Voi ch' ascoltate in rime sparse il suono. Era il giorno ch'al sol si scoloraro

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

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Nel sonetto d’apertura, il Petrarca si rivolge al suo pubblico al quale confessa il suo lungoè possa anche e reo amore, il suo cambiamento, la sua richiesta di pietà e perdono nella pressochhè assoluta certezza di essere degno di riceverli, benchè quest’ultimo punto non abbia particolare risalto nell’excursus narrativo. Sempre concordamente con la funzione di confessione, nella misura in cui sia la voce della coscienza del poeta stesso a parlare, l’opera è stata composta in volgare, la lingua dell’interiorità. Nonostante il sonetto inizi con l’invocazione “Voi”, si noti come poi in seguito questoe il verbo alla seconda persona “ascoltate” restino come isolati dato che il resto della poesi è incentrato sulla prima persona songolare del soggtto, quasi come un anacoluto. Il fascino, a mio parere, dell’intero sonetto e rappresentato dalla contrapposizione più che da passatoe presente, tra “ compresenza di motivi cortesi e laici e di motivi cristiani”, tra “ leggi dell’more e quelle di Dio che tornano a dividersi e a provocare ambivalenze interiori. Infatti le due serie di riferimenti non sono parallele o giustapposte, ma interferiscono violentemente, sono cioè messe a confronto e poste come altrnative . Lo scontro è qui risolto a favore dei cristiani, alla luce dei quali viene rappresentato e reinterpretato il modello cortese e stilnovistico”. Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono ha la funzione di aprire il Canzoniere, e a questo sonetto Petrarca affida la grande responsabilità retorica di “introdurre” le proprie liriche in volgare. Non è quindi casuale che il testo abbia un’elaborazione formale così alta – presenza di allitterazioni, di corrispondenze semantiche, posizionamento “strategico” di termini-chiave a inizio o a fine verso – e un andamento tanto sentenzioso da apparire come una specie di epigrafico proemio di tutta l’opera. Il sonetto venne probabilmente scritto intorno al 1348, in corrispondenza con la fase della seconda redazione della raccolta, che iniziava ad assumere l’articolata architettura di “romanzo dell’anima”. Questa datazione tarda può servire a comprendere meglio il registro un po’ distaccato con cui il poeta si rivolge a se stesso e alla sua esperienza d’amore, e soprattutto il giudizio “in parte” negativo dettato dalla consapevolezza di una maggiore maturità.
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Il brano rievoca il giorno dell’innamoramento in modo da essere interpretato in maniera duplice. Infatti, bellissima è l’immagine dell’amore che lascia disarmati, presente nel mezzo del sonetto ma, tuttavia, bisogna fare attenzione alle contrpposizioni semantico-linguistiche non prive d’importanza. Si potrbbe infatti notare che il disarmo amoroso appare, per così dire, a senso unico, cioè che il poeta risulta l’unico ad esserne atterrito. A questo proposito verrebbe quasi spontaneo operare una diversificazione di Amore nelle rime in vita e nelle rime in morte, diversificazione che , per farla breve segue l’esempio della distinzione Platoniana di Afrodite Urania e Pandemia nel Simposio. Questo ovviamente per spiegare il velo pragmatico e quindi, secondo l’ottica con ui il Petrarca compone l’opera, peccaminoso che Amore ha in questa sezione narrativa. Al pari della Beatrice dantesca, la Laura Petrarchesca risulta essere in vantaggio rispetto al poeta, quasi come se la donna ( o dato il paragone le donne) fosse sotto la protezione stessa del sentimento personificato o, volendo esagerare come se lo stesso Amore fosse in potere delle figuri femminee. La prammaticità dell’incipit essenzialmente ancora materiale che portò gli sguardi degli eletti ad incrociarsi e i cuori dei protagonisti ad essere incatenati alle loro belle, è presente in entrambe i brani che raccontano il primo incontro tra il poeta e la rispettiva donna, tuttavia, Dante è più reticente nella narrazione mentre Petrarca è più incisivo su questo punto, quasi volesse rimarcare con forza il peccato materiale, il >, agonizzando nel cammino che lo porterà al perdono. Dunque non è più la donna ad essere strumento di Amore nè viceversa, perchè entrambi sono le stelle polari che guidano il consuetudinario rito d’inizziazione del poeta al conseguimento del perdono celeste, divino, tanto nel Dante, quanto nel Petrarca ( Platone, la teoria della linea ).

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