Pascoli e lo straniamento

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Testo

Lo «straniamento» in Pascoli e nei formalisti russi.

Le poesie che abbiamo letto (Il lampo e il tuono) fanno parte della raccolta Myricae. Il titolo della raccolta (che è il nome latino delle tamerici, piccoli arbusti comuni sulle spiagge) è ripreso da un verso del poeta latino Virgilio “arbusta iuvant, humilesque myricae” (piacciono gli arbusti e le umili tamerici). E' Pascoli stesso che ci spiega il significato di humilesque. Nel 1910 sul periodico il villaggio scrive: “Le myricae sono basse, le più terra terra, povere pianticelle. Ma Virgilio le amava e ne faceva l'immagine dei suoi primi canti”.

Pascoli vuole dunque passare al vaglio della poesia le piccole cose della realtà; esse sono interrogate però con un meccanismo nuovo. La natura è vista con gli occhi stupefatti di un bambino, al quale non sfugge alcun particolare. Sono “epifanie”, rivelazioni di un senso nascosto, che sfugge ai più.
La poesia per Pascoli si fonda su questa nuova percezione delle cose della realtà, il poeta svela il senso nascosto, ignoto, grazie alla sua particolare sensibilità, che gli consente – come scrive lo stesso Pascoli nel discorso sul Sabato leopardiano – di percepire non so quali raggi x che illuminano a lui solo le parvenze velate e le essenze celate.

Nella critica letteraria si parla di “straniamento” rifacendosi alla corrente, attiva in Russia negli anni dal 1914 al 1930, del Formalismo. E' in particolare Viktor Sklovskij (1893-1984), lo scrittore e critico che con il saggio L'arte come artificio (1917) redasse il manifesto della corrente, a definire lo “straniamento” come un “procedimento”, un meccanismo attraverso cui l'arte sa “risuscitare la nostra percezione della vita” nella sua essenza più autentica, contribuendo così a “rendere sensibili le cose”.

A volte l'abitudine impedisce di cogliere gli aspetti più autentici della realtà (pensate all'architettura delle nostre città, che si rivela per quello che è solo quando appare in una prospettiva diversa, non abitudinaria). Il linguaggio, poi, sostiene questa intuizione straniante allontanandosi a sua volta da un uso standard, se volete “normale” che ne viene fatto, e che appare viziato da uno sterile automatismo espressivo, per attingere invece a soluzioni inedite e sorprendenti.

Bibliografia:
Se qualcuno volesse acquistare la raccolta Myricae gli consiglio l'edizione economica ma
filologicamente corretta curata da Pier Vincenzo Mengaldo:
G. Pascoli, Myricae, introduzione di P.V.Mengaldo e note di F.Melotti, Milano 2000, Rizzoli [BUR L287].

Leggete Novembre sempre da Myricae che ben può rappresentare un esempio di “straniamento”:

Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardino ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate,
fredda dei morti.

Esempio