Machiavelli e Guicciardini

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Testo

Niccolò Machiavelli
Vita: 1469-1527. Famiglia borghese, educazione umanistica sui classici latini (non greco). Ammiratore del De rerum natura di Lucrezio –pensiero laico e materialista contro lo spiritualismo e la rigida religiosità del Savonarola.
1498 segretario della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina: incarichi diplomatici e militari per 14 anni.
1500 in Francia presso Luigi XII, salda monarchia assoluta verso l’Ancien Regime.
1502 presso il duca Valentino, figlio di Alessandro VI Borgia, duca di Urbino con un colpo di mano: politico spregiudicato e audace, esempio di “virtù” del Principe; sino all’elezione di papa Giulio II Della Rovere, suo nemico (1503).
1508 nel Tirolo presso l’Imperatore Massimiliano d’Asburgo, virtù civili e tradizioni guerresche –simili alla Roma repubblicana- dei popoli germanici.
1512 rientro dei Medici a Firenze, Machiavelli escluso dalla vita politica, torturato e imprigionato per 15 giorni, perché sospettato di una congiura antimedicea.
1519 da Giulio de’ Medici incarichi modesti e commissione delle Historie fiorentine.
1527 nuova Repubblica fiorentina, Machiavelli escluso per i rapporti con la Signoria, poi morto.

Epistolario: Lettere familiari, senza atteggiamento letterario. Schemi di novella, commedia, lirica amorosa e morale, trattatelo politico; da riflessioni politiche a beffe e allusioni oscene (tradizione borghese fiorentina comica e burlesca). Lettere a Francesco Vettori dopo la perdita degli incarichi politici: lettera dall’Albergaccio su cura del podere la mattina, studio dei classici e riflessione politica la sera. Nella “varietà” del proprio comportamento riscontra quella della natura.

Scritti della segreteria: Legazioni e commissarie, scritti ufficiali, dispacci da missioni diplomatiche. Pensiero machiavelliano in germe, spesso atteggiamento polemico.
Scritti politici minori, non ufficiali, con suggerimenti politici alla Repubblica. Racconto della strage di Senigaglia, con un vivo ritratto di Cesare Borgia; Ritratto delle cose della Magna e Ritratto delle cose di Francia (impero frazionato e debole, Francia stato moderno e unito); De natura Gallorum (massime sui costumi dei francesi); problema delle milizie e “ordinanza”.

Il Principe: 1513 (interrompendo i Discorsi). In una prima intenzione era da dedicare a Giuliano (figlio del Magnifico), poi a Lorenzo de’ Medici, per ottenere incarichi politici.
Si riallaccia alla trattatistica precedente per lo stile e la forma, è rivoluzionario per i contenuti. Specula principis medievali e trattati umanistici del ‘400: immagine ideale e aprioristica del principe, lodevoli virtù morali –destinato a “ruinare”. “Verità effettuale della cosa” e non “immaginazione di essa”: scopo del Principe è “mantenere” lo Stato, e il bene comune. “Vedere il fine e non il mezzo”: usare il male se è utile; nuovo criterio di giudizio utile/inutile e non bene/male; non è una nuova morale; segna l’autonomia della politica dalla morale.
Metodo sperimentale: dall’osservazione della realtà (lunga carriera politica) a principi universali, induzione; si stacca dalla contingenza storica per assurgere a regole valide in ogni tempo e luogo.
Pessimismo: gli uomini sono “tristi” (malvagi), e si comportano sempre allo stesso modo –classicismo storico “lezione delle antique”.
Fondatore della scienza politica moderna.
I-XI: vari tipi di principato (ereditari, nuovi, ecclesiastici, civili)
XII-XIV: problema delle milizie; contro i mercenari, è necessario un esercito di cittadini in armi, che combattano per amor di patria
XV-XXIII: comportamento del Principe con i sudditi, gli altri principi e gli amici; non virtù morali, ma uso di bene e male adatti alla contingenza storica (centauro: metà uomo e metà bestia)
XXIV: cause della crisi italiana dopo la morte del Magnifico nel 1492, ignavia dei principi, crisi militare, morale e politica
XXV: rapporto virtù/fortuna; capacità del politico di arginare la fortuna
XXVI: appassionata esortazione al Principe a fondare uno stato-nazione unitario in Italia e a liberarla dai “barbari”, restaurare la repubblica romana; si stacca dall’analisi razionale e ha uno slancio utopistico, è necessario che speri perché abbia senso che abbia scritto quest’opera.

I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio: da un’opera sulle repubbliche iniziata nel 1513 e delle riflessioni politiche sull’Ab urbe condita di Tito Livio. Dedicata a Zanobi Buondelmonti e Cosimo Rucellai del cenacolo intellettuale e aristocratico degli Orti Oricellari.
I: politica interna di Roma
II: politica estera di Roma ed espansione dell’impero
III: azioni di uomini singoli ai fini della grandezza di Roma
Interferenze tra i libri, struttura libera. Dalla storia romana trae esempi validi per il presente. Non è un trattato organico. La Repubblica è la forma ideale di governo, dà maggiore stabilità alle istituzioni, stimola le virtù civili e militari (riflessione più teorica). Nel Principe stato monarchico assoluto per la contingenza storica e per liberare l’Italia dalle dominazioni straniere, poi –forse- passaggio alla Repubblica. Virtù del singolo nella fondazione dello Stato, poi Repubblica. Res publica romana come modello contrapposto a Firenze, preda di continui errori politici. Principio di imitatio dei classici –classicismo sociologico e non letterario.

Mandragola: 1518, rappresentata alle nozze di Lorenzo de’ Medici. Gusto classicistico: Terenzio, Plauto (intervento di uno scaltro parassita), Boccaccia (beffa allo sciocco, linguaggio comico).
Comicità amara e sinistra. Uomini mossi dal solo interesse economico e dall’inganno, mai da sentimenti disinteressati. In scala (vita privata della classe media cittadina) riproduce i rapporti umani in politica –pessimismo.
Personaggi caratterizzati a livello psicologico e linguistico: tutti “marci” e cinici.
Callimaco innamorato superficiale e ipocrita, tiene più all’azione che al denaro.
Ligurio (un lenone) scaltro e cinico, simile al Principe.
Fra’ Timoteo attaccato al denaro, ipocrita, subdolo e pomposo anche nel linguaggio, simbolo dell’ipocrisia e corruzione della Chiesa.
Sostrata sciocca, invidiosa dell’onestà della figlia che forse vuole sporcare, simbolo della famiglia.
Ammira la “virtù” dei personaggi che sanno “riscontrarsi” con la realtà (Lucrezia, Ligurio). Cinismo, avidità (“cupidigia” dei fiorentini criticata da Dante), materialismo e immoralità; riflettono la crisi italiana.

Istorie fiorentine: 1519, su commissione dello Studio fiorentino e di Giulio de’ Medici. 8 libri.
I: storia d’Italia dalla caduta dell’Impero romano sino al 1434
II-IV: storia di Firenze fino al 1434 (Cosimo de’ Medici instaura la Signoria)
V-VIII: storia di Firenze e d’Italia dal 1434 al 1492 (morte del Magnifico)
Evita di trattare di Carlo VIII per ossequio ai Medici. Non è solo celebrazione cortigiana, spesso espone opinioni antimedicee in discorsi fittizi (topos della storiografia classica e umanistica). Condanna la politica fiorentina, ma è attaccato alla dimensione comunale cittadina.
Contro la tradizione storiografica umanistica: più politica interna che estera.
Narrazione storica impregnata di interessi politici contemporanei, interpretazioni tendenziose e forzature ai fini delle sue tesi. Guarda al passato per spiegare il presente. Opera eminentemente politica e letteraria (“opus oratorium maxime”, Cic.) Modelli classici, vigore narrativo e drammatico, ritratti di rilievo dei personaggi storici.
Visione d’insieme organica e coerente –verso la storiografia moderna.

Francesco Guicciardini
Vita: 1483-1540. Studi di giurisprudenza e carriera dell’avvocatura. Grande ambizione politica. Matrimonio –contro il volere dei genitori- con Maria Salviati, di una prestigiosa famiglia fiorentina. Carriere politica rapida e brillante. Ambasciatore presso il re di Spagna, molto giovane.
1513 rientra a Firenze (dopo il rientro dei Medici), relazioni politiche con la Signoria, al servizio di Leone X: governatore di Reggio e Parma (1517), commissario generale dell’esercito pontificio (1521), alleato di Carlo V contro la Francia.
1526 promotore –per conto di Clemente VII- della lega di Cognac (stati italiani e Francia contro lo strapotere di Carlo V), poi sconfitta –1527 sacco di Roma.
1527 nuova repubblica fiorentina, allontanato per i trascorsi medicei.
1531 rientro dei Medici. 1537 Cosimo I, tendente all’assolutismo, lo esclude. Si ritira nella villa di Arretri e dedica gli ultimi anni all’attività letteraria.

Storie fiorentine: dal tumulto di Ciompi (1378), storia recente. Indaga le cause degli eventi, mette in risalto i grandi protagonisti.

Discorsi politici: realismo disincantato, diverse forme di governo cittadino, trattate in maniera specialistica, e con riferimento alla situazione particolare di Firenze. Impostazione pragmatica.
Dialogo del reggimento di Firenze: teorizza un governo misto.
-Gonfaloniere a vita: equilibrio, interessi della classe alta, i “savi” (Aristocrazia)
-Consiglio Grande: partecipa anche il ceto medio, elegge i magistrati a rotazione con frequenza (Popolo)
-Senato (ispirato a quello romano): leggi e affari di maggiore importanza, cittadella aristocratica.
Repubblica meritocratica: pochi sono capaci di governare (pessimismo sulla gente gretta); forma repubblicana garante della “sovranità delle leggi” contro le pretese assolutistiche dell’aristocrazia.

Considerazioni intorno ai Discorsi di Machiavelli: 1528, dichiara i ragionamenti di Machiavelli infondati e arbitrari. Dissenso generale sui fondamenti della filosofia della storia. Anticlassicismo nella storia, che non ci può insegnare nulla. Non esistono leggi universali. Visione della realtà relativa e frammentaria. Storia costituita di eccezioni.

Ricordi: 1512-1530 ca. 221 massime e piccoli pensieri. Genesi del testo: da un nucleo con dimensione municipale, sviluppo quantitativo ed impostazione eminentemente speculativa, revisione linguistica e stilistica (in uniformità con Le prose della volgar lingua del Bembo). Testamento spirituale per i figli non destinato alla pubblicazione.
Visione del reale: non realtà utopica o edulcorata, ideali sì nobili ma inattuabili. Pessimismo scettico, amaro e disincantato, ironico e sdegnoso.
Religione: la fede (ostinazione) fa spesso la fortuna nel tempo. La fede (religiosa) “effemina gli animi”. Critica agli ecclesiastici per l’ipocrisia e la corruzione, richiamo alla semplicità del messaggio evangelico. Indifferenza e scetticismo per il trascendente.
Discrezione: non visione provvidenziale della storia –varietà infinita di eccezioni irripetibili, in perenne evoluzione. Principi universali non validi. Anticlassicismo storico: spiegare il presente con il passato: “far fare ad un asino il corso di un cavallo”. Realtà frammentaria, andamento sempre contingente e imprevedibile.
Particolare: la realtà è dominata dalla Fortuna, non libero arbitrio. Inattuabilità dei desideri e aspirazioni. E’ perseguibile solo il “particolare”, interesse proprio (non solo economico), ricerca del bene individuale.
Conoscenza: Non è possibile l’induzione, non si deducono leggi universali dall’osservazione della realtà, al limite suggerimenti: si ferma all’empirismo e alla descrizione.
Struttura formale: frantumazione del reale: frammentarietà dell’opera sul piano formale. Ciascuno pensiero nella sua autonomia assoluta, privo di vincoli logici e sintattici, compatto nella sua limitata estensione.

Storia d’Italia: 1540. dalla morte del Magnifico (1492) alla morte di Clemente VII (1534), attraverso discesa di Carlo VIII a la crisi italiana. Storia recente. Storia italiana nel quadro della grande politica europea. Non disegno provvidenziale, non regole universali, non condizionamenti esterni nella valutazione della Storia –autonomia della Storia da schemi aprioristici. Spazio al fenomeno illogico e incontrollabile. Ricerca della cause, procedimento analitico.
Stile: periodare ampio e articolato. Cura formale –aspirazione classica. Controllo dello sull’andamento mutevole e imprevedibile degli eventi –tradizione umanistica: idea della vittoria di cultura e letteratura su fortuna e storia.
“Ritratti” intimi e profonda introspezione dei personaggi; “orazioni” con opposte scelte politiche dei personaggi –soluzione classicheggiante. Grandi protagonisti della Storia, drammaticità della narrazione.
Impostazione annalistica (modello di Tacito), ma coesione dell’opera.

Esempio