inverno con ben altre intenzioni e vedeva di essere incorso in circostanze ben diverse. Perciт, spinto soprattutto dalla mancanza di grano e di viveri, il giorno successivo diede fuoco a tutti gli edifici del villaggio e si incamminт sulla via del ritorno, verso la provincia; senza che il nemico gli sbarrasse la strada o ne rallentasse la marcia, guidт la legione nei territori dei Nantuati e, quindi, degli Allobrogi dove passт l'inverno.
VII
His rebus gestis cum omnibus de causis Caesar pacatam Galliam existimaret, [superatis Belgis, expulsis Germanis, victis in Alpibus Sedunis,] atque ita inita hieme in Illyricum profectus esset, quod eas quoque nationes adire et regiones cognoscere volebat, subitum bellum in Gallia coortum est. Eius belli haec fuit causa. P. Crassus adulescens eum legione VII. proximus mare Oceanum in Andibus hiemabat. Is, quod in his locis inopia frumenti erat, praefectos tribunosque militum complures in finitimas civitates frumenti causa dimisit; quo in numero est T. Terrasidius missus in Esuvios, M. Trebius Gallus in Coriosolites, Q. Velanius cum T. Silio in Venetos.
Dopo tali eventi, Cesare aveva tutti i motivi di ritenere la Gallia sottomessa: erano stati battuti i Belgi, scacciati i Germani, vinti i Seduni sulle Alpi. Cosм, all'inizio dell'inverno, partм per l'Illirico, perchй voleva conoscerne i popoli e visitarne le regioni, ma improvvisamente in Gallia scoppiт la guerra. Eccone il motivo: il giovane P. Crasso stava svernando con la settima legione nei pressi dell'Oceano, nella regione degli Andi. Visto che nella zona il frumento scarseggiava, Crasso mandт molti prefetti e tribuni militari presso i popoli limitrofi per procurarsi grano e viveri. Tra di essi T. Terrasidio fu inviato presso gli Esuvi, M. Trebio Gallo presso i Coriosoliti, Q. Velanio con T. Sillio presso i Veneti.
VIII
Huius est civitatis longe amplissima auctoritas omnis orae maritimae regionum earum, quod et naves habent Veneti plurimas, quibus in Britanniam navigare consuerunt, et scientia atque usu rerum nauticarum ceteros antecedunt et in magno impetu maris atque aperto paucis portibus interiectis, quos tenent ipsi, omnes fere qui eo mari uti consuerunt habent vectigales. Ab his fit initium retinendi Silii atque Velanii, quod per eos suos se obsides, quos Crasso dedissent, recuperaturos existimabant. Horum auctoritate finitimi adducti, ut sunt Gallorum subita et repentina consilia, eadem de causa Trebium Terrasidiumque retinent et celeriter missis legatis per suos principes inter se coniurant nihil nisi communi consilio acturos eundemque omnes fortunae exitum esse laturos, reliquasque civitates sollicitant, ut in ea libertate quam a maioribus acceperint permanere quam Romanorum servitutem perferre malint. Omni ora maritima celeriter ad suam sententiam perducta communem legationem ad P. Crassum mittunt, si velit suos recuperare, obsides sibi remittat.
I Veneti sono il popolo che, lungo tutta la costa marittima, gode di maggior prestigio in assoluto, sia perchй possiedono molte navi, con le quali, di solito, fanno rotta verso la Britannia, sia in quanto nella scienza e pratica della navigazione superano tutti gli altri, sia ancora perchй, in quel mare molto tempestoso e aperto, pochi sono i porti della costa e tutti sottoposti al loro controllo, per cui quasi tutti i naviganti abituali di quelle acque versano loro tributi. I Veneti, per primi, trattengono Sillio e Velanio, convinti di ottenere, mediante uno scambio, la restituzione degli ostaggi consegnati a Crasso. Influenzati dall'autoritа dei Veneti, dato che le decisioni dei Galli sono improvvise e repentine, anche i popoli limitrofi trattengono Trebio e Terrasidio con le stesse intenzioni. Vengono stabiliti, rapidamente, dei contatti: i principi stringono patti per non prendere, se non di comune accordo, nessuna iniziativa e per affrontare insieme l'esito della sorte, qualunque fosse. Sollecitano gli altri popoli a difendere la libertа ereditata dai loro padri piuttosto che sopportare la schiavitщ dei Romani. Ben presto tutti i popoli della costa ne sposano la causa e mandano un'ambasceria unitaria a P. Crasso: restituisse i loro ostaggi, se voleva riavere i suoi.
IX
Quibus de rebus Caesar a Crasso certior factus, quod ipse aberat longius, naves interim longas aedificari in flumine Ligeri, quod influit in Oceanum, remiges ex provincia institui, nautas gubernatoresque comparari iubet. His rebus celeriter administratis ipse, cum primum per anni tempus potuit, ad exercitum contendit. Veneti reliquaeque item civitates cognito Caesaris adventu [certiores facti], simul quod quantum in se facinus admisissent intellegebant, [legatos, quod nomen ad omnes nationes sanctum inviolatumque semper fuisset, retentos ab se et in vincula coniectos,] pro magnitudine periculi bellum parare et maxime ea quae ad usum navium pertinent providere instituunt, hoc maiore spe quod multum natura loci confidebant. Pedestria esse itinera concisa aestuariis, navigationem impeditam propter inscientiam locorum paucitatemque portuum sciebant, neque nostros exercitus propter inopiam frumenti diutius apud se morari posse confidebant; ac iam ut omnia contra opinionem acciderent, tamen se plurimum navibus posse, [quam] Romanos neque ullam facultatem habere navium, neque eorum locorum ubi bellum gesturi essent vada, portus, insulas novisse; ac longe aliam esse navigationem in concluso mari atque in vastissimo atque apertissimo Oceano perspiciebant. His initis consiliis oppida muniunt, frumenta ex agris in oppida comportant, naves in Venetiam, ubi Caesarem primum bellum gesturum constabat, quam plurimas possunt cogunt. Socios sibi ad id bellum Osismos, Lexovios, Namnetes, Ambiliatos, Morinos, Diablintes, Menapios adsciscunt; auxilia ex Britannia, quae contra eas regiones posita est, arcessunt.
Informato della situazione da Crasso, Cesare, trovandosi troppo lontano, si limita a dar ordine, per il momento, di costruire navi da guerra lungo la Loira, un fiume che sfocia nell'Oceano, di arruolare rematori dalla provincia e di procurare marinai e timonieri. Dopo aver rapidamente provveduto a tutto ciт, non appena la stagione lo consentм, raggiunse l'esercito. I Veneti e gli altri popoli, saputo del suo arrivo e rendendosi conto della gravitа del proprio operato - avevano trattenuto e gettato in catene degli ambasciatori, il cui nome и da sempre sacro e inviolabile presso tutte le genti - intraprendono preparativi di guerra commisurati a un pericolo cosм grande, provvedendo in particolare a tutto ciт che serve alla navigazione, con tanta maggior speranza di successo, in quanto confidavano molto sulla conformazione naturale del loro paese. Sapevano, infatti, che le vie di terra erano tagliate dalle maree e che i Romani avevano difficoltа di navigazione, per l'ignoranza dei luoghi e la scarsitа degli approdi; inoltre, confidavano che le nostre truppe, per la mancanza di grano, non potessero trattenersi a lungo. E anche ammesso che nessuna delle loro aspettative si fosse realizzata, disponevano di una marina potente, mentre i Romani mancavano di una flotta, non conoscevano neppure i passaggi, gli approdi, le isole delle zone in cui si sarebbe combattuto; infine - lo capivano perfettamente - era ben diverso navigare nell'Oceano, cosм vasto e aperto, e in un mare chiuso. Prese tali decisioni, fortificano le cittа, vi ammassano scorte di grano provenienti dalle campagne e concentrano il maggior numero possibile di navi lungo le coste dei Veneti, dove si pensava che Cesare avrebbe iniziato le operazioni di guerra. Si aggregano come alleati gli Osismi, i Lexovii, i Namneti, gli Ambiliati, i Morini, i Diablinti e i Menapi; chiedono aiuti alla Britannia, situata di fronte alle loro regioni.
X
Erant hae difficultates belli gerendi quas supra ostendimus, sed tamen multa Caesarem ad id bellum incitabant: iniuria retentorum equitum Romanorum, rebellio facta post deditionem, defectio datis obsidibus, tot civitatum coniuratio, in primis ne hac parte neglecta reliquae nationes sibi idem licere arbitrarentur. Itaque cum intellegeret omnes fere Gallos novis rebus studere et ad bellum mobiliter celeriterque excitari, omnes autem homines natura libertati studere et condicionem servitutis odisse, prius quam plures civitates conspirarent, partiendum sibi ac latius distribuendum exercitum putavit.
Abbiamo esposto le difficoltа che la guerra presentava, ma molte erano le ragioni che spingevano Cesare allo scontro: i cavalieri romani trattenuti contro ogni diritto, la rivolta dopo la resa, la defezione a ostaggi consegnati, la coalizione di tante nazioni e, soprattutto, il timore che gli altri popoli ritenessero lecito agire come i Veneti, se egli non fosse intervenuto. A Cesare era ben noto che, per lo piщ, i Galli amano i rivolgimenti e facilmente e prontamente sono disposti a far guerra (del resto, la natura spinge tutti gli uomini ad amare la libertа e a odiare la condizione di asservimento). Perciт, prima che la cospirazione si estendesse ad altri popoli, ritenne opportuno dividere l'esercito per coprire una zona di territorio piщ ampia.
XI
Itaque T. Labienum legatum in Treveros, qui proximi flumini Rheno sunt, cum equitatu mittit. Huic mandat, Remos reliquosque Belgas adeat atque in officio contineat Germanosque, qui auxilio a Belgis arcessiti dicebantur, si per vim navibus flumen transire conentur, prohibeat. P. Crassum cum cohortibus legionariis XII et magno numero equitatus in Aquitaniam proficisci iubet, ne ex his nationibus auxilia in Galliam mittantur ac tantae nationes coniungantur. Q. Titurium Sabinum legatum cum legionibus tribus in Venellos, Coriosolites Lexoviosque mittit, qui eam manum distinendam curet. D. Brutum adulescentem classi Gallicisque navibus, quas ex Pictonibus et Santonis reliquisque pacatis regionibus convenire iusserat, praeficit et, cum primum possit, in Venetos proficisci iubet. Ipse eo pedestribus copiis contendit.
Cosм, manda il legato T. Labieno con la cavalleria nella regione dei Treveri, che abitano lungo il Reno. Gli dа disposizione sia di prendere contatto con i Remi e gli altri Belgi e di tenerli a dovere, sia di ostacolare i Germani (si diceva che i Belgi avessero chiesto il loro aiuto), se, a forza, avessero tentato di attraversare il fiume su navi. Ordina a P. Crasso di partire per l'Aquitania alla testa di dodici coorti della legione e di un buon numero di cavalieri, per evitare che i popoli aquitani inviassero aiuti ai Galli e che nazioni cosм potenti si unissero. Manda il legato Q. Titurio Sabino, alla testa di tre legioni, nelle terre degli Unelli, dei Coriosoliti e dei Lexovi con l'ordine di tenerne impegnate le forze. Al giovane D. Bruto affida il comando della flotta gallica e delle navi che, dietro suo ordine, erano state fornite dai Pictoni, dai Santoni e dalle altre regioni pacificate. Gli ingiunge di partire alla volta dei Veneti non appena possibile. Cesare vi si dirige con la fanteria.
XII - Le cittа aremoriche sono in posizioni vantaggiose

Erant eius modi fere situs oppidorum ut posita in extremis lingulis promunturiisque neque pedibus aditum haberent, cum ex alto se aestus incitavisset, quod [bis] accidit semper horarum XII spatio, neque navibus, quod rursus minuente aestu naves in vadis adflictarentur. Ita utraque re oppidorum oppugnatio impediebatur. Ac si quando magnitudine operis forte superati, extruso mari aggere ac molibus atque his oppidi moenibus adaequatis, suis fortunis desperare coeperant, magno numero navium adpulso, cuius rei summam facultatem habebant, omnia sua deportabant seque in proxima oppida recipiebant: ibi se rursus isdem opportunitatibus loci defendebant. Haec eo facilius magnam partem aestatis faciebant quod nostrae naves tempestatibus detinebantur summaque erat vasto atque aperto mari, magnis aestibus, raris ac prope nullis portibus difficultas navigandi.
I siti delle loro cittа erano generalmente tali che, venendo posti sui punti estremi e sui promontori, non potevano essere nй raggiunti da terra quando la marea si alzava nello spazio di dodici ore, nй per navi, poichй, quando la marea si abbassava di nuovo, le navi si arenavano nella sabbia. Quindi, in entrambe le circostanze, l'assedio delle loro cittа era reso difficile. E se quando con la grandezza delle opere li superavano di molto, essendo il mare fermato da terrapieni e dighe, e le loro mura rese uguali in altezza a quelle della cittа, cominciarono a disperdere le loro fortune, portando un grande numero di navi, delle quali avevano una grande quantitа, portavano via le loro proprietа e si trasportavano alla cittа piщ vicina: di lм si difendevano con gli stessi vantaggi che avevano in precedenza. Fecero questo piщ facilmente durante gran parte dell'estate, poichй le nostre navi erano tenute indietro dalle tempeste, e la difficoltа nel navigare era molto grande in quel mare vasto ed aperto, con le sue forti maree e i pochissimi porti.
XIII
Namque ipsorum naves ad hunc modum factae armataeque erant: carinae aliquanto planiores quam nostrarum navium, quo facilius vada ac decessum aestus excipere possent; prorae admodum erectae atque item puppes, ad magnitudinem fluctuum tempestatumque accommodatae; naves totae factae ex robore ad quamvis vim et contumeliam perferendam; transtra ex pedalibus in altitudinem trabibus, confixa clavis ferreis digiti pollicis crassitudine; ancorae pro funibus ferreis catenis revinctae; pelles pro velis alutaeque tenuiter confectae, [hae] sive propter inopiam lini atque eius usus inscientiam, sive eo, quod est magis veri simile, quod tantas tempestates Oceani tantosque impetus ventorum sustineri ac tanta onera navium regi velis non satis commode posse arbitrabantur. Cum his navibus nostrae classi eius modi congressus erat ut una celeritate et pulsu remorum praestaret, reliqua pro loci natura, pro vi tempestatum illis essent aptiora et accommodatiora. Neque enim iis nostrae rostro nocere poterant (tanta in iis erat firmitudo), neque propter altitudinem facile telum adigebatur, et eadem de causa minus commode copulis continebautur. Accedebat ut, cum [saevire ventus coepisset et] se vento dedissent, et tempestatem ferrent facilius et in vadis consisterent tutius et ab aestu relictae nihil saxa et cautes timerent; quarum rerum omnium nostris navibus casus erat extimescendus.
Le navi dei Veneti, poi, erano costruite e attrezzate come segue: le carene erano alquanto piщ piatte delle nostre, per poter resistere con maggior facilitа alle secche e alla bassa marea; le prore erano estremamente alte e cosм pure le poppe, adatte a sopportare la violenza dei flutti e delle tempeste; le navi erano completamente di rovere, capaci di resistere a qualsiasi urto e offesa; le travi di sostegno, dello spessore di un piede, erano fissate con chiodi di ferro della misura di un pollice; le ancore erano legate non con funi, ma con catene di ferro; al posto delle vele usavano pelli e cuoio sottile e morbido - forse perchй non avevano lino o non lo sapevano adoperare oppure, ed и piщ probabile, perchй ritenevano che le vele non potessero agevolmente reggere alle tempeste cosм violente dell'Oceano, al vento tanto impetuoso e al peso dello scafo. La nostra flotta negli scontri poteva risultare superiore solo per rapiditа e impeto dei rematori, ma per il resto le navi nemiche erano ben piщ adatte alla natura del luogo e alla violenza delle tempeste. In effetti, le nostre non potevano danneggiare con i rostri le navi dei Veneti, tanto erano robuste, nй i dardi andavano facilmente a segno, perchй erano troppo alte; per l'identica ragione risultava arduo trattenerle con gli arpioni. Inoltre, quando il vento cominciava a infuriare e le navi si abbandonavano alle raffiche, le loro riuscivano con maggior facilitа a sopportare le tempeste e a navigare nelle secche, senza temere massi o scogli lasciati scoperti dalla bassa marea, tutti pericoli che le nostre navi dovevano paventare.
XIV
Compluribus expugnatis oppidis Caesar, ubi intellexit frustra tantum laborem sumi neque hostium fugam captis oppidis reprimi neque iis noceri posse, statuit expectandam classem. Quae ubi convenit ac primum ab hostibus visa est, circiter CCXX naves eorum paratissimae atque omni genere armorum ornatissimae profectae ex portu nostris adversae constiterunt; neque satis Bruto, qui classi praeerat, vel tribunis militum centurionibusque, quibus singulae naves erant attributae, constabat quid agerent aut quam rationem pugnae insisterent. Rostro enim noceri non posse cognoverant; turribus autem excitatis tamen has altitudo puppium ex barbaris navibus superabat, ut neque ex inferiore loco satis commode tela adigi possent et missa a Gallis gravius acciderent. Una erat magno usui res praeparata a nostris, falces praeacutae insertae adfixaeque longuriis, non absimili forma muralium falcium. His cum funes qui antemnas ad malos destinabant comprehensi adductique erant, navigio remis incitato praerumpebantur. Quibus abscisis antemnae necessario concidebant, ut, cum omnis Gallicis navibus spes in velis armamentisque consisteret, his ereptis omnis usus navium uno tempore eriperetur. Reliquum erat certamen positum in virtute, qua nostri milites facile superabant, atque eo magis quod in conspectu Caesaris atque omnis exercitus res gerebatur, ut nullum paulo fortius factum latere posset; omnes enim colles ac loca superiora, unde erat propinquus despectus in mare, ab exercitu tenebantur.
Cesare espugnт parecchie cittа, ma vedendo che tanta fatica era vana e che non poteva impedire ai nemici di fuggire, nй danneggiarli, decise di aspettare la flotta. Non appena questa giunse e fu avvistata, circa duecentoventi navi nemiche, assai ben equipaggiate e perfettamente attrezzate, salparono e affrontarono le nostre; Bruto, che comandava la flotta, non sapeva bene che cosa fare o quale tattica adottare, e cosм pure i tribuni militari e i centurioni a capo di ciascuna imbarcazione. Sapevano che il rostro non danneggiava le navi nemiche; se anche avessero costruito delle torri, non avrebbero comunque raggiunto l'altezza delle poppe delle navi barbare; dal basso era piщ difficile che le frecce andassero a segno, mentre i dardi scagliati dai Galli risultavano micidiali. L'unica arma di grande efficacia preparata dai nostri erano falci acutissime, fissate a lunghi pali, di forma non dissimile dalle falci murali. Le falci agganciavano le funi che assicuravano i pennoni agli alberi delle navi, e le tiravano fino a spezzarle, quando i nostri marinai aumentavano la spinta sui remi. Troncate le funi, i pennoni inevitabilmente cadevano e cosм contemporaneamente, dato che tutta la forza delle navi dei Galli consisteva nelle vele e nell'attrezzatura, veniva sottratto alla flotta nemica ogni vantaggio. Il resto dipendeva dal valore e in ciт i nostri avevano facilmente la meglio, tanto piщ che si combatteva al cospetto di Cesare e di tutto l'esercito, per cui ogni atto di un certo coraggio non poteva rimanere nascosto: tutti i colli e le alture circostanti, infatti, da cui la vista dominava a strapiombo sul mare, erano occupati dal nostro esercito.
XV
Deiectis, ut diximus, antemnis, cum singulas binae ac ternae naves circumsteterant, milites summa vi transcendere in hostium naves contendebant. Quod postquam barbari fieri animadverterunt, expugnatis compluribus navibus, cum ei rei nullum reperiretur auxilium, fuga salutem petere contenderunt. Ac iam conversis in eam partem navibus quo ventus ferebat, tanta subito malacia ac tranquillitas exstitit ut se ex loco movere non possent. Quae quidem res ad negotium conficiendum maximae fuit oportunitati: nam singulas nostri consectati expugnaverunt, ut perpaucae ex omni numero noctis interventu ad terram pervenirent, cum ab hora fere IIII usque ad solis occasum pugnaretur.
Una volta abbattuti, come abbiamo descritto, i pennoni, ciascuna nave nemica veniva circondata da due o tre delle nostre e i soldati romani si lanciavano all'abbordaggio con grande impeto. Quando i barbari se ne accorsero, giа molte delle loro navi erano state catturate; non trovando alcun mezzo di difesa contro la tattica romana, cercavano salvezza nella fuga. Avevano giа orientato le navi nella direzione in cui soffiava il vento, quando si verificт un'improvvisa, totale bonaccia, che impedм loro di allontanarsi. La cosa fu del tutto favorevole per portare a termine le operazioni: i nostri inseguirono le navi nemiche e le catturarono una a una. Ben poche, di quante erano, riuscirono a prender terra grazie al sopraggiungere della notte. Si era combattuto dalle dieci circa del mattino fino al tramonto.
XVI
Quo proelio bellum Venetorum totiusque orae maritimae confectum est. Nam cum omnis iuventus, omnes etiam gravioris aetatis in quibus aliquid consilii aut dignitatis fuit eo convenerant, tum navium quod ubique fuerat in unum locum coegerant; quibus amissis reliqui neque quo se reciperent neque quem ad modum oppida defenderent habebant. Itaque se suaque omnia Caesari dediderunt. In quos eo gravius Caesar vindicandum statuit quo diligentius in reliquum tempus a barbaris ius legatorum conservaretur. Itaque omni senatu necato reliquos sub corona vendidit.
La battaglia segnт la fine della guerra con i Veneti e i popoli di tutta la costa. Infatti, tutti i giovani e anche tutti gli anziani piщ assennati e autorevoli si erano lа radunati e avevano raccolto in un sol luogo ogni nave disponibile. Perduta la flotta, i superstiti non sapevano dove rifugiarsi, nй come difendere le loro cittа. Perciт, si arresero con tutti i loro beni a Cesare ed egli decise di agire con piщ rigore nei loro confronti, perchй i barbari, per il futuro, imparassero a osservare con maggior scrupolo il diritto che tutela gli ambasciatori. Cosм, ordinт di mettere a morte tutti i senatori e di vendere come schiavi gli altri.
XVII - La prudenza di Sabino rende baldanzosi i Galli

Dum haec in Venetis geruntur, Q. Titurius Sabinus cum iis copiis quas a Caesare acceperat in fines Venellorum pervenit. His praeerat Viridovix ac summam imperii tenebat earum omnium civitatum quae defecerant, ex quibus exercitum [magnasque copias] coegerat; atque his paucis diebus Aulerci Eburovices Lexoviique, senatu suo interfecto quod auctores belli esse nolebant, portas clauserunt seque cum Viridovice coniunxerunt; magnaque praeterea multitudo undique ex Gallia perditorum hominum latronumque convenerat, quos spes praedandi studiumque bellandi ab agri cultura et cotidiano labore revocabat. Sabinus idoneo omnibus rebus loco castris sese tenebat, cum Viridovix contra eum duorum milium spatio consedisset cotidieque productis copiis pugnandi potestatem faceret, ut iam non solum hostibus in contemptionem Sabinus veniret, sed etiam nostrorum militum vocibus non nihil carperetur; tantamque opinionem timoris praebuit ut iam ad vallum castrorum hostes accedere auderent. Id ea de causa faciebat quod cum tanta multitudine hostium, praesertim eo absente qui summam imperii teneret, nisi aequo loco aut oportunitate aliqua data legato dimicandum non existimabat.
Mentre succedono queste cose fra i Veneti, Quinto Titorio Sabino con quelle milizie che aveva ricevuto da Cesare, arrivт nel territorio dei Venelli. A questi era a capo Viridovice e teneva il supremo comando di tutte quelle cittа che avevano defezionato; da queste aveva messo insieme un esercito e grandi milizie; e in questi pochi giorni gli Aulerci, gli Eburevoci e i Lessobi, avendo ucciso i loro capi poichй non volevano essere promotori della guerra, chiusero le porte e si unirono a Viridovice; e inoltre si era raccolta da ogni parte della Gallia una grande moltitudine di malfattori e ladroni, che la speranza di predare e il desiderio di combattere avevano distolto dall'agricoltura e dalla fatica quotidiana. Sabino se ne stava nell'accampamento in un luogo adatto per tutte le cose (sotto ogni punto di vista), poichй Viridovice si era appostato di fronte a lui a due miglia di distanza e ogni giorno mandava avanti milizie e offriva la possibilitа di combattere, cosicchй giа Sabino veniva non solo in disprezzo ai nemici, ma anche talvolta era oggetto delle critiche dei nostri soldati. Infatti aveva dato tanta dimostrazione di essere timoroso che i nemici giа osavano avvicinarsi al vallo dell'accampamento. Faceva ciт per questo motivo perchй pensava che con una cosм grande moltitudine di nemici, specialmente essendo assente colui che aveva il comando supremo, (da) luogotenente non si dovesse combattere se non in luogo opportuno e data una qualche sicurezza.
XVIII
Hac confirmata opinione timoris idoneum quendam hominem et callidum deligit, Gallum, ex iis quos auxilii causa secum habebat. Huic magnis praemiis pollicitationibusque persuadet uti ad hostes transeat, et quid fieri velit edocet. Qui ubi pro perfuga ad eos venit, timorem Romanorum proponit, quibus angustiis ipse Caesar a Venetis prematur docet, neque longius abesse quin proxima nocte Sabinus clam ex castris exercitum educat et ad Caesarem auxilii ferendi causa proficiscatur. Quod ubi auditum est, conclamant omnes occasionem negotii bene gerendi amittendam non esse: ad castra iri oportere. Multae res ad hoc consilium Gallos hortabantur: superiorum dierum Sabini cunctatio, perfugae confirmatio, inopia cibariorum, cui rei parum diligenter ab iis erat provisum, spes Venetici belli, et quod fere libenter homines id quod volunt credunt. His rebus adducti non prius Viridovicem reliquosque duces ex concilio dimittunt quam ab iis sit concessum arma uti capiant et ad castra contendant. Qua re concessa laeti, ut explorata victoria, sarmentis virgultisque collectis, quibus fossas Romanorum compleant, ad castra pergunt.
Sabino, quando l'impressione che avesse timore era ormai radicata, scelse tra le truppe ausiliarie un Gallo adatto ed astuto. Con la promessa di grandi ricompense lo convince a passare dalla parte del nemico e gli illustra il suo piano. Il Gallo, giunto al campo nemico fingendosi un fuggiasco, descrive il timore dei Romani, espone le difficoltа che i Veneti procurano a Cesare e rivela che non piщ tardi della notte seguente Sabino alla testa dell'esercito avrebbe lasciato di nascosto l'accampamento e si sarebbe diretto da Cesare per portargli aiuto. A queste notizie, tutti gridano che non si deve lasciar perdere una simile occasione: bisogna marciare sul campo romano. Molti elementi spingevano i Galli a decidere in tal senso: l'esitazione di Sabino nei giorni precedenti, la conferma del fuggiasco, le scarse riserve di viveri, cui non avevano provvisto con la dovuta cura, la speranza di una vittoria dei Veneti e il fatto che, in genere, gli uomini sono inclini a credere vero ciт che desiderano. Spinti da tali sentimenti, non permettono a Viridovice e agli altri capi di lasciare l'assemblea prima di ottenere il consenso a prendere le armi e ad assalire l'accampamento romano. Accordato il consenso, lieti come se avessero giа la vittoria in pugno, raccolgono fascine e legname per riempire i fossati del campo romano e lм si dirigono.
XIX
Locus erat castrorum editus et paulatim ab imo acclivis circiter passus mille. Huc magno cursu contenderunt, ut quam minimum spatii ad se colligendos armandosque Romanis daretur, exanimatique pervenerunt. Sabinus suos hortatus cupientibus signum dat. Impeditis hostibus propter ea quae ferebant onera subito duabus portis eruptionem fieri iubet. Factum est oportunitate loci, hostium inscientia ac defatigatione, virtute militum et superiorum pugnarum exercitatione, ut ne unum quidem nostrorum impetum ferrent ac statim terga verterent. Quos impeditos integris viribus milites nostri consecuti magnum numerum eorum occiderunt; reliquos equites consectati paucos, qui ex fuga evaserant, reliquerunt. Sic uno tempore et de navali pugna Sabinus et de Sabini victoria Caesar est certior factus, civitatesque omnes se statim Titurio dediderunt. Nam ut ad bella suscipienda Gallorum alacer ac promptus est animus, sic mollis ac minime resistens ad calamitates ferendas mens eorum est.
L'accampamento si trovava in cima a un lieve pendio di circa mille passi. I nemici mossero all'attacco per non dare ai Romani il tempo di radunarsi e di prendere le armi, ma cosм giunsero senza fiato. Sabino, esortati i suoi, impazienti ormai di combattere, dа il segnale e ordina di piombare repentinamente dalle due porte sui nemici impacciati dal carico delle fascine. Risultт che, per la posizione a noi vantaggiosa, per l'inesperienza e la stanchezza degli avversari, per il valore e l'addestramento dei nostri nelle battaglie precedenti, i nemici non ressero neppure al primo assalto e volsero subito le spalle. I nostri, ancora freschi, li raggiunsero mentre erano in difficoltа e ne fecero strage; i superstiti li inseguirono, i cavalieri e se ne lasciarono sfuggire ben pochi. Cosм, contemporaneamente, Sabino venne informato della battaglia navale e Cesare della vittoria del suo legato. Immediatamente, tutti gli altri popoli si sottomisero a Titurio. Infatti, lo spirito dei Galli и entusiasta e pronto a dichiarare guerra, ma il loro animo и fragile e privo di fermezza nel sopportare le disgrazie.
XX
Eodem fere tempore P. Crassus, cum in Aquitaniam pervenisset, quae [pars], ut ante dictum est, [et regionum latitudine et multitudine hominum] tertia pars Galliae est [aestimanda], cum intellegeret in iis locis sibi bellum gerendum ubi paucis ante annis L. Valerius Praeconinus legatus exercitu pulso interfectus esset atque unde L. Manlius proconsul impedimentis amissis profugisset, non mediocrem sibi diligentiam adhibendam intellegebat. Itaque re frumentaria provisa, auxiliis equitatuque comparato, multis praeterea viris fortibus Tolosa et Carcasone et Narbone, quae sunt civitates Galliae provinciae finitimae, ex his regionibus nominatim evocatis, in Sotiatium fines exercitum introduxit. Cuius adventu cognito Sotiates magnis copiis coactis, equitatuque, quo plurimum valebant, in itinere agmen nostrum adorti primum equestre proelium commiserunt, deinde equitatu suo pulso atque insequentibus nostris subito pedestres copias, quas in convalle in insidiis conlocaverant, ostenderunt. Hi nostros disiectos adorti proelium renovarunt.
All'incirca nello stesso tempo P. Crasso giunse in Aquitania, regione che, come si и visto, deve essere considerata, per estensione e per numero di abitanti, una delle tre parti della Gallia. Crasso, conscio di dover affrontare un conflitto nella regione dove, pochi anni prima, era stato ucciso il legato L. Valerio Preconino e sconfitto il suo esercito e da dove aveva cercato scampo il proconsole L. Manlio, dopo aver perduto le salmerie, si rendeva conto di dover operare con non poca attenzione. Perciт, provvide alle scorte di grano, si procurт contingenti ausiliari e cavalleria, arruolт molti soldati valorosi chiamati individualmente da Tolosa e Narbona, cittа della limitrofa provincia romana, dopodichй penetrт nella regione dei Soziati. Saputo del suo arrivo, i Soziati, dopo aver radunato ingenti truppe di fanteria e la cavalleria, che costituiva il loro punto di forza, attaccarono il nostro esercito in marcia. Si scontrarono subito le due cavallerie: la loro venne messa in fuga e la nostra si lanciт all'inseguimento. Allora i nemici all'improvviso dispiegarono la fanteria, che avevano piazzato in un vallone per tendere un'imboscata. Si gettarono addosso ai nostri che si erano disuniti e riaccesero la mischia.
XXI
Pugnatum est diu atque acriter, cum Sotiates superioribus victoriis freti in sua virtute totius Aquitaniae salutem positam putarent, nostri autem quid sine imperatore et sine reliquis legionibus adulescentulo duce efficere possent perspici cuperent; tandem confecti vulneribus hostes terga verterunt. Quorum magno numero interfecto Crassus ex itinere oppidum Sotiatium oppugnare coepit. Quibus fortiter resistentibus vineas turresque egit. Illi alias eruptione temptata, alias cuniculis ad aggerem vineasque actis (cuius rei sunt longe peritissimi Aquitani, propterea quod multis locis apud eos aerariae secturaeque sunt), ubi diligentia nostrorum nihil his rebus profici posse intellexerunt, legatos ad Crassum mittunt seque in deditionem ut recipiat petunt.
La battaglia fu lunga e aspra: i Soziati, forti delle vittorie del passato, ritenevano che dal loro valore dipendesse la salvezza di tutta l'Aquitania; i nostri, invece, volevano mostrare di che cos'erano capaci sotto la guida di un giovane, pur senza il comandante e le altre legioni. Alla fine i nemici, fiaccati dai colpi ricevuti, si ritirarono. Crasso ne fece strage e, appena giunto alla cittа dei Soziati, la cinse d'assedio. Di fronte all'aspra resistenza dei nemici, ricorse alle vinee e alle torri. I Soziati tentarono prima una sortita, poi provarono a scavare fino al terrapieno e alle vinee cunicoli (specialitа in cui gli Aquitani sono i piщ esperti in assoluto, perchй nella loro regione si trovano molte miniere di rame e cave di pietra). Quando, perт, si resero conto che i loro sforzi erano vanificati dalla sorveglianza dei nostri, mandano a Crasso un'ambasceria per offrire la resa. La loro richiesta viene accolta ed essi, dietro suo ordine, consegnano le armi.
XXII
Qua re impetrata arma tradere iussi faciunt. Atque in eam rem omnium nostrorum intentis animis alia ex parte oppidi Adiatunnus, qui summam imperii tenebat, cum DC devotis, quos illi soldurios appellant, quorum haec est condicio, ut omnibus in vita commodis una cum iis fruantur quorum se amicitiae dediderint, si quid his per vim accidat, aut eundem casum una ferant aut sibi mortem consciscant; neque adhuc hominum memoria repertus est quisquam qui, eo interfecto cuius se amicitiae devovisset, mortem recusaret---cum his Adiatunnus eruptionem facere conatus clamore ab ea parte munitionis sublato cum ad arma milites concurrissent vehementerque ibi pugnatum esset, repulsus in oppidum tamen uti eadem deditionis condicione uteretur a Crasso impetravit.
Ma mentre l'attenzione dei nostri era concentrata sulla consegna delle armi, dalla parte opposta della cittа tentт una sortita Adiatuano, il capo supremo, insieme a seicento fedelissimi, i solduri, come li chiamano i Galli. La condizione dei solduri и la seguente: fruiscono di tutti gli agi dell'esistenza insieme alle persone alla cui amicizia si sono votati, ma se quest'ultime periscono in modo violento, essi devono affrontare lo stesso destino oppure suicidarsi; finora, a memoria d'uomo, non risulta che nessuno si sia rifiutato di morire, dopo che era stata uccisa la persona a cui si era votato. Adiatuano, dunque, tentт una sortita con i solduri, ma dalla zona fortificata dove si era diretto si levarono grida e i nostri corsero alle armi. La lotta fu accanita: alla fine Adiatuano venne ricacciato in cittа e tuttavia ottenne da Crasso la resa alle stesse condizioni degli altri.
XXIII
Armis obsidibusque acceptis, Crassus in fines Vocatium et Tarusatium profectus est. Tum vero barbari commoti, quod oppidum et natura loci et manu munitum paucis diebus quibus eo ventum erat expugnatum cognoverant, legatos quoque versum dimittere, coniurare, obsides inter se dare, copias parare coeperunt. Mittuntur etiam ad eas civitates legati quae sunt citerioris Hispaniae finitimae Aquitaniae: inde auxilia ducesque arcessuntur. Quorum adventu magna cum auctoritate et magna [cum] hominum multitudine bellum gerere conantur. Duces vero ii deliguntur qui una cum Q. Sertorio omnes annos fuerant summamque scientiam rei militaris habere existimabantur. Hi consuetudine populi Romani loca capere, castra munire, commeatibus nostros intercludere instituunt. Quod ubi Crassus animadvertit, suas copias propter exiguitatem non facile diduci, hostem et vagari et vias obsidere et castris satis praesidii relinquere, ob eam causam minus commode frumentum commeatumque sibi supportari, in dies hostium numerum augeri, non cunctandum existimavit quin pugna decertaret. Hac re ad consilium delata, ubi omnes idem sentire intellexit, posterum diem pugnae constituit.
Ricevute armi e ostaggi, Crasso partм per la regione dei Vocati e dei Tarusati. Allora i barbari, molto scossi per aver saputo che una cittа ben fornita di difese naturali e fortificazioni era caduta nei pochi giorni successivi all'arrivo dei Romani, iniziarono a mandare ambascerie in tutte le direzioni, a stringere leghe, a scambiarsi ostaggi, a mobilitare truppe. Emissari vengono inviati anche ai popoli della Spagna citeriore, al confine con l'Aquitania: da lм giungono rinforzi e comandanti. Grazie al loro arrivo riescono a intraprendere le operazioni di guerra con molta autoritа e molte truppe. Come capi, poi, scelgono gli ufficiali che erano stati sempre al fianco di Q. Sertorio, dotati, si riteneva, di grande esperienza militare. Costoro, secondo la tecnica dei Romani, incominciano a occupare i punti chiave, a fortificare l'accampamento, a tagliare i rifornimenti ai nostri. Crasso, quando si rese conto che non poteva dividere le sue truppe, troppo esigue, mentre il nemico aveva libertа di movimento, presidiava le vie di comunicazione, lasciava nell'accampamento un presidio sufficiente, ostacolava i rifornimenti di grano e di viveri per i Romani e aumentava ogni giorno i suoi effettivi, ritenne di non dover ritardare lo scontro. Riferite le sue intenzioni al consiglio di guerra, quando vide che tutti condividevano il suo parere, fissт il combattimento per il giorno seguente.
XXIV - Crasso si dispone al combattimento

Prima luce productis omnibus copiis duplici acie instituta, auxiliis in mediam aciem coniectis, quid hostes consilii caperent expectabat. Illi, etsi propter multitudinem et veterem belli gloriam paucitatemque nostrorum se tuto dimicaturos existimabant, tamen tutius esse arbitrabantur obsessis viis commeatu intercluso sine vulnere victoria potiri, et si propter inopiam rei frumentariae Romani se recipere coepissent, impeditos in agmine et sub sarcinis infirmiore animo adoriri cogitabant. Hoc consilio probato ab ducibus, productis Romanorum copiis, sese castris tenebant. Hac re perspecta Crassus, cum sua cunctatione atque opinione timoris hostes nostros milites alacriores ad pugnandum effecissent atque omnium voces audirentur expectari diutius non oportere quin ad castra iretur, cohortatus suos omnibus cupientibus ad hostium castra contendit.
Avendo riunito tutte le sue forze al tramonto, e organizzate in due linee, spostт gli ausiliari nell'ala centrale, e aspettт per vedere quali misure avrebbero adottato i nemici. Essi, contando sul loro grande numero e dalla loro antica gloria militare e dall'esiguo numero dei nostri, supposero di poter combattere senza pericoli, nonostante considerassero piщ sicuro raggiungere la vittoria senza ferite, circondandoli e tagliando le linee di approvvigionamento: e se i Romani, contando sulla necessitа di grano, cominciassero a ritirarsi, li avrebbero attaccati mentre marciavano e li avrebbero fiaccati nell'animo. Essendo approvata questa misura dai comandanti ed essendo le forze dei Romani disperse, i nemici restarono ugualmente nei loro accampamenti. Avendo considerato questa circostanza Crasso, poichй il nemico, intimidito dal suo stesso ritardo, e dalla reputazione aveva reso i nostri soldati piщ desiderosi di combattere, e furono udite le voci di tutti che dicevano che non avrebbero piщ aspettato negli accampamenti, e dopo aver incoraggiato i suoi uomini, marciт verso l'accampamento dei nemici.
XXV
Ibi cum alii fossas complerent, alii multis telis coniectis defensores vallo munitionibusque depellerent, auxiliaresque, quibus ad pugnam non multum Crassus confidebat, lapidibus telisque subministrandis et ad aggerem caespitibus comportandis speciem atque opinionem pugnantium praeberent, cum item ab hostibus constanter ac non timide pugnaretur telaque ex loco superiore missa non frustra acciderent, equites circumitis hostium castris Crasso renuntiaverunt non eadem esse diligentia ab decumana porta castra munita facilemque aditum habere.
I nostri, parte riempiendo i fossati, parte lanciando un nugolo di frecce, costrinsero i difensori ad abbandonare il vallo e le fortificazioni. Pure gli ausiliari, sul cui apporto Crasso non faceva troppo affidamento, rifornendo i soldati di pietre e frecce e portando zolle per elevare un terrapieno, davano l'effettiva impressione di combattere. Ma anche il nemico lottava con tenacia e coraggio e i dardi, scagliati dall'alto, non andavano a vuoto. A quel punto i cavalieri, che avevano fatto il giro del campo nemico, riferirono a Crasso che la porta decumana non era altrettanto ben difesa ed era facile penetrarvi.
XXVI
Crassus equitum praefectos cohortatus, ut magnis praemiis pollicitationibusque suos excitarent, quid fieri vellet ostendit. Illi, ut erat imperatum, eductis iis cohortibus quae praesidio castris relictae intritae ab labore erant, et longiore itinere circumductis, ne ex hostium castris conspici possent, omnium oculis mentibusque ad pugnam intentis celeriter ad eas quas diximus munitiones pervenerunt atque his prorutis prius in hostium castris constiterunt quam plane ab his videri aut quid rei gereretur cognosci posset. Tum vero clamore ab ea parte audito nostri redintegratis viribus, quod plerumque in spe victoriae accidere consuevit, acrius impugnare coeperunt. Hostes undique circumventi desperatis omnibus rebus se per munitiones deicere et fuga salutem petere contenderunt. Quos equitatus apertissimis campis consectatus ex milium L numero, quae ex Aquitania Cantabrisque convenisse constabat, vix quarta parte relicta, multa nocte se in castra recepit.
Crasso, esortati i capi della cavalleria a spronare i loro con la promessa di grandi ricompense, espose il suo piano. Costoro, secondo gli ordini, portarono fuori dal campo le coorti che lo presidiavano, fresche e riposate, compirono una lunga deviazione per non essere visti dall'accampamento nemico e, mentre gli occhi e gli animi di tutti erano intenti alla battaglia, raggiunsero rapidamente le fortificazioni di cui si и parlato, le abbatterono e penetrarono nell'accampamento prima che i nemici potessero scorgerli o capire che cosa stesse accadendo. E quando i nostri sentirono levarsi da lм clamori, ripresero forza, come spesso succede quando si spera di vincere, e iniziarono ad attaccare con maggior vigore. I nemici, circondati da tutti i lati e persa ogni speranza, cercarono di gettarsi giщ dalle fortificazioni e di darsi alla fuga. La nostra cavalleria li inseguм nei campi, pianeggianti e privi di vegetazione: di cinquantamila nemici - tali erano stimate le forze provenienti dall'Aquitania e dai Cantabri - appena un quarto si mise in salvo. I nostri cavalieri rientrarono all'accampamento a notte fonda.
XXVII
Hac audita pugna maxima pars Aquitaniae sese Crasso dedidit obsidesque ultro misit; quo in numero fuerunt Tarbelli, Bigerriones, Ptianii, Vocates, Tarusates, Elusates, Gates, Ausci, Garumni, Sibusates, Cocosates: paucae ultimae nationes anni tempore confisae, quod hiems suberat, id facere neglexerunt.
L'eco della battaglia spinse ad arrendersi e a consegnare spontaneamente ostaggi a Crasso la maggior parte dei popoli dell'Aquitania. Tra di essi ricordiamo i Tarbelli, i Bigerrioni, i Ptiani, i Vocati, i Tarusati, gli Elusati, i Gati, gli Ausci, i Garunni, i Sibuzati e i Cocosati. Poche genti e le piщ lontane, confidando nella stagione - l'inverno si stava avvicinando - trascurarono di farlo.
XVIII
Eodem fere tempore Caesar, etsi prope exacta iam aestas erat, tamen, quod omni Gallia pacata Morini Menapiique supererant, qui in armis essent neque ad eum umquam legatos de pace misissent, arbitratus id bellum celeriter confici posse eo exercitum duxit; qui longe alia ratione ac reliqui Galli bellum gerere coeperunt. Nam quod intellegebant maximas nationes, quae proelio contendissent, pulsas superatasque esse, continentesque silvas ac paludes habebant, eo se suaque omnia contulerunt. Ad quarum initium silvarum cum Caesar pervenisset castraque munire instituisset neque hostis interim visus esset, dispersis in opere nostris subito ex omnibus partibus silvae evolaverunt et in nostros impetum fecerunt. Nostri celeriter arma ceperunt eosque in silvas repulerunt et compluribus interfectis longius impeditioribus locis secuti paucos ex suis deperdiderunt.
Quasi contemporaneamente Cesare, sebbene l'estate stesse ormai per finire, condusse l'esercito nei territori dei Morini e dei Menapi: era convinto di poter concludere rapidamente le operazioni contro di essi, gli unici due popoli che, in tutta la Gallia ormai pacificata, ancora erano in armi e non gli avevano mai mandato ambascerie per chiedere pace. I nemici adottarono una tattica ben diversa rispetto agli altri Galli. Avevano visto che, in campo aperto, nazioni molto potenti erano state respinte e battute dai Romani; perciт, visto che nei loro territori si trovavano selve e paludi a non finire, vi si radunarono con tutti i loro averi. Cesare giunse sul limitare di quei boschi e cominciт a fortificare il campo senza che si scorgesse l'ombra del nemico. Di colpo, mentre i nostri, sparpagliati, erano intenti ai lavori, i nemici sbucarono da ogni anfratto della foresta e li assalirono. I Romani presero rapidamente le armi e li respinsero nelle boscaglie, uccidendone molti. Ma, protratto eccessivamente l'inseguimento, finirono in luoghi piщ intricati e subirono perdite di lieve entitа.
XXIX
Reliquis deinceps diebus Caesar silvas caedere instituit, et ne quis inermibus imprudentibusque militibus ab latere impetus fieri posset, omnem eam materiam quae erat caesa conversam ad hostem conlocabat et pro vallo ad utrumque latus extruebat. Incredibili celeritate magno spatio paucis diebus confecto, cum iam pecus atque extrema impedimenta a nostris tenerentur, ipsi densiores silvas peterent, eius modi sunt tempestates consecutae uti opus necessario intermitteretur et continuatione imbrium diutius sub pellibus milites contineri non possent. Itaque vastatis omnibus eorum agris, vicis aedificiisque incensis, Caesar exercitum reduxit et in Aulercis Lexoviisque, reliquis item civitatibus quae proxime bellum fecerant, in hibernis conlocavit.
Nei giorni seguenti Cesare decise di disboscare la zona e, per impedire al nemico di attaccare ai fianchi i nostri, inermi e mentre non se l'aspettavano, dette ordine di ammassare dinnanzi al nemico tutto il legname tagliato e di disporlo come un vallo su entrambi i lati. In pochi giorni, con velocitа incredibile, era giа stato aperto un grande varco. I nostri tenevano ormai in pugno il bestiame e i primi bagagli dei nemici, che si ritiravano sempre piщ nel cuore della foresta, quando scoppiarono temporali cosм violenti, da costringere a sospendere i lavori, e le piogge ininterrotte ci impedirono di tenere piщ a lungo i soldati sotto le tende. Cosм, devastati tutti i campi, incendiati i villaggi e le case isolate, Cesare ritirт l'esercito e lo acquartierт per l'inverno nella regione degli Aulerci, dei Lexovi e degli altri popoli che di recente gli avevano mosso guerra.

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