La manifattura di Cuorgnè

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Testo

La Manifattura di Cuorgnè.
Per tante persone ormai solo più un ricordo, il ricordo di una giovinezza trascorsa accanto ad un banco di lavoro a sorvegliare chilometri e chilometri di anonimo filo bianco pettinato, filato, ritorto…
Per altri, i più giovani, un mastodontico edificio dalle occhiaia vuote, muto ricordo di tempi ormai irrimediabilmente trascorsi dei quali gli anziani favoleggiano di una fabbrica onnipotente, in grado di influenzare la vita di tutte le comunità circostanti,
Per altri ancora, politici e professionisti, un problema spinoso da risolvere: cosa fare di questi grandiosi edifici, di queste vastissime aree un tempo alla periferia del borgo ed oggi ormai parte integrante del nucleo urbano; quale funzione economica o sociale, possa oggi essere compatibile con queste strutture edilizie in un periodo come l’attuale di netta recessione economica.

L’inizio di una grande epoca
Nel 1700 e soprattutto nel 1800 si diffuse la tessitura del cotone che diede l’avvio all’industrializzazione del Canevese.
Il 27 febbraio del 1872, dopo la fondazione della società anonima,il Consiglio comunale di Cuorgnè si riunì ed approvò il progetto di costruire un impianto di cotonificio avanzato, la Manifattura.
Il luogo prescelto per la costruzione di tale impianto è il terreno alluvionale parallelo al fiume Orco.
Domenico Tealdi progetta la costruzione di questo impianto costituito da quattro piani, che già nel 1973 cominciava l’attività nello stabilimento che era denominato “primo impianto”, terminata nel 1874.
Il progetto comprendeva essenzialmente il corpo di fabbrica parallelo alla strada con un reparto di filatura, cinque navate per il battitore e una coppia di turbine.
Visti i buoni risultati ottenuti con il primo impianto, si progettò la costruzione del secondo impianto nel 1875-1877, anch’esso di quattro piani, condotta dall’ingegnere tedesco Mauke nel 1875 che diede lavoro a milleottocento persone. In questo nuovo impianto si aggiungono un secondo reparto di filatura, altre tre navate per il battitore, la macchina a vapore e le caldaie.

In pochi anni la Manifattura divenne il maggior complesso piemontese per la lavorazione del cotone e uno dei più importanti impianti d’Italia, si decise così di costruire un nuovo stabilimento con reparti di filatura e ritorcitura.
Così nel 1881 usufruendo di un piccolo edificio che era adibito a fucina fu costruita una nuova sede a Campore; esso era uno stabilimento minore, anch’esso adibito a filatura.

La sede staccata di Campore alla fine del ‘800.; la vicina centrale elettrica non era ancora stata costruita.
Tra il 1906 e il 1948 si costruì un borgo per ospitare gli operai della fabbrica: “Il Borgo Manifattura” che era situato tra la stazione e l’opificio. Inoltre si decise di costruire un locale mensa e uno spazio aziendale dove gli operai potevano trovare beni di prima necessità a prezzo ribassato. Le ragazze invece venivano ospitate in un convitto gestito dalle suore e per i bambini degli operai venne costruito un asilo.
Nei primi due decenni del secolo attuale si effettuarono aggiunte e ampliamenti sia all’opificio di Cuorgnè che a quello di Campore, infatti il complesso rimase praticamente immutato fino al 1900 e l’edificio originario non subì modificazioni planimetriche ma fu solo sopraelevato in alcuni punti.
Fu invece ampliata l’area dello stabilimento dove vennero costruiti nuovi edifici tra i quali iniziava a comparire il terzo impianto.
Il terzo impianto. A sinistra erano collocati i battitoi, a destra al piano terreno si trovava la ritorcitura, al primo piano la carderia e al secondo la filatura.

Inizia la crisi
Durante la prima guerra mondiale la Manifattura dovette affrontare due grossi problemi: la sovrapproduzione e la diminuzione degli operai.
Alla fine della guerra nonostante le numerose difficoltà la Manifattura riesce ad andare avanti e superare tutti i problemi.
Nel 1919 inizia però un lungo periodo di crisi dovuto alla concorrenza americana che grava sempre più sui bilanci della fabbrica. Gli anni seguenti furono alternamente anni di crisi e anni di ripresa. Un primo aspetto negativo si ha con la chiusura dello stabilimento di Campore.
Nel 1939 quando scoppiò la seconda guerra mondiale la Manifattura stava vivendo un periodo di benessere e fu completata la costruzione del terzo impianto costituito da diversi grandi edifici nell’area dell’ impianto primario, nel quale veniva installato un nuovo macchinario e aveva una filatura autonoma. Con questo dopo guerra cominciano ad aversi i primi effetti negativi: il numero degli operai continuava a scendere.
In questo periodo le crisi nel settore sono frequenti e nel 1962 si chiudono il primo e il secondo impianto.
Nel 1973 i magazzini a livello dei binari vengono abbattuti e vengono spostai nei locali seminterrati del terzo e del quarto impianto e la vecchia officina sita nell’impianto originario viene anch’essa abbattuta.
Nel 1989 la fabbrica cambia proprietà e il 10 giugno del 1992 viene dichiarato il fallimento.
Il recupero della Manifattura
Negli anni seguenti lo stabilimento fu più volte ristrutturato e ampliato con interventi che non hanno però mutato la riconoscibilità dell’impianto originario.
L’area in cui insiste lo stabilimento è circondata da una strada e da un muro di cinta nel quale sono situati diversi ingressi. L’ingresso principale è situato sulla statale Torino-Pont dove per mezzo di una rampa si giunge all’ingresso del primo stabilimento.
Esso è composto da tre distinti corpi di fabbrica uniti fra loro, i due laterali erano adibiti alla filatura, quello centrale alla battitura del cotone. Oltre a questi tre edifici, nell’ area sono anche presenti la tettoia dove si depositava il cotone greggio e un’altra tettoia dove erano contenute la merci da scaricare.
Il primo impianto è costituito da cinque piani per un totale di 130 metri di lunghezza e 23 metri da altezza.
Le caratteristiche architettoniche prettamente industriali ci sono conferite dalle numerose e grandi finestre, dalle lesene e dalle torrette che abbelliscono l’ edificio e dai frontoni con tetti di minima inclinazione e dai terrazzi. La contrapposizione poi dei due esili ed alti camini industriali in mattoni,con il massiccio volume dell’edificio di colore grigio, sottolinea ancora maggiormente il carattere industriale dell’edificio.
Esso è attualmente in via di recupero, l’ultimo piano dello stabilimento è adibito a un centro conferenze: le colonnine in ghisa che servivano per sostenere le volte in cemento e il sistema di trasmissione meccanica che sono state tolte dalla parte centrale sono state inserite in quest’ultimo piano.
L’attuale stato della Manifattura rappresenta un modello di archeologia industriale: lungo i corridoi sono ancora presenti le colonnine in ghisa e le scale in pietra, ormai consumate, sono ancora quelle originali. Anche il terreno attorno allo stabilimento è proprietà del comune che lo utilizzerà per ospitare mercati e fiere.
Oggi la Manifattura è stata in parte restaurata; all’interno sono state recuperate molte sale, oggi usate dal comune e dalla pro–loco per promuovere iniziative, organizzare mostre o addirittura feste per giovani.
Al secondo piano è presente un centro culturale C.E.S.M.A. e altre attività: lo stabilimento è infatti in parte adibito ad uffici per la società.
Inoltre vengono anche svolti numerosi corsi di formazione.
La struttura esterna è stata rimbiancata, sono state sostituite porte e finestre; oggi la Manifattura viene sempre illuminata la sera, in modo tale che, anche la gente di passaggio veda il vero gioiello di Cuorgnè, quello che ha reso il nostro paese importante in tutt’Italia dagli ultimi anni dell’ottocento fino agli anni settanta.
FOTO MANIFATTURA ATTUALE

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