Consolatio ad Polybium(6-7) Seneca

Materie:Traduzione
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Testo

Seneca
Consolatio ad Polybium(6)
Potest et illa res a luctu te prohibere nimio, si tibi ipse renuntiaveris nihil horum, quae facis, posse subduci. Magnam tibi personam hominum consensus imposuit: haec tibi tuenda est. Circumstat te omnis ista consolantium frequentia et in animum tuum inquirit ac perspicit quantum roboris ille adversus dolorem habeat et utrumne tu tantum rebus secundis uti dextere scias, an et adversas possis viriliter ferre: observantur oculi tui. Liberiora sunt omnia iis, quorum adfectus tegi possunt; tibi nullum secretum liberum est. In multa luce fortuna te posuit; omnes scient, quomodo te in isto tuo gesseris vulnere, utrumne statim percussus arma summiseris an in gradu steteris. Olim te in altiorem ordinem et amor Caesaris extulit et tua studia eduxerunt. Nihil te plebeium decet, nihil humile. Quid autem tam humile ac muliebre est quam consumendum se dolori committere? Non idem tibi in luctu pari quod tuis fratribus licet; multa tibi non permittit opinio de studiis ac moribus tuis recepta, multum a te homines exigunt, multum expectant. Si volebas tibi omnia licere, non convertisses in te ora omnium: nunc tantum tibi praestandum est, quantum promisisti. Omnes illi, qui opera ingenii tui laudant, qui describunt, quibus, cum fortuna tua opus non sit, ingenio opus est, custodes animi tui sunt. Nihil umquam ita potes indignum facere perfecti et eruditi viri professione, ut non multos admirationis de te suae paeniteat. Non licet tibi flere immodice, nec hoc tantummodo non licet; ne somnum quidem extendere in partem diei licet aut a tumultu rerum in otium ruris quieti confugere aut adsidua laboriosi officii statione fatigatum corpus voluptaria peregrinatione recreare aut spectaculorum varietate animum detinere aut ex tuo arbitrio diem disponere. Multa tibi non licent, quae humillimis et in angulo iacentibus licent: magna servitus est magna fortuna. Non licet tibi quicquam arbitrio tuo facere: audienda sunt tot hominum milia, tot disponendi libelli; tantus rerum ex orbe toto coeuntium congestus, ut possit per ordinem suum principis maximi animo subici, exigendus est. Non licet tibi, inquam, flere: ut multos flentes audire possis, ut periclitantium et ad misericordiam mitissimi Caesaris pervenire cupientium [lacrimas siccare], lacrimae tibi tuae adsiccandae sunt.
...
Questa folla ti sta intorno a consolarti spia il tuo cuore per vedere quanta forza abbia contro il dolore e se tu sei solo bravo ad approfittare della buona fortuna o sei anche in grado di sopportare coraggiosamente la cattiva: i tuoi occhi sono sotto osservazione. E' in tutto più libero chi può libero chi può celare i suoi sentimenti: a te non è concesso rifugiarti nel privato. La fortuna ti ha posto in piena luce: tutti sapranno come hai reagito a questa ferita, se appena colpito hai abbassato la guardia o sei rimasto al tuo posto. Da tempo l'affetto di Cesare ti hainnalzato e i tuoi studi promosso a un rango superiore; nulla di volgare ti si addice, nulla di meschino: ma che c'è di così meschino e femmineo quanto abbandonarsi al logorio del dolore? A parità di circostanze a te non è lecito quanto lo è ai tuoi fratelli; molte cose non ti permette l'idea che gli uomini si sono fatta dei tuoi studi e dei tuoi costumi; molto si esige, molto ci si aspetta da te. Se volevi piena libertà, non dovevi attirare su te tutti gli sguardi: ora devi mantenere quanto hai promesso. Tutti quelli che elogiano le opere del tuo ingegno, sono i sorveglianti del tuo cuore. Non potrai mai fare cosa sconveniente alla raffinata cultura che ti è pubblicamente riconosciuta, senza intaccare l'ammirazione di molti per te. Non ti è permesso piangere senza misura; ma non è solo questo che non ti è permesso: non ti è permesso neppure dormire fino a giorno inoltrato, o rifugiarti dal turbine degli affari nella pace della campagna, o ristorare con viaggi di piacere il corpo stremato dalle continue fatiche di un lavoro sedentario, o distrarre l'animo con spettacoli sempre diversi, o organizzare la giornata a tuo piacere. Non ti sono permesse molte cose lecite anche alle persone più umili, confinate nel loro cantuccio: una grande fortuna è una grande schiavitù. Non ti è permesso agire a tuo piacere: devi ascoltare tante migliaia di uomini, catalogare tante pratiche, esaminare una tale massa d'affari che confluiscono da tutto il mondo per essere ordinatamente sottoposti all'attenzione del principe. No, lo ripeto, non ti è permesso piangere: per poter udire il pianto di molti, per poter asciugare le lacrime di chi è in pericolo e aspira alla compassione del più mite dei Cesari, devi prima asciugare le tue lacrime.

Seneca
Consolatio ad Polybium(7)
Haec tamen etiamnunc levioribus te remediis adiuvabunt; cum voles omnium rerum oblivisci, Caesarem cogita. Vide, quantam huius in te indulgentiae fidem, quantam industriam debeas: intelleges non magis tibi incurvari licere quam illi, si quis modo est fabulis traditus, cuius umeris mundus innititur. Caesari quoque ipsi, cui omnia licent, propter hoc ipsum multa non licent: omnium somnos illius vigilia defendit, omnium otium illius labor, omnium delicias illius industria, omnium vacationem illius occupatio. Ex quo se Caesar orbi terrarum dedicavit, sibi eripuit, et siderum modo, quae inrequieta semper cursus suos explicant, numquam illi licet subsistere nec quicquam suum facere. Ad quendam itaque modum tibi quoque eadem necessitas iniungitur: non licet tibi ad utilitates tuas, ad studia tua respicere. Caesare orbem terrarum possidente impertire te nec voluptati nec dolori nec ulli alii rei potes: totum te Caesari debes. Adice nunc quod, cum semper praedices cariorem tibi spiritu tuo Caesarem esse, fas tibi non est salvo Caesare de fortuna queri: hoc incolumi salvi tibi sunt tui, nihil perdidisti, non tantum siccos oculos tuos esse sed etiam laetos oportet; in hoc tibi omnia sunt, hic pro omnibus est. Quod longe a sensibus tuis pudentissimis piissimisque abest, adversus felicitatem tuam parum gratus es, si tibi quicquam hoc salvo flere permittis.
Quando vorrai dimenticare tutto, pensa a Cesare. Guarda quanta devozione, quanto zelo devi alla sua bontà verso di te: capirai che a te non è permesso piegarti più di colui sulle cui spalle poggia il mondo, come è stato tramandato nei miti. A Cesare stesso, cui tutto è permesso, proprio per questo molte cose non sono permesse: la sua veglia difende il sonno di tutti, il suo lavoro il riposo di tutti, il suo impegno il diletto di tutti, la sua occupazione la libertà da impegni di tutti.
Dal momento in cui Cesare si è dedicato al mondo, ha rinunziato a se stesso, e come le stelle che compiono senza sosta la loro corsa, non gli è mai permesso di fermarsi e di fare alcunchè di privato. In un certo modo anchea te s'impone la medesima necessità: non ti è permesso pensare al tuo tornaconto, ai tuoi interessi. Finchè Cesare è signore del mondo non puoi dare una parte di te nè al dolore nè ad alcuna altra cosa: devi tutto te stesso a Cesare. Inoltre chi, come te, va dicendo che Cesare gli è più caro della vita, non ha il diritto, vivo Cesare, di lagnarsi della fortuna; se lui è salvo sono salvi i tuoi, non hai sofferto nessuna perdita, i tuoi occhi è giusto che siano non solo asciutti, ma anche sereni: lui è tutto per te, lui vale per tutti. E, cosa lontana dalla tua grande saggezza e devozione, sei ingrato verso la tua fortuna, se, lui vivo, ti abbandoni al pianto.

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