La crisi del ‘300: aspetti economici, sociali e sanitari.

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Testo

La crisi del ‘300: aspetti economici, sociali e sanitari.
Dopo la lunga fase di crescita demografica ed economica avviatasi alla fine del 900 d.C. grazie alle innovazioni agricole, alla maggior produttività, alla ripresa dei commerci e dell’economia, nel ‘300 questa fase toccò il suo culmine. Esisteva infatti un precario equilibrio tra popolazione e risorse poiché l’uomo, sfruttando al massimo l’ambiente, prosciugando, dissodando le terre, disboscando, aveva portato ad una riduzione delle risorse preesistenti, e anche le innovazioni tecniche e agronomiche e i rendimenti della terra avevano toccato i loro limiti massimi. A causa di questo equilibri tra uomo e ambiente incrinato già negli ultimi decenni del XIII secolo, sarebbero bastate condizioni climatiche avverse, come effettivamente avvenne a partire dal 1314, per spezzare definitivamente questa fragile stabilità preesistente e per creare un circolo virtuoso di effetti negativi che si protrarranno nel nuovo secolo. A causa di peggioramenti climatici, come freddo ed eccesso di piovosità nella stagione autunnale, colpirono l’Europa due cicli di carestia: il primo, dal 1314 al 1316, interessò l’area nord-occidentale d‘Europa, il secondo invece, dal 1339 al 1347, colpì sia le regioni continentali che quelle mediterranee. Queste carestie produssero un fortissimo aumento della mortalità, per questo i lavoratori (contadini e salariati) ancora vivi cercarono di migliorare la loro condizione chiedendo un aumento dei rispettivi redditi: ciò si contrapponeva però al volere dei proprietari terrieri e delle arti, che esercitarono pressioni insostenibili sui lavoratori e diminuirono la domanda di beni manifatturieri mettendo in crisi i mercati europei. La crisi generale colpì anche le compagnie bancarie che finanziavano i commerci; particolarmente importante fu il fallimento dei più grandi banchieri d’Europa, i Bardi e i Peruzzi: fenomeno che inciderà sulla vita di Boccaccio il cui padre era un banchiere di quella compagnia. Anche se gli studiosi negano il possibile legame tra le carestie e le infezioni ed epidemie che scoppiarono in quel periodo, nel 1347 comparve la peste in Europa, la quale causò un’epidemia su scala continentale che provocò una crisi demografica. La peste (o “morte nera”) si verificò come un fenomeno sconosciuto agli occhi della popolazione che, a sua volta, la interpretò come un’inesorabile punizione divina. Iniziarono così a verificarsi delle manifestazioni religiose al fine di ricevere la misericordia di Dio, come lunghe processioni di fedeli per le città (che provocarono solo il formarsi di nuovi focolai di peste), o la ricerca di capri espiatori colpevoli di aver suscitato l’ira divina (numerose, per es., furono i massacri fra le comunità ebraiche), o ancora manifestazioni di fanatici religiosi come quelle dei flagellanti, ovvero gruppi di uomini che vagavano per le città della Germania e dell‘Umbria, flagellando pubblicamente il loro corpo allo scopo di allontanare dal mondo l’ira divina. Per tutto il secolo continuò a ricomparire periodicamente la peste, annullando perciò ogni recupero che poteva verificarsi nei periodi intermezzi. A causa della mancanza di forza lavoro i campi divennero meno produttivi, i prezzi subirono forti oscillazioni periodiche e quello dei cereali si ridusse al minimo, la popolazione iniziò ad abbandonare le città e a trasferirsi nelle campagne, molti villaggi scomparvero e le terre divennero incolte e brulle. Un lieve miglioramento fu quello prodotto dalla scelta di allevare bovini e produrre derivati del latte, la coltivazione di piante tessili o ad uso industriale, l’allevamento allo stato brado che riduceva il bisogno di manodopera e si addiceva ai territori abbandonati al degrado. Infine, a causa della trasformazione delle attività agricole, si verificò la progressiva sostituzione del lavoro salariato a quello delle corveés che ebbero l’effetto di avviare la fine della servitù.

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