Pascoli e le poesie principali

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano
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Testo

Giovanni Pascoli (1855-1912)
Vita: ebbe un’infanzia traumatica per la morte del padre, della madre ,delle due sorelle e per le ristrettezze economiche. Studia nel collegio degli Scolopi e frequenta la facoltà di lettere a Bologna: qui si avvicina al socialismo e partecipa alle proteste contro il governo. Tra il 1876 3e il 1880 conosce Andrea Costa e assume posizioni sempre più radicali all’interno del movimento internazionalista. Nel 1879 viene arrestato e poi scarcerato grazie all’aiuto di Carducci. Questa esperienza lo allontana dalla politica e lo avvicina nuovamente agli studi: nel giro di poco tempo si laurea e va a insegnare a Matera; si distacca perciò definitivamente dalla famiglia e viene vissuto dal poeta in modo traumatico, dato il suo scopo fin da subito era quello di ricostruire il nido familiare con le due sorelle rimastegli. Nel 1895 una di queste si sposa e Pascoli lo vive come un tradimento, come una rottura di quel nido che era riuscito con sacrificio a ricostruire, per questo motivo il legame con l’altra sorelle diventa sempre più morboso e esclusivo, tanto che è costretto anche a rinunciare alla storia d’amore con Imelde Morri. Nel 1912 a causa di un tumore al fegato muore.

Percorso letterario: è un continuo girare intorno al nucleo dell’angoscia infantile: ricerca sicurezze e affetto che gli erano mancati nell’infanzia. È il maggiore poeta italiano decadente; si avvicina alla semplicità e al simbolismo che ne facevano i francesi della lingua. La sua produzione è una continua elaborazione degli stessi temi, anche se troviamo nel corso degli anni un’evoluzione stilistica e possiamo dividerla in tre periodi uella di Myricae e dei Canti di Castelvecchio, dove vengono affrontati i temi della vita semplice e della campagna; quello dei Primi Poemetti che sono una sorte di romanzo georgico virgiliano e quello dei Poemi Conviviali in cui raccoglie le storie dei personaggi e dei miti dell’antichità. La prima raccolta è Myricae che inizia con una frase in latino dedicata al padre. L’uso del latino e il riferimento a Virgilio sta ad indicare uno stile perfetto e molto curato, il padre è il grande assente e ricorda l’abbandono senza possibilità di ritorno; nella prefazione parla di odio e di morte. I temi dominanti sono gli stessi dei Poemetti e dei canti di Castelvecchio: la famiglia, la vita modesta e il culto dei morti. Il linguaggio è pieno di simboli e di sensi allusivi infatti descrive piante e animali quasi come se fosse un botanico o uno zoologo. L’altro tema che ricorre è quello del nido, della protezione della casa e della famiglia in cui nulla può succedere e dove tutti sono protetti. Il nido può essere la bara, la nebbia, la culla, la patria vista come la grande famiglia che combatte i nemici, cioè gli stranieri (questa è la sua radice politica e alla stessa Italia dedicherà nel 1911, per la spedizione in Libia, la grande proletaria si è mossa). Il suo stile è pieno di flash, di quadri naturalistici che devono immediatamente proiettare il lettore all’interno della scena descritta; per ciò elimina le congiunzioni, i verbi sono usati in modo non tradizionale, e viene preferito il costrutto paratattico. È uno sperimentalista che vuole coinvolgere il lettore utilizzando la sua stessa sensibilità e sensualità: per far ciò usa sinestesie, onomatopee, allitterazioni ed effetti fonici per evocare il mondo che esso rappresenta fuori e dentro al lettore. I Canti di Castelvecchio sono una continuità di Myricae, la dedica però è rivolta alla madre; nella prefazione è ancora presente il tema della morte ma stavolta assume toni consolatori e teneri.

La poetica del fanciullino: la tesi è che l’uomo è diviso in una parte che si modifica nel tempo e in un’altra che rimane immobile ed è quella del fanciullino che risuona nella poesia. Se questa però viene riferita alla crisi della ragione e dell’io assume un significato differente: se l’io normale non viene accettato la poesia diventa il luogo dell’altro io. In pascoli il discorso è universalizzato: il fanciullo è in tutti noi e non conosce differenze di classi sociali. Il poeta usa la regressione: ritorna all’infanzia vista come una fase di ingenuità e innocenza.
A livello conoscitivo il f. non conosce le cose con le categorie della logica e della ragione ma con l’istinto. L’io e la natura sono fuse; non c’è distinzione tra soggetto e oggetto. La sua conoscenza si basa sulla meraviglia. Il f. è il nuovo Adamo che dà i nomi alle cose per la prima volta.
A livello delle sensazioni queste sono capovolte: il grande è piccolo, il buio è visibile…la scissione dell’io diventa dissociazione sensoriale e ciò si traduce in poesia con la sinestesia(accostamento di parole che appartengono a sensi diversi) e con l’onomatopea. Il poeta dunque regredisce.
A livello dei sentimenti questi sono capovolti e il f. ha un duplice ruolo: uno ideologico che diventa una sorta di interclassismo dei sentimenti e uno personale che rievoca il pascoli bambino che rifiuta di crescere. La regressione si lega anche alla sessualità che è assente nel f. in quanto puro. La poetica del f. da universale diventa personale.
A livello della poesia questa deve essere pura e quindi senza fini morali, sociali e politici. Pascoli sceglie la direzione dell’arte per l’arte, che essendo pura alla fine ha una funzione morale poiché risveglia il f. che è in ogni uomo. Pascoli è un decadente che utilizza il tema della fuga, della poesia pura e la ricerca del prelinguistico.

La mia sera: è una poesia della memoria. La tempesta è la vecchiaia, è quella della vita che si affievolì con la sera, quando ritorna la pace dell’infanzia. Questa poesia deve essere letta considerando il fanciullino: nella sera torna la voce del fanciullo e la poesia è l’unione tra la voce del vecchio e il chiacchiericcio dei bambini. Nella prima strofa la natura si anima attraverso i tempi verbali e le onomatopee. La seconda strofa trasforma la sera in passaggio della memoria che compare con il suono del ruscello. La tempesta che sembrava infinita è diventata finita nel suono di quello stesso ruscello. Tutto si rasserena. La strofa finale è molto elaborata: inizia con il suono delle campane, i verbi vanno dal preciso all’indistinto. Tutto, grazie all’ossimoro e alla sinestesia, si trasforma in una dolce ninnananna. La parola chiave è “nidi” (metonimia-il contenene per il contenuto).

X agosto: il tema è quello della morte del padre. Le stelle cadenti si trasformano nel pianto del cielo. Le strofe sono legate tra di loro con un’analogia proporzionale a quattro termini: la morte della rondine ala famiglia abbandonata come quella dell’uomo sta all’attesa dei suoi figli. C’è anche un richiamo religioso. Il male di cui lui parla è universale ed è quello della sofferenza umana.

Il gelsomino notturno: celebra la procreazione e la prima notte di nozze anche se non ci sono riferimenti espliciti. La procreazione è rappresentata dal gelsomino-donna- che di notte si apre. Il poeta-bambino è però estraneo al fatto: nel tempo dell’amore lui pensa ai defunti.

Temporale/il lampo: nella prima descrive una tempesta che si sta avvicinando, nella seconda l’attimo in cui il lampo acceca l’occhio. La prima si apre con un’onomatopea che indica l’eco lontano di una minaccia. L’unica salvezza nella tempesta è il casolare. È il nido. Nella seconda poesia domina il senso della vista: anche qui l’unico riparo è il casolare bianco. Il fanciullino non è in armonia con la natura ma deve fuggire da essa e rintanarsi nel suo rifugio.

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