L'eslusa, Luigi Pirandello

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano
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Data:16.01.2007
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Testo

1. Biografia dell’autore:
Luigi Pirandello nacque ad Agrigento nel 1867, da una famiglia nella quale era viva la tradizione patriottica e garibaldina e che si era costruita, soprattutto per merito del nonno paterno, una fortuna con l'estrazione e il commercio dello zolfo. Dopo gli studi liceali a Palermo, si iscrisse alla facoltà di lettere di Roma, ma, insoddisfatto dell'insegnamento che vi si impartiva, si trasferì a Bonn, dove si laureò nel 1891 in glottologia. In Germania, assecondando una passione rivelatasi precocemente, compose poesie e altre ne scrisse e pubblicò quando rientrò in Italia ma progressivamente la poesia divenne un fatto marginale, sentendosi egli attratto prepotentemente dalla vocazione di prosatore, come narratore e come saggista, e dall'amore per il teatro. Nel 1894 aveva sposato la figlia di un socio del padre, Antonietta Portulano, e il matrimonio, allietato dalla nascita di tre figli, fu poi sconvolto dal dissesto finanziario della ditta paterna e, più gravemente, dalla malattia mentale della moglie. Per provvedere ai bisogni della famiglia, lo scrittore assunse l'insegnamento della stilistica nel magistero femminile di Roma. L'interesse più vero non andava però alla teoria bensì all'attività creativa. Fu infatti nei romanzi e nelle novelle che egli venne operando la dissoluzione dei modi tipici del verismo, che, ancora evidenti nel romanzo L'esclusa (1901) e nelle prime raccolte di novelle lasciano poi solo pallide tracce nei romanzi successivi. Per l’impegno teatrale si distrasse in parte anche dalla narrativa. Lasciò l'insegnamento e assunse la direzione del Teatro d'arte di Roma (1925). Gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura nel 1934. Alle origini non solo del teatro ma di tutta l'opera letteraria di Pirandello sta la sconfitta di una generazione, l'esperienza storica della piccola borghesia (soprattutto meridionale) che aveva visto delusi dal nuovo Stato italiano autoritario e burocratico i propri ideali di libertà e giustizia. I motivi di un Mezzogiorno “tradito”, di una precisa società storica cristallizzata e soffocante sono talora espliciti; ma solo tendendo a un discorso più generale, che incrimina insieme la natura e gli istituti, lo scrittore siciliano è stato l'interprete di una crisi esistenziale, non mai accettata con morboso compiacimento. Polemico verso l'idealismo ottimistico, il vitalismo e il dannunzianesimo, lo spiritualismo consolatorio e il pessimismo meramente sentimentale, Pirandello ha una posizione ben sua nel clima del decadentismo irrazionalistico. Le ragioni ideali della sua polemica sono esplicite, ma non riducibili a filosofemi; e quello per cui la sua opera ancora s'impone è il concreto interesse per dei drammi umani e il bisogno di scoprire una verità di natura né mistica né retorica al di là delle apparenze e dei sofismi. Questo spiega la fortuna di Pirandello nella letteratura del Novecento. La sua influenza su tutto il teatro moderno fino al cosiddetto teatro dell'assurdo è innegabile, anche se bisogna riconoscere che spesso delle sue verità è stato colto più l'esterno che l'intimo: le forme esasperate della sua dialettica piuttosto che le ragioni profonde della sua visione del reale. Morì a Roma nel 1936.
2. Macro-sequenze

Lo scandalo nelle due famiglie
La famiglia Pentàgora era seduta a tavola che aspettava il ritorno di Rocco per cenare,quella sera,dopo la disgrazia. Il padre era allegro,quasi soddisfatto,di ciò che era accaduto e ripeteva che lui l’aveva predetto. Quando Antonio Pentàgora, il padre di Rocco, se ne andò dalla stanza rimasero Rocco e il fratello Niccolino,che dopo un po’ gli consigliò di andare da Bill,dall’inglese, perché fosse stato in Rocco,lui avrebbe fatto un duello e così Rocco accolse il consiglio e scese per le scale da Bill,nonostante fosse mezzanotte. Egli dava,nel tempo libero, lezioni di scherma. Arrivato, Rocco disse al Madden,vero nome dell’inglese, che aveva bisogno di lui, che doveva insegnargli la scherma,perché aveva da fare un duello. Dopo, svegliarono l’inquilino che stava al piano di sotto e così Rocco affermò che doveva andare da lui, il Blandino, che gli avrebbe dovuto fare da testimonio. Sceso, confessò al Blandino l’accaduto: sua moglie lo aveva tradito; aveva scoperto questo sorprendendola che leggeva una lettera di quelle che l’Alvignani le gettava dalla finestra. Uscito da quella casa, si sedette sugli scalini, guardando la lettera, e poi pensando a quando ebbe il colloquio con Francesco Ajala, il padre di Marta, sua moglie, in cui gli mostrava le lettere.
A casa Ajala, Marta era stata accolta dalla madre Agata e dalla sorella Maria, e il padre invece se ne voleva andare, poiché non accettava che la figlia avesse avuto un comportamento del genere. Allora la signora Ajala andò dal marito,per cercare di dissuaderlo,ma senza un gran risultato: lui infatti decise di tornare a casa, ma aggiunse che quella casa sarebbe stata la sua prigione e che non ne sarebbe più uscito, lasciando la conceria in mano al nipote di Agata, Paolo Sistri, che, accettato l’incarico, si recava ogni sera a casa della famiglia Ajala per fare a Francesco il rapporto giornaliero.
Dopo la caduta di decoro della famiglia Ajala, a loro si era riavvicinata una vecchia amica di Agata, Anna Veronica, che si era lasciata sedurre da due uomini, e l’ultima volta giunse lo scandalo poiché ella rimase incinta.

La morte nella famiglia Ajala e l’inizio della disperazione
Una mattina, poco prima di mezzogiorno, a Marta vennero le doglie e fu chiamato un dottore, con la levatrice e un’assistente. Presa dagli spasmi di dolore e dalla rabbia verso il padre, che non vedeva più nessuno ormai e soprattutto ignorava colei che aveva sporcato il nome della famiglia, andò alla sua camera bussando e urlando. Poi, dopo che Marta fu ricondotta nel letto, Maria si accostò alla porta della camera del padre e chiamò la madre per farle sentire un rumore strano che proveniva da dentro. Dopo tre spallate la porta cedette e così entrarono e videro Francesco Ajala bocconi sul pavimento e dopo un urlo delle due donne, accorsero Anna Veronica e il dottore, che ordinò che fosse chiamato un altro medico, che arrivò subito. I due fecero il possibile, ma Francesco Ajala morì, dopo che ricevette l’estrema unzione dal padre. Agata si era recata nella stanza della figlia,dove era avvenuto il parto. Il figlio era però morto. Mentre le donne pronunciavano il rosario, dalla strada si sentirono delle urla: Gregorio Alvignani era stato proclamato deputato.
Dopo il parto Marta stette circa tre mesi tra vita e la morte. Nel mentre Paolo si faceva vedere sempre meno, infatti, nonostante le donne fossero ignare, la conceria stava andando in rovina. Marta pian piano si andava riprendendo, con l’aiuto di maria e Anna Veronica; prima che finisse maggio Marta potè recarsi in chiesa con le altre tre donne. Ogni giorno ormai, dopo la guarigione di Marta, lei si recava in chiesa e un giorno, mentre era con Maria, incontrò un ragazzo che chiedeva l’elemosina e lei lo volle portare a casa, dove la madre le disse che Paolo era scappato da due giorni e la conceria era chiusa.
I Santi e la nuova maestra
Arrivò come ogni anno il giorno dei santi Patroni del paese,che era tutto in festa. Allora anche Marta e Anna Veronica scesero a ringraziare i santi e andarono in chiesa, dove Anna Veronica vide Antonio Pentàgora, e Marta disse di aver visto Niccolino. Uscite dalla chiesa tornarono a casa, e poco dopo uscirono dalla chiesa anche i santi, portati dalla folla e appena questi,passando per le strade, arrivavano sotto un balcone la folla si fermava, segno che qualcuno d’indegno di guardare i Santi era affacciato al balcone. Così accadde sotto il balcone dove stavano Marta e Anna Veronica; allora chiusero le imposte e le finestre, rompendo anche un vetro. Questo fece arrabbiare ancor di più la folla, inteso come segno di insulto, e così la testa d’uno dei Santi fu sbattuta tre volte contro la casa.
Dopo dei giorni, bussarono alla porta l’usciere accompagnato da tre giovani testimoni per fare l’inventario di tutto ciò che era in quella casa, e Marta gli mostrò la casa stanza per stanza.
Dopo Marta si rinchiudeva sempre in camera a studiare, cosa che fece meravigliare la madre e la sorella, ma non Anna Veronica poiché sapeva cosa voleva fare: avrebbe fatto gli esami per la patente. Lo disse una sera anche alle altre due donne.
Il giorno dell’esame Marta e la signora Agata si recarono a scuola, dove Marta rimase con la figlia della portinaia, l’unica delle sue vecchie compagne che la considerò e la trattò come una persona normale, e non con disprezzo come fecero le altre. A Marta fu promesso il posto di supplente in quella scuola, suscitando però il malcontento di tutti i padri di famiglia per l’esempio che poteva dare alle figlie, che andarono subito a lamentarsi. Infatti dopo poco il posto promosso a Marta sarebbe stato preso da un’altra. Nel frattempo, sapute le intenzioni di Marta, scoppiò di rabbia, così una mattina si recò a casa di Anna Veronica per dirle che lui non credeva a ciò che la gente diceva di Marta, ma secondo lui quella era una pazzia e che se Marta non avesse fatto la maestra, avrebbe pensato lui al sostentamento della famiglia e che lo faceva solo per decoro e non per amore.
Appena andato via Anna Veronica si recò a casa delle Ajala a raccontare tutto alle donne e consigliò a Marta di scrivere un biglietto a Rocco ma lei si rifiutò, così disse alla signore Agata che lei sarebbe potuta andare dal Torchiara, ispettore scolastico. Lei acconsentì e quando entrò vi trovò anche il Blandino. Dopo poco, se ne andò, senza aver ottenuto nulla.

La vita a Palermo e l’incontro con l’Alvignani
Dopo tre mesi Marta ricevette una lettera in cui vi era scritto che doveva recarsi al Collegio, dove poi ottenne il posto. Nonostante la sua felicità, questo non si rivelò come lo aveva immaginato: le colleghe la rifiutavano e le alunne non la rispettavano. Un giorno, addirittura, tornò a casa in lacrime. Il padre di una ragazza fece appello al torchiara per cacciare Marta dalla scuola, il quale si accorse che la nomina di lei a maestra portava danni anche all’Alvignani e così, dopo aver parlato a lungo con il Direttore del Collegio che ,essendo nuovo, non conosceva il passato dell’insegnante in questione, decisero di trasferirla. Dopo un mese arrivarono due lettere dell’Alvignani, una per Marta e una per il Torchiara. Con quella lettera egli annunciava a Marta il suo trasferimento in un istituto di Palermo. L’unico rammarico per le tre donne era quello di lasciare Anna Veronica. Si trasferirono in una casa che si trovava in una via che l’aveva sempre rammentata il padre, così che il suo ricordo fosse presente anche laggiù. Marta conobbe la direttrice del collegio che fu molto cordiale e amorevole. Le tre donne conobbero anche gli inquilini del secondo piano, che imitandoli Marta faceva sempre ridere la madre e la sorella. Così per un po’ di tempo la vita trascorse tranquilla e beata: Marta al collegio si trovava molto bene. C’erano lì due colleghi, il Nusco e il Mormoni, che la corteggiavano e un altro, il Falcone, con un aspetto quasi mostruoso, che le incuteva quasi paura, sempre burbero. Mentre Maria e Agata vivevano nel paesello con la serenità di molto tempo prima. Anche il Falcone iniziò a corteggiarla. Infatti un giorno in cui pioveva, lui le nascose l’ombrello, così che lui la potesse accompagnare. Lei, titubante acconsentì, ma per la strada, davanti alle poste, vide Rocco e il signor Madden. Allora cercò di aumentare il passo, con il Falcone che le stava dietro a fatica, con i piedi malfermi. Egli le chiedeva informazioni e lei non gli rispondeva. Davanti casa lui le prese il braccio e lei gli urlò di lasciarla e corse in casa. La mattina seguente il Falcone non si presentò a scuola. Marta ricevette giorni dopo una lettera di Gregorio Alvignani che diceva di essere a Palermo e la invitava ad una sua conferenza, a cui Marta poi non andò. S’incontrò però dopo con l’Alvignani e camminando parlarono. Arrivarono fino a casa di lui, e Marta vi entrò. Arrivarono sul terrazzo, dove poi lei scoppiò a piangere e, dopo essere rimasta abbracciata a lui, tornò a casa.

La morte di Fana e la decisione finale
I due amanti si rividero, e Gregorio infine chiese a Marta se volesse andare con lui a Roma, ma lei rifiutò. In questi tempi lei pensava dentro di se che la sua unica speranza era quella di morire. Arrivò poi una lettera di Anna Veronica in cui diceva che Rocco si era ammalato gravemente di tifo ed era un caso di morte. Il giorno seguente Gregorio Alvignani incontrò a Palermo il professor Luca Blandino; i due si recarono a casa di Gregorio per parlare di Rocco e Marta. Il professore disse che Rocco voleva riconciliarsi con la moglie e l’Alvignani disse che era l’unica soluzione e che sarebbe stato meglio per tutti e aggiunse che era pienamente d’accordo. Quando il professore se ne fu andato uscì dalla camera da letto Marta che aveva sentito tutta la conversazione e di cui era rimasta offesa. Poi, mentre parlava con Gregorio, gli disse che lui ormai l’aveva perduta; prolungarono la conversazione con lui che cercava una soluzione a ciò che era il rimedio agli occhi di lei: la sua morte. Quando poi Marta si accorse che era buio tornò in fretta a casa,ma per la strada incontrò il falcone che la fermò. Le chiese da dove veniva, chi era l’uomo dell’altra volta e mostrò la gelosia che provava; poi egli si mise a urlare in mezzo alla strada “vendetta” contro la natura che lo aveva reso così, e la folla lo prese per pazzo e lo fece ricoverare. Marta si recò per l’ultima volta dall’Alvignani, dopo che la madre e Maria appresero la notizia che Rocco voleva riconciliarsi con lei. Parlarono ancora di una soluzione che non trovarono e Marta rimase dell’idea che la cosa più giusta sarebbe stata la sua morta, finché non gli venne in mente di scrivere al marito. Nella notte pensò alla lettera, decise cosa scrivere, ma la mattina, appena sveglia non si ricordava più di niente. Poi apprese dagli inquilini del piano di sopra che la madre di Rocco, che abitava in quel palazzo, stava per morire. Così gli mandarono un telegramma in cui scrissero di recarsi subito per quel motivo. Il giorno seguente arrivò Rocco Pentàgora che rimase con Marta a vegliare la madre; mentre erano insieme lui le chiese cosa aveva deciso, convinto che sarebbe tornata con lui, ma lei gli rispose di no e i due discussero animatamente sull’Alvignani, su cos’era successo prima e dopo.
In seguito la madre di Rocco, Fana, morì. E rimasero soli Rocco e Marta, per la notte, lì, a vegliarla.
3. I personaggi
Personaggi principali
— Marta Ajala è una donna che viene ingiustamente accusata di tradimento dal marito. Marta è la vittima dell’opinione popolare: tutte le sfortune che si trova a dover affrontare sono causate dalle dicerie della gente. Dopo tanto tempo trascorso come emarginata dalla società, la protagonista si lascia sedurre da colui che tutti pensavano fosse il suo amante, e con quest’atto lo diventa realmente.
— Rocco Pentàgora è il marito che accusa la moglie di tradimento e senza neppure chiedere spiegazioni la scaccia da casa. Il suo comportamento può essere spiegato: da generazioni gli uomini della famiglia Pentàgora vengono traditi, o credono di esserlo, traditi dalle proprie mogli, e, in circostanze come quelle del romanzo, Rocco pensa immediatamente al tradimento. Nonostante tutto Rocco ama ancora Marta e tenta in vari modi di avvicinarla e di ricondurla a sé.
Personaggi secondari
— Antonio Pentàgora è il padre di Rocco. Questa figura paterna ha la tipica personalità di chi ti rinfaccia le disgrazie che ti accadono per non aver ascoltato i suoi consigli: esempio il consiglio dato al figlio di non sposarsi per evitare il tradimento, ormai caratteristico della famiglia Pentàgora.
— Agata Ajala è la madre di Marta. È una madre comprensiva e gentile, che non ha mai creduto alla colpevolezza della figlia.
— Francesco Ajala è il padre di Marta. persona molto impulsiva, attaccata ad oggetti di poco valore, non era avaro ed è attaccato a degli ideali conservatrici.
— Maria è la sorella minore di Marta. Nonostante sia cresciuta all’ombra della sorella, Maria l’ammira molto e le è affezionata.
— Anna Veronica è una cara amica della famiglia Ajala. È una vecchia compagna di Agata, e, nonostante le chiacchiere della gente, rimane vicina alle tre donne e tenta di far riappacificare Rocco e Marta.
— Gregorio Alvignani è “l’amante” di Marta. È colpa di una sua lettera che la protagonista viene ripudiata dal marito ed esclusa dalla società. Quando viene a sapere che Marta si trova a Palermo, si reca immediatamente dal lei, utilizzando come scusa una conferenza da tenere nel collegio dove lei insegnava. Cerca in vari modi di sedurla, ma quando capisce che lei, in realtà, non lo ama, è ormai tardi: è rimasta incinta. Prova allora, per il bene di Mata, a ricongiungerla con il marito.
— Matteo Falcone è un insegnante del collegio di Palermo. Anche questo personaggio è un emarginato dalla società, a causa della sua bruttezza e dei suoi modi quasi “mostruosi”. Si innamora di Marta e tenta, a proprio modo, di conquistarla. Sia a causa del rifiuto e della sua condizione mentale di respinto dalla gente, impazzisce e viene ricoverato.
— Fana è la madre di Rocco. Anche lei era stata cacciata di casa dal marito molto tempo prima ed era andata ad abitare in una pensione a Palermo. Marta viene chiamata ad assisterla sul letto di morte, e viene fatto chiamare anche il figlio.
4. Lo spazio

Ambiente: La storia è ambientata inizialmente nel paese in cui vive la protagonista, poi si sposta a Palermo.

Funzione mimetica:

Funzione focalizzatrice:

Funzione simbolica:pag 49

5. tempo e ritmo narrativo
Epoca:Gli eventi narrati non sono esplicitamente datati, si possono collocare all’incirca verso la fine del 19° secolo o agli inizi del 20°.
Scena: pag. 37
Sommario: pag.
Pausa: pag. 37
Ellissi: pag. 68
6. il narratore
Il narratore è onnisciente e racconta i fatti come uno spettatore esterno.
7. commento
Questo libro è interessante. Nonostante la lentezza della parte iniziale, scorre bene e invoglia il lettore a continuare. Il tema principale penso sia il modo di agire degli altri. Marta è subito giudicata dal marito che la caccia di casa, nonostante lei abbia respinto sempre il suo corteggiatore; viene poi rifiutata dal padre, che, nonostante conscio della sua innocenza, da ragione a Rocco. Si nota la mentalità dell’epoca: molto chiusa. Infatti le donne di casa, ovvero Maria e Agata, sono sempre sottomesse e consigliano questo comportamento a Marta; e durante la processione anche i paesani ne approfittano per offendere lei. Marta è determinata a dare una vita migliore alla madre e alla sorella dopo che sono cadute in miseria e credo che questo sia anche un modo per ottenere un riscatto. Ma nonostante tutto, alla fine, si concede a Gregorio Alvignani e questo penso che rappresenti in qualche modo ad un’arresa, poiché ha fatto ciò di cui tutti la incolpavano. Credo che Marta sia molto combattiva e che nel romanzo lo abbia dimostrato, combattendo contro quelle che erano le tradizioni dei tempi e i giudizi degli altri, ma alla fine dimostra di essere anche debole. E credo che,nonostante sia riuscita ad ottenere delle soddisfazioni, non sia mai stata veramente felice, poiché non trovava il suo posto in quella società.

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