Tesina - FU MATTIA PASCAL - PIRANDELLO

Materie:Tesina
Categoria:Italiano

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Testo

“IL FU MATTIA PASCAL” di LUIGI PIRANDELLO

BIOGRAFIA AUTORE:
Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel 1867, da una famiglia dell'agiata borghesia, proprietaria di una miniera di zolfo. Lo scrittore, appartenendo alla classe borghese può partecipare agli studi superiori e dopo essersi fatto una propria cultura frequentando il liceo classico a Palermo, si iscrive alla facoltà di Lettere dell'Università di Roma, dedicandosi soprattutto alla filologia romanza, per poi trasferirsi a Bonn nel 1889, dove nel '91 si laurea in glottologia con una tesi sul dialetto di Agrigento e studia la psiche umana, prendendo spunto dall’ideologia di Freud. Nonostante la sua notevole distanza dall’isola di nascita, Pirandello porta dentro di se un’immagine della Sicilia che resterà un riferimento costante della sua opera: una terra ancora feudale, chiusa, in cui l’apparire conta più dell’essere e la violenta vitalità delle passioni si scontra con la rigidità delle tradizioni.
Dopo la laurea, nel 1893 torna in Italia e l’anno successivo si sposa con una giovine siciliana benestante (socia del padre), da cui avrà tre figli, e si stabilisce a Roma, dove, grazie ad un assegno mensile del padre, si dedica completamente alla letteratura. Nonostante la sua grande apertura verso l’amicizia, resta molto ostile al d’Annunzio soprattutto per il suo pensiero estetista e il suo spirito aristocratico. Frequenta quindi gli scrittori dell’alta Italia che si riuniscono intorno a Luigi Capuana con cui stringe una forte amicizia e, successivamente collaborando a riviste letterarie e insegnando all’istituto superiore del Magistero di Roma, scrive le prime novelle, pubblicando nel 1901 il primo romanzo (l’’esclusa). In queste opere l’autore, nonostante non partecipasse alla vita politica, descrive la vita della classe borghese, evidenziandone i difetti e criticandola.

Nel 1903 una frana con allagamento distrugge la miniera di zolfo nella quale erano stati investiti sia i capitali di suo padre che la dote di sua moglie, la quale, già sofferente di nervi (sospettava continuamente che il marito la tradisse), si ammala gravemente, cominciando a manifestare i primi segni di uno squilibrio psichico che la condurrà poi in manicomio. Pirandello reagisce a questa situazione conducendo a Roma una vita ritirata e lavorando intensamente per far fronte alle difficoltà economiche (insegnava, scriveva e dava lezioni private); così la letteratura diventa per lo scrittore non un’occupazione disinteressata e per il solo fine di trasmettere piacere (come i letterati illuministi), ma un mezzo per mantenere la propria famiglia.
Tuttavia, le sue novelle, raccolte poi col titolo Novelle per un anno, e i suoi romanzi (L'esclusa, Il turno, Il fu Mattia Pascal e altri), nonché i suoi saggi (in particolare L'umorismo) passano quasi inosservati. Nel 1909 pubblica le sue novelle sul corriere della sera.
Gli anni della guerra sono per Pirandello un periodo di solitudine e di angoscia, oltre che per l’aggravarsi della malattia della moglie, per la morte della madre a cui era legatissimo, e per la prigionia in Germania del figlio Stefano, partito volontario.
La celebrità gli giunge soltanto in età matura, quando, a partire dal 1916, si rivolge quasi interamente al teatro. Le sue commedie suscitano entusiasmi e scalpori, talvolta accolte con dissensi clamorosi, si impongono al pubblico soprattutto dopo la fine della I guerra mondiale. Ottengono vasta risonanza Liolà, Pensaci Giacomino!, Così è (se vi pare), L'uomo dal fiore in bocca, Enrico IV e molte altre commedie.
Grazie alle sconvolgente novità delle sue opere, Pirandello diventa l’autore più famoso e discusso del teatro italiano, oscurando la fama del D'Annunzio. Nel 1921 l’opera “sei personaggi in cerca di autore” è fischiata a Roma, ma accolta trionfalmente a Milano, Londra Parigi e New York. Grazie a questo successo internazionale, la vita dello scrittore cambia radicalmente: a quasi sessant’anni abbandona l’insegnamento, si lascia alla spalle la vita borghese e sedentaria svolta fino a quel momento per girovagare per palcoscenici e alberghi di tutto il mondo, al seguito dei suoi attori teatrali. Rispetto ai riconoscimenti del pubblico e della critica, il suo atteggiamento rimane ambiguo: da un lato li cerca e se ne compiace, dall’altro se ne dichiara imbarazzato e infastidito. Agli inizi del 1926 pubblica una delle sue opere di maggior rilievo “Uno, nessuno e centomila” avvicinandosi con interesse al cinema.
Nel '24 si iscrive al partito fascista, pochi mesi dopo l'assassinio di Matteotti e forte sarà la sua polemica con Amendola. Tuttavia, Pirandello, iscrittosi solo per aiutare il fascismo a rinnovare la cultura, restandone presto deluso, non si è mai interessato di politica. E’ convinto che i problemi dell’uomo dipendono dalla sua esistenza e che non possono essere risolti da cambiamenti sociali e istituzionali. Si dimostra “superficiale” e oscillante nelle prese di posizione pubbliche; vaga dal radicalismo giovanile, fondato sulla denuncia del tradimento degli ideali risorgimentali all’annessione al fascismo e nel '29 il governo Mussolini lo include nel primo gruppo dell'Accademia d'Italia appena fondata (insieme a Marinetti, Panzini...): questo era allora il massimo riconoscimento ufficiale per un artista italiano, ma Pirandello non se ne dimostra affatto entusiasta, assumendo un atteggiamento sempre più distaccato dal regime. La polizia politica lo individua fra coloro che “portano il distintivo all’occhiello, ma non nel cuore”, e lo accusa di approfittare dei viaggi all’estero per “denunciare il fascismo”. Nel '25 assume la direzione di una compagnia teatrale di Roma, che resterà in vita sino al '28.
Nel '34 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura. Mussolini, attraverso il Ministero degli Esteri, cerca subito di sfruttarne la fama internazionale sperando di usarlo come portavoce estero delle ragioni del fascismo impegnato nella conquista dell'Etiopia. Nel luglio del '35 infatti il drammaturgo deve partire per Broadway, per rappresentare alcuni suoi capolavori fatto che lo avrebbe condotto ad un intervista da parte dei giornalisti. Ma Pirandello non si presta a tale servilismo.
Nell’ultimo periodo della sua vita il successo non cancella l’amarezza e il senso di isolamento; Durante le riprese cinematografiche de Il fu Mattia Pascal, effettuate a Roma, si ammala di polmonite e muore nel 1936, lasciando incompiuto “I giganti della montagna”. A dispetto del regime fascista, che avrebbe voluto esequie di Stato, vengono rispettare le clausole del suo testamento, nel quale chiede di essere cremato, di lasciar disperdere le sue membra per non far avanzare nessuna parte del suo corpo e di lasciar passare in silenzio la sua morte. E così fu fatto.
PENSIERO E POETICA:
Pirandello definisce la vita un “involontario soggiorno sulla terra” “un’enorme pupazzata” e vive la sua attività di scrittore come una fuga: “Io scrivo e studio per dimenticare me stesso-per uscire dalla disperazione”. Lo scrittore è in costante disarmonia con se stesso e con il mondo. Infatti in sintonia con le filosofie di vita contemporanee, egli percepisce la vita come un evento spontaneo e inarrestabile; in base all’ “umorismo Pirandelliano”, viene vista come un “Ossimoro”: bisogna ridere nella disperazione. Gli individui vengono identificati nella società in base ai ruoli che svolgono, i doveri e le abitudini a cui sono sottoposti e le immagini che gli altri si fanno; cioè in base a finzioni necessarie ma inautentiche, incapaci di rispecchiare l’effettivo modo di essere. Chiunque cerchi di mettere a nudo il suo vero volto, liberandosi delle finzioni, scopre che la sua identità è impossibile separarla dall’apparenza. L’io personale si trasforma di volta in volta, è in continua evoluzione, frutto di diverse modi in cui ci vedono le persone che ci stanno a contatto. La “frantumazione dell’io” si avverte soprattutto nel saggio “L’Umorismo (1908)” in cui viene anche fuori la volontà dell’autore di distrugger il “mito”, demistificare l’arte, in netto contrasto con l’ideologia di D’annunzio che vuole creare il “mito” di se stesso.
Se quindi è impossibile conoscere la verità di noi stessi, a maggior ragione non è possibile conosce la realtà del mondo esterno; non esiste una realtà uguale per tutti, ma tante realtà soggettive che ciascuno si costruisce a modo suo, dal suo particolare modo di vista (relativismo). Pirandello è consapevole che una simile visione del mondo non può appoggiarsi sulle tradizionali concezioni dell’arte; infatti nel saggio “L’Umorismo” prende le distanze sia dalle poetiche veristiche e decadenti che dall’idea della poesia scevra da componenti razionali e filosofiche. Lo scrittore “umoristico” deve infatti far interagire il sentimento con la riflessione. L’accostamento di questi due opposti atteggiamenti mette a nudo le differenze fra ciò che appare e ciò che è. Così, invece di mirare all’ordine e alla coerenza, l’umorista crea opere scomposte che vogliono spiazzare il lettore. Lo scrittore distingue il “comico” dall’ “umoristico” asserendo che il primo si ha quando qualcuno o qualcosa è il contrario di quello che dovrebbe essere, mentre l’umorismo si instaura quando dalla riflessione nasce un sentimento di pietà. Questo processo di sdoppiamento viene evidenziato da Pirandello come il “sentimento del contrario”: un misto fra riso e pianto, disprezzo e compassione.
Pirandello è stato probabilmente l'autore che ha meglio rappresentato il periodo che va dalla crisi successiva all'unità d'Italia all'avvento del fascismo. Pochi come lui hanno avuto coscienza dello scacco subito dagli ideali del Risorgimento e dei complessi cambiamenti in atto nella società italiana. Sul piano letterario il suo punto di partenza è stato, come per gran parte degli autori nati nella seconda metà dell'Ottocento, il naturalismo. Fin dal primo momento però l'oggetto delle rappresentazioni pirandelliane, soprattutto nelle novelle, non sono le classi popolari bensì la condizione della piccola borghesia. Da questa prospettiva lo scrittore ha saputo sviluppare una sua personale critica, cogliendo in profondità la crisi delle strutture tradizionali della famiglia borghese. Pirandello così come gli altri intellettuali del suo tempo rifiuta la società, al contrario dei suoi predecessori dell’ Illuminismo e Romanticismo che vivevano in sintonia con il mondo. L’autore del “Fu Mattia Pascal” si rivolge ad un pubblico borghese. Poiché però anch'egli appartiene alla piccola borghesia, finisce per accertarne i dubbi e le sofferenze, che rappresentano il segno di una condizione eterna di tutti gli esseri umani. Al centro della concezione Pirandelliana sta il contrasto tra ciò che gli uomini credono di vedere, anche in buona fede, e la sostanza delle cose. La critica delle illusioni va di pari passo con una drastica sfiducia nella possibilità di conoscere la realtà. L’arte maggiore di Pirandello va ricercata soprattutto nella sua opera di drammaturgo. Egli segna nel teatro una svolta decisiva. Prima di lui il teatro s’era proposto di portare in scena uno spaccato della realtà oggettivamente intesa e rappresentata con l’arte del verosimile. Ma per Pirandello, che esclude l’oggettività della realtà, ciò è impossibile.
Certamente i drammi del Pirandello appaiono a volte appesantiti da lunghi e sottili ragionamenti, apparentemente assurdi, ma nella rappresentazione della tragica condizione esistenziale umana, appare evidente un profondo senso di “pietà” verso l’uomo, una pietà che si fa poesia. Le opere teatrali del Pirandello contengono molte pagine belle di sincero sentimento, di profonda umanità, di tristezza e pietà per il destino e la fragilità dell’uomo; però presentano non pochi difetti, come l’umorismo spietato e distruttore, l’eccessiva impostazione aulica delle vicende, l’uniformità dei motivi e dei problemi trattati, lo squallore di intrecci contorti e stentati, i personaggi che non vivono le loro azioni, ma le analizzano con dialettica sottile. Tuttavia l’arte pirandelliana, malgrado i limiti, con il suo messaggio umano ha fatto sentire il suo influsso sui drammaturghi moderni, italiani, europei e americani.
CONFRONTO CON AUTORI CONTEMPORANEI:
Specialmente nei primi racconti delle novelle composte da Pirandello, non è difficile individuare l’influenza di Verga, anche se l’autore si dimostra estraneo all’interesse per il “tipico” e il “verosimile”.
Pirandello rappresenta l’altra faccia della medaglia dell’inizio del Novecento rispetto a Gabriele D’Annunzio il quale ha uno spirito aristocratico ed essendo la massima espressione dell’”estetismo” vuole creare un mito di se stesso. Infatti contrariamente egli vuole “demistificare l’arte” cioè distruggere il mito. Questa concezione è concorde a quella di Svevo che insieme all’autore del “fu Mattia Pascal” fa parte della cultura europea contemporanea. I due autori rappresentano entrambi gli implacabili distruttori di certezze e di modelli letterali consolitati nel tempo. Svevo rispetto a l’altro ha una concezione più leggera e amichevole dell’umorismo, che gli consente di affrontare in maniera più disinvolta le lacerazioni e contraddizioni dell’esistenza.
Anche d’Annunzio così come gli altri due intellettuali si pone verso un pubblico borghese, ma per superare le difficoltà, gli suggerisce di identificarsi fantasticamente in esperienze da superuomini.
• TRAMA DEL ROMANZO
Il protagonista del romanzo è Mattia Pascal, giovane medio borghese alle prese con una vicenda familiare piuttosto singolare e problematica.
La sua situazione si complica a causa del matrimonio non troppo desiderato con Romilda, figlia della vedova Pescatore, suocera ed antagonista di Mattia.
Esasperato da tale situazione, Mattia decide di andarsene dal suo paese solo per pochi giorni, ma una grossa vincita al casinò di Montecarlo e il ritrovamento a Miragno di un cadavere identificato come Mattia Pascal, lo spingono a ricrearsi una nuova vita.
Prende il nome di Adriano Meis e, dopo aver viaggiato a lungo, si stabilisce a Roma presso la famiglia Papiano-Paleari dove incontra Adriana della quale si innamora.
Non essendo riconosciuto dallo Stato, Adriano né può sposarsi, né può denunciare il furto di parte del suo denaro, cadendo in una grande crisi di identità.
Decide così di riacquistare la sua identità e di tornare al suo paese ove ormai è stato dimenticato da tutti, compresa la moglie che si era risposata.
Egli riprende la sua professione di bibliotecario e vive quello che resta della sua vita presso sua zia Scolastica.
“Una delle poche cose, anzi forse l’unica ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal”. Il romanzo “Il Fu Mattia Pascal” inizia con un incipit piuttosto particolare, poiché rappresenta anche la fine dell’opera.
• PRIMA MACROSEQUENZA (CAP. I-VII).
Ci troviamo nella provincia agricola della quale il padre di Mattia è proprietario.
La famiglia di origine è vissuta da Mattia come un nido protettivo e deresponsabilizzante, che garantisce una condizione idilliaca alla sua giovinezza scapestrata.
Rimasto orfano di padre, Mattia cresce sotto la completa e quasi morbosa protezione della madre, donna priva di ogni esperienza di vita e molto insicura delle sue azioni, vivendo un’adolescenza senza alcuna responsabilità e preoccupazione.
Questo comportamento senza giudizio suo e di suo fratello, sommato all’inettitudine della madre nella amministrazione dei loro beni, costringe la vedova Pascal ad affidare tutto a Batta Malagna, amico del padre morto che ben presto astutamente si impossessa del loro patrimonio.
Mattia non è certo d’aiuto per questa situazione a causa delle sue più evidenti caratteristiche caratteriali: la sua inettitudine e il suo modo d’agire senza riflettere. Egli si rivela inadatto per qualsiasi questione della sua vita.
In amore compie l’errore di avere una relazione carnale sia con Oliva, moglie legittima di Malagna a cui ha regalato un figlio tanto desiderato con la convinzione di fargli un torto (Malagna si era arricchito alle spalle della famiglia Pascal lasciandola nei debiti), sia con Romilda con la quale, in seguito, ha dovuto unirsi in matrimonio, nonostante l’intento iniziale fosse quello di farla conoscere al timido amico Pomino, subendo l’oppressione ossessiva e gli isterismi della suocera vedova Pescatore .
Nel rapporto coniugale si dimostra incapace di risolvere i problemi familiari.
Infine, nel campo dell’amministrazione economica, continua a disinteressarsi a tutto finché, ormai troppo tardi, si accorge che la famiglia è in rovina e decide di cercarsi un lavoro presso la biblioteca.
Proprio per la sua incapacità di amministrare la sua vita, gli si attribuisce il ruolo di “eroe degradato”: la sua incapacità di reagire gli suggerisce la fuga dalla realtà come unica utopica via d’uscita. Pertanto all’insaputa di tutti decide di partire per qualche giorno da solo per Montecarlo, attirato dal gioco d’azzardo.
• II° MACROSEQUENZA (CAP. VIII-XVI).
All’inizio della II^ macrosequenza del romanzo di Pirandello “Il Fu Mattia Pascal”, il personaggio principale, Mattia, si trova in uno stato d’animo complessivamente tranquillo poiché è presente in lui la ferma intenzione di tornare alla propria dimora, anche se lì la sua vita è oppressa dal rapporto con la moglie e con la suocera.
Egli è consapevole che al suo ritorno l’accoglienza della famiglia non sarebbe stata delle migliori, ma è in ogni caso deciso a farvi ritorno, essendo in possesso di una gran somma di denaro vinta al casinò che avrebbe alleviato gli attriti con le due donne.
L’elemento che fa scaturire improvvisamente dentro di lui una vera e propria repulsione per la famiglia è la notizia del ritrovamento del cadavere (al molino alla Stia, una sua vecchia proprietà), riconosciuto come “Mattia Pascal” proprio dai suoi familiari.
Decide quindi di ritrattare la sua decisione e di non tornare mai più al suo paese, e anzi di proclamare la sua libertà data dalla nuova vita, ricostruita lontano dall’odiato passato, cambiando sia il proprio nome in Adriano Meis che il proprio aspetto e trasferendosi a Roma. Dimora presso un albergo gestito da un singolare personaggio e dalla figlia Adriana di cui si innamora.
Mattia, però non è in grado di sostenere questa particolare situazione in cui si è gettato a capofitto senza riflettere.
Il progetto di anarchia totale che si è proposto di intraprendere è obiettivamente realizzabile, considerata la sua situazione sociale e i mezzi economici che gli permetterebbero di vivere di rendita.
Questo richiede però una grande forza di volontà del personaggio per affrontarne i vari aspetti negativi, caratteristica assente in Mattia Pascal, o meglio nel nuovo Adriano Meis.
Egli non riesce a superare la situazione di contrasto tra la libertà concessa dall’anarchia e il bisogno di vivere dentro le regole. Non essere «nessuno» significa non potere crearsi una famiglia poiché deve rinunciare a qualsiasi stato civile e quindi al matrimonio; oltre a questo Adriano è già sposato con Romilda e la vita da bigamo, non sarebbe per lui accettabile.
Adriano non ha nessuna passione a cui dedicare il suo tempo e l’impossibilità di avere un’occupazione, quindi un lavoro, gli crea un vuoto notevole.
Egli non può avvalersi di alcun diritto ed è sempre la vittima indifesa di ogni sopruso. In più non può contare su nessun amico non potendo stringere rapporti umani, perché costretto a mentire su tutto ciò che lo riguarda.
Adriano non ha la forza interiore per affrontare la situazione in cui si è cacciato senza riflettere, come del resto non l’ha avuta nell’episodio con Romilda e Oliva e, invece di dominare i fatti, si fa ancora dominare da essi.
Dentro di sé avverte distintamente questo disagio e cade in uno stato d’animo d’inquietudine e di insicurezza, che lo porta a vedere, come unica e sicura soluzione possibile, la morte reale.
Adriano non trova il coraggio di fare neanche questo e decide, ancora una volta senza riflettere, di “reincarnarsi” in Mattia Pascal per ritornare al suo paese.
Il progetto di crearsi una nuova vita è quindi diventato un’utopia.
• III° MACROSEQUENZA (CAP. XVII-XVIII).
Resosi conto della precaria situazione in cui si è trovato, Adriano Meis decide di rinunciare alla falsa identità per tornare Mattia Pascal. Questo avrebbe significato per lui il riacquisto di tutti i suoi diritti e dei rapporti con le altre persone, elemento di cui sentiva particolarmente la mancanza.
Tornato però al suo paese, Mattia si trova davanti ad una situazione che non aveva previsto di dover affrontare.
La moglie Romilda si è risposata da tempo con Pomino e da questo rapporto è già nata una bambina.
Mattia, per la sua condizione, avrebbe potuto reclamare il diritto di marito, oltre che di cittadino, ma ancora una volta si tira indietro e rinuncia per sempre alla propria identità.
Quest’azione non è determinata dall’odio per la famiglia poiché è bene evidente che l’interesse per la moglie è ancora vivo, considerando l’impressione che ha rivedendola; Mattia, infatti, torna a vedere Romilda come la bellissima donna che aveva conosciuto diversi anni addietro e, nonostante tutto, si nota anche che quest’interesse è contraccambiato dalla donna, che dimostra d’essere ancora attratta da lui.
Mattia non vuole distruggere la famiglia di Pomino poiché, oltre a tutto, c’è di mezzo una bambina piccola, la quale si sarebbe trovata senza padre.
Mattia affronta tutto ciò con una buona dose di umorismo, o meglio, di sarcasmo: con il suo atteggiamento rende tutta la storia ancora più incredibile e irritante per i suoi familiari e, allo stesso tempo, trova un metodo per accettare la sua condizione dovuta alla scelta che ha fatto.
Il nuovo marito di Romilda, che conserva ancora la sua caratteristica di uomo timido e pauroso, è evidentemente irritato da quest’atteggiamento e, come lui, lo è la vedova Pescatore sentendosi chiamare con l’appellativo di “doppia suocera”.
Mattia usa quest’ironia anche per presentarsi alla gente che gli si avvicina incuriosita dalla sua storia, alla quale si presenta come “Fu Mattia Pascal”.
La più grossa perdita per Mattia è senza ombra di dubbio quella dell’identità a cui ha completamente rinunciato.
Egli cerca in qualche modo di riscattarsi e ci riesce tramite la “sublimazione della scrittura”. Mattia, sotto la guida di don Eligio, scrive la sua storia, assicurando al suo personaggio di vivere molto più a lungo di qualsiasi altra persona. E’ evidente il concetto che i poeti chiamano “Poesia eternatrice”. Anche se in questo caso non si tratta di poesia, Mattia Pascal affida il suo ricordo e la sua storia alle parole scritte restando con un solo dubbio: quello di non sapere se qualcuno mai leggerà la sua opera.
• ANALISI DEL TESTO
Il romanzo può essere frammentato in tre macrosequenze costituite dalle tre diverse personalità del personaggio.
La struttura del “Fu Mattia Pascal” è molto particolare e costituisce una grossa differenziazione dallo stile classico, in cui si punta prevalentemente all’aspetto linguistico.
Essa è caratterizzata da un intreccio molto complesso sotto l’aspetto temporale e da un uso innovativo della sintassi. L’interesse per la lingua non è per niente presente in Pirandello, il quale, nelle sue opere, mira soprattutto ai contenuti.
Questa caratteristica può essere notata analizzando la forma del romanzo in relazione alla prevalenza di alcuni tipi di sequenze, al lessico e alla struttura della frase.
Nel romanzo di Pirandello è da notare l’uso del lessico che lo scrittore fa, senza preoccuparsi minimamente della tradizione letteraria.
Nel testo ci sono spesso vocaboli o espressioni linguistiche non del tutto corretti grammaticalmente, espressioni dialettali e termini cacofonici, cioè parole di suono sgradevole o comunque non inerenti al contesto della sequenza.
L’originalità del romanzo, oltre a tutto ciò, è dovuta alla struttura sintattica, caratterizzata da un susseguirsi di periodi brevi, confusi e talvolta inconclusi. Ciò è voluto dallo scrittore per far risaltare ulteriormente il tema della perdita della personalità: l’individuo ha perduto la logica del ragionamento e la sua sicurezza, quindi non riesce ad arrivare a dare un senso logico e un ordine alle sue idee.
Anche la punteggiatura svolge il proprio ruolo, infatti la forte presenza dei puntini di sospensione sta a significare che il discorso è irrisolto e che la verità non è ancora stata trovata. [“Ecco, forse qualcuno, in quel momento, passando di là, li scorgeva… o forse già qualche guardia notturna era corsa in questura a dar l’avviso… E io ero ancora a Roma! Che s’aspettava? Non tiravo più fiato…”].
Per questo motivo, Pirandello ha successo prima all’estero (per esempio in Germania) che in Italia, dove la letteratura è ancora fortemente attaccata alla tradizione classica.
Per quanto riguarda il narratore, ne “Il Fu Mattia Pascal” è presente un ”io narrante” che non si esprime né tramite monologo, né tramite flusso di coscienza.
In questo caso si parla di soliloquio recitato poiché il narratore parla a sé riguardo a sé, ma il suo discorso ha un destinatario preciso, cioè i lettori della storia della sua vita che lo renderanno immortale.
Il romanzo è caratterizzato da un fitto intreccio temporale il quale fa sì che il tempo passato sia quello maggiormente usato.
La storia inizia con le due premesse scritte al presente, in cui l’io narrante esprime la sua volontà di narrare al lettore, tramite il romanzo, la situazione del personaggio; il resto della narrazione, quindi è impostata al passato.
Il tempo passato rappresenta per il Fu Mattia Pascal l’unica certezza e la sola sicurezza in suo possesso, poiché il presente ed il futuro sono a lui ignoti.
Il personaggio pirandelliano rientra a pieno titolo nella definizione di anti-eroe decadentista e, come tale, giunge alla “conclusione irrisolta”, cioè vede come unica soluzione quella di mollare tutto (vera e falsa identità, famiglia, possedimenti, …) e lasciare che la vita trascorra senza più preoccupazioni.
SPAZIO:
L’incredibile avventura di Mattia-Adriano si svolge principalmente in due località e cioè a Miragno, il paesino ligure dove nasce Mattia ed a Roma,dove Adriano affitta una stanza ad una famiglia. Queste due località possono essere considerate le patrie delle due vite del personaggio.Dopo la scelta della libertà assoluta e della seconda vita Mattia viaggia moltissimo,visitando l’Italia e la Germania.Vengono citati paesi come Torino,Milano,Venezia,Firenze e poi ancora Montecarlo, Colonia,Worms e Magonza. Un aspetto che senza dubbio può essere subito individuato è la quasi totale assenza di sequenze descrittive.
Mentre Manzoni, nel suo celebre romanzo, ricorre con frequenza a tali elementi ritenendoli parte integrante del testo (per esempio, l’incipit de “I Promessi Sposi” è costituito da una lunga e dettagliata descrizione del paesaggio), Pirandello, per coinvolgere il lettore a porre una maggiore attenzione sul contenuto, non si divaga in descrizioni molto ampie, ma, solo se strettamente necessario, fornisce soltanto brevi scorci di paesaggio; probabilmente, se il romanzo fosse stato scritto da Manzoni, saremmo a conoscenza dell’aspetto della Stia o della casa di Papiano nei minimi particolari.

TEMPO (durata azione):
In tutta la vicenda mancano del tutto riferimenti cronologici precisi ed espliciti. Pirandello non ci dà date o altre precisazioni a riguardo.Dalle notizie che Mattia legge in treno su un giornale possiamo però capire che la vicenda si svolge tra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900.Sono riferimenti di fatti politici accaduti in Germania ed in Russia.Quindi per quanto riguarda la collocazione storica della vicenda vale quanto detto per i luoghi che si limitano a fare da semplice scenario:per Pirandello non sono fondamentali collocazioni spaziali e temporali precise, ciò che più conta sono i personaggi,i loro pensieri e le loro azioni. Così facendo la storia diventa assoluta perchè la lezione di vita di Mattia è valida in ogni tempo ed in ogni luogo.
L’intera vicenda è un enorme flash-back, visto che Mattia racconta i fatti attraverso un diario su invito di don Eligio. Sono presenti anticipazioni che preparano il lettore agli eventi successivi o che aumentano l’attesa dello svolgersi della vicenda. Perciò l’opera inizia con il Mattia maturo che ha già affrontato la vicenda ed in seguito viene ricordata tutto la sua vita: l’infanzia, il matrimonio, la fuga dal paese verso Montecarlo, il lungo viaggio lungo l’Italia e la Germania, il soggiorno a Roma ed il ritorno a Mirano. La fine della storia si collega all’inizio dell’opera.
ANALISI FISICA E PSICOLOGICA DEI PERSONAGGI:
L’opera pirandelliana è caratterizzata da una grande quantità di personaggi (almeno una trentina) tutti differenti tra loro e tutti con una diversa importanza nella vicenda.Se alcuni sono fondamentali, altri potrebbero essere considerati quasi superflui ma servono ugualmente a creare un piccolo e verosimile mondo, fatto di sfaccettature e di personaggi molto eterogenei tra loro, per rappresentare quanto più possibile il reale. Ogni personaggio viene presentato da Mattia in modi diversi ma la descrizione iniziale è minima, spesso senza un accenno all’ aspetto fisico. Il carattere del personaggio che entra in scena si presenta da sé, indirettamente, attraverso lo sviluppo della vicenda. Dalle sue azioni e dai dialoghi è possibile capire anche il suo modo di pensare. Infine si nota che alla fine della storia l’unico che veramente è cambiato e maturato rispetto alla condizione iniziale è il protagonista Mattia Pascal. Quindi tutti gli altri personaggi a parte lui hanno la funzione di cornice.
Mattia Pascal – Adriano Melis:
Il protagonista dell’opera, attraverso un enorme flash back ci racconta la sua vita singolare, nella quale ha potuto morire formalmente per ben due volte. Di lui Pirandello offre una indiretta descrizione fisica, legata comunque al suo carattere . Non si preoccupa di essere un bell’uomo, accetta il naso piccolo, l’occhio sbircio (libero di vedere quello che vuole) e tutti gli altri suoi piccoli difetti. Si preoccupa del proprio aspetto solo durante la trasformazione Mattia-Adriano, per un fine preciso. Con l’operazione all’occhio capisce di amare di più sé stesso.
Ama e rispetta moltissimo la madre, nonostante il suo errore di fidarsi del Malagna. Romilda non sembra essere molto importante per lui e l’unico suo grande amore è sicuramente Adriana, che con la sua dolcezza ha saputo conquistarlo in un momento di trasformazione morale.
Mattia, assieme al fratello Roberto è cresciuto senza preoccupazioni ed anche nelle situazioni più difficili assume un atteggiamento tranquillo e sarcastico. Si preoccupa della sua libertà, di avere meno problemi possibili e di divertirsi, almeno da giovane. Col matrimonio e la difficile condizione in casa inizia a sentirsi troppo legato alle cose materiali, ai soldi che non bastano mai e cerca una via di fuga, un ritorno alla vita semplice e divertente che ha potuto fare da piccolo.
Scappa all’insaputa di tutti a Montecarlo, per fuggire dai propri problemi e per stare da solo.
Alla roulette il destino e la fortuna gli offrono molti soldi che, assieme alla notizia incredibile della propria morte gli offrono l’occasione di abbandonare una propria vita fatta di problemi e di iniziarne una nuova, perfetta. Così diventa Adriano Melis,ma durante i suoi lunghi viaggi scopre quanto sia insignificante una vita senza legami, senza responsabilità ed affetti. Tutto questo lo spinge a tornare Mattia, ma ormai è troppo tardi. La sua scomparsa ha permesso alla famiglia ed alla moglie di sostituirlo, creando una nuova e sconosciuta armonia. Con la sua esperienza è maturato, cresciuto ed ha scoperto gli ideali a cui fare riferimento nella vita ma non può avere una seconda possibilità. Ad un uomo come lui,vittima del destino e della sua volontà di cambiarlo, non rimane altro da fare se non commiserarsi davanti alla propria tomba, a tomba del fu Mattia Pascal.
La mamma di Mattia:
E’ una donna debole ed ingenua. Questi difetti sono la causa della rovina della sua famiglia.
Non è capace di gestire da sola la grande ricchezza lasciata dal marito e lascia l’intera amministrazione dei suoi affari e delle sue proprietà al Malagna. Non accorgendosi degli imbrogli fatti alle sue spalle può solo facilitare la sua rovina.
Quando Mattia si sposa con Romilda non riesce a sopportare la vicinanza della violenta e bisbetica vedova Pescatore e finisce con il diventarne una vittima. Fugge di casa con la sorella ma la morte la colpisce dopo poco, a causa degli affanni e dei feroci litigi subiti in precedenza.
Zia Scolastica:
E’ completamente differente dalla sorella e Mattia se ne accorge fin da piccolo. Aveva molta più paura di lei che dei leggeri rimproveri della madre. Spesso apre gli occhi alla sorella su ciò che avviene attorno al lei ed è l’unica donna capace di vincere una lite contro la vedova Pescatore, perché ha un carattere ancora più forte e duro di lei e sicuramente più saggio. Non si è mai sposata per paura di un eventuale tradimento da parte del marito.
Roberto Pascal:
E’ il fratello di Mattia e viene presentato inizialmente, quando il protagonista parla della sua infanzia. ’ il suo compagno di divertimenti, viene soprannominato Berto, ed assieme i due giocano, passano le giornate nelle loro proprietà e studiano. Ma con la crescita diventa sempre più differente da Mattia: esteticamente più bello, maggiore stile e gusto nel vestirsi, più maturità.
Da adolescente non combina tutti i guai sentimentali del fratello e lo ritroviamo verso la fine della vicenda un uomo maturo, serio ed abbastanza fortunato, capace di compensare il dissesto finanziario subito in gioventù grazie alla ricca dote della moglie. Si capisce quanto sia legato al fratello dalla gioia che prova nel rivederlo una volta tornato Mattia.

Malagna:
Il disonesto amministratore delle ricchezze della famiglia di Mattia. Approfittando della ingenuità e buona fede della moglie del defunto Pascal, riesce ed agire indisturbato ed a diventare a poco a poco un signore. Non ha rispetto per l’amico defunto e la sua famiglia; non si fa scrupoli a dirigere la sua attività in modo sbagliato, costringendo i Pascal a vendere una dopo l’altra tutte le loro proprietà, per poi acquistarle ad un prezzo stracciato e goderne i frutti. Mattia, cresciuto nella spensieratezza totale a causa della madre non se ne preoccupa e non si meraviglia una volta arrivata la povertà.
Questo personaggio sembra punito dal destino per le sue azioni disoneste: è continuamente afflitto perché non riesce ad avere un figlio. Anche in famiglia non si comporta in maniera corretta.
Si inserisce negativamente anche nella vita sentimentale di Mattia, come se averlo rovinato economicamente non fosse stato abbastanza. Una volta morta la prima moglie decide di sposarsi con la bella Oliva, rovinando il primo amore di Mattia. Infatti i due ragazzi si amavano e da lui Oliva aspettava un bambino. Ciò nonostante Malagna decide di accettare quel figlio di Mattia come suo. Così finalmente potrà diventare padre.Mattia su questo fatto ironizza arrivando a definire Malagna in un certo senso onesto. In fondo tutte le ricchezze accumulate da quell’amministratore a forza di rubare e truffare i Pascal sarebbero un giorno passate a suo figlio, così tutto sarebbe stato restituito.
Romilda:
La moglie di Mattia. Il matrimonio tra i due viene imposto e nasce quasi per gioco. Infatti Mattia si era avvicina a lei solo per conto dell’amico Pomino e per toglierla dalle grinfie del Malgna.
Soffre della condizione in casa Pascal, dei continui litigi e non può fare a meno di seguire le scelte della madre. E’ di carattere debole e tutto ciò si trasmette alla sua salute: perde la bellezza giovanile e le due figlie che mette al mondo, essendo troppo gracili per sopravvivere.
Alla fine della vicenda la troviamo risposata con Pomino. Alla vista di Mattia sviene per l’emozione. Sembra trovarsi davvero bene col nuovo e ricco marito: è tornata ad essere la bella Romilda di gioventù.
Vedova Pescatore:
L’insopportabile madre di Romilda. Non accetta la sua misera condizione di vita dovuta al matrimonio della figlia con Mattia, ormai poverissimo. Quindi fa di tutto per vendicarsi e, da brava suocera, è la causa principale dei litigi in casa Pascal, spesso troppo violenti. Il suo personaggio esprime antipatia.
Pomino:
E’ un personaggio di seconda importanza, con un carattere mediocre se paragonato a quello del protagonista. Amico di Mattia, appare per la prima volta nell’opera durante la gioventù del Pascal. Non ha problemi economici e nel paese ha diverse proprietà lasciate dal padre. Si innamora di Romilda e chiede al giovane Pascal di aiutarlo a conquistarla, vista la sua timidezza ed il carattere debole. Rimane deluso ed offeso quando capisce che l’amico, a forza di andare a trovare la ragazza se ne innamora, ma anche in seguito non dimostra mai apertamente il suo disprezzo. Anzi, è disposto ad aiutare Mattia quando cerca lavoro, gli offre del denaro ed è lui a trovargli il posto di bibliotecario. In fondo è di indole buona ma risulta vittima degli altri, incapace di reagire.
Alla vista di Mattia non sa proprio come reagire, non riuscendo a trovare una soluzione per evitare l’annullamento del suo matrimonio. E’ sollevato quando capisce che Mattia non vuole intromettersi nella sua nuova famiglia ma la sua felicità e la stabilità della sua condizione non è dovuta alle sue azioni:è una conseguenza delle scelte coraggiose di Mattia.
Adriana:
Sicuramente è il personaggio femminile che più colpisce il lettore in tutta la vicenda e sicuramente il più grande e puro amore di Mattia. Quello che la rende così invidiabile non è il suo aspetto fisico (forse nemmeno accennato da Pirandello) ma il grande carattere. E’ una ragazza pura, gentile, educatissima, tenera e discreta ma allo stesso tempo è responsabile di sé stessa e di tutta la famiglia.
Adriano la definisce infatti con dolcezza “mammina di casa”. La sua candida figura è minacciata da Terenzio, che la vuole sposare solo per non dover rendere la dote ad Anselmo.
Non riesco a trovare in lei un solo difetto, forse la sua timidezza e riservatezza limita un po’ la sua libertà e le sue decisioni. Si innamora di Adriano ma per lei questo è un errore: ormai quest’uomo è in crisi, non potrebbe mai sposarla e non vuole coinvolgere una creatura amabile e pura come lei in una vita resa falsa, senza radici ed ideali.
Anselmo Paleari:
Sicuramente il personaggio più singolare che incontra Adriano nella sua vicenda. Anselmo ormai non può più lavorare e tutta la sua vita è dedicata alla lettura, alla filosofia ed alle riflessioni sul suo tema preferito: il post-morte. I suoi lunghi discorsi con Adriano, il singolare tema del “lanternino”, mettono a dura prova la pazienza del protagonista ed anche quella del lettore. Nonostante questi difetti è di sicuro un personaggio buffo e simpatico, che fa sorridere nei comportamenti, con le sue teorie strampalate.
Lascia gli affari di casa quasi completamente in mano ad Adriana e non si accorge sempre di quello che avviene attorno a lui. Ne è una prova la seduta spiritica. Lui è l’unico che crede nella presenza dello spirito di “Max”, mentre gli altri approfittano dell’oscurità per baciarsi, picchiarsi e fare confusione.
Terenzio Papiani:
E’ il marito della defunta sorella di Adriana. Per lavoro viaggia spesso,soprattutto a Napoli e conosce molta gente anche influente in politica, ma la sua indole non è positiva. Ha molti debiti e segreti. Si appropria di molti soldi della Caporale e, grazie ad un complice, rapina Adriano di ben 12.000 lire.Vuole sposare Adriana solo per fini economici e si rivela essere anche un falso ciarlatano. Sicuramente è il personaggio peggiore che incontra Adriano a Roma ed in fondo è una della cause che spingono Mattia a riflettere e tornare sé stesso, ad abbandonare la finzione.
La signorina Caporale:
Un personaggio minore, inquilina nella casa Paleari. E’ una donna brutta e zitella, che si consola della propria misera condizione con l’alcool . Ha avuto una volgare relazione con Terenzio ma è stata solo usata. E’ lei che suggerisce ad Adriano l’operazione all’occhio e nei suoi confronti diventa sempre più curiosa ed invadente. La compagnia e le chiacchierate con il curioso coinquilino la fanno innamorare ma il suo sentimento non verrà mai contraccambiato. Ha una grande complicità con Adriana, ma spesso finisce solo con fare arrabbiare la giovane ragazza o metterla in imbarazzo.
• CONTESTO STORICO-CULTURALE DELL’OPERA
Il romanzo di Pirandello “Il fu Mattia Pascal” è un’opera da collocarsi nel periodo del Decadentismo. Questo è un movimento culturale a cavallo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento causato da una grossa crisi che ha investito sia la classe borghese sia quella intellettuale.
Le innovazioni tecnologiche hanno portato, nella seconda metà dell’ottocento, ad una nuova rivoluzione industriale e il nuovo stato Italiano, appena creatosi, è molto favorevole a partecipare a questo sviluppo di cui è venuto a conoscenza attraverso le altre nazioni europee.
Purtroppo, questo rapido sviluppo ha messo in gioco nell’economia un altro potentissimo concorrente, gli Stati Uniti, i quali esercitano un’accanitissima concorrenza sull’intero mercato europeo.
Questa è la causa per cui le borghesie europee, che fino ad ora avevano collaborato in nome del Liberismo e del mercato privo di ogni ostacolo, iniziano a divenire ostili fra di loro per accaparrarsi il singolo acquirente e per ottenere dogane, nuove fonti di materie prime e nuovi mercati di sbocco.
Insieme a tutto ciò, cadono anche gli ideali illuministi di libertà e cosmopolitismo che la borghesia aveva portato avanti fin dalla Rivoluzione Francese e perciò gli intellettuali italiani ed europei cadono in una profonda crisi.
Essi perdono il loro ruolo-guida per i giovani ed il loro peso culturale non essendo più richiesta una conoscenza letteraria ed umanistica, bensì tecnologica e scientifica.
La classe che però risente più delle altre della crisi è senza dubbio la piccola borghesia. Fino ad ora, questa è stata una classe sociale benestante e non molto distante dalle grandi borghesie.
Adesso si trova in una condizione molto più precaria, dovuta all’aumento di importanza del proletariato causato alla nascita dei sindacati (i primi furono le “Trade Unions” in Inghilterra) e al distacco dalla grande borghesia che si va sempre più allargando.
In Europa ne deriva la crisi del romanzo, opera nata proprio per la classe borghese grazie alla sua facilità di comprensione e all’attualità dei temi trattati.
Lo stile di scrittura subisce numerosi cambiamenti a partire dal narratore che, da onnisciente, diventa anch’esso stesso un personaggio che parla in prima persona. Tuttavia il cambiamento più significativo si riscontra nella scelta dei personaggi.
Fino ad ora l’eroe del romanzo è sempre stato un “eroe positivo”, spesso appartenente alla piccola borghesia, il quale riesce, grazie alla sua intelligenza e alla sua intraprendenza, ad acquistare ricchezza ed elevazione sociale. Un esempio lampante di ciò è il personaggio di Renzo nel romanzo “I Promessi Sposi” di Manzoni, che, dopo molteplici sventure, riesce finalmente a divenire proprietario di una filanda e ad essere conosciuto come una persona in gamba ed affidabile.
Con la crisi del romanzo e della piccola borghesia entra in crisi anche l’eroe positivo, divenendo un “anti-eroe” inetto, incapace di dominare gli eventi e di avere una sua collocazione nella società.
L’anti-eroe decadente affronta una crisi d’identità molto forte e questo diventa uno dei temi più ricorrenti del romanzo.
MESSAGGIO DELL’AUTORE:
Pirandello con la sua opera ha voluto cercare di ottenere qualcosa di assolutamente nuovo e di difficile realizzazione. In fondo, visti i dialoghi e le riflessioni presenti nell’opera, l’autore è sia un filosofo che un comico allo stesso tempo e da questa strana fusione nasce qualcosa di unico.
La voluta assenza di descrizioni temporali e spaziali permette di concentrare la visione del lettore proprio su una vicenda caratterizzata da un ritmo continuo, da prendere come esempio e lezione di vita. La storia di Mattia è completamente basata su un fatto incredibile, ma non impossibile.
E qui sta il succo della novità pirandelliana: gli eventi narrati possono sembrare addirittura eccezionali ed impossibili ma non lo sono.Fatti e personaggi non sono opera di invenzione basata sulla fantasia dell’autore ma rappresentano la realtà più strana ed inaspettata. Pirandello realizza un mondo non irreale e nemmeno reale,visto che in fondo è sempre una opera scritta.La sua vicenda,i fatti,i dialoghi ed i personaggi sono perciò verosimili,capaci di diventare una realtà.
Nella prima premessa alla vicenda Pirandello inserisce una critica contro Copernico,che con la sua scoperta ha sconvolto il modo di pensare dell’uomo.La terra non è al centro dell’universo e gli uomini solo una infinitesimale parte di esso.Perciò ogni gloria o sopravvalutazione risulta vana.
La storia di Mattia ha anche un importante e pessimistico retroscena: in soli due anni tutti gli abitanti di Miragno lo dimenticano, la famiglia non sembra disperarsi della sua morte e la moglie si risposa.

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