riassunto dettagliato del VII cap. dei promessi sposi

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Testo

Capitolo VII

Il padre Cristoforo arrivò e salutando con un “la pace sia con voi” annunciò l’insuccesso della sua battaglia. Le donne, sebbene non credessero nella sua missione, abbassarono il capo e nell’animo di Renzo l’ira prese il sopravvento. Egli domandò che diritto avesse quel cane per sostenere che la sua sposa non doveva esser la sua sposa! Ma fra Cristoforo con uno sguardo pacato e amichevole gli disse che se i potenti dovessero sempre dire le proprie ragioni le cose non andrebbero come vanno. Renzo domandò allora che cosa avesse detto quel tizzone d’inferno e il buon frate rispose che colui non aveva proferito né il nome di quella innocente, Lucia, né il suo, ma anzi, aveva fatto finta di non conoscerli ed era sembrato assolutamente irremovibile. Tuttavia comunicò che aveva un filo e che il giorno dopo non sarebbe salito sino al loro paese per questioni che li riguardavano. Invitò perciò Renzo a recarsi al convento o, nel caso non avesse potuto, di mandare un garzoncello fidato; infine, siccome stava calando la notte, salutò e andò via correndo. Lucia disse che bisognava confidare nel frate perché era un uomo che manteneva le sue promesse ma Renzo incominciò a ripetere che si starebbe fatto giustizia da solo, facendo un favore a tanta gente, che l’avrebbe chiamato eroe. Ma grazie alle suppliche di Lucia e soprattutto alla sua promessa, che consisteva nell’accettare che il matrimonio si svolgesse per vie un po’ strane, Renzo si calmò e promise per una seconda volta di non fare scandali. Così i tre, augurandosi la buonanotte, andarono a letto, ma la loro nottata fu buona quanto quella che succede a un giorno pieno di agitazione e di guai, e che ne precede uno destinato a un’impresa importante e dall’esito incerto. La mattina dopo, Renzo arrivò presto per preparar tutto con Agnese e Lucia promise di fare del suo meglio. In quanto a fra Cristoforo, da lui mandarono Menico, un ragazzetto di circa 12 anni, che, per vie traverse, veniva ad essere il nipote di Agnese, che sarebbe stato ricompensato al suo ritorno.
Nel frattempo, durante la mattinata, continuavano a passare davanti a casa di Agnese e a chieder l’elemosina, mendicanti dall’aspetto strano, dando qua e là occhiate da spione e facendo molte domande, alle quali Agnese, senza saper bene il perché, rispondeva il contrario della verità. Dopo mezzogiorno quella processione finì, dando sollievo agli animi delle due donne, che tuttavia non se lo confessarono.
… Dopo che fra Cristoforo andò via dal palazzotto di don Rodrigo, egli continuò a camminare innanzi e indietro nella sua sala, guardando i ritratti dei suoi antenati, uomini importanti che avevano fatto terrore, e vergognandosi perché un frate aveva osato andargli addosso. Pensava a una vendetta e quando seppe che i commensali se ne erano andati, fece chiamare sei dei suoi bravi e si fece portare la spada, la cappa e il cappello, e dal mondo nel quale li indossò si capì che era di pessimo umore. Dopo la passeggiata, rientrò a casa per la cena col cugino, il quale lo schernì, dicendogli che pensava che il padre l’avesse convertito e che poteva anche pagare subito; ma don Rodrigo disse che si affidava a san Martino ed era pronto a raddoppiare la scommessa. La mattina seguente fece chiamare il Griso, e il servitore capì che si trattava di qualcosa di grosso, perché egli era il capo dei bravi, quello a cui si imponevano le imprese più rischiose, il fidatissimo del padrone; dopo aver ammazzato un uomo di giorno in piazza era andato ad implorare la protezione di don Rodrigo e così, impegnandosi a ogni delitto che gli venisse comandato, si era assicurato l’impunità del primo. Il padrone ordinò al Griso di programmare tutto per il rapimento di Lucia, che entro il giorno seguente doveva trovarsi nel suo palazzo, sottolineando però che non le si doveva torcere un capello. I due si misero d’accordo sulla maniera di condurre l’impresa e poi il Griso se ne andò. La mattina fu spesa in giri per riconoscere il paese; i mercanti erano infatti il Griso ed altri bravi. Tornati al palazzotto il Griso diede le disposizioni; nel frattempo il servitore ascoltava e riuscì a capire che cosa si stava preparando per quella notte, ma era troppo tardi. Arrivata la sera, Renzo e i due testimoni andarono a mangiare all’osteria, dove si trovavano altri tre bravi che giocavano alla morra. Renzo, insospettito, chiese all’oste chi fossero i due uomini, ma egli non rispose giustificandosi col fatto che l’osteria è sempre un porto di mare, con tanta gente che va e viene. Al contrario, quando il bravaccio gli pose la stessa domanda, egli rispose dicendo che erano brava gente. La cena non fu molto allegra e dopo che Renzo ebbe pagato il conto, i tre se ne andarono nelle tenebre crescenti. Arrivarono alla casetta di Lucia che era già notte. Le due donne era soprappensiero. Al picchiare sommesso di Renzo, Lucia fu assalita da tanto terrore che per un attimo pensò di star sempre divisa da lui. Tuttavia quando egli disse di andare, tutti si alzarono. Zitti zitti a passo misurato uscirono dalla casetta e scegliendo la strada più lunga per non esser visti andarono a casa del curato e appena arrivati gridarono alla sua porta. Perpetua domandò chi fosse a quell’ora e dopo aver sentito che erano Tonio e il fratello per saldare il debito delle 25 lire, chiuse la finestra per andare a prendere la risposta del curato. Fu allora che i due fratelli vennero raggiunti da Agnese, in modo che al suo ritorno la donna la vedesse.

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