Cicerone

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Testo

VITA
Nasce nel I secolo a.c. in una famiglia dell’alta borghesia da padre dell’ordine equestre e madre sorella di senatori.
Studia retorica e filosofia con Muzio Scevola e ascolta le orazioni di Marco Antonio e Licinio Crasso e venne a contatto con il circolo degli Scipioni.
Partecipò agli stati maggiori di Pompeo e Silla (contro), ma proprio il suo gettarsi in politica gli costerà un lungo periodo in oriente; viaggia allora in Grecia ed in Asia, in cui raffina il proprio linguaggio.
CURSUS HONORUM
75→Pretore in Sicilia e riesce ad esiliare Verre per concussione
69→Edile
66→Pretore, appoggiato da popolo ed ordine equestre
63→Console al senato De lege agraria (Cesare) | Catilinarie (Catilina)

Costretto all’esilio dal triumvirato Cesare-Pompeo-Crasso, torna in politica al fianco di Ottaviano, ma dopo il suo voltafaccia entra nelle liste di proscrizione di Antonio, che manda dei sicari ad ucciderlo. Muore nel 40 ac.

CORRENTI LETTERARIE
Analogisti→Atticismo (stile asciutto)→Alessandria→Convenzione umana [No rapporti casuali/No vincoli naturali]→Rigida formazione delle parole
Animalisti→Asianesimao (stile magniloquente)→Pergamena→La forma fonica delle parole dipende dall’oggetto→Nascita casuale del vocabolo

Per coniare un termine:
- Volontaria (Analogisti)→Dal singolo
- Nascita casuale (Anomalisti)→Dal consenso di tutti
Le nuove parole bisogna razionalizzarle e quelle che non possono essere corrette, non vanno usate, così cadono in disuso.

GLI SRITTI RETORICI
Essi si inseriscono nell’oratoria del tempo
- Atticismo→Stile asciutto
- Arianesimo→Stile magniloquente
Egli ritiene che l’oratore deve saper usare diversi registri a seconda dell’asigenza

PERFECT ORATOR→1 capacità oratorie | 2cultura enciclopedica | 3 alta formazione etica

Eloquenza e filosofia nel de oratore
Il De oratore, composto nel 55 a. C., è un dialogo in tre libri: un dibattito sulla natura e la funzione dell'eloquenza, ambientato nel 91 a. C., al quale Cicerone immagina prendano parte i più insigni oratori dei tempi della sua giovinezza, tra i quali Antonio e Crasso.

Forma letteraria del de oratore
La forma letteraria del De oratore (esemplata sui dialoghi di Platone e di Aristotele)costituisce una novità assoluta nella cultura romana: i precetti della retorica non sono esposti in maniera sistematica e didascalica, ma in un dialogo che ha l'andamento ondeggiante della conversazione reale; e l'aridità dei manuali è superata facendo delle scelte retoriche un'espressione della personalità dell'oratore, fondata in primo luogo su una prodigiosa esperienza del foro e dei tribunali romani.

L’oratore ideale
L'oratore ideale che Crasso dipinge combacia largamente con l'ideale di uomo politico che Cicerone raffigurerà nel De re publica. Al fine di poter incidere con la forza della parola in ogni settore dell'esperienza umana, all'oratore è richiesta - oltre alla piena padronanza delle tecniche retoriche della persuasione - una vastissima cultura generale, al cui interno un ruolo privilegiato è attribuito alla filosofia morale: insegnando a leggere nei cuori, questa si rivela della massima utilità per agire con efficacia sull'animo degli ascoltatori, ma è anche un mezzo per educare l'oratore al rispetto dei valori sui quali poggia la res publica.

La concezione dell’unità della cultura
La concezione ciceroniana dell'unità della cultura risponde anche alla preoccupazione di mantenere unite le forme di sapere che concorrono al rafforzamento del potere dell'aristocrazia. Per custodire, con la propria autorevolezza, le istituzioni e le tradizioni, l'oratore deve essere insieme filosofo, giurista e uomo di stato. Così Cicerone fonda la supremazia dell'oratore - prima che sul suo rango sociale o sulla vastità delle clientele - sull'autorità morale e politica, sulla vasta formazione culturale che si traduce in una superiore capacità di valutazione dei comportamenti. Ma altrettanto importante è l'intento di affermare la dimensione "artistica" dell'eloquenza: di qui la frequente insistenza sul piacere che essa provoca agli ascoltatori.

Cicerone e gli atticisti
Nel Brutus, composto nel 46 a. C. sotto la dittatura di Cesare, Cicerone riprese, dopo diversi anni, la riflessione sull'oratoria. Da qualche tempo gli orientamenti fondamentali della sua eloquenza venivano messi in discussione da un gruppo di oratori più giovani, i cosiddetti atticisti. Le loro preferenze andavano a uno stile piano, conciso, incisivo, per il quale si ispiravano a modelli dell'eloquenza ateniese come Lisia; criticavano Cicerone per non avere preso sufficienti distanze dallo stile "asiano": egli appariva loro troppo ridondante di parole e troppo attento agli effetti del ritmo e della sonorità.

La linea di difesa adottata da Cicerone nei confronti degli atticisti consiste in primo luogo in una ridefinizione dello stesso "stile attico", la quale, contro allo stile smagrito ed esangue di Lisia, privilegia il modello di Demostene, l'oratore più grande e più vario che Atene avesse conosciuto. Ma nei confronti degli atticisti Cicerone avanza anche una seconda importante obiezione: il valore dell'eloquenza si misura sulla capacità di persuadere larghe masse di persone; quindi il metro per giudicare l'eloquenza deve essere costituito dal successo che essa riscuote presso il popolo, prima che dal parere degli intenditori dall'orecchio raffinato e dal gusto elegante. Si richiede pertanto non uno stile sobrio e misurato quale quello che gli atticisti privilegiavano, ma uno stile dagli effetti potenti e grandiosi, tali da scuotere in profondità le coscienze.

Sezioni del discorso
Inventio→Scegliere gli argomenti | Dispositio→Ordinarli | Memoria→Ricordarli

Tecniche di persuasione
Elocutio→Figure retoriche | Actio→Accorgimenti della declamazione

Stile→Sublime | Temperatum | Humile

Fine proposto
Probare→Convincere | Deflectere→Dilettare | Flectere→Commuovere

Esempio