"Ci vorrebbe un amico" Cicerone

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Testo

Ad Atticum 1, 18, 1 - Ci vorrebbe un amico

Nihil mihi nunc scito tam deesse quam hominem eum, quocum omnia, que me cura aliqua adficiunt, uno communicem, qui me amet, qui sapiat, quicum ego cum loquar, nihil fingam, nihil dissimulem, nihil obtegam. Abest enim frater aphelestatos et amantissimus. Metellus non homo, sed "litus atque aer et solitudo mera". Tu autem, qui saepissime curam et angorem animi mei sermone et consilio levasti tuo, qui mihi et in publica re socius et in privatis omnibus conscius et omnium meorum sermonum et consiliorum particeps esse soles, ubinam es? Ita sum ab omnibus destitutus. ut tantum requietis habeam, quantum cum uxore et filiola et mellito Cicerone consumitur. Nam illae ambitiosae nostrae fucosaeque amicitiae sunt in quodam splendore forensi, fructum domesticum non habent. Itaque, cum bene completa domus est tempore matutino, cum ad forum stipati gregibus amicorum descendimus, reperire ex magna turba neminem possumus, quocum aut iocari libere aut suspirare familiariter possimus. Quare te exspectamus, te desideramus, te iam etiam arcessimus. Multa sunt enim, quae me sollicitant anguntque; quae mihi videor aures nactus tuas unius ambulationis sermone exhaurire posse. [...]
Sappi che ora niente mi manca tanto quanto una persona con cui poter condividere tutto ciò che mi procura una qualche inquietudine, che mi voglia bene, che sia saggia, con cui io possa, quando parlo, nulla dire falsamente, nulla fingere, nulla nascondere. Mi manca infatti un fratello tanto sincero e affezionato. Metello non è uomo ma "spiaggia e aria e pura solitudine". Ma tu che molto spesso con le tue parole e la tua saggezza nel darmi consigli hai risollevato l'inquietudine e l'angoscia del mio animo, che sei solito essermi compagno nella politica, confidente della mia vita privata e complice di tutte le mie orazioni e decisioni, dove sei mai? Sono abbandonato da tutti cosicché trovo un po' di pace solo nel tempo che trascorro con mia moglie, la mia figlioletta e il dolcissimo Cicerone. Infatti quelle (famose= nostre amicizie ambiziose e false sono, per così dire, per il lustro pubblico, non comportano alcuna gioia familiare. Pertanto quando la casa è completamente piena di mattina, quando scendiamo al foro strettamente attorniati da schiere di amici non possiamo trovare nessuno nella larga folla col quale poter scherzare liberamente o sfogarci familiarmente. Perciò ti aspettiamo, sentiamo la tua mancanza, ti chiamiamo anche subito. Molte sono infatti le cose che mi preoccupano e mi angosciano, che mi sembra di poter distruggere una volta ottenuto il tuo ascolto nella conversazione di una sola passeggiata. [...]

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