Tema sulla pena di morte: excursus nel tempo

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Testo

La pena di morte rappresenta una delle grandi questioni che preoccupa il mondo e che nello stesso tempo divide l'opinione pubblica in favorevoli e contrari. Dopo una prima reazione istintiva e forse superficiale sull'argomento, ho deciso di documentarmi per poter ampliare le mie conoscenze e formulare una propria opinione su tale tematica. In seguito a questa operazione e in considerazione delle argomentazioni che sono in procinto di scrivere, sono contrario alla pena di morte, dunque favorevole alla sua abolizione. L'argomentazione più frequente a favore della pena di morte è la deterrenza: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo stesso reato. L'elemento deterrente della pena di morte non è però così valido, per diversi motivi. Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Ritengo infatti che molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l'effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente. Inoltre la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai fatti: infatti se la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte; inoltre i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti. Nessuno studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità. I molti studi effettuati sull'argomento hanno quindi dimostrato come sia impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere deterrente. La maggior parte di coloro che sostengono e difendono la pena capitale ammette che si tratta di una pratica orribile e incivile ma che è nonostante tutto necessaria per proteggere la società. Molti di questi sostenitori sono infatti consci della natura arbitraria e discriminatoria della pena di morte come pure dei pericoli connessi alla sua applicazione, per fare un esempio il rischio di mettere a morte un innocente. Infatti è risaputo che tale pena non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti. Tuttavia essi( i sostenitori) rimangono in suo favore perché la considerano un deterrente necessario senza il quale ci sarebbero piu' omicidi. Tale affermazione, se fosse vera, costituirebbe un potente argomento a favore del mantenimento della pena capitale. Ma gli antiabolizionisti non sono riusciti mai a produrre valide prove scientifiche per dimostrare che la pena capitale è un efficace deterrente, superiore ad altre pene quali il carcere a vita. In altre parole, mi sembra che le richieste di conservare o reintrodurre questa pena sono basate su null'altro che affermazioni prive di fondamento e discorsi basati su impressioni personali sul suo "insostituibile" potere deterrente. Ci sono anche alcuni dei suoi sostenitori che trovano più facile difenderla sul terreno della sua funzione neutralizzante o eliminatoria. Essi fanno riferimento al potere neutralizzante assoluto e permanente della pena di morte, poichè essa assicura che un individuo giustiziato per omicidio, non compierà ulteriori delitti. Ma a questo punto viene legittimo chiedersi il motivo per cui non si preferisca la detenzione: senza dubbio risulta un mezzo efficace per neutralizzare la pericolosità di assassini o altri delinquenti violenti. Di conseguenza perché non abolire la pena di morte? Tale abolizione non risulta nemmeno in un aumento del comportamento omicida o aggressivo in quelle istituzioni penali dove sono detenuti i condannati per omicidio. Inoltre credo che coloro che presentano il maggior rischio di recidiva sono gli omicidi mentalmente infermi; tuttavia questi assassini sono per definizione esclusi dalla possibile applicazione della pena di morte. Dunque si capisce che la capacità neutralizzante ed eliminatoria della pena di morte è invalidata dal fatto che non è applicabile a quei soggetti che con maggiore probabilità ripeteranno la loro condotta criminosa. E sicuramente se l'imprigionamento è un mezzo efficace per neutralizzare gli assassini infermi di mente, credo sia altrettanto valido per neutralizzare i "normali". Tra i favorevoli alla pena di morte, specie negli Stati Uniti, vi è una larga maggioranza che si basa sull'aumento degli omicidi attraverso gli anni e deducono che questo costituisce una pressante ragione per non abolire la pena capitale o per reintrodurla là dove la si è abolita o sospesa. L'intento è chiaro: allarmare il pubblico sperando di spingerlo ad appoggiare le esecuzioni legali. Le richieste, volte a mantenere o reintrodurre la pena di morte, sono basate su nient'altro che affermazioni prive di sostanza, infatti tutti i dati disponibili suggeriscono che la pena di morte non ha in realtà effetti sul tasso di omicidi. Il "partito" dei sostenitori della pena capitale sostiene tuttavia che, se verso alcuni criminali non ha effetto, verso altri potenziali assassini l'effetto ce l'ha, incutendo paura. La pena di morte avrebbe quindi un effetto "sedativo" e sarebbe una sorta di "calmante sociale" benefico. Ma tengo particolarmente a ricordare che secondo me la pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati: può infatti essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di certi atti. Dal punto di vista evolutivo della società l'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di nuovi sistemi per la prevenzione al crimine. Ovvero quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un sentimento di soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine commesso fosse ripagato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima ha subito una ingiustizia che non potrà mai essere ripagata. Tuttavia la gente è come soddisfatta. E lo stato? Lo stato si mostra così "giusto" ed efficiente contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato possa sentirsi dispensato dal ricercare una soluzione che prevenga il crimine stesso. Mentre invece credo che lo stato dovrebbe contribuire a rimuovere le situazioni di indigenza estrema, a promuovere la dignità umana, eliminando conflitti razziali troppo spesso causati da leggi poco democratiche. Inoltre lo stato dovrebbe promuovere una migliore umanizzazione della società, combattendo il diffondersi di una mentalità lassista e immorale. Purtroppo lo stato è troppo spesso vittima della sua economia che gli impedisce di combattere la battaglia della prevenzione fino in fondo ed è in queste situazioni che soddisfa la società solo ricorrendo ad un ulteriore crimine. Dovendo giudicare la pena capitale dal punto di vista umano, bisogna sottolineare per prima cosa l'importanza del diritto alla vita che è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società. Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio. Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei diritti umani e quindi per quello della vita. Dunque penso che appoggiando la pena di morte lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale stesso.Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini ed espressioni della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commetterebbero uno esse medesime e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinerebbero un pubblico assassinio. Di conseguenza posso affermare che la pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio. Per quanto autori e filosofi illustri quali Kant ed Hegel giungano a giustificare, anzi ritengono necessaria la pena di morte su basi retributive, ci pare che agli effetti i parenti, gli amici e i conoscenti della/e vittime non si sentano sufficientemente ripagati dalla morte dell'assassino. Lo sarebbero se ciò servisse a riportare in vita la vittima, se la morte dell'assassino servisse veramente a ristabilire una situazione di equità. Infine vi è anche una questione economica che segna un punto a favore dell'abolizione della pena capitale: la pena di morte è sinonimo di risparmio? Una delle argomentazioni a favore della pena di morte si basa sul fatto che è meno costoso uccidere i colpevoli piuttosto che tenerli in carcere. Invece è stato dimostrato, attraverso alcuni studi svolti in Canada e negli Stati Uniti, che l'applicazione della pena di morte è più costosa del carcere a vita. In base alle precedenti considerazioni posso concludere che la pena di morte va contro ogni principio etico,morale e non porta alcun beneficio alla comunità, poiché invece di cercare di affrontare il problema alla radice, lo elimina per pochi attimi senza educare il prossimo a non commettere uno stesso crimine. "La pena di morte non è altro che la guerra della nazione contro un cittadino, perchè giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere" (Cesare Beccaria - Dei delitti e delle pene, paragrafo sulla Pena di morte).
La pena di morte, chiamata anche pena capitale, è l'esecuzione di un prigioniero ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna. Solitamente la pena di morte viene comminata a persone ritenute responsabili di reati gravi, come omicidio e alto tradimento. In alcuni paesi vengono considerati passibili di pena capitale omicidi occorsi durante l'esecuzione di altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro.
In Italia, il primo caso di Stato in cui si sia verificata l'abolizione della pena di morte avvenne nel Granducato di Toscana il 30 novembre 1786 sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, Granduca di Toscana. Si trattò del primo Paese civile al mondo ad aver abolito la tortura e la pena capitale. L'utilizzo di questa era riservato ai soli "barbari" per reati quali l'omicidio.
In seguito, la pena di morte venne abolita nel 1889 anche nel Regno d'Italia, con l'approvazione quasi all'unanimità da parte di entrambe le Camere, del nuovo codice penale, durante il ministero di Zanardelli. Tuttavia, la pena di morte era stata de facto abolita fin dal 1877, anno dell'amnistia generale di Umberto I di Savoia (Decreto di amnistia del 18 gennaio 1878). La pena di morte restava tuttavia in vigore soltanto nel codice penale militare e in quelli coloniali.
Nel 1926 sarà reintrodotta da Mussolini per punire coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà della famiglia reale o del capo del governo e per vari reati contro lo stato. Il codice Rocco (1930, entrato in vigore il 1 luglio 1931), aumentò il numero dei reati contro lo stato punibili con la morte e reintrodusse la pena di morte per alcuni gravi reati comuni.
La Costituzione italiana, approvata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore l'1 gennaio 1948, abolisce definitivamente la pena di morte per tutti i reati comuni e militari commessi in tempo di pace. Essa rimase nel codice penale militare di guerra fino alla promulgazione della legge 589/94 del 13 ottobre 1994 (in Gazz. Uff. 25 ottobre 1994 n. 250), che l'abolisce sostituendola con la massima pena prevista dal codice penale.
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Riflessione sulla pena di morte
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Nella Bibbia
Nella Bibbia sono elencate situazioni in cui Dio stesso stabilisce la pena capitale come punizione per alcune colpe: ad esempio, nel Vecchio Testamento, è scritto che doveva essere lapidato colui che infrangeva il comandamento di riposarsi il sabato. Nel Nuovo Testamento Gesù richiama più volte al perdono e condanna l'episodio della lapidazione di Maria Peccatrice ("Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra").
Nell'Antico Testamento (Genesi, cap.1, 12-15), esistono alcuni passi in cui la divinità condanna la vendetta umana, minacciando punizioni peggiori ("sette volte" e "settanta volte sette") per chi avesse ucciso Caino e Lamek.
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Pensatori cristiani
Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino sostengono la liceità della pena di morte sulla base del concetto della conservazione del bene comune. L'argomentazione di Tommaso d'Aquino è la seguente: come è lecito, anzi doveroso, estirpare un membro malato per salvare tutto il corpo, così quando una persona è divenuta un pericolo per la comunità o è causa di corruzione degli altri, essa viene eliminata per garantire la salvezza della comunità (Summa Theologiae II-II, q. 29, artt. 37-42). Il santo sosteneva tuttavia che la pena andasse inflitta solo al colpevole di gravissimi delitti, mentre all'epoca veniva utilizzata con facilità e grande discrezionalità.
Il malicidio è un caso particolare, previsto da Bernardo di Chiaravalle, di lecita pena di morte. Durante le crociate, il fedele cristiano poteva uccidere i nemici pagani, uccindendo cosi' il "male che era in loro".
In base a questo principio lo Stato pontificio ha mantenuto nel suo ordinamento la pena di morte fino al XX secolo, abolendola nel 1969, benché inapplicata dopo il XIX secolo. Per la posizione attuale della Chiesa Cattolica, vedi più avanti.
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Cesare Beccaria
Nel 1764 la pubblicazione del pamphlet (trattato breve) Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria stimolò la riflessione sul sistema penale vigente. Nel trattato Beccaria si esprimeva contro la pena di morte argomentando che con questa pena lo Stato, per punire un delitto, ne commetterebbe uno a sua volta:
Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà,che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio
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Dottrina cattolica odierna
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) parla della pena di morte all'interno della trattazione sul quinto comandamento, "Non uccidere", e più specificamente nel sottotitolo che tratta della legittima difesa.
In questo contesto dice (n. 2267):
L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.
Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitae, 56: AAS 87 (1995) 464).
È interessante il fatto che l'ultimo paragrafo è un chiarimento aggiunto in una successiva edizione del Catechismo, e si presenta come un approfondimento e un'esplicitazione della dottrina già espressa nei paragrafi anteriori. Tale esplicitazione, comunque, proviene dall'enciclica Evangelium Vitae, del 1995, che precede la pubblicazione definitiva del Catechismo nel 1997. Non è dunque un'aggiunta o una modifica alla dottrina, bensì un citare tutte le fonti dottrinali preesistenti. L'opinione pubblica aveva fatto notare che l'esposizione si prestava a essere interpretata come un velato appoggio alla pena di morte così come è applicata in molti paesi.
D'altra parte, la teologia più volte ha ribadito l'importanza del diritto alla vita e che la vita è per i cristiani un dono di Dio, che è l'unico ad avere il diritto di donarla e di toglierla. Giovanni Paolo II affermò che "il diritto alla vita è il fondamento di ogni altro diritto".
Il Catechismo condanna esplicitamente il suicidio come un peccato mortale. Invece, ammette alcune situazioni nelle quali singole persone e/o lo Stato hanno diritto di annullare la vita altrui, come la pena di morte e alcuni casi di legittima difesa.
Se ci atteniamo strettamente a questa conclusione ogni individuo, se di fede cristiana, è titolare di un diritto/dovere bilaterale: se da un lato egli non ha la facoltà di togliere la vita a qualcuno in quanto essa è diritto inviolabile conferito da un essere supremo, dall'altro egli stesso è titolare del diritto alla vita.
Importanti esponenti della Chiesa cattolica sono attualmente in prima fila per chiedere l'abolizione della pena di morte nel mondo.
Lo stesso Papa Giovanni Paolo II ha più volte espresso tale posizione; durante la sua ultima visita negli Stati Uniti, il 27 gennaio 1999 il pontefice ha dichiarato: "La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele e non necessaria e questo vale anche per colui che ha fatto molto del male".
La pena di morte in Città del Vaticano non era prevista per alcun reato già dal 1967 su iniziativa di Papa Paolo VI; tuttavia venne rimossa dalla Legge fondamentale solo il 12 febbraio 2001, su iniziativa di Giovanni Paolo II.
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Opinione pubblica
L'opinione pubblica di molti paesi è divisa. In molti paesi in cui vige la pena di morte, primo fra tutti gli Stati Uniti, esiste un forte movimento che ne chiede l'abolizione. Viceversa, in molti paesi in cui non c'è pena di morte, tra cui l'Italia, riaffiorano periodicamente richieste di reimmissione di questa pratica nel Diritto penale.
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Motivazioni favorevoli
Chi sostiene la pena di morte indica i seguenti elementi:
• La pena di morte sarebbe un efficace deterrente.
• La necessità di punizioni esemplari per i delitti più efferati
• Il non funzionamento del sistema carcerario
• Le spese eccessive per il mantenimento dei detenuti
• Vendicare i bambini, le donne, gli uomini uccisi o violentati ingiustamente
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Motivazioni contrarie
Si fanno sempre più vivi nel mondo i movimenti che chiedono l'abolizione della pena di morte in nome dei diritti umani.
La riflessione che viene portata avanti si basa su elementi comuni:
• La inumanità della procedura
• La possibilità dell'errore
• Il non funzionamento della pena di morte come deterrente per i delitti più efferati. Piuttosto, si pensa che la sua introduzione potrebbe avere un effetto contrario.
• La possibilità che bisogna dare al reo di redimersi e di rendersi in qualche modo utile alla comunità a cui ha arrecato un danno enorme.
• La mancanza di diritto da parte dello stato di decidere per la vita umana, che (secondo gli abolizionisti) non gli appartiene.
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Modalità dell'esecuzione della pena di morte
Storicamente sono apparsi molti modi per applicare la pena di morte secondo le varie epoche e culture:
• Crocifissione: usata, ad esempio, in alcuni casi dagli antichi romani.
• Schiacciamento: nel tempo di Marco Polo il popolo mongolo usava eseguire la condanna a morte delle persone rispettabili coprendole con un telo e schiacciandole con i cavalli.
• Ghigliottina: usata in Francia a partire dalla rivoluzione francese.
• Garrotta o garrota: usata in Spagna dal secolo XIX..
• Impiccagione: comune nel medio evo.
• Fucilazione (in Italia era la forma più comune).
• Colpo di pistola alla nuca: usato a tutt'oggi in Cina.
• Iniezione letale: usata a tutt'oggi negli Stati Uniti.
• Lapidazione: usata ampiamente nell'antichità, è ancora presente in alcuni stati.
• Sedia elettrica.
• Camera a gas.
• Squartamento.
• Sventramento.
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Letteratura
Franz Kafka descrive nel racconto La colonia penale (1919) le sadiche macchinazioni di un militare per infliggere una condanna a morte esemplare a un detenuto. Per questo inventa e realizza una macchina che prima di finire il reo gli scrive nella schiena con il suo proprio sangue la sentenza di condanna. Purtroppo la macchina si inceppa al momento dell'esecuzione, e il suo autore è stritolato da essa nel momento in cui vi si infila per controllarla.
Anche ne Il processo (1925) si descrive la condanna a morte di una persona.
Lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij, condannato a morte ma in seguito graziato, nei primi capitoli de L'Idiota fa pronunciare al protagonista del romanzo una violenta requisitoria contro la pena di morte.
«Ora, può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un'ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell’istante, l'anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più come uomo, e questo ormai con certezza; l’essenziale è questa certezza. [...] La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L'omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l’omicidio del malfattore
FATTI E CIFRE
Il Consiglio d’Europa osserva che la pena di morte non può più essere considerata come una forma di sanzione accettabile dal punto di vista dei diritti dell’Uomo. Si tratta di una sanzione arbitraria, discriminatoria e irreversibile in cui gli errori giudiziari – che non possono mai essere totalmente esclusi – sono irreparabili. La sua conseguenza diretta è una società più brutale nella quale lo Stato uccide i suoi cittadini in nome della giustizia.
Secondo Amnesty International, nel 2004, 120 paesi nel mondo hanno abolito la pena di morte nella loro legislazione o di fatto:
- 85 paesi e territori hanno abolito la pena di morte per ogni crimine;
- 11 l’hanno abolita per ogni crimine, tranne alcuni crimini di carattere eccezionale, come i crimini di guerra;
- 24 paesi possono essere considerati come abolizionisti di fatto: la pena di morte resta iscritta nella loro legislazione, tuttavia non hanno eseguito nessuna esecuzione capitale da almeno dieci anni;
- 76 paesi hanno conservato e applicano la pena di morte.
Nel corso degli ultimi decenni, in media ogni anno, più di tre paesi, hanno abolito la pena di morte. Una volta abolita, la pena di morte è raramente reinstaurata. Dal 1990, più di 40 paesi hanno abolito la pena di morte all’interno della legislazione, o, avendola abolita precedentemente per crimini ordinari, l’hanno abolita per ogni tipo di crimine.
I dati di Amnesty International evidenziano che nel 2004, 3797 detenuti sono stati uccisi in 25 paesi e che ci sono stati 7395 condanne a morte in 64 paesi. Amnesty indica comunque che queste cifre riguardano solo i casi conosciuti da Amnesty International. Nel 2004, 97% delle esecuzioni conosciute ha avuto luogo in Cina (10000 esecuzioni), in Iran (159 esecuzioni), e in Vietnam (64 esecuzioni). Negli Stati Uniti 59 sono le esecuzioni che hanno avuto luogo, contro le 65 dell’anno 2003.

Esempio



  


  1. ales

    sto cercando un tema sulla pena di morte di ieri e di oggi aiutoooooooooo