Ugo Foscolo

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Testo

UGO FOSCOLO

VITA

Niccolò Foscolo (Ugo fu un nome assunto più tardi dal poeta) nacque, da padre italiano e madre greca, nel 1778 a Zante, isola del mare Ionio, possedimento della Repubblica veneta. L’essere nato in terra greca rivesti’ molta importanza per il Foscolo che si senti’ profondamente legato alla civiltà classica. Alla morte del padre la famiglia si trasferi’ a Venezia, ma lo scrittore conoscendo poco la lingua studiò molto, creandosi rapidamente un’ampia cultura, sia classica sia contemporanea, e cominciò a scrivere i primi versi. Dal punto di vista politico Foscolo era favorevole alla Rivoluzione Francese e ai principi egualitari e libertari. A causa di questi suoi ideali politici ebbe noie con il governo oligarchico veneziano tanto che fu costretto a ritirarsi sui colli Euganei. Formatosi a Venezia un governo democratico, Foscolo vi fece ritorno, impegnandosi attivamente nella vita politica, ma in seguito al trattato di Campoformio, con il quale Napoleone cedette la Repubblica veneta all’Austria, lasciò nuovamente Venezia per rifugiarsi a Milano. A Milano strinse amicizia con il Parini, suo modello intellettuale, e con il Monti con i quali fondò un giornale, il “Monitore italiano”, dove ebbe modo di descrivere il suo impegno patriottico. Con l’avanzata degli Austriaci si arruolò con l’esercito napoleonico ricoprendo il ruolo di capitano aggiunto. Nel 1804 per motivi economici segui’ la spedizione di Napoleone contro l’Inghilterra, soggiornando per due anni nella Francia settentrionale. Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, Niccolò tornò a Milano, riprendendo il suo posto nell’esercito. Rientrati gli Austriaci a Milano, dopo la sconfitta di Waterloo, Foscolo si rifiutò di dirigere una rivista culturale e andò in esilio prima in Svizzera e poi a Londra. Qui fu accolto con onori e simpatie, ma sorsero presto attriti persino con gli immigrati italiani e poiché le sue condizioni economiche si fecero sempre più disastrose fu costretto a nascondersi nei sobborghi più poveri di Londra, dove vi mori’ nel 1827, all’età di 49 anni. Nel 1871 i suoi resti furono portati in Italia, vicino alle tombe dei grandi uomini da lui cantati nei Sepolcri.
Quattro sono le tematiche fondamentali per il Foscolo:
- l’esperienza, gli studi classici lo influenzano, l’amore è lo strumento che rivela la bellezza, stimola l’arte e la poesia. L’impegno civile e politico coinvolge la sua vita, portandolo spesso all’esilio, si sente perseguitato ed esiliato qua sulla terra per qualcosa commesso chissà dove.
- la storia per il Foscolo è da una parte tirannide e dall’altra viltà. La storia è dominata da coloro che impongono con la forza i loro ideali, quindi è sopraffazione del tiranno sul popolo, al quale si unisce una massa di uomini vili. A questa realtà si oppone quella che il Foscolo chiama l’aristocrazia dei soccombenti; minoranza di sventurati, tra cui il poeta, che sono liberi e che non vogliono sottostare alle regole del potere austriaco. Mantengono la loro coerenza piuttosto che sottostare al re e quindi scelgono l’esilio.
LIBERTA’= non essere schiavi dei propri stimoli.
- la natura è una forza operosa, ma è indifferente all’uomo, poiché con il suo ciclo di distruzione e riproduzione ha come conseguenza l’oblio della memoria
- le illusioni sono opposte alla ragione e sono:
- eventualità prive di base razionale, non vere
- espressioni irrinunciabili di necessità affettive e religiose, quindi vere
se le guardiamo con la ragione non sono vere, se le guardiamo con il cuore sono necessità e
di conseguenza sono vere. Le illusioni hanno valore consolatorio:
- bellezza: placa i tumulti del vivere, è fugace e non è costante
- gloria: stimolo e guida nella vita, è fugace e ti aiuta a vivere
- sepolcro: sopravvivenza oltre la morte, è concepito sia sul piano privato (“come corrispondenza di amorosi sensi”), che sul piano pubblico (“come continuità
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della tradizione”). Secondo il Foscolo, sul piano privato, non si muore completamente nel ricordo delle persone che ti hanno amato e sul piano pubblico, la tomba rappresenta l’immortalità, può agire da stimolo per gli altri poiché saremo completamente morti quando saremo completamente dimenticati
- poesia: è lo strumento che non fa mai morire, la poesia rende immortali. Per il Foscolo la civiltà nasce con Eros, con lui si originano le arti e la poesia. La poesia tramanda la memoria e incrementa la civiltà. La poesia ha un valore eternatore.

Nelle opere del Foscolo riconosciamo due differenti registri:
- Foscolo romantico: è attivo sia sul piano politico sia sul piano sociale, si abbandona alla confessione e al coinvolgimento autobiografico,
- Foscolo neoclassico: ha bisogno di oggettivare il tumulto delle passioni, nel proiettarle in una dimensione remota dal presente e dai motivi personali. Nella classicità vede inoltre le origini, le radici materne, la memoria. Il richiamo al mito non ha tanto un valore estetizzante, ma di oggettivazione simbolica.

ULTIME LETTERE JACOPO ORTIS

Il primo cenno di un probabile progetto di romanzo da parte del Foscolo è contenuto in un Piano di studi del 1796, dove si parla di “Laura, Lettere”, libro del quale non è rimasta traccia. Una prima redazione dell’Ortis fu parzialmente stampata a Bologna nel 1798, la quale, rimasta incompiuta in seguito alla partenza del Foscolo dalla città, venne fatta concludere dallo scrittore bolognese Angelo Sassoli. La prima redazione dell’Ortis, ripreso e terminato dal Foscolo, venne pubblicata nel 1802 a Milano, alla quale seguirono altre due edizioni, una stampata in Svizzera nel 1816 e una a Londra nel 1817. Le ultime lettere di Iacopo Ortis costituiscono un romanzo epistolare, formato cioè da una serie di lettere che il protagonista scrive ad un amico. I modelli immediatamente riconoscibili sono quelli de “ I dolori del giovane Werther” di Goethe e “ La nuova Eloisa” di Rosseau. Da Goethe in particolare Foscolo riprende l’intreccio del racconto, un giovane che si suicida per amore di una donna e la tematica fondamentale, quella del conflitto tra l’intellettuale e la società, in cui egli non può inserirsi e realizzare le sue aspettative. Tale conflitto, analizzato già nell’opera di Goethe in una dimensione privata e psicologica, si carica con Foscolo di un respiro più ampio, in relazione alle vicende e al contesto politico dell’Italia. La vicenda tratta, infatti, di Iacopo, giovane patriota che in seguito alla cessione di Venezia all’Austria da parte di Napoleone, si rifugia sui colli Euganei per sfuggire alle persecuzioni. Qui incontra Teresa e si innamora di lei, nonostante sia già destinata come sposa ad Odoardo. La disperazione per l’amore impossibile e per le tristi vicende della patria, lo spingono a compiere vari viaggi per l’Italia, fino a quando, in seguito alla notizia del matrimonio di Teresa, torna a Venezia e si toglie la vita. Come si può vedere il dramma di Ortis aggiunge nuove connotazioni e tematiche alla vicenda di Werther. Il conflitto non è più solo contro la borghesia, con la quale l’artista dotato di grande sensibilità non può identificarsi o contro l’aristocrazia, che ancora nel Werther è la classe dominante, chiusa e difesa dai suoi privilegi, ma si allarga alla sfera politica. L’Ortis è pervaso da un senso di inquietudine, di angosciosa “mancanza” nel protagonista, il quale sente di non avere una patria. In lui c’è il desiderio di liberarsi dal “tiranno” straniero e insieme la disperazione che nasce dalla delusione degli ideali rivoluzionari, dal tradimento delle proprie aspettative e dalla libertà che si tramuta in tirannide. La morte, dunque, non si delinea solo come unica via d’uscita da una crisi personale e amorosa, ma anche e soprattutto da una crisi storica. Per quanto riguarda la forma letteraria, l’Ortis si distacca dai precedenti modelli di romanzo per il fatto di non costituire un vero e proprio intreccio di eventi, personaggi e situazioni: è piuttosto una lunga confessione dell’autore, una serie di meditazioni, orazioni e pensieri condotta in stile aulico e
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solenne, con perenne tensione al sublime; la sintassi è complessa, i periodi ricchi di enfasi retorica e sono costruiti secondo antitesi e simmetrie. L’Ortis è incline alla solitudine, ma anche agli entusiasmi; a tratti è animato da un furore di individualismo, libertario che lo accomuna all’eroe alfieriano. La grande differenza è che per l’Alfieri l’eroe è individuale, lotta per se stesso, mentre l’Ortis è consapevole di lottare per il proprio popolo.

I SEPOLCRI

I sepolcri, definiti dal Foscolo “carme”, possono essere considerati sia un poemetto epico-storico che un’epistola poetica. Sono formati da 295 endecasillabi sciolti, indirizzati all’amico Ippolito Piendemonte. L’occasione fu una discussione con l’amico Ippolito avvenuta nel 1806 nel salotto di una nobile donna veneziana, in seguito all’editto napoleonico di SAINT CLOUD (1804), con cui si imponevano le sepolture dei confini delle città e si regolamentavano le iscrizioni sulle lapidi. Piendimonte sosteneva il valore della sepoltura individuale, mentre il Foscolo, aveva negato l’importanza delle tombe, poiché la morte produce la fatale dissoluzione dell’essere, vietava la sepoltura nelle chiese e proibiva la presenza di cimiteri all’interno delle mura. Nell’opera pubblicata nel 1807 Foscolo ribadi’ inizialmente le tesi materialistiche sulla morte, sostituendole poi con considerazioni che rivalutavano il significato delle tombe.
I sepolcri sono lo strumento attraverso il quale l’autore accantona le idee nichiliste che avevano come conseguenza il crollo delle speranze rivoluzionarie di fronte alla realtà napoleonica.
Come nell’Ortis tema principale è quello della morte, che però non viene più considerata come “nulla eterno” e le contrappone le illusioni di una sopravvivenza dopo la morte e la sopravvivenza è testimoniata dalla tomba, che conserva il ricordo del defunto presso i vivi. La tomba assume allora, un valore fondamentale nella civiltà umana: è il centro degli affetti familiari e la garanzia della loro durata dopo la morte, è il centro dei valori civili, ma soprattutto conserva le tradizioni di un popolo e tramanda le azioni eroiche dei grandi uomini. Quindi parallelo al tema sulla morte e sulla sopravvivenza si inserisce il tema politico. Foscolo attraverso l’illusione ripropone quella possibilità dell’azione politica che nell’Ortis veniva assolutamente negata.
L’opera del Foscolo si differenzia dalla poesia cimiteriale, poiché la sua è essenzialmente poesia civile e vuole animare l’emulazione politica degli Italiani.
Il carme si presenta come un’accurata meditazione filosofica e politica, non è esposta in forma argomentativi, ma attraverso una serie di figurazioni e di miti, infatti, lo scopo del Foscolo era di offrire contenuti non dettati da un ragionamento logico, ma dalla fantasia e dal cuore.
Il discorso ha una struttura rigorosa, ma visto che esclude un ragionamento logico i passaggi da un concetto all’altro avvengono in forma ellittica, lasciando nell’implicito molti passaggi intermedi.
Il poema inizia con un tono problematico dettato dal susseguirsi di molte interrogazioni, passando poi alla placata argomentazione e alla celebrazione della grandiosità epica del mondo mitico di Omero. Anche la prospettiva spazio-temporale influisce sul carme, poiché si passa da uno spazio ristretto, come la tomba, alla prospettiva immensa della terra e del mare in cui la morte semina le infinite ossa degli uomini.
Il linguaggio è estremamente elevato ed aulico; il lessico è tipico della cultura classica e specialmente del Parini e dell’Alfieri. La parola è carica di suggestioni e significati, mentre la sintassi varia dalla sentenza concisa, allo svilupparsi di periodi ampi e ricchi di subordinate. I Sepolcri sono lo specchio dell’evoluzione del pensiero del Foscolo e si concludono con l’esaltazione del sepolcro e della poesia. L’opera ricevette molte critiche riguardo a una non omogeneità dello scritto, ma Foscolo rispose che il carme era rivolto alla fantasia e al cuore degli uomini.

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ALL’AMICA RISANATA

L’ode si gioca e si sviluppa su un classicismo aulico e sostenuto. Neoclasssico è l’uso di un lessico estremamente elevato, il continuo ricorrere a figure retoriche, il gusto per i particolari grecizzanti, quello per i riti paganeggianti o per le personificazioni. In realtà la forma neoclassica viene utilizzata dal Foscolo per condurre un ampio discorso filosofico sulla bellezza e sul suo valore. Già ai versi 9-12 viene espressa la funzione rasserenatrice della bellezza sugli animi degli uomini. Nella seconda parte dell’ode si insiste invece sul valore eternatore della bellezza. Foscolo fonda il suo discorso partendo da una riflessione razionalistica su alcuni miti greci: Artemide, Bellona e Venere non erano altro che donne mortali, ma sono state consacrate come dee proprio grazie alla loro fama. L’eternità della bellezza è dunque un’illusione, ma è proprio grazie ad essa che quelle donne sono state consacrate all’immortalità. Ciò che consente alla bellezza l’eternità è la poesia ed ecco che nelle ultime due strofe il poeta si sofferma sul valore eternatore dei versi, attraverso i quali la bellezza può rendere eterne le cose contingenti. Foscolo si pone anche come il realizzatore di un importante compito, quello di far vivere nella poesia italiana contemporaneamente lo spirito della lirica greca, Foscolo, in virtù delle sue origini greche, ritiene di poter far rivivere il paradiso perduto della classicità. Egli grazie ai suoi versi potrà trasfigurare la donna in una dea, vincendo i limiti mortali. Il mito della bellezza ha dunque la funzione di vincere il tempo e le forze distruttrici che operano nel mondo e di fissare il reale in una dimensione assoluta, superando le incessanti trasformazioni a cui le cose contingenti non possono sottrarsi.

SONETTI

Tra tutti i sonetti composti dal Foscolo spiccano tre autentici capolavori poetici.
Alla sera è stato composto tra il 1802-1803. E’ diviso in due parti, che corrispondono alle due quartine e alle due terzine. La prima parte è soprattutto descrittiva, descrive lo stato d’animo dinanzi alla sera, colto in due momenti differenti, ma egualmente carichi di significato: l’imbrunire di una bella giornata estiva e lo scendere delle tenebre in una nebbiosa serata invernale.
La seconda parte è più dinamica e l’autore vi colloca il nucleo centrale del sonetto, il “nulla eterno”.Secondo questo processo la sera, immagine della morte, ha un’efficacia liberatoria, perché cancella le sofferenze e i conflitti. Qui il nulla eterno e la pace della sera, si oppongono al “reo tempo” e allo “spirto guerrier” del poeta. Con questo legame Foscolo sottolinea come il tormento e l’irrequietudine dell’autore siano connessi al particolare momento storico. Anche i verbi “dorme” e “fugge” presentano analogie e sono posti in posizione di rilievo a fine verso e sono legati ai soggetti per enjambement. Foscolo utilizza una perfetta simmetria riscontrabile nella costruzione delle terzine che hanno un elemento positivo, un verbo di trasformazione e un elemento negativo annullato. Le due quartine hanno andamento lento e statico mentre le terzine sono dinamiche. Come già espresso nell’Ortis, Foscolo ripropone lo scontro dell’eroe generoso ed appassionato contro una realtà storica assai negativa, che crea irrequietudine e rivolte. Anche in questo sonetto l’unico strumento per sfuggire a tanta infelicità è la morte, intesa come annullamento totale.
In morte al fratello Giovanni è stato composto nel 1802 in onore del fratello uccisosi per debiti di gioco. Il sonetto si sviluppa su due motivi fondamentali: l’esilio e la tomba, concepita come nucleo attorno cui si riunisce la famiglia. L’esilio rappresenta la condizione di allontanamento e di precarietà su cui Foscolo costruisce la figura dell’eroe infelice e sventurato che, a causa di una precaria società non trova una patria e non possiede un nucleo familiare in cui trovare sicurezza e conforto.
L’eroe è costretto a lottare contro gli “avversi numi”, che perseguitano l’eroe e contro i quali è impossibile lottare. In contrapposizione con questa situazione di allontanamento si colloca il motivo
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della tomba, che si identifica con l’immagine del nucleo familiare e soprattutto della madre. Nella condizione precaria di fuggitivo, il ricongiungimento con la madre e con la terra natale è l’unico punto fermo, che può vincere l’inquietudine angosciosa. Questo è un sogno irrealizzabile poiché nell’autore è più forte la condizione di esiliato. La parte finale, sembra richiamare il sonetto “Alla sera”, poiché la morte è vista come unico mezzo per fuggire da un momento storico negativo. In questo sonetto la morte acquista un nuovo importante significato e non è più vista come “nulla eterno”, non è annullamento totale, ma essendo “lacrimata” consente un legame con la vita. Il ritorno nella realtà, si attua nella morte, cioè nell’illusione, perché la restituzione delle ossa consente l’illusione di un ritorno al petto della madre. In questo sonetto, Foscolo ripropone l’immagine positiva della morte che era già presente nell’Ortis e che viene negata nel sonetto “Alla sera”.
A Zacinto è stato composto tra il 1802 e il 1803 in onore all’isola dove il poeta nacque, Zante, qui chiamata con il nome greco antico Zacinto. Nel sonetto è presente una contrapposizione tra il poeta e l’eroe omerico, poiché Foscolo non toccherà mai più Zante, mentre Ulisse baciò la sua petrosa Itaca. Queste sono due peregrinazioni volute dal fato, ma con esito negativo. Il sonetto assume cosi’ un doppio codice “classico” e “romantico”:
- codice classico: l’eroe classico, positivo, conclude felicemente le proprie peregrinazioni,
- codice romantico: l’eroe romantico, negativo, non conclude felicemente le proprie
peregrinazioni.
Sono due concezioni profondamente diverse una riferita all’età classica, l’altra tipica dell’età moderna. La sepoltura del Foscolo sarà allora illacrimata, poiché nella condizione di esule, è costretto a morire lontano dai propri cari a causa di una situazione sociale assai negativa.

CENNI SU DIDIMO CHIERICO

Con Didimo Chierico Foscolo propone di se una nuova maschera, differente dall’Ortis.
Foscolo traduce il “Viaggio sentimentale “ di Laurence Sterne e la traduzione è attribuita ad un personaggio fittizio, Didimo Chierico. Questi rappresenta il Foscolo maturo, quello che Foscolo vorrebbe essere, è anti- Ortis (dove è giovane). Didimo è l’ideale che Foscolo non è mai stato, egli è un uomo riservato. Nel Didimo Chierico le passioni giovanili non sono rinnegate, ma superate dall’età matura. Didimo rappresenta l’Ortis che ha imparato a vivere in modo disincantato. Anche lo stile è differente dall’Ortis, le massime sono concise, allusive e ricche di umorismo tanto che anche il nome Chierico, sembra riferirsi alla figura del letterato, padre della poesia.

LE GRAZIE

Le grazie sono un poema allegorico- didascalico del tutto neoclassico e rimasto incompiuto. Dovevano dividersi in tre inni:
- il primo alle Grazie e a Venere che fondano la civiltà in Grecia
- il secondo a Vesta, promotrice delle arti
- il terzo a Pallade Atena, cioè Minerva, che tesse un velo che copre le grazie dalle violenze e dalle passioni
Il poema rappresenta un incivilimento dell’uomo attraverso un viaggio simbolico dalla Grecia all’Italia. Il simbolismo di certe immagini si distacca dalle forme della confessione e della polemica presenti nell’Ortis e nei Sepolcri. Il velo rappresenta una metafora delle arti e in particolare della poesia, il mezzo per sottrarre le illusioni (bellezza) alla legge della corruttibilità e del disinganno. L’illusione di riuscire a placare l’illusione dell’esistenza nella stabilità e nella perfezione della forma.
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Esempio



  


  1. carmela

    figure retoriche del sepolcro

  2. jessica

    il sepolcro come legame di affetti

  3. Giulia

    Ugo Foscolo - Le ultime lettere di Jacopo Ortis - lettera: Una bella sera di maggio