Confronto tra Plauto e Terenzio

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Testo

Tipico esempio della comicità di situazione è l’”ANFITRUO”, l’unica commedia ad
avere un contenuto mitologico. In questa commedia Giove si innamora di Alcmena,
moglie di Anfitrione. Giove approfitta dell’assenza di Anfitrione, impegnato in
guerra, per assumerne le sembianze. Si presenta da Alcmena e trascorre con lei
una lunga notte d’amore. Mercurio accompagna Giove e sta di guardia assumendo le
sembianze di Sosia, servo di Anfitrione. Mentre Giove giace con Alcmena, ritorna
Anfitrione che si fa annunciare da Sosia che, arrivato alla reggia si incontra
con Mercurio sotto le sembianze di Sosia. Da questa situazione nascono una serie
di inevitabili equivoci.
Molta della comicità plautina è basata su giochi
di parole, comicità assente nel modello greco. Plauto sottolinea continuamente
nelle sue commedie l’aspetto fittizio e ludico dell’evento teatrale, vuole
sottolineare che ciò che avviene sulla scena è solo finzione, solo gioco. Vuole
così impedire che il pubblico si immedesimi negli eventi scenici, che si crei il
TRANSFERT (immedesimazione). Vuole impedire che si verifichi quell’illusione
scenica per cui attua procedimenti che tendono a rompere l’illusione scenica.
Uno di questi è quello in cui i personaggi comici si rivolgono direttamente agli
spettatori. Fra i procedimenti adottati per rompere l’illusione scenica, uno dei
più praticati era il METATEATRO, il teatro che parla di se e si rappresenta. L’autocitazione ironica dimostra che il vero fine della commedia plautina è la realizzazione della beffa, ottenuta grazie alla creatività dell’autore e agli stratagemmi del suo “doppio” scenico, il SERVUS CALLIDUS.
Un altro aspetto del teatro plautino, è l’atteggiamento nei confronti dei greci;
è significativo a riguardo un passo del “CURCULIO” (nome del protagonista
traducibile con Gorgoglione o pidocchio, parassita). L’aspetto più significativo
è che questo personaggio, greco, parla male dei greci. Durante la commedia,
infatti, sta attraversando una via e gli danno fastidio questi greci che hanno
invaso le vie della città e vanno in giro col capo coperto, carichi di libri,
confabulando fra loro e affollando le osterie in cerca di chi possa offrire loro
in bicchiere di vino. È chiaro che Plauto sfrutta a fini comici quel sentimento
di ostilità nei confronti dei greci, tipica di una parte della società romana e
che aveva trovato portavoce in Catone. Plauto conia addirittura un verbo,
PERGRAECARI, che significa gozzovigliare alla greca, vivere in modo dissoluto
come fanno i greci. Plauto attribuisce ai greci un modus vivendi dissoluto e
corrotto, ma, la cosa più assurda è che in commedie ambientate in Grecia, con
personaggi greci, siano i greci stessi ad autodefinirsi spregevoli.
Si parla di rovesciamento burlesco della realtà, alla fine della commedia sono i
giovani a trionfare sui vecchi, le mogli sui mariti. Con questo Plauto non vuole
mettere in discussione i rapporti vigenti all’interno della società, vuole solo
far divertire.

Terenzio invece scrive commedie diverse da Plauto, e si ispira solo a Menandro. La comicità è molto meno accentuata; lo scopo delle sue commedie è di far MEDITARE il pubblico sui problemi educativi. Per questo motivo Terenzio viene accusato di non avere VIS COMICA. Infatti lui attua delle novità rispetto alla commedia plautina; abolisce il prologo narrativo, tipico del teatro comico e tragico; riduce i numeri dei monologhi e dei cantica; ha una più marcata tendenza alla CONTAMINATIO; la predilezione di un intreccio duplice, anche se questo non è presente nell’Hecyra. Tutti i mutamenti introdotti da Terenzio sembrano dettati dal proposito di spostare la commedia romana da un tipo di teatro operistico, irreale e comico, verso uno spettacolo più realistico.

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