Vita nuova, Dante Alighieri

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Testo

VITA NUOVA di Dante Alighieri
Nel 1290 Dante inizia a scrivere la Vita Nuova, che è un prosimetrum: è infatti un opera che unisce poesia e prosa. Rappresenta una sorta di autobiografia spirituale incentrata sul suo amore per Beatrice. La Vita Nuova raccoglie poesie stilnoviste tutte dedicate a Beatrice, scritte tra il 1280 e il 1290, precedute spesso da un’introduzione e sempre seguite da un commento in prosa di Dante che introduce, narra e spiega i diversi episodi che hanno ispirato le varie poesie; il commento spiega inoltre il contenuto delle poesie stesse e dei principi che le hanno ispirate (contiene dunque anche numerose dichiarazioni di poetica). Quindi la Vita Nuova non è solo una raccolta di componimenti, ma anche un trattato di poetica, filosofia e tecniche per comporre poesie.
PROEMIO
Dante utilizza, nella prima riga, la metafora topica del libro della memoria (come nella Divina Commedia – Inferno – Canto II). Nella Vita Nuova vi è costantemente la narrazione (non sempre semplice) accostata a costruzioni simboliche e allegoriche ben precise. Si parla perciò di un libro della memoria diviso in vari capitoli, che corrispondono ai periodi della vita di Dante. Nella seconda riga rubrica indica il titolo di un capitolo, che sarebbe “Incipit vita nova”. I titoli dei libri e dei singoli capitoli erano in latino anche nelle opere in volgare. Con il termine “vita nuova” si fa riferimento alla giovinezza. Nel Proemio l’autore dice che il libro contiene fatti (parole r.3) e che Dante vuole attingere alla memoria per scrivere un libro destinato al pubblico: è così espresso il passaggio dal libro metaforico al libro reale. Il Proemio è scritto in prosa in uno stile abbastanza facile e comprensibile che può essere paragonata alla prosa latina (che in questo caso viene presa come modello).
LA DONNA SCHERMO
La Vita Nuova si basa sul alcuni eventi fondamentali della vita di Dante: il primo incontro con Beatrice, avvenuto a 9 anni, il secondo incontro con Beatrice, avvenuto a 18 anni e in quell’occasione la donna lo saluta. Successivamente Dante si trova a contemplare Beatrice all’interno di una chiesa e il suo sguardo cade su una donna fra Dante e Beatrice, e i presenti pensano che sia innamorato di lei e che a questa seconda donna rivolga le poesie. Sfruttando le false opinioni Dante dedica poesie a Beatrice con una certa discrezione per proteggerne l’identità (senhal). La donna a cui Dante si rivolge è perciò una donna schermo ed è probabilmente uno degli altri amori stilnovisti di Dante ed è inserito nella Vita Nuova con questa precisa funzione di fungere da senhal. Ciò serve a Dante per dare una struttura narrativa all’opera per ripararsi dall’amore di Beatrice. In seguito a delle maldicenze per questo amore verso la donna schermo, Beatrice nega il saluto a Dante e lo critica apertamente. Nell’ideale cortese il saluto è centrale e così Dante vive un momento di disperazione.
IL PERIODO DI TRAVIAMENTO, LE NOVE RIME E LA POETICA DELLA LODE
A causa di questa donna schermo (che è un senhal per non rivelarne l’identità) Dante perde il saluto di Beatrice (il saluto della donna amata era molto importante per gli stilnovisti). Ciò determina in Dante una grande frustrazione, che si risolverà nel Cap. XIX con una svolta di poetica e con la poesia Donne ch’avete intelletto d’amore.
È una canzone dottrinale che inaugura le Nove Rime, che per Dante sono all’inizio di una vera e propria rivoluzione poetica. Dante afferma che tutta la poesia d’amore fin lì (dai provenzali al Dolce Stil Novo e a lui stesso nella Vita Nuova) sia basata sulla ricerca da parte dell’amante del saluto dell’amata come atto di accettazione. Però a questo punto Dante dice che l’oggetto importante è la lode dell’amata in quanto tale e non più quindi la ricerca di un riconoscimento come amante. La donna deve essere lodata in quanto tale con tutte le sue virtù senza richiederle nulla in cambio. Dante vede l’amore disinteressato come forma più alta e pura d’amore. questa canzone si rivolge a un pubblico ben preciso: le donne che conoscono l’amore puro e spirituale. Queste donne sono il pubblico privilegiato della Vita Nuova e rimandano al pubblico borghese, colto e raffinato cui si rivolge Dante. Con le Nove Rime c’è una rivoluzione poetica; sono due infatti i modelli poetici cui Dante si rifà: Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti. “Nove” deriva dal latino novus e in toscano l’esito è o novo (con la “o” aperta) o il dittongo nuovo. In genere novo si usa in poesia, nuovo per la prosa (il nuovo in Vita Nuova si riferisce alla prosa). Le Nove Rime segnano la prevalenza del modello più antico di Guinizzelli: l’amore positivo e beatificante, contrapposto a quello tragico di Cavalcanti. Alcuni critici vedono questo come una rivoluzione in poesia di Dante e come una rivoluzione della stessa storia della poesia italiana. Le Nove Rime anticipano per molti aspetti le poesie di Petrarca. La seconda parte della Vita Nuova è caratterizzata da un momento in cui Dante ha una forma di preveggenza: prevede infatti la morte di Beatrice, che avviene poco dopo e sarà rappresentata per analogia con parole prese dai Vangeli che si rifanno alla morte di Cristo. Dopo la morte di Beatrice, Dante ha un periodo di traviamento durante il quale mostra amore verso la cosiddetta donna gentile, una figura complessa e difficile da identificare, poiché nella Vita Nuova Dante la fa apparire come un nuovo amore che lo distoglie da Beatrice. Più avanti, quando termina la Vita Nuova, Dante parla della donna gentile come un momento di crisi spirituale in cui si allontana dagli studi filosofici ortodossi e inizia a studiare delle filosofie eterodosse e condannate dalla Chiesa (come l’Averroismo e gli epicurei). Il Cap. XIX è centrale perché contiene un testo poetico molto importante già accennato: Donne ch’avete intelletto d’amore. è una canzone dottrinale seguita da un commento in prosa. In questo capitolo è enunciata la poetica della lode. La prima parte della Vita Nuova è infatti incentrata su moduli tradizionali della poesia cortese; a un certo punto, a causa delle incomprensioni fra Dante e Beatrice per la donna – schermo, Dante cambia la propria poesia. La poetica della lode è una celebrazione della donna e delle sue straordinarie virtù in quanto tali, senza pretendere nulla in cambio. La poetica della lode rappresenta una svolta e apre a un’ulteriore spiritualizzazione dell’amore senza ricerca di riconoscimenti. Alla fine della Vita Nuova, quando Beatrice è contemplata in cielo con i beati, si parla ormai di una figura religiosa e non più profana. Donne ch’avete intelletto d’amore è strutturata come un trattato filosofico in poesia: il proemio (la prima stanza), lo sviluppo (le tre stanze successive) e la conclusione (l’ultima stanza). Questa poesia contiene elementi e immagini già presenti nella tradizione poetica precedente: la novità infatti consiste nello sistematizzare i temi dell’amore cortese e dargli una trattazione logica coerente. L’amore è qui visto come un valore in sé, che in quanto tale non pretende nulla in cambio (è quindi lo sviluppo dell’amore cortese e l’esaltazione massima dell’amore). Uno dei critici di Dante, Gianfranco Contini (Domodossola 04.01.1912 – Domodossola 01.02.1990), parlando della poetica della lode afferma che con questa poesia Dante sembra tornare alla poesia ottimista di Guinizzelli, mentre nella prima parte era più forte il modello pessimista di Cavalcanti. Ma la poetica della lode presenta una rivoluzione di temi e linguaggi che sembra anticipare la poesia di Petrarca. In questo modo Dante crea una poesia sperimentale e si pone all’origine della letteratura.
DONNE CH’AVETE INTELLETTO D’AMORE
Parafrasi
Donne che avete conoscenza dell’amore, io voglio parlare con voi della mia donna, non perché io creda dio esaurire la sua lode, ma solo per sfogare il cuore. Io affermo che solo pensando alla sua virtù l’amore mi fa provare una sensazione così dolce che in quel momento, se io non perdessi il coraggio, farei innamorare la gente solo con la mia poesia. Ma io non voglio parlare in un modo così oscuro da diventare vile a causa del timore (di non essere all’altezza), ma parlerò della sua condizione nobile in modo semplice di fronte a voi, donne e fanciulle piene d’amore, perché questa non è materia da trattare con chiunque.
Un angelo del cielo si lamenta con Dio e afferma: “Signore, sulla Terra si vedono atti miracolosi nel comportamento che si manifestano in un’anima, il cui valore risplende fin quassù”. Il cielo, che non conosce altra mancanza se non quella d’averla (fra i santi), la chiede a Dio e ciascun santo chiede la grazia d’averla in cielo. La sola pietà che si manifesta in Dio prende le nostre difese, Dio che comprende bene il valore della mia signora: “Oh miei amati sopportate in pace che la vostra speranza rimanga per quanto tempo mi piace là sulla Terra dove c’è qualcuno (Dante) che si aspetta di perderla e che una volta giunto all’Inferno dirà: ”.
La mia signora è desiderata in Paradiso: ora voglio parlare con voi (donne) della sua virtù. Affermo che qualunque donna voglia mostrarsi nobile deve camminare con lei, che quando cammina per strada l’amore getta nei cuori villani una freddezza che fa ghiacciare e morire ogni loro pensiero, e chiunque desidera di contemplarla a lungo o diviene un essere nobile o è destinato a morire. E quando incontra qualcuno che sia degno di vederla, questa sperimenta la sua forza straordinaria, perché tutto ciò che ella perdona si trasforma in salvezza e lo rende umile a tal punto che dimentica ogni offesa. Dio le ha dato un potere ancora maggiore perché non può morire dannato colui che ha parlato con lei.
Afferma di lei Amore: “Un essere mortale può essere così nobile e puro?” Poi la guarda e fra sé stesso giura che Dio vuol fare per mezzo di lei una cosa straordinaria. La sua carnagione ha il colore delle perle in misura tale quale una deve avere, non in forma eccessiva: ella è quanto di bene può creare la natura; la bellezza si misura prendendola ad esempio. Dai suoi occhi, a seconda di come li muove, escono degli spiritelli infiammati d’amore che colpiscono gli occhi di chiunque la guardi e penetrano in modo tale che ciascuno di essi va a finire nel cuore. Voi le vedete Amore stesso raffigurato nello sguardo, proprio là dove nessuno può guardare fissamente.
Canzone, io so che tu andrai parlando a molte donne quando io ti avrò finita. Io ti ammonisco, dato che ti ho cresciuta come figlia d’Amore, giovane e musicale, che là dove tu arrivi dica pregando: “Insegnatemi la strada perché sono mandata da colei delle cui lodi io sono adornata”. E se non vuoi muoverti nel mondo vanamente, non fermarti dove c’è gente villana: cerca, se puoi, di mostrarti solo a uomini e donne nobili che ti condurranno là (da Beatrice) per la via più breve. Tu troverai Amore con lei (Beatrice); raccomandami a lui nel modo migliore che puoi
Commento
Donne ch’avete intelletto d’amore è, come già detto, una canzone dottrinale in endecasillabi che presenta molte caratteristiche principali del Dolce Stil Novo. Lo stile è altissimo o tragico. Nella prima strofa si introduce l’argomento con un impianto dialogico e drammatico. Appare al v.1 l’interlocutore diretto: le donne che conoscono l’amore. Queste donne simboleggiano un pubblico borghese e colto, che ama le poesie d’amore e favorisce la nascita del Dolce Stil Novo. Fin dall’incipit si evidenzia la prima differenza con la poesia cortese tradizionale: in quest’ultima infatti spesso era presente un interlocutore, o la donna amata (di cui si chiedevano i favori) o il componimento stesso. Qui la donna non è più l’interlocutore diretto ma l’oggetto della lode. La donna qui è la materia stessa della poesia perché è la suprema incarnazione dell’amore.
La seconda strofa rappresenta il primo passo della trattazione e c’è un secondo e un terzo dialogo: il primo è quello tra il poeta e le donne, il secondo è fra un angelo e Dio e il terzo fra Dio e i beati. I beati gli dicono che l’unico difetto del Paradiso è il non avere Beatrice (la donna-angelo). La stanza inizia con la parola Angelo (v.15), termine chiave del Dolce Stil Novo che rimanda alla metafora della donna-angelo. I versi dal 26 al 28 sono un’allusione diretta al poeta stesso e il presagio di perdere Beatrice: c’è inoltre un’anticipazione della sorte ultraterrena del poeta, che si vede tra i dannati (è un esempio di modestia di Dante).
Nella terza stanza si celebra il concetto di donna-angelo come colei che con il suo semplice saluto trasforma la natura di chi la contempla. Anche questa strofa inizia con un termine chiave del Dolce Stil Novo: Madonna (v.29). vi sono riferimenti ai temi tipici stilnovisti, come il concetto di amore opposto a quello di villania.
La quarta stanza rappresenta la fine del trattato e vi è un ulteriore esempio di dialogo fra il poeta e le donne. Color di perle ha quasi (v.47) è una metafora che sarà ripresa anche da Petrarca per celebrare Laura. In questa stanza vi è la celebrazione massima della donna-angelo come mediatrice fra cielo e terra. Vi è una serie di concetti tradizionali dello Stil Novo portati al massimo grado e ordinati. Questa stanza inizia con la parola Amore (v.43), anch’essa parola chiave del Dolce Stil Novo. Dal verso 51 al 56 c’è il topos dell’innamoramento attraverso gli occhi [già visto in Quando vedo l’allodoletta muovere di Bernart de Ventadorn e in Voi che per li occhi mi passaste ‘l core di Guido Cavalcanti].
La quinta stanza è il congedo, anche dal punto di vista del trattato filosofico. Viene introdotto un nuovo dialogo: quello tra Dante e la canzone stessa [già visto in Perch’i’ no spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti]. Tostana (v.68) significa “più breve”. La conclusione di questa poesia è più tradizionale: nel colloquio tra il poeta e la sua canzone c’è l’esortazione ad andare da Beatrice e di rivolgersi solo a persone nobili e non ai villani.
GENERI LETTERARI E OPERE CHE ISPIRANO DANTE
La Vita Nuova presenta per molti critici e letterati lo stesso problema della Divina Commedia: non è facilmente inseribile in un genere letterario preciso. Entrambe infatti possono essere delle enciclopedie, dei libri profetici, delle visioni o dei poemi epici. La Vita Nuova è costruita in chiave simbolica, poiché gli episodi non vengono raccontati in modo realistico ma simbolico e generico, così che l’uomo amante vi si possa rispecchiare e trovare insegnamenti. Si può parlare di una tipologia di Ego Ontologico perché Dante si riferisce a sé stesso in maniera generica. Sia le poesie sia gli eventi narrati rimandano agli aspetti del poeta e dell’amante.
Il prosimetrum si diffonde già all’inizio del Medioevo con Manlio Anicio Torquato Severino Boezio (Roma 480 – Pavia 526), con De consolatione philosophiae, e Marziano Capella (Martianus Capella) (Madaura secolo IV-V), con Le nozze di Mercurio con la filologia (De nuptiis Mecurii et Philologiae). Boezio influenza fortemente Dante nella ricerca di un significato filosofico legato all’amore. un altro testo che influenza fortemente Dante sono le Confessioni (Confessiones) di Sant’Agostino, un testo in prosa della tarda latinità e la prima autobiografia spirituale dell’Occidente. In questo testo Agostino narra le tappe che lo portano alla conversione al Cristianesimo. Dante ha in più di Agostino l’elemento allegorico accentuato, non presente nelle Confessioni. Inoltre per la Vita Nuova Dante si è ispirato anche al Laelius, sive de amicitia di Cicerone: è un dialogo fra il protagonista Lelio e altri due interlocutori suoi amici, svolto dopo la morte di Publio Cornelio Scipione l’Africano (Publius Cornelius Scipio Africanus) (Roma 236 – Literno 183 a.C.). Si parla dell’amicizia con Scipione e si dice che l’amicizia vera è quella in sé, senza interesse. Dante è inoltre influenzato da altri dialoghi filosofici scritti da Cicerone, che è solito retrodatarli per conferirgli maggior prestigio. In questo si dibatte dell’amicizia e ognuno sostiene una tesi diversa. Alla tesi Lelio, portavoce del pensiero di Cicerone, dice che una vera amicizia lega due persone senza alcuno scopo personale. Nella Vita Nuova l’influenza del Laelius si vede perché l’amore nelle Nove Rime (Cap. XIX in poi) e quindi nella poetica della lode è visto come valore in sé e non pretende nulla in cambio. La Vita Nuova è stata vista anche come trattato di poetica medievale, alla stregua delle poetriae [già viste con Matteo di Vendome e Goffredo di Vinsauf], giacché contiene il commento delle poesie. È perciò considerabile come un’opera di esegesi (commento) poetica, che contiene la spiegazione delle poesie e dello stile e le analizza nel contenuto. Nella Vita Nuova si inseriscono anche due generi tipicamente provenzali: le Vidas e le Razos. Le Vidas erano biografie leggendarie dei trovatori medievali scritte da altri autori. Le Razos erano commenti in prosa che accompagnavano spesso le raccolte delle poesie provenzali; erano scritte non dagli autori stessi ma da altri scrittori o dai monaci amanuensi. Inoltre troviamo l’influenza dell’Agiografia: è un genere tipicamente medievale che si occupa della narrazione della vita dei santi. Era un genere assai diffuso in quanto aveva un carattere morale, religioso e didattico per convertire il lettore. la Vita Nuova può essere considerata una sorta di agiografia poiché Beatrice è rappresentata con un carattere puro tipico dei santi. Contini a questo proposito parla della Vita Nuova come di una “legenda sanctae Beatricis”, giacché la sua biografia è narrata in modo così straordinario da poter essere considerata come la narrazione della vita di una santa. Infine Dante è influenzato dalla Bibbia, soprattutto nel momento in cui costruisce un’analogia tra la vita di Beatrice e quella di Gesù.
LA LODE DI BEATRICE
Il Cap. XXVI è centrale nella Vita Nuova perché contiene un prosimetrum molto famoso di Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare, che si inserisce nella poetica della lode per Beatrice. Questa lode si manifesta dopo il presagio che Dante ha in sogno circa la morte imminente di Beatrice. Questo presagio è narrato in questo sonetto sopraccitato, molto complesso e che riprende come tematiche quelle di Guido Cavalcanti, sebbene si avverta anche una costruzione analogica. Infatti Dante si rifarà alla morte di Cristo per narrare quella di Beatrice. Nel Cap. XXVI quindi sfocia la poetica della lode dopo lo smarrimento di Dante. Il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare è al vertice della poetica della lode ed è preceduto da un brano in prosa in cui l’autore descrive i modi in cui Beatrice cammina per strada e gli effetti che ha sulle persone. È quindi una spiegazione che anticipa il contenuto della poesia.
Nell’introduzione accennata Dante si propone di scrivere un sonetto su di lei. Dalla riga 15 all 17 il sommo poeta dice che grazio a questo testo tutti ora possono avere testimonianza della magnificenza di Beatrice. Qui Dante si rifà al Vangelo di Giovanni (Betsaida I secolo – Efeso I secolo d.C.), che dice alla fine “beati quelli che crederanno anche senza vedere”, in cui si rimarca un’analogia con questo episodio (e anche a quello di San Tommaso).
TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE
Commento
In questa poesia c’è la sistemazione organica del Dolce Stil Novo. È un sonetto che sembra semplice ma che in realtà i termini che sono usati vengono utilizzati ancora oggi, ma con un significato diverso, perché logicamente la lingua in sette secoli ha subito una profonda trasformazione. Contini ha dedicato uno studio preciso a Tanto gentile e tanto onesta pare ed ha individuato una serie di parole importanti nel testo che nel corso del tempo hanno subito un trasformazione radicale. Lo scopo di Contini è quello di studiare la trasformazione del linguaggio per risalire al pensiero della società di Dante. Per il critico le parole che sono mutate di significato sono tre: gentile, onesta e pare (verbo parere) (tutte al verso 1), delle quali troviamo nel testo alcuni sinonimi, come mostrare (v.8) e mostrasi (v.9). Gentile e onesta sono due doti del comportamento: gentile per Dante vuole dire “nobile d’animo” ma nel corso del tempo perde d’intensità nel significato; onesta per il poeta indica la “nobiltà del comportamento verso gli altri”, ovvero regale o solenne; pare per Dante vuole dire “mostrarsi chiaramente”, “manifestarsi nel modo più alto”, mentre per noi significa “sembrare”. Inoltre in questa poesia prevalgono i verbi: a Dante interessa descrivere gli effetti e le reazioni che Beatrice ha sugli altri: non vuole descrivere Beatrice in sé. In questa poesia vi è anche la rappresentazione di Beatrice come miracolo o come creatura miracolosa; questa rappresentazione ci fa capire la mentalità simbolica del Medioevo. Infatti in quest’epoca non era tanto importante descrivere cose e oggetti nel rapporto causa effetto, giacché i fenomeni terreni venivano considerati di secondaria importanza rispetto al rapporto con Dio (quindi la vita ha valore solo perché Dio manifesta con gli oggetti sulla Terra il proprio potere). Nel caso di Dante, la bellezza di Beatrice è tale che Dio si serve di lei per mandare un preciso messaggio divino. Per il sommo poeta infatti le cose sulla Terra non sono semplici oggetti ma messaggi di Dio. Questo rapporto tra le cose della Terra e Dio si complica: in Dante le cose che rappresenta hanno valore in loro stesse e sono costruite in modo realistico e complesso. Si tratta di una mentalità allegorica molto complicata che emerge quando le cose sulla Terra hanno valore in loro stesse sebbene abbiano comunque un legame misterioso con l’Aldilà. Il simbolismo, presente in Tanto gentile e tanto onesta pare, è un rapporto semplice mentre l’allegoria, presente nella Divina Commedia, è maggiormente complesso.
Al verso 4 e al verso 10 ricorre la tematica dell’innamoramento attraverso gli occhi. Al verso 13 Dante riprende la filosofia scolastica parlando dello spiritus fantasticus (spirito v.13).
LA DONNA GENTILE
Poco dopo Beatrice muore e Dante vive un momento di crisi interiore, durante il quale incontra la donna gentile, che mostra pietà verso il poeta che si invaghisce di lei. La donna gentile rappresenta un traviamento momentaneo poiché alla fine dell’opera Dante ritorna ad amare Beatrice e compone per lei l’ultimo sonetto Oltre la spera che più larga gira, dove l’amata è contemplata in cielo. Nella conclusione Dante afferma di non volere scrivere più nulla di lei finché su ella non sarà possibile scrivere un opera straordinaria: molti hanno visto in quest’affermazione un annuncio della Divina Commedia. Nella Vita Nuova la donna gentile è intesa come donna in carne e ossa mentre successivamente è interpretata in modo allegorico per spiegare il periodo in cui Dante si dedica all’Averroismo e ad altre filosofie eterodosse.
Oltre la spera che più larga gira è preceduta da un commento in prosa dove Dante commenta ogni singola parte. È una premessa di esegesi al sonetto conclusivo, del quale viene sottolineata l’importanza. Probabilmente Dante risponde con questo commento a una critica che gli muove Cecco Angiolieri, suo amico fra l’altro, che sostiene che il sonetto in questione sia eccessivamente complicato. Forse è per questo motivo che Dante inserisce un commento così articolato.
OLTRE LA SPERA CHE PIÙ LARGA GIRA
Commento
Al verso 14 continua la poetica della lode e Dante continua a rivolgersi a un pubblico femminile. Il sonetto narra di una visione e della contemplazione di Beatrice, in cielo tra i beati, che anticipa il Paradiso della Divina Commedia. Solamente che qui Dante non va in Paradiso con la persona e fisicamente (che all’epoca considerava una sfida eccessiva e un atto blasfemo) ma vi si reca col proprio pensiero con una parte di sé che è intermediaria fra le donne e il poeta: il sospiro generato dall’amore. Le quartine indicano il viaggio di andata dal cuore al Paradiso e sono legate alle terzine da un’ anabiblosi, perché mira (v.8) e vedela (v.9) sono sinonimi. Il tema del sonetto è quello della visione e dell’ineffabilità. Visione perché è una capacità ultraterrena che interessa la mens e va oltre le normali capacità umane; ineffabilità (ovvero il voler dire qualcosa che non si riesce ad afferrare e a pronunciare) perché le parole umane non possono esprimere quello che Dante ha visto. Così il poeta anticipa quello che spiegherà nel Paradiso della Divina Commedia, ovvero che le sue parole possono riportare solo un riflesso opaco di quello che ha visto. Ciò viene dunque anticipato in questo sonetto, ad esempio al verso 10 con sottile e al 13 quando Dante comprende solo il nome di Beatrice. Ciò dà alla poesia un valore di verità perché la donna amata conferisce a questo sonetto il valore di una testimonianza che può essere presa per vera.
CONCLUSIONE
La Vita Nuova inizia, nel Proemio, con l’immagine del libro della memoria e si chiude con l’immagine del libro ancora da scrivere, ovvero la Divina Commedia, per celebrare massimamente Beatrice e le sue doti. Sul fatto che si tratti della Divina Commedia comunque molti critici si sono posti delle domande poiché ritengono che nel 1294 Dante fosse troppo giovane per comporre un’opera così complessa. Tutta la Vita Nuova è un prosimetrum basato sull’immagine dell’Ego Ontologico, poiché Dante parla di sé volendo parlare dell’uomo che ama in generale. Nonostante ciò la Vita Nuova si conclude con un riferimento al rapporto tra Dante e Beatrice, che diventa estremamente personale perché intende affermare la propria personalità di poeta in relazione con Beatrice, che ne influenza l’opera. Siamo già sulla strada che porta alla Divina Commedia perché siamo a metà tra allegoria dei poeti e allegoria dei teologi: nella Divina Commedia Dante è sé stesso in quanto poeta e in quanto sé stesso è allegoria di tutti gli uomini.
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Esempio



  


  1. Valentina

    Sto cercando la vita nova di dante, frequento un liceo scientifico molto rinomato.