Leopardi: vita ed opere con cronologia dettagliata delle opere

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Testo

LEOPARDI

Leopardi (1798-1837): nasce a Recanati, cittadina delle Marche (Stato della Chiesa-cultura arretrata rispetto alla Lombardia). Cultura classicistica, gessosa, che aveva trovato grande sostegno in Monti (Prosopopea di Pericle) e anche nelle numerose scoperte archeologiche. Egli nasce alla periferia della periferia. Primo figlio del Conte Monaldo e della Marchesa Adelaide Antici. Il padre aveva fatto delle speculazioni finanaziarie portando la famiglia quasi al fallimento. Dal 1803 la madre si occuperà delle finanze lasciando da parte i figli mentre il padre si occupava dei propri studi in biblioteca (retrograda culturalmente). Giacomo molto sensibile sentiva la mancanza del rapporto con i genitori. 1800 nsasce il secondo genito Carlo e poi Paolina. Altri 7 figli di cui solo l’ultimo sopravvive. I 3 figli maggiori furono affidati a un servitore→ educazione classicista. Giacomo a 10 anni scrive già poesie in latino e brevi trattazioni filosofiche. Nella biblioteca (1809-1816) 7 anni di studio “matto e disperatissimo” che daranno a Giacomo una gran cultura ma anche grossi danni fisici. Usa latino greco e ebraico. Prime prove di scrittura che lo portarono a scrivere tragedie, testi creativi nel campo della filologia, moralew e filosofia. Traduce Omero, Esiodo, Orazio, Virgilio e i poeti alexandrini. 1813: “Storia dell’astronomia”, 1815 “Saggio sopra gli errori popolari degli antichi”: il settore in cui egli si applicò con risultati eccellenti fu il campo della filologia, tanto che tali scritti furono apprezzati da filologi stranieri. Alla morte di Maurat (1815) scrive “Orazione agli italiani in occasione della liberazione del Piceno”: qui esprime posizioni reazionarie, e la stessa occasione aveva portato Manzoni alla stesura di “Il proclama di Rimini”(liberare l’Italia dagli invasori e formare uno stato unitario). Leo invece scrive x liberare il Piceno dal Maurat, contrariamente da Manzoni. 1816: si colloca la sua “conversione letteraria”→ conversione dall’erudizione al bello, se cioè fino a qs momento Leo aveva frequentato con passione la cultura classica, l’aveva fatto con spirito erudito, la spia era filologia con cui si accostava ai testi classici. Ora si accosterà ai classici con spirito poetico, consapevoli dei valori artistici dei testi che viene leggendo. I tentativi artistici acquistano da qui in poi risultati di rilievo. S’inizia a trovare delle posizioni tipiche di Leo: scrive l’idillio “Le rimembranze” e un frammento “L’apprezzamento della morte”. 1817: prende il via la corrispondeza con Pietro Giordani (redattore della Biblioteca Italiana). Leo fu un classicista italiano, ma nn un classicismo chiuso, tanto che grazie all’epistolario cambia molte idee. In campo politico aveva scritto x il Piceno con posizioni reazionarie. Nel 1818 scrive una canzone all’Italia dove si nota la sensibilizzazione di Leo verso i problemi nazionale (unficazione). Con l’amicizia del Giordani farà delle conquiste molto utili sottoil profilo della fiducia nei propri mezzi. Rompe con le posizioni reazionarie della famiglia. 1818: “discorsi di un italiano intorno alla poesia romantica” + canzoni civili “All’Italia” e “Sopra il monumento di Dante”. Giordani va a Recanati x conoscere Leo, che ormai si rende conto del distacco che ha con la famiglia. 1819: tenta la fuga ma viene visto dal padre ed entra in crisi. Viene colpito da una malattia agli occhi che gli impedisce di studiare x 6 mesi. La sua salute labile condizionerà la sua vita successiva. 1819-22 tensione con la famigli che lo vorrebbe avviare alla carriera ecclesiastica.Inizia una serie di appunti, raccolti dopo la morte col nome di “Zibaldone”. 1819: “Conversione filosofica”. Dal bello al vero. Lascia il cattolicesimo bigotto e retrogrado. Periodo molto fecondo x la letteratura. Canzone civile “Alla sorella Paolina” e “A un giocatore di pallone”. Idilli. Canzoni del suicidio. 1822: lascia Recanati x roma, ospite degli zii materni. Il viaggio è accompagnato da una grande speranza (entrare a contatto con un mondo fervido d’energia). Grossa delusione. Roma nn gli piace, i letterai gli appaiono provinciali, interessati dall’archelogiche. Visitando la tomba del Tasso vi si immedesima, in quanto fu un poeta nn capito e sofferente, ed è l’unico fatto che lo interessa. Incontraa un filologo prussiano, il Niebhur, che già aveva apprezzato i lavori filologici del giovane Leo. 1823: dopo 5 mesi di soggiorno a Roma c’è il ritorno a Recanati. Ritorno alla filosofia. Inizia le “Operette Morali” (1824). Prende posizioni contro l’ottimismo del suo tempo. 1825: lascia Recanati x Milano. Accetta l’offerta di lavoro dell’editore Stella, legato alla pubblicazione di classici. “Commento al Canzoniere di Petrarca”. Il clima di Milano non è confacente x la sua salute. Va a Bologna e, anke, se nn agiatamente vive tra Mi a Bo. Pubblica alcune delle “Operette Morali” sulla “Antologia” (fondata dal Viesseaux, si pose come moderata in cui si cercava di equilibrare le posizioni romantiche e classiciste). 1827: pubblica l’opera intera delle “Operette Morali”. Inverno: sempre + sofferente, mal tollera il clima nebbioso di bologna, va a Pisa, chelo incanta x il clima e x il benvenuto. Grazie a qs nuova situazione fisica si riapre alla poesia. 1828: “Risorgimento”→che sta ad apertura dei “Canti”. Non disponenedo di molte risorse economiche e venendo meno l’assegno dell’Editore Stella, ritorna a Recanati. Qui x 16 mesi si ritrova in depresione, ma dal 1828-30 nascono alcuni dei suoi canti + alti. Qs poesia è coretto definirla “Canti”. Periodo forse drammatico x quanto riguarda la sua condizione psicologica, ma proficuo x quanto riguarda la produzione letteraria. Quando si trova a Recanati viene a sapere di non essere riuscito a vincere quel premio (1000 scudi) che l’Accademia della Crusca conferiva alla migliore opera (“Operette Morali”). 1830: degli amici fiorentini gli danno dei soldi per lasciare Recanati e andare a vivere a Firenze. Qui si ega a gruppi di intellettuali. Conosce il De Sinner (filosofo svizzero) al quale nel 1832 invierà una lettera molto lunga xdescrivere la genesi della letteratura e del pessimismo leopardiani. Conosce Fanny Targioni Tozzetti, una donna fiorentina, x la quale tra il 32 e il 35 scrive canzoni, originali e alte, proprie del “Ciclo di Aspasia” (soprannome della donna, e nome classico della donna che visse accanto a Pericle, sua musa ispiratrice). Il suo è un amore infelice, non ricambiato. 1831: conosce a Firenze Antonio Ranieri, esule di Napoli dopo i moti del 31. Grande amico, tanto che nel 31 Leo era andato a vivere nella sa del Ranieri. 1833: si trasferisce a Napoli col Ranieri. Le sue condizioni di salute peggiorano. I “Paralipomeni della Batracomiomachia (aggiunte intorno alla battaglia dei topi e delle rane)”. Vuole raccogliere tutte le sue opere in 5 libri, ma a Napoli viene censurato (xkè era ateo e contro la politica). Fallisce anke la pubblicazione a Parigi da parte del De Sinner. Le opere furono pubblicae dopo la mostra di Leo da Ranieri a Firenze. Tra il 36 e il 37 Ranieri, la sorella Paolina e Leo vissero a Napoli, componendo “La Ginestra” e “Il tramonto della luna”. In tutta la sua vita scrisse + di 900 lettere.
POETICA: 1816: “Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana in risposta a quella della Baronesa De Stael, in cui espone a caldo le reazioni alle novità del Romanticismo. 1818: “Discorso di un italiano intorno alla poesia Romantica: qui si trova la definizione della poetica di Leo nella sua fase iniziale. Dichiara di condividere le critiche che i romantici portano contro la letteratura classica: uso indiscriminato della mitologia, si oppone al principio d’imitazione e della poetica d’Aristotele. Qs polemica era già stata avviata xò Leo nn condivide le parti costruttive della poesia romantica: condivide le critiche ma nn le parti costruttive, poikè nn accetta gli aspetti realistici né patetici. In realtà qs lo interessa profondamente ed è il punto di contatto tra il Romanticismo e Leo. Il patetico xò nn è uan scoperta romantica xkè già c’era in Omero, Virg e Petrarca. I romantici guardano il patetico classico con la mancanza di misura e pudore. Egli non critica il Romantacismo sulla base di una nuova concezione della poesia, ma si richiama a Giambattista Vico: la poesia è un fatto di natura, appartiene ai sensi, alla fantasia, all’istinto alla ragione. La poesia è frutto dell’età primitive e barbariche, nn di quella moderna dominata dalla ragione. Essendo Omero vicino all’età primitiva fa una poesia + naturale. In qs fase Leo è convinto che una tale poesia possa sussistere poikè il poeta deve accostarsi ad essa senza spirito critico. Leo si rifà agli antiki xò cerca come loro di accostarsi alla poesia senza regole stilistiche e con lo stato proprio di un fanciullo. Qui Leo è giovane e animato da una grande forza e ritiene di dover partecipare in prima persona a quei fatti universale che stanno cambiando la cultura italiana. Rifiuta il richiudersi di molti dotti x cercare di comprendere il rinnovamento culturale. La natura che ci viene proposta è colei che ispira i sentimenti, azioni eroiche senza artefatti. L’età primitiva nn è soltanto + propizia per la poesia, ma anke x i gesti audaci, alle azioni generose; proprio tramite la natura si affermano grandi personalità. Leo ritiene che l’età mederna nn possa essere creatrice di fantasia xkè la ragione la schiaccia. L’età moderna apre poi la via ad un modo meschino e calcolatore di ragionare: è un mondo in cui la personalità dell’uomo viene distorta. 1819: anno cruciale x Leo. Malattia agli occhi e x 6 mesi nn può né leggere né scrivere. Morte: sul piano fisico nn è un male, l’uomo non la deve temere. Sul lato affettivo invece è dolorosa, xkè produce una lacerazione tra i vivi e i loro affetti. Afferma di aver sperimentato su di sé il passaggio tra l’età giovanile, a quello moderno, in cui la ragione impedisce ogni slancio fantastico. La sua condizione fisica è molto grave e lo porta e lo porta a riflettere su qs argomenti. “Lettera al De Sinner”: nn cerca uno sbocco religioso x trovare pace alle sue condizioni di salute. Nega il rapporto tra la malattia e le sue cognizioni filosofiche. Anke se l’uomo riesce ad allontanare da sé il traguardo della morte, non può evitarlo.
PESSIMISMO: in qs prima fase Leo si ispiraa Rousseau. I fondamenti culturali di Leo derivano dai filosofi antiki e dal pensiero 700esco, che egli conobbe all’inizio, non tanto attingendo dai vari autori, ma attraverso la circolazione di idee (Biblioteca del padre Monaldo). La DE Stael è stata la mediatrice tra Leo e Rousseau, anche se probably non venne letto, ma conosciuto solo attraverso gli scritti della Baronessa. Studiò come scrittori Locke, Montesquieu, il De Tracy e gli Ideologi francesi dei primi 10enni dell’800, rifacendosi alla poetica del sensismo, scienziati e naturalisti; il Barone d’Holback accrebbe il suo materialismo. L’educazione di Leo fu indirizzata alla filologia e alla morale. Tradusse dal greco Epicteto, che lo influenzò sul tema dell’imperturbabilità del saggio e la lontananza dalle passioni. Lesse tardi Lucrezio. Modelli di comportamento da Alfieri e dall’Ortis di Foscolo. La natura viene considerata come colei che ha creato gli uomini felici, ma la ragione (società, consuetudini sociali, civiltà) distrugge ciò che ha creato, rendendo gli uomini infelici. La scienza toglie all’uomo la gioia del fantasticare, mostrando i nitidi contorni del vero. Qs fase(I) viene definita di Pessimismo Storico (1818-1821-22), in quanto Leo lega l’infelicità umana alla conoscenza, alla ragione che toglie i veli tra l’uomo e la natura. Nella II fase che può considerarsi finita nel 1824-25 (Fase Psicologico- Sensistica): qui arriva a delle conclusioni teoriche opposte. Sulla felicità elabora una “teoria del piacere”, che diviene il cardine del suo pensiero, imbevuta di filosofia sensistica: l’amor proprio porta l’individuo a cercare il piacere infinito in intensità ed estensione, ma qs tensione è una ricerca destinata a nn essere mai pienamnete soddisfatta, e l’uomo continua a sentire in sé l’assillo (infelicità) x il suo fallimento. Anke quando l’uomo nn soffre fisicamente ha dentro di sé la sofferenza x il nn appagamento. Fase + dolorosa della precedente xkè scopre che l’infelicità ha riguardato gli uomini anke nell’antikità. Saffo, poetessa greca, apparse tanto inflice tanto quanto ora appare ilnfelice l’uomo moderno, al quale (I Fase) la conoscenza ha reso infelice la vita, svelando il vero della realtà. In Teofratso e Epicuro trova la consapevolezza che l’ìinfelicità nn è un dato occasionale ma necessario nella vita umana. La religione svaluta la vita attuale. Nel 1824 avviene il terzo cambiamento nella concezione pessimistica leopardiana. Tra le “Operette Morali” alcune trattano ancora il tema del piacee e l’infelicità derivante dalla tensione al piacere infinito. Leopardi entra così nella fase di Pessimismo Cosmico (III). L’autore aveva già ridefinito nella fase sensista, il concetto di natura. La natura benevole crea le illusioni per difendere l’uomo dal dolore vero. Adesso la natura è colpevole invece di infondere nell’uomo il bisogno di felicità senza dare però il modo di soddisfarlo. La natura ha solo lo scopo di preservare la specie, jon ha attenzione verso il desiderio di piacere proprio dell’uomo. Il progresso è sempre opposto alla natura ma adesso non è + considrato negativamente: esso ha fatto scoprire la verità sulla consizione umana, nn recuperando la felicità ma almeno dignità. Leo esalta quindi il razionalismo e condanna tutte le epoche, in cui con la religione si è cercato di consolare l’uomo. La civiltà ha sottratto ha sottratto l’uomo alle illusioni, ma le ha anke reso + egoista, + fragile: ogni momento della vita è diventato artificioso. Vi è una lotta di tutti contro tutti x l’affermazione individuale. Il pessimismo leopardiano viene incentivato dal diffondersi del pessimismo antico che distrugge l’idea di un mondo classico tutto illusioni e poesia. Leopardi approda ad una saggezza distaccata, rinuncia alla poesia ed espone le sue conclusioni nelle “Operette Morali” in prosa con l’uso del sarcasmo. In un’operetta del 1827 (“Il dialogo di Plotino e Porfirio”) Leo tratta del suicidio, ma qs non è + visto come un gesto legittimo poikè il suicidio porta dolore nei sopravvissuti. Lo sforrzo degli esseri umani deve esere volto al soccorso vicendevole. Sul sentimento di fraternità si può elaborare una nuova morale: bene è ciò che giova, male il resto. Il vero coincide con il riconoscere il male della condizione umana ed il deninciare qs consapevolezza è un dovere morale. Sulla coscienza del vero deve basarsi un nuovo modo di vivere. L’unico nemico è la natura e gli uomini devono associarsi x combatterla. La riflessione filosofica influenza le scelte poetiche dello scrittore. Il sentimentalismo prevede l’uso della razionalità ed è una sorta di filosofia. La poesia deve garantire la possibilità d’illudersi. Il classicismo leopardiano è diverso da quello 800esco, è infatti + spontaneo e + naturale. Leo si distacca xò dai romantici proponendo una diversa funzione della poesia, una funzione sociale. Dall’illumisnimo e dal Vico i nodo particolare recupera le tre fasi dell’evoluzione civile dei popoli e dellamaturazione personale degli individui. La poesia è l’espressione del lato infantile del singolo e primitivo della società. Leo ha punti di conatti col Romanticismo europeo nella tensione fra uomo e natura e nella scissione tra mondo e Io, temi come l’angoscia, l’infinito, il mistico.
Se l’infelicità è un dato di natura, vane sono la protesta e la lotta, e nn resta che la contemplazione lucida e disperata della verità. Suo ideale non è + l’eroe antico, teso a generose imprese, ma il saggio antico, soprattutto quello stoico, la cui caratteristica è l’atarassia, il distacco imperturbabile della vita.
CANTI: titolo dell’insieme di testi poetici per un totale di 41 componimenti di varia lunghezza ad eccezione del poemetto I Paralipomeni ( dai 13 ai 317 versi composti tra il 16-37 ) Il criterio di raccolta non è unico, prevale un andamento di tipo cronologico: sono il risultato di varie esigenze e di diverse intenzioni. Nella struttura i componimenti si intrecciano convergendo, ma è legittimo valorizzare l’autonomia e la consapevolezza di ogni singolo componimento. Canti titolo inedito che si dividono in due sottogruppi: le Canzoni e gli Idilli. Il titolo suggerisce una sonorità e una lettura molteplice, sfogo lirico soggettivo, ma anke espressione segnata dalla mutevolità della voce, delle parole pronunciate, “cantate”, dal poeta.
Si possono distinguere 3 fasi:
1. quella che vdede nascere le canzoni civili e gli idilli ( fino al 1822)
2. quella dei Canti Pisano-Recanatesi fra il 1828-1830
3. quella in cui si manifesta la nuova poesia, la nuova poetica: Ciclo di Aspasia, Le Poesie Sepolcrali, la poesia impegnata. (fase del vero)
La prima fase inizia intorno al 16-18: in realtà tale produzione (16-19) contempla argomenti quasi immediatamente interrotti, nonostante la presenza di un linguaggio classicistico. (produzione romantica nelle tematiche e classica nel linguaggio). Nelle Canzoni civili (18-22) tenta una poesia impegnata, patriotta, civile, ma con un impianto decisamente classicistico→ linguaggio aulico, sublime e denso della tradizione. Negli Idilli sperimenta una poesia lirica di tipo sentimentale, con una selezione linguistica + intima e con forme metriche + personali. In entrambe appare la tendenza alla riflessione filosofica e al sistematicismo (concettualizzazione sistematica). Esprime un contenuto soggettivo ma con sfondo e sfumature oggettive.
INFINITO: è tra i + noti. Composto nel 1819, si trovano riferimenti alla realtà materiale, alle sensazioni, a sentimenti, a riflessioni. La siepe (materiale) impedisce la vista di ciò che sta al di là di essa, e mette in moto l’immaginazione, un processi fantasioso che permette di fantasticare. Un rumore prodotto dalle foglie è confrontato con l’immagine d’infinito evocata dal poeta, chiamando in causa il limite dell’eternità. L’abbandono alle sensazioni coincide con un raggiungimento di un piacere indefinito. Il poetico scaturisce dall’indefinito e dalla memoria, legati alla vista e all’udito da cui scaturiscono queste sensazioni. Posto in XII posizione all’interno dei Canti, il testo è costituito da 15 endecasillabi sciolti, iversi hanno simmetria tra ritmo metrico e andamento sintattico. La figura metrica dominante è l’enjambment. E’ forte laddove unisce: “indeterminati → spazi”; “sovrumani→ silenzi”. Rappresentano la tensione con cui il discorso è proteso veerso uno sviluppo ulteriore. Alla frammentazione si contrappongono il primo e l’ultimo verso, riuscendo a rinchiudere la sua esperienza conoscitiva dentro solidi confini formali. Il primo dà normalità, l’ultimo lo smarrimento dei sensi e della mente quale meta di un improvviso appagamento. Stilisticamente i polisindeti ai vv 11 e 13 e l’uso di “questo “ e ”quello”: questo→presenza oggettiva e concreta degli oggetti; quello→ dato lontano, assente, immaginario.
Il componimento è costruito sul rapporto esperienza (colle, vista sulla siepe, il vento tra le foglie, tutti eventi quotidiani) e riflessione (nn coincidenza fra il dato sensoriale e la reazione immaginativa); la siepe, che accende la vista interiore del poeta e il bisogno di superare tale limite danno origine ad un allargamento ulteriore, che diviene “infinito temporale”, eterno, con il tentativo di superare il suono del vento tra le foglie. E’ un’esperienza appagante. Non c’è confusione tra piano sensoriale e piano immaginativo. Allo Zibaldone sono affidate riflessioni su ciò che è in grado di accendere l’immaginazione; tali pensieri (reazioni emotive e riflessoni razionali) si sviluppano a partire da dati sensoriali ben precisi (vista, udito), che sn considerati elementi concreti, così come lo sono le reazioni emotive. Leopardi da un lato si oppone alla spiritualizzazione romantica della poesia e dall’altro si ricollega alla riflessione europea (vedi Schiller, che aveva distinto una “poesia ingenua”, quella degli antiki, in cui il rapporto natura/interiorità era diretto a una “poesia sentimentale” incui è possibile stabilire un nesso tra realtà interiore ed esteroiore attraverso la ragione) oper quanto riguarda il rapporto natura/uomo. L’ “infinito” è poesia sentimentale, una lirica che rappresenta una difficoltà tra l’io e il mondo esterno, probematica ancora molto attuale. L’infinito si offre come alternativa al nichilismo e allo spiritualismo in quanto soluzione al limite che si pone di fronte all’uomo.
L’”Infinito” è un idillio, “piccola visione” del paesaggio naturale, genere che trascriveva in un modo diretto il rapporto pacifico e sereno che il mondo antiko aveva con la realtà esterna (ad es negli idilli di Teocrito); in letteratura italiana sta ad indicare componimenti rusticano composti tra il 1400 eil 1500 (Lorenzo il Magnifico). Il termine recuperato da Leo, cambia di significato ed indica non + un oaesaggio oggettivamente astratto neklle sue linee, ma un paesaggio che ingloba la problematica esistenziale. Leo compone idilli tra il 1819 e il 1822 contemporaneamente alle “Canzoni civili”, composizioni tendenzialmente oggettive. Leo insersce tra i piccoli idilli anke il “Passero Solitario”, che fu in realtà composto + tardi. Il linguaggio è comune, piano, dal tono classicizzante, ma volto alla ricera del termine “vago e pellegrino”, che aggiunge poeticità al componimento con la sua rarità (“ermo”, nell’Infinito); anke lo stile si avvicina a quell odi un colloquio intimo, privo di metafore; utilizza il verso sciolto endecasillabo, che bene si adatta al suo scopo. Leo inserisce “Il passero solitario” tra i piccolo idilli, sebbene lo componga nel 1830 x 2 motivi:
- il suo progetto era già nato tra il 1819 e il 1822
- la tematica si avvicina a quella dei piccoli idilli
“Alla Luna”; “Il Sogno”: non si conosce la data precisa (probably tra 1820-21); Leo immagimna l’incontro con una donna un tempo amata e adesso morta; “La Vita solitaria”: è quello che + si avvicina all’idillio sdi età romantica e pre-romantica; vede il poeta immerso nella natura.
LA SERA DEL DI’ DI FESTA: partendo ancora una volta da sensazioni fisiche (visive ed uditive) il poeta indsaga la vanità delle cose e il tema del “ubi sunt”, “dove sono”, ovvero l’analisi di cose una volta possedute ma ormai perse. E’ presente anche il tema erotico, il tema amoroso di origine pre-romantica (Goethe) rielaborato con un filtro classicisa.
I primi versi sn creati su un modello di alcuni versi del libro VII dell’Iliade→ come affermato nello Zibaldone, emozione derivata dal ricordo, dall’allusione ad altri testi poetici. Forte è il riferiment uomo/natura; l’uomo matura sa che vi è altro oltre l’apparenza ( “questo ciel, che sì benigno appare in vista”): la natura nn è partecipe alla condizione del poeta, ma è indifferente; tuttavia il discorso è individuale, nn universale.

La stagione poetica + feconda di Leo inizia nel 1818 con e 2 “Canzoni civili” “All’Italia” e “Sopra il monumento didante”: Entrambe hannop al centroil tema della decademnza italiana e il confronto con le antike civiltà. Leo fa corrispondere la crisi storica alla sua crisi esistenziale→ l’io lirico si propone come un eroe dipsosto al sacrificio massimo x il riscatto. Nel 1820 scrive “Ad Angelo Mai”, ispirato al ritrovamento di alcune parti del “De Republica” di Cic, tramandato nei secoli solo x una sua parte, il “Somnium Scipionis”; Mai trovò un palinsesto all’opera della biblioteca Vaticana. La canzone presenta il contasto tra grandezza deglui antiki e degenerazione dei contemporanei: vengono celebrati Dante, Petrarca, Bristoforo Colombo, Ariosto, Tasso e Alfieri nella seconda parte della canzone→ emerge il tediop dell’età moderna (siamo nella fase del pessimismo storico). Nelle 3 canzoni si propone un lingaggio capace di unire antikità e modernità, situazione reale e attuale (linguaggio dell’arido vero) e situazione ideale e antica ( linguaggio del caro immaginare). Il tema civile è affrontato anke “Nelle nozze della sorella Paolina” e ne “Un vincitore nel pallone”, composte nel 1822; nella priamtrae spunto da un progetto di nozze della sorella, la seconda è dedicata a un campione di calcio recanatese. Ne “Nelle nozze…..” Leo invita ad educare i figli senza tener conto della degradazione dei valori presenti, ne “Un vincitore nel pallone” descrive l’importanza della forza fisica e della vitalità x la felicità. Scrive quindi “Alla primavera” in cui esalta la funzione dell’immaginazione, e sottolinea il doloroso distaccoi dell’uomo moderno dalla natura. Segue l’ “Inno ai patriarchi”, in cui trova spazio la felicità dell’uomo immerso pacificamente nella natura→ trae spunto da Rousseau dai testi sacri. Nel 1822 compne le 2 “Canzoni del suicidio” sintesi della rottura dell’intimo rapporto uomo/natura. Bruto Minore e Saffo sn i due protagonisti che scelgono la morte perkè incapaci di sostenere tale rottura dolorosa tra uomo e natura. (Bruto fu sconfitto nel 43 a.C. da Ottaviano a Filippi) Nel “Bruto Minore” troviamo un’apostasia dei suoi ideali infranti di fronte a un cielo di dei insensibili e indifferenti alla sofferenza dell’uomo. Il pritagonista si rende consapevole dell’inutilità della memoria e sceglie la morte. La scissione uomo natura ritorna anke nell’ ”Ultimo canto di Saffo”, poetessa gercca del VI secolo a.C., donna sensibile ma brutta, in contrasto ancora una volta con la bellezza della natura. “L’ultimo canto di Saffo” è particolarmente importante xkè x la prima volta ci viene presentata la Saffo donna, nel suo aspetto umana e nn nelle sue doti poetiche (come ad es nell’ode “All’amica risana” di Foscolo. Leo si identifica molto in Saffo: entrambi sensibile, nobili, tenei, dolci e passionali, ma brutti. Il contrasto fra mondo e soggetto, l’indifferenza degli dei al destino umano, la mancanza di armonia fra interiorità fanno sì di annullare il tema civile, sostituito da tali tematiche ardue al punto di rikiedere una forma espressiva difficile e complessa, che corrisponde alla progressiva macanza di fiducia della capacità comunicativa del canto poetico. La canzone, eccetto un’altra compsizione è seguita da un silenzio poetica di circa 2 anni.
ZIBALDONE: il titolo allude alla presenza di riflessioni e pensieri, appunti, collocati in modo disordinato. Leopardi iniziò a depositare le proprie riflessioni in un quaderno a partire dal 1817; poi continuerà fino al 1832, seppur in modo regolare (scrive nel 1821 + di 1800 pag, molte nel 1823, mentre scrive pochissimo tra il 1830 e il 1832).Tali riflessioni rmasero al’amico Ranieri, che lo ospitò fino alla morte (1837). L’opera fu finalmene pubblicata fra il 1898 e il 1900 ad opera del Carducci. Lo Zibaldone è una sorta di diario intellettuale nn destinato alla pubblicazione e presenta anke passi strettamente autobiografici, accanto a discussioni, pensieri di carattere tecnico filologico e tecnico-linguistico e riflessioni filosofiche. Gli appunti gli servivano x raccogliere materiale x future opere, ma anke x fissare i punti della propria riflessione filosofica con i risultati progressivi via via raggiunti. La scrittura dello Zibaldone è diverda da ogni altra prosa leopardiana: si colloca nella dimensione del non-finito, che riguarda sia le microstrutture (ad es a presenza di abbreviazioni) sia le macrostrutture ( la disposizone disorganica e mescolata degli appunti).

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