La coscienza di Zeno: scheda libro

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano
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Data:24.03.2005
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Testo

Italo svevo (Ettore Schmitz)
La coscienza di Zeno
CAPITOLO
DOVE
QUANDO
CHI (descrizione)
TRAMA
OSSERVAZIONI
1 Prefazione
Pag. 2
Prima della pubblicazione del libro
Il dottor S., che viene citato all’interno del libro.
Il dottore fa un’introduzione al libro, fa qualche accenno al vero autore e lo invita a tornare in psico-analisi.
Parla il dottore che ha pubblicato il libro del suo paziente senza il consenso di questo ultimo, parla dei motivi che l’hanno indotto a questa scelta e si rivolge anche al suo paziente. Di Zeno però non ci si può sempre fidare: ciò che egli racconterà lascia spesso il gusto dell’ambiguo, il dubbio su ciò che corrisponda a realtà e su ciò che, al contrario, sia frutto di una fantasiosa e consolante menzogna del protagonista. Lo fa presente il dottor S. nella sua lettere quando allude alle “tante verità e bugie” che Zeno pare aver accumulato nel racconto.
2 Preambolo
Pag. 4
Sdraiato su una poltrona Club
Dopo pranzato
Zeno, il paziente e autore del libro.
Zeno vuole mettere un po’ d’ordine al suo passato e decide di scrivere. Però mentre sta pensando si addormenta e vede delle immagini che non hanno alcuna relazione con il suo passato. Vede anche un bambino che assomiglia al figlio della cognata, fa lui delle raccomandazioni e da dei consigli. Alla fine decide di ritentare il giorno seguente.
Parla Zeno, il paziente. L’autore passa velocemente da un argomento all’altro e a volte risulta difficile capirlo. Decide di partire a scrivere dalla sua infanzia ma finisce col dare consigli ad un altro bambino. Svevo in questo libro abbandona lo schema ottocentesco del romanzo raccontato da un narratore estraneo alla vicenda e fa si che la sola voce che il lettore immagini di ascoltare sia quella del nuovo “inetto”: Zeno Cosini.
3 Il fumo
Pag. 6
Seduto al tavolo pensa….
Pensa…
Alla sua giovinezza, a quando aveva 20 anni, a quando fece la scommessa con l’Ollivi e a quando si fece rinchiudere nella casa di cura per smettere di fumare.
Zeno.
Suo fratello.
Giuseppe, un giovinetto della sua età.
Un medico che guariva le malattie nervose con l’elettricità.
Olivi, l’amministratore del patrimonio di Zeno che fece con lui una scommessa.
Il dottor Muli, un bel giovane, piccolo, nervoso, con la faccia scura, gli occhi neri. Elegante.
Zeno comincia con il parlare delle prime sigarette fumate che ora non sono più in commercio, le fumava con suo fratello e Giuseppe, un altro giovinetto della sua età. Per procurarsi le sigarette Zeno rubava i soldi dal panciotto del padre oppure prendeva dei sigari cubani fumati a metà che trovava in giro per la casa, sempre nel timore di farsi scoprire.
Zeno provava un certo disgusto fisico nel fumare le sigarette.
Quando ne aveva molte faceva una gara con degli amici a chi ne fumasse di più!
A vent’anni Zeno soffrì di un violento mal di gola e il dottore gli prescrisse l’assoluta astensione dal fumo, però prima di smettere volle fumarne un’ultima.
Quella di fumare “l’ultima sigaretta” era una sua abitudine, per ogni momento considerato importante egli fumava e annotava la data da qualche parte.
Per smettere di fumare Zeno decise di rivolgersi ad un medico che guariva le malattie nervose con l’elettricità. Egli sperava che il dottore gli ordinasse di smettere di fumare, questo, invece, gli disse che la sua malattia era dovuta ad altro.
Per smettere di fumare Zeno e l’amministratore Olivi fecero una scommessa: il primo che fumava avrebbe pagato l’altro. Zeno però fumò subito una sigaretta e continuò a farlo fino a che non decise di confessarlo all’Olivi, perdendo la scommessa!
Per sviziarsi poi, Zeno si fece rinchiudere in una casa di cura amministrata dal dottor Muli, ma la sera stessa in cui fu rinchiuso riuscì a scappare ubriacando l’infermiera, convinto che la moglie lo tradisse con il dottore.
Zeno durante il suo racconto scopre che la sua vera malattia non era il fumo, ma il proposito di smettere di fumare. La cosa si capisce attraverso la sua abitudine di segnarsi le date dell’“ultima sigaretta” e attraverso tutti i suoi propositi.
Zeno fa un accenno ad un’opera di Goldoni: Il malato immaginario.
I fatti raccontati nel libro non si susseguono cronologicamente e secondo schema lineare: il passato si confonde con il presente e con i suoi pensieri; Svevo definisce questo metodo “tempo misto”.
4 La morte di mio padre
Pag. 29
Casa di Zeno
Quando Zeno aveva 30 anni
Zeno.
IL padre di Zeno.
Maria, la cameriera.
Il dottor Coprosich.
L’infermiere Carlo.
L’”ultima sigaretta” fumata alla morte del padre di Zeno è considerata da lui la più importante di tutta la sua vita. La perdita del padre fu per Zeno una vera catastrofe. Probabilmente egli avrebbe continuato a passare da una facoltà all’altra fumando sigarette con quella fiducia che rendeva tanto dolce la vita se suo padre non fosse morto.
Fino a poco prima della morte Zeno e suo padre non erano mai stati uniti, fu la malattia a farlo. Essi non avevano nulla in comune.
Il padre di Zeno era stato per molto tempo un abile commerciante e si dice che la madre avesse avuto qualche motivo di gelosia dovuto al fatto che l’aveva quasi trovato il flagrante con la propria sarta.
Il padre lo aveva sempre rimproverato per due motivi: la sua distrazione e la tendenza a ridere delle cose più serie. Durante l’ultimo anno l’Olivi lo indusse a fare testamento lasciando gli affari sotto la tutela di Zeno, cosa che egli seppe tempo dopo.
Una sera Zeno era rientrato tardi a cena perche si era fermato a parlare di religione con un amico e il padre preoccupato l’aveva atteso per mangiare insieme. A Zeno il comportamento del padre era sembrato un po strano, infatti fu destato da Maria perché egli stava male.
Fu avvisato subito il dottor Coprosich che venne appena possibile, la sua diagnosi no fu però rassicurante anzi, egli non dava nessuna speranza al paziente. Il padre di Zeno nei giorni seguenti alternava momenti di coscienza a momenti di incoscienza, si muoveva continuamente passando dal letto, alla poltrona o stando in piedi, anche se il dottore aveva raccomandato di farlo stare coricato il più possibile.
L’ultima notte Zeno si impose di far stare il padre sdraiato almeno per mezz’ora,ma questo cercava di sottrarsi dalla mano del figlio. Ad un certo punto egli alzò la mano verso Zeno e poi disse “Muoio”. Fu quella la sua ultima parola, il figlio si colpevolizzò per non averlo lasciato alzare.
Il capitolo si conclude con un pensiero sulla religione: secondo Zeno la religione vera non è quella che si professa ad alta voce ma quella che da conforto e di cui non si può fare a meno.
Questo capitolo è un po angosciante e macabro. Vengono descritte nei minimi particolari le ultime ore di vita del padre, le angosce e i sentimenti provati da Zeno. Viene poi descritta anche la fragilità del padre contrapposta al carattere più duro e burbero che l’ha caratterizzato nel resto della sua vita.
La giovinezza di Zeno è contrassegnata dall’incostanza e dall’arrendevolezza; egli, infatti, si trova a migrare da una facoltà universitaria all’altra senza mai giungere alla laurea. Il padre ne è scontento ed il giovane, che sente il peso della frustrazione, non riesce a conseguire alcun risultato in grado di dargli un “nome” preciso. Zeno riceve dal padre uno schiaffo che non saprà mai spiegare se dovuto all’incoscienza della malattia o alla volontà del padre di punirlo.
5
La storia del mio matrimonio.
Pag. 57
Casa di Giovanni Malfenti
Durante il periodo in cui Zeno lavorava con Giovanni Malfenti.
Zeno
Giovanni Malfenti, le sue figlie (Ada, Augusta, Alberta, Anna) e la moglie.
Guido
Zeno era oramai giunto ad un’età in cui cominciava a pensare al matrimonio. Il caso volle che egli conobbe Giovanni Malfenti.
Il Malfenti era un grande negoziante, ignorante ed attivo; aveva allora circa 50 anni, una salute ferrea e una mole da non sottovalutare.
Quando i due diventarono più intimi, cominciarono a parlare di cose che non riguardavano il lavoro e il Malfenti racconto a Zeno della sua famiglia e delle sue 4 figlie.
Poco tempo dopo fu invitato a casa sua, appena entrato nel salotto elegante e vasto, Zeno trovò Augusta che leggeva, che secondo lui non era affatto bella. Poi arrivò la moglie del Malfenti con la piccola Anna e finalmente entrarono anche Ada e Alberta. Queste ultime erano entrambe molto belle anche se differenti tra loro. Zeno si convinse che Ada sarebbe stata la moglie ideale per lui anche se a primo impatto non era scoccato il famoso “Colpo di fulmine”.
Dopo breve tempo le visite si fecero sempre più frequenti, anche se egli non notava in Ada un grande interesse per lui.
Sempre più convinto del suo amore, Zeno era giunto alla decisione di chiedere ad Ada di sposarlo, anche se in realtà non ne aveva il coraggio.
Poi accadde che per ben tre volte quando Zeno faceva visita alla famiglia Ada si negasse con scuse diverse ed egli dovette trascorrere il tempo con le altre due.
Un giorno Zeno fu ricevuto dalla Signora Malfenti, questa cominciò a parlare della loro amicizia che oramai durava da 5 mesi. La Signora gli parlò anche dell’interesse che Augusta aveva per lui e che sembrava contraccambiata. Zeno era sorpreso perché lui amava Ada e non aveva interesse per Augusta!
La Moglie del Malfenti suggerì a Zeno di venir meno frequentemente da loro per qualche tempo e Zeno così fece.
Una notte Zeno non riusciva a prendere sonno, era uscito per una passeggiata e si era rifugiato in un caffè dove nessuno l’avrebbe riconosciuto. Ad un certo punto gli si avvicinò un uomo che egli riconobbe, era Tullio, un vecchio compagno di scuola. Parlarono dei loro mali e l’amico, in particolare, parlando dei suoi reumatismi alla gamba, influenzò talmente tanto Zeno che questo zoppicò per alcuni giorni.
La domenica Zeno incontrò vicino alla chiesa Ada che stava tornando a casa e si offrì di accompagnarla, per strada incontrarono il Sig. Guido Speier cui Ada dava più confidenza che a Zeno. Entrambi furono invitati il pomeriggio a casa Malfenti.
Quando Zeno entrò nel salotto di Giovanni si trovò nel bel mezzo di una seduta spiritica e vi si unì senza interesse sperando di poter confidare ad Ada i suoi sentimenti. Infatti così fece, ma la ragazza che rispose non era Ada ma bensì Augusta! Zeno nel buoi aveva confuso le persone!
Durante la serata egli ebbe comunque la possibilità di confessarsi ad Ada che lo rifiutò, poi provò con Alberta che gentilmente spiegò che non aveva intenzione di sposarsi e infine, come ultima possibilità, si propose ad Augusta che lo amava e che quindi non rifiutò! Fu così che Zeno si fidanzò e i due “innamorati” furono acclamati e festeggiati dai presenti! Durante la cena Zeno fu beffato da Guido, fu forse questa la causa di un dolore che aggredì l’avambraccio e l’anca, un dolore nervoso. Usciti dalla casa Zeno accompagno Guido a prendersi un gelato e quindi su una collina dove gli venne l’istinto di gettarlo giù. Dopo quella sera seguì un periodo di fidanzamento durante il quale anche Guido si dichiarò ad Ada. Il giorno del matrimonio Zeno arrivò in ritardo e per tutta la durata della cerimonia, egli cercò una scusa a quel ritardo, anche se dopo il “sì” Augusta sembrava aver già dimenticato l’accaduto.

6
La moglie e l’amante.
Pag. 146
Casa di Zeno
Casa di Carla
Casa di Giovanni
Il giardino
Durante il matrimonio con Augusta
Zeno, Augusta la moglie; Guido il marito di Ada; Ada e Alberta,le sorelle di Augusta; Carla l’amante (era una graziosa giovinetta, sembrava che ella volesse dare l’impressione di essere più giovane. Portava una gonna forse troppo corta e la pettinatura ricercata); Giovanni e la moglie, i suoceri; Il Copler, un amico.
Il matrimonio tra Zeno e Augusta sembrava andare a gonfie vele, ella gli attribuiva un’importanza fondamentale: dalla scelta dei cibi, alla lettura, alle compagnie. Durante questo primo periodo Zeno fu colto dalla paura di invecchiare e soprattutto di morire perché pensava che se egli fosse morto prima di Augusta questa dopo la sepoltura si sarebbe guardata intorno per trovare un altro uomo.
Dopo la luna di miele la vita di Zeno cominciò ad avere orari più precisi e la casa cominciava a divenire più accogliente.
Un giorno Zeno incontrò un suo vecchio amico di università e lo invitò a casa sua, il Copler era da lungo tempo malato e descrisse i suoi sintomi a Zeno che subito si sentì di avere quella stessa malattia, anche se in realtà egli era solo un malato immaginario.
Fu proprio il Copler che gli fece conoscere la sua futura amante: Carla Gerco. Il Copler già da tempo faceva da benefattore a Carla e sua madre e Zeno si offrì di sostituirlo.
Dopo alcune visite a casa delle due donne Zeno cominciò a pensare di tradire Augusta con Carla, infatti dopo qualche tempo ella diventò la sua giovane amante. Ogni volta che Zeno andava da lei portava sempre una busta con del denaro che egli usava per cancellare i sensi di colpa nei confronti di sua moglie.
Presto Ada e Guido si sarebbero sposati così era arrivato il padre di Guido da Buenos Aires per assistere alle nozze e bisognava andare a fare la conoscenza. Il matrimonio si sarebbe svolto quando Giovanni si fosse sentito meglio visto che ultimamente la sua malattia era peggiorata ed era costretto a letto.
Intanto Zeno continuava a vedere Carla e ogni suo proposito per smettere di tradire Augusta lo riportava da Carla.
Le condizioni del Copler e la sua malattia cominciarono a peggiorare e la morte si avvicinava, così Zeno andò a far visita a Carla per farle avere notizie ma ella non c’era. Fu accolto dalla madre che quando seppe la notizia cominciò a preoccuparsi per il loro futuro; Zeno le disse di non preoccuparsi perché si sarebbe occupato lui di loro.
Guido ed Ada decisero finalmente di sposarsi visto che Giovanni da alcuni giorni stava meglio e prima del matrimonio si fece una cena. Zeno prima della cena era stato a trovare e l’aveva trovato morto, ma non volendo rovinare la cena non aveva detto niente. Giovanni era stato costretto a mangiare un brodino mentre gli altri si rimpizzavano con cibi sfiziosi e vino. Zeno ubriaco mangiava e beveva non facendosi vedere da Giovanni per paura di essere beffeggiato da questo, ma quando il suocero se ne accorse lo insultò.
Carla aveva il desiderio di dormire un’intera notte insieme a Zeno e ce ne fu l’occasione quando Augusta dovette sostituire la madre al capezzale di suo padre. Zeno non era entusiasta di dormire con Carla, ma non era riuscito a rifiutarsi. La sera infatti si recò da lei,ma fin che erano a letto fu pervaso da mille pensieri e fu costretto ad andarsene con la scusa di aver dimenticato di consegnare una chiave ad Augusta.
Uscito da casa di Carla cominciò una forte pioggia e Zeno fu costretto a fermarsi sotto un portone di via Stadion per ripararsi. Quando finalmente il tempo si mitigò, Zeno si diresse verso la casa di suo suocero dove si trovava Augusta. Quando arrivò, la moglie gli si getto tra le braccia dicendogli che aveva fatto bene a venire perché aveva visto suo padre soffrire.
Carla alcuni giorni prima aveva sbattuto il vecchio maestro di canto fuori di casa, però Zeno aveva insistito per trovarne un altro. Fu Carla che andò ad accordarsi. Dopo qualche tempo il maestro si innamorò di Carla e le chiese di sposarlo ma ella rifiutò.
L’estate passò e si porto via Giovanni, Zeno aveva un gran da fare con la sua nuova attività commerciale, nacque sua figlia Atonia e Carla continuava a essere la sua amante.
Un giorno ella chiese di poter vedere Augusta. Zeno decise di accontentarla ma invece di farle vedere sua moglie le mostrò Ada. Carla ne rimase commossa perché aveva visto che “sua moglie” era molto triste e probabilmente sapeva del tradimento. Fu per questo che Carla decise di sposare il maestro, perché la moglie di Zeno le aveva fatto molta compassione.
Zeno però si chiedeva perché Ada fosse stata così triste, qualche tempo dopo egli scoprì che Ada aveva visto Guido abbracciare una domestica.
Con grande infelicità di Zeno Carla sposò il maestro ed egli tento di trovare in un'altra donna quello che aveva trovato in Carla, ma senza riuscirci. Fu per questo che Zeno si ripromise di evitare di rifare quello stesso errore.
7
Storia di un’associazione commerciale.
Pag. 257
L’ufficio commerciale
Casa di Zeno
Casa di Guido
Zeno, Augusta, Guido,
Ada, La signora Malfenti, Alberta, Argo il cane da caccia dell’ufficio, Il giovane Luciano che lavorava in ufficio, Carmen la “dattilografa” dell’ufficio, Nalini (un uomo di circa quarant’anni, brutto e calvo, la faccia gialla e il naso grosso. La sua faccia sembrava segnata dal disprezzo e dall’ironia, poi invece si scoprì che quell’espressione gli era stampata in faccia).
Dopo il matrimonio di Ada e Guido, quest’ultimo decise di creare un’associazione commerciale e chiese a Zeno di aiutarlo in questa attività. Egli era intenzionato a non seguire né l’esempio del suocero defunto, né quella del saggio Olivi, considerati da lui metodi all’antica. In realtà non si sapeva ancora cosa si sarebbe fatto in quel ufficio e la possibilità di guadagnare dei denari non era ancora passata per le loro menti.
Nell’ufficio lavorava oltre che Guido e Zeno anche il giovane Luciano. Poi, un giorno, si presentò all’associazione una signorina che chiese di parlare con Guido in persona. Quando Guido arrivò all’ufficio fu informato della presenza della giovane Carmen; in un primo momento si rifiutò perfino di accoglierla, poi, quando la vide si decise immediatamente ad assumerla. Carmen era stata assunta come dattilografa, anche se in realtà ella non sapeva far niente.
Un giorno Guido si accinse ad un affare che a lui era sembrato semplicissimo e che riguardava il solfato di rame. L’affare fu vagliato in Inghilterra, ma ritornò indietro con un aumento di prezzo e il compratore a cui era destinato rifiutò. In quell’epoca Zeno si assentò per circa un mese, durante quel periodo giunse in ufficio una lettera che informava che l’ordine era stato accettato al prezzo stabilito ed era valido sino alla revoca. La lettera però fu ignorata da Guido e quando Zeno tornò in ufficio non si ricordò più di quell’affare inconcluso. Vari mesi dopo, una sera Guido venne a cercare Zeno a casa per fargli esaminare una lettera che era arrivata all’ufficio. Il foglio informava che l’associazione era divenuta proprietaria di 60 tonnellate di solfato essendo questo arrivato al prezzo stabilito. Quella fu la prima grande perdita della società.
Guido era appassionato di caccia e pesca e una sera invitò Zeno sulla sua barchetta. Egli era stato invitato più volte, ma aveva sempre rifiutato. Quella sera dovette accettare visto che la piccola Atonia continuava a piangere e Augusta l’aveva pregato di seguire Guido sperando che la bambina si calmasse. Allo stesso appuntamento erano stati invitati anche Carmen e Luciano.
Alcuni mesi dopo ad Ada nacquero due gemelli, mentre l’attività di Guido continuava ad andare male. Inoltre tra i due la situazione non andava molto bene visto che il sabato Guido partiva per la caccia, di notte pescava e il resto del tempo lo passava in ufficio. Ada era dispiaciuta perché doveva mandare avanti la casa da sola e invidiava Augusta.
Dopo la nascita dei gemelli ad Ada successe un’altra disgrazia: si ammalò. Secondo il dottor Paoli la malattia sembrava piuttosto grave e doveva essere allontanata dalla famiglia per trasferirsi in una casa di salute a Bologna. Guido propose di mettere alla direzione della sua casa Carmen di cui probabilmente era innamorato. Ovviamente Ada rifiutò una simile proposta e dichiarò che non si sarebbe mossa dalla casa fino a che non sarebbe stata sicura che la direzione della casa andasse alla zia Maria.
Dopo poco tempo però Ada si affrettava a tornare a casa, in quel periodo Augusta era relegata a letto per la nascita del piccolo Alfio.
Quando Ada scese dal treno il suo aspetto non era dei migliori, la malattia l’aveva sicuramente peggiorata.
Arrivò la fine dell’anno ed era ora di bilancio, che Zeno riscontrò negativo per la loro associazione. L’Olivi allora consiglio di liquidare l’azienda e riaprirla, ma Guido non era d’accordo.
Visto che non si riusciva a trovare una soluzione alla perdita dell’associazione Guido tentò il suicidio, sperando che Ada avrebbe acconsentito a cedergli parte del suo denaro. Infatti Ada disperata dovette acconsentire. Il denaro però non servì a molto visto che venne registrato nel modo sbagliato.
Dopo qualche tempo Zeno venne a sapere che Guido giocava in Borsa, la famiglia però sembrava d’accordo visto che egli sembrava guadagnare.
La fortuna di Guido non durò molto visto che qualche tempo dopo il gioco in borsa gli procurò altri debiti.
Per salvare la società questa volta era necessaria l’entrata di denaro da più soci, il primo a proporsi fu Zeno. Purtroppo la cosa non andò mai in porto perché Ada e la signora Malfenti non volevano acconsentire alla donazione e Guido avendo ingoiato una quantità enorme di Veronal, in quell’ultima notte di pioggia era morto.
Come ultimo sacrificio a Guido Zeno si mise in testa di salvare la società giocando casualmente in borsa, egli fu fortunato perché le sue azioni procedevano bene. Il giorno del funerale di Guido Zeno e il Nalini si trovavano ancora nell’ufficio aspettando di sapere come andavano le azioni. Quando si accorsero di essere in ritardo presero un veicolo in modo da arrivare più in fretta al funerale, ma…sbagliarono celebrazione.
Ada perdonò a fatica il fatto di non essere venuto al funerale e accusò Zeno di aver sempre odiato Guido.
8
psico-analisi.
Pag. 380
3 maggio 1915
15 maggio 1915
26 giugno 1915
24 marzo 1916
3 maggio 1915
Zeno annuncia di aver finito con la psico-analisi e si lamenta di quanto sia stato difficile per lui scrivere quelle pagine e che a volte non ha potuto esprimersi nel modo più esatto.
Il Dottor S. aveva annunciato a Zeno di essere guarito anche se in realtà egli non aveva trovato nessun giovamento dalla terapia. Probabilmente non era guarito perché la malattia che lui aveva non era quella diagnosticata.
Zeno un notte fece un sogno un po strano: sognava che lui era costretto ad andare a scuola mentre suo fratello poteva rimanersene a casa. Però ripensandoci da sveglio Zeno pensò che anche suo fratello lo invidiava perché andava a scuola.
La seconda visione lo riporta ad un periodo abbastanza recente: una stanza della sua villa più vasta e luminosa di qualunque esistente.
Zeno si trova nel suo letto con una tazza di caffelatte in mano nel quale continua a lavorare cercando di trarne dello zucchero. Nel letto a fianco si trova suo fratello con ancora il naso nella tazza. Finito di bere il fratello si accorge di non aver il cucchiaio e lo chiede a Zeno che lo ricatta chiedendogli un po del suo zucchero e dall’altra stanza Catina, la governante, che urla “strozzino!”
Nella terza visione Zeno si trova sotto il tavolo e sta giocando mentre il padre siede su un sofà accanto alla madre che sta imprimendo delle iniziali con un inchiostro indelebile sulla biancheria. Ad un dato punto, per alzarsi in piedi fra i due genitori Zeno si aggrappa alla biancheria che pende dal tavolo facendo rovesciare la boccetta d’inchiostro che cade sulla sua testa, sporca la gonna della madre e i calzoni del padre.
Zeno era comunque guarito dalla sua malattia e non voleva rendersene conto! Egli aveva capito di aver voluto portar via la moglie (cioè sua madre) a mio padre; secondo il dottore Zeno sarebbe veramente guarito quando sarebbe riuscito a considerare l’idea di voler uccidere suo padre e baciare la madre.
Anche il fatto di fumare riguardava il padre: era la necessità di mettersi in competizione con lui.
Secondo il dottore poi, Zeno aveva sostituito la figura del padre con quella del Malfenti e aveva sposato una o l’altra delle sue figlie per avere l’odio per il padre sempre a portata di mano.
Stanco di pagare quel dottore S. che non gli portava nessun giovamento, Zeno ebbe l’idea di andar dal dottor Paoli. Era andato da lui per chiedergli se fosse il caso di continuare la psico-analisi ma quando se lo trovò di fronte non ne ebbe il coraggio e cominciò a raccontargli dei suoi mali.
15 maggio 1915
Zeno e la sua famiglia passarono alcuni a giorni a Lucinico. Uno di quei giorni egli si imbatte in Teresina, la figlia più vecchia di un colone rimasto vedovo. Anche se ella era cresciuta rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, per Zeno rimaneva comunque una bambina.
Quando la incontrò Teresina stava camminando con l’asinello, Zeno lo accarezzò e porse nella mani della ragazza 10 corone, poi con la mano le afferrò l’avambraccio e cominciò a salire con la mano verso la spalla. Teresina però si divincolò e riprese a camminare con il suo asinello.
Zeno allora gli urlò perché ella non avesse ancora uno sposo e questa rispose che quando se lo avesse trovato sarebbe stato sicuramente più giovane di lui.
Allora Zeno senza perdere la sua letizia le chiese quando si sarebbe dedicata ai vecchi e lei prontamente rispose che lo avrebbe fatto quando fosse stata vecchia anche lei!
26 giugno 1915
La guerra era ormai cominciata e coinvolse anche Zeno e la sua famiglia che in quel periodo si trovava a Lucinico.
Zeno era uscita per una passeggiata mattutina e sulla via del ritorno si era imbattuto in alcuni soldati che marciavano verso Lucinico. Arrivato alla cima della collina, a mezzo chilometro dalla sua abitazione, Zeno si imbatté in un plotone di soldati. L’ufficiale lo minacciò che se avrebbe fatto un solo passo gli avrebbe sparato e ordino al caporale di accompagnare Zeno lungo la strada per Gorizia, dalla parte opposta alla sua direzione. Il caporale era un bravuomo e consigliò a Zeno di andare a Gorizia e da lì prendere il treno per Trieste. Arrivato a Gorizia Zeno si diresse all’ufficio postale per chiamare la villa di Lucinico ma l’impiegato disse che Lucinico non rispondeva.
Solo arrivato a Trieste Zeno seppe che la sua famiglia era salva a Torino.
24 marzo 1916
Il dotor S. invita Zeno a inviargli i suoi ultimi scritti.
Zeno vuole fargli sapere che è stato il commercio a farlo guarire e non la psico-terapia. Infatti, dallo scorso Agosto egli comincia a comprare, il suo primo acquisto è l’incenso. Venduta una piccola quantità di questo Zeno riesce a recuperare l’intera spesa.
L’autore conclude la sua psico-analisi con una profezia: forse attraverso una catastrofe torneremo alla salute; un uomo arriverà al centro del mondo e farà avvenire una grossa esplosione che nessuno udrà e la terra tornerà alla sua forma iniziale senza malattie e parassiti.
Il romanzo, oltre che essere costituito per gran parte dal memoriale di Zeno scritto a scopo terapeutico, è anche arricchito dal diario dello stesso. Quando rifiuta la diagnosi medica che lo vuole vittima del complesso edipico, decidendo così di prescinderne, Zeno subisce una sorta di trasformazione; s’accorge d’essere sano e conclude con una visione apocalittica in cui l’uomo, creatore di «mostri distruttivi», appare l’artefice di un disfacimento cosmico che sconvolgerà la terra, lasciando però spazio, forse, ad un’utopistica, "sana" rinascita del mondo. Si verifica così un incredibile capovolgimento che rende la concezione del confine tra salute e malattia assai sfumato. La vera forza dell’inetto, rispetto a coloro che non lo sono, è proprio quella di non vivere inchiodato a certezze che potrebbero crollare da un istante all’altro, ma di mettersi, grazie al disagio, in continua discussione con se stesso e con gli altri.
Questo è il messaggio ultimo de La coscienza di Zeno, che imputa alla vita i segni di una malattia incurabile, perché inevitabilmente mortale, e che si rende essenziale, come prima opera di stampo psicoanalitico, all’interno della cultura letteraria italiana.

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